sabato 15 febbraio 2014

una patetica contraffazione della Chiesa



Ho voluto intenzionalmente intitolare questo post così perché mi pare proprio il caso di farlo.
Mi è giunta notizia dei risultati relativi ai sondaggi che il papa argentino ha ordinato, per poter riflettere sui problemi relativi alla famiglia e alla società. I sondaggi dimostrano l'esistenza d'un forte allontanamento, anche da parte dei cosiddetti credenti, dalle indicazioni morali tradizionali. Quello che, però, non viene evidenziato (probabilmente perché si ha paura di vedere la tremenda realtà) è a che genere di "credo" aderiscono questi cristiani praticanti. Poco dopo il giubileo dell'anno 2000 era stato fatto un sondaggio di tal genere nelle scuole superiori di Roma con risultati talmente scoraggianti d'aver fatto trasecolare il card. Ruini (c'è da chiedersi in che realtà vivesse!). Da allora, da quanto ne so, nessuno ha osato verificare più niente.

A tutto questo si deve aggiungere quanto segue. Mentre la liturgia tradizionale, con testi che risentono dei dibattiti teologici e cristologici dei primi secoli, offriva chiari riferimenti su Cristo (in quanto Dio e uomo), sulla Trinità (come mistero tripersonale di un solo essere), sulle Persone divine (come comunione dei tre in un'unica volontà d'intenti che nasce dal loro unico essere), i testi liturgici di recente composizione sono sempre più sfuggenti in materia e generici.
Questo contribuisce ad alimentare nei cristiani praticanti idee sempre più sfocate su quello che riguarda il nucleo della loro fede (la Trinità e Cristo in quanto Dio e uomo). Inoltre, anche tra loro esiste una consistente tendenza a "demitizzare" i dogmi relativi a Dio e a Cristo. C'è da dire che il clero spesso non li aiuta affatto.
Mentre la Trinità non è più "capita" o accettata in senso tradizionale, Cristo diviene, al più, un uomo eticamente coerente, in funzione di una società più "umana" e "giusta". Si adagiano su questo piano almeno l'80% dei cosiddetti cristiani credenti e praticanti.

L'assenza di una reale coscienza teologica e dogmatica rende la Chiesa in Occidente assolutamente anemica. L'assenza di una spiritualità virile, forte e autentica in moltissime realtà ecclesiali, stende la Chiesa occidentale sul capezzale. Che senso ha riempirsi di attività per nascondere questo vuoto? Non è, forse, essere simili a chi rinfresca la facciata di un vecchio edificio senza accorgersi che le colonne portanti sono prossime a cedere?

Ebbene, davanti a questa intensa debolezza esistono persone che iniziano a dare forti colpi per fare cadere l'edificio. Riporto a titolo di semplice esempio un video, trovabile su youtube, di un'associazione mussulmana francese la quale, senza alcun timore, ridicolizza la fede cristiana. Ha campo libero proprio perché in Francia il Cristianesimo è ancor più anemico rispetto all'Italia.
In particolare, in questo video viene ridicolizzata la Trinità servendosi di frasi evangeliche citate fuori contesto con una lettura razionalistica (in ciò questi signori sono simili all'ateo Oddifreddi) e con conclusioni chiare: la Trinità non è che una serie di contraddizioni logiche per cui è necessario aderire solo al Dio manifestato dal "profeta" Mohammed.

Quest'associazione mussulmana francese non ha fatto solo questo video ma tutta una serie di video fortemente anticristiani. 


 
(sinceramente avremmo voluto risparmiarvi il video di questo mentecatto esplicativo solo della sua verve polemica antitrinitaria, ma merita di essere visto: sarà anche questo un frutto spirituale del Ramadan?)

Ebbene, oggi l'80% dei cristiani in Occidente non è in grado di dare una risposta alla verve di questo mussulmano. Tra questi cristiani anemici ci sarà sicuramente chi capitolerà e gli darà ragione. 

