sabato 17 maggio 2014

teofobia




La filosofia dell'ultimo secolo, che agli occhi della posterità appari­rà come una delle epoche più vergognose dello spirito umano, non ha tralasciato nulla per distoglierci dalla preghiera in considerazione di leggi eterne e immutabili. Essa aveva come scopo preferito, direi qua­si unico, di distaccare l'uomo da Dio: e come poteva riuscirci con più sicurezza che impedendogli di pregare? Tutta questa filosofia altro non fu di fatto che un vero sistema di ateismo pratico:* ho dato un nome a questa strana malattia, la chiamo teofobia; guardate bene, voi la vedrete in tutti i libri filosofici del XVIII secolo. Non si diceva con franchezza: non c'è Dio, asserzione che avrebbe potuto comportare qualche inconveniente fisico; ma si diceva: Dio non e qui. Non  è nelle vostre idee, esse vengono dai sensi; non è nei vostri pensieri, che sono solo sensazioni trasformate; non è nei flagelli che vi affliggono, questi sono fenomeni fisici, come altri che si spiegano con le leggi conosciu­te. Egli non pensa a voi; non ha fatto nulla per voi di particolare; il mondo è fatto per l'insetto come per voi; non si vendica di voi, perché siete troppo piccoli, ecc... Infine, non si poteva nominare Dio a questa filosofia senza farla prendere dalle convulsioni. Scrittori anch'essi di quell'epoca, infinitamente al di sopra della massa, e considerevoli per eccellenti punti di vista parziali, hanno decisamente negato la crea­zione (XIII). In che modo parlare a queste persone di castighi celesti senza farle infuriare? Nessun avvenimento fisico può avere causa su­periore relativa all'uomo: ecco il suo dogma. A volte forse essa non oserà articolarlo in generale; ma nella pratica, negherà costantemente il particolare, il che è lo stesso.
 
* La teoria che nega l'utilità della preghiera è ateismo formale o non ne differisce che nel nome (Origene, De Oratione, Vol. I, in-folio, pag. 202)

tratto da : Joseph de Maistre, Le serate di San Pietroburgo, Fede & Cultura, p. 192