sabato 23 novembre 2013

Chiesa dove vai «senza disciplina, senza unità nella devozione e nel rito, senza educazione nei suoi chierici, senza vita sacerdotale tra i suoi Vescovi e i suoi preti, senza presa sulle coscienze popolari, incredula ai misteri, insensibile al mondo invisibile» ?

"Siamo ancora cattolici o che cosa siamo diventati?" (Gnocchi e Palmaro)



Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro tornano sulle colonne de “il Foglio” di oggi con un nuovo articolo, un bellissimo articolo che fa nuovamente riflettere e fa esclamare al lettore: «È vero, è proprio così!». Non si tratta di dire tradizionalisti o non tradizionalisti, progressisti o non progressisti, conservatori o non conservatori; occorre andare al nocciolo della questione e chiedersi: siamo ancora cattolici o che cosa siamo diventati?

I sentimenti buoni non sono sinonimo di cattolicità. Essere cattolici significa avere una dottrina e seguirla, unire in un unico corpo lex credendi e lex orandi, significa pensare da cattolico, parlare da cattolico, agire da cattolico… altrimenti non si è cattolici, si è qualcos’altro. Nessuno è obbligato ad essere cattolico, ma nessuno può dire di essere cattolico se, concretamente, non lo è. Oggi anche un ateo o un agnostico può affermare tranquillamente, senza battere ciglio: «sono d’accordo con il Papa», un tempo una cosa simile non sarebbe mai accaduta.

Il pericolo per la Chiesa della nostra epoca è quello di essere troppo asservita ai parametri del mondo, ai parametri dei poteri governativi e statali. Siamo di fronte al pericolo di una Chiesa sguarnita, indifesa, soggetta ai venti esterni «senza disciplina, senza unità nella devozione e nel rito, senza educazione nei suoi chierici, senza vita sacerdotale tra i suoi Vescovi e i suoi preti, senza presa sulle coscienze popolari, incredula ai misteri, insensibile al mondo invisibile» (C. Lovera di Castiglione, Il Movimento di Oxford, Morcelliana, Brescia 1935, p. 191). Il Movimento di Oxford fu quel movimento di pensiero inglese diretto ed elaborato dal Cardinale Newman, attraverso il quale questo geniale professore smascherò, in maniera sublime, gli errori della chiesa anglicana, dalla quale si separò per abbracciare la Chiesa di Roma.  Fu studiando le eresie dei primi secoli, fu studiando i Padri della Chiesa che Newman comprese che ciò che era accaduto nel XVI secolo con il Protestantesimo non era altro che l’antico errore: ci si separava dalla dottrina e dal rito sacro di Roma e si inventavano cose nuove. «Lo scopersi quasi con terrore; c’era una somiglianza spaventosa – tanto più spaventosa in quanto così silente e priva di passione – fra le morte reliquie del passato e la cronaca febbrile del presente. L’ombra del quinto secolo gravava sul sedicesimo. Era come se uno spirito sorgesse dalle torbide acque del vecchio mondo con la figura e i lineamenti del mondo nuovo. La Chiesa, allora come ora, poteva apparire dura e perentoria, risoluta, autoritaria e implacabile; e gli eretici erano sfuggenti, mutevoli, riservati ed infidi; sempre pronti a adulare il potere civile in accordo fra loro soltanto con l’aiuto di esso, e il potere civile mirava sempre nuove annessioni, cercando di togliere di mezzo l’invisibile e sostituendo l’opportunità alla fede» (J.H. Newman,  Apologia pro vita sua, Jaca Book, Milano 19952, p. 144-145).

Dopo il Concilio Vaticano II i tradizionalisti sono stati considerati duri, perentori, risoluti, autoritari, implacabili… soltanto perché non volevano e non vogliono che all’amata Chiesa venga sottratta la sua reale e originaria identità, quella che la Tradizione ha trasmesso.

Molti pastori della Chiesa che sono senza misericordia contro coloro che vogliono vivere cattolicamente, sono poi morbidissimi e tolleranti nei confronti dei peccati, anche quelli mortali: è indubbio che il primo problema, oggi, non è più quello di perseguire la vita soprannaturale e di avere come primo obiettivo quello della salvezza delle anime, ma di inseguire ciò che il mondo afferma, propone e talvolta, con le leggi, impone ai popoli (pensiamo, per esempio, a quella terribile battaglia contro l’aborto, che "C"attolici come Mario Palmaro conducono con determinazione e risolutezza).
Oggi è il tempo della grande tentazione per la Chiesa.

Divisione e confusione regnano nel mondo e i valori di Dio, di patria e di famiglia sono stati scalzati per dare spazio ad una pianificazione materialista e individualista, in una sfrenata rincorsa dell’uomo al piacere, che porterà l’uomo stesso a schiantarsi contro se stesso, autodistruggendosi. «La norma del diritto moderno», affermava il Terziario francescano Attilio Mordini (1923-1966), che ha affrontato coraggiosamente i problemi del nostro tempo nel solco vivo della tradizione cristiana «è l’uomo, ma l’uomo non è definibile; l’uomo non può essere oggetto, e solo come immagine di Dio può sostanziarsi quale presenza di eternità nel tempo e nel mondo» (Il Tempio del Cristianesimo. Per una retorica della storia, il Cerchio, Rimini 2006, p. 153).
A Treviri, secondo la Tradizione, si custodisce la veste inconsutile del Salvatore, quella che i soldati si giocarono a dadi al momento della crocifissione: «Ora la tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo» (Gv 19, 23). Ecco, la Chiesa è chiamata a custodire fedelmente, «da cima a fondo», il tesoro consegnato da Cristo agli Apostoli e non può cedere alle lusinghe: aver tolto dal sito Internet vaticano l’intervista di Papa Francesco ad Eugenio Scalfari è la dimostrazione che questa Chiesa è fragile, vulnerabile, in balia proprio delle tentazioni.
Cristina Siccardi