Tra quell'80% per cento probabilmente nessuno sarà in grado di capire che le questioni, così malamente esposte nel video, sono state già fatte ai tempi di san Giovanni Damasceno (VIII sec.) e che costui aveva già risposto. Nulla di nuovo sotto il sole!
Tra il 20% dei cristiani che potrebbero avere qualche arma culturale ci sarà sicuramente chi riterrà che san Giovanni Damasceno è "superato" e con lui tutta la riflessione patristica antecedente e posteriore. Ci sarà chi non conoscerà la prigionia tra i turchi di san Gregorio Palamas (XIV sec) e di come questo santo bizantino abbia già allora esposto il mistero della Trinità in termini così chiari da rischiare la vita.

Lo studio della patristica e delle chiare esposizioni dei Padri pare non servire ad altro, nelle scuole teologiche cattoliche, che a ritenere i Padri stessi superati in favore di una teologia odierna sempre più sfocata, vaga, inclusiva, non di rado confusionaria. 
Così oggi tende comunemente a prevalere l'idea di un Cristo simbolo di bontà, dove la Trinità stessa non vuol dire molto e lo Spirito Santo è, in fondo, un'espressione della coscienza umana. Queste idee peregrine, condivise e diffuse anche da don Franco Barbero, un prete cattolico molto attivo nonostante sia stato ridotto allo stato laicale dal Vaticano, non sono nate da lui e continuano a diffondersi divenendo in buona parte volgata corrente.

Se dopo innumerevoli anni il Vaticano è intervenuto contro le idee barberiane (ed è perciò stato stigmatizzato dai cosiddetti "progressisti"), i pastori davanti alle derive dogmatiche ed etiche dell'attuale mondo continuano a lasciare correre tacendo sempre più. Questa sembra pure essere la politica dell'attuale papa: la gente è debole, non perdiamo tempo a rafforzarla contrastando le sue debolezze per non divenire antipatici!
I pastori odierni non ricordano che, in realtà, chi condivide certe idee, pur credendo d'essere cristiano o cattolico, ha cessato d'appartenere al Cristianesimo: che senso ha dirsi cristiani quando si ha tolto la corona della divinità a Cristo?

Chi ha scoronato Cristo è divenuto, piuttosto, un ottimo terreno di semina per il "verbo" di persone come il mussulmano del video proposto. Oggi siamo a questo livello e a nulla serve compiacersi delle aperture di questo o quell'uomo di Chiesa, delle aperture verso i poveri di questo o quel papa...

Queste "glorie di cartapesta" altro non sono che un lacero paravento che nasconde a stento un cumulo di macerie e miseria (Cfr. Mt 23, 27).

Una risposta dei Padri

Non mi pare giusto limitarmi a quanto detto ma, dinnanzi alla provocazione blasfema del mussulmano del video, propongo una delle argomentazioni usate dai Padri davanti a chi negava la Trinità.
La negazione della Trinità è prima di tutto una tentazione giudaico-cristiana. I giudeo-cristiani non potevano non avere un concetto rigorosamente forte dell'unità e dell'unicità divina. Dinnanzi alla loro difficoltà di ammettere la Triunità divina, la Chiesa per bocca dei suoi insegnanti qualificati, i Padri, ha sempre ribadito che la Trinità è una rivelazione divina e che fermarsi alle credenze giudaiche significa fermarsi all'ombra rifiutando il sole. (Che sia questo uno dei motivi per cui, ponendo l'Ebraismo nel novero delle religioni morte, i Padri sono volutamente dimenticati? Sono fortemente tentato a crederlo!).

Con l'insorgere dell'Islam il dibattito si fa ancor più serrato. Si creano permanenti dialoghi tra cristiani e mussulmani dove i primi tentano, spesso inutilmente, di mostrare le loro ragioni teologiche ai secondi. Da quando Damasco divenne proprietà dei mussulmani, si fecero periodici incontri e dialoghi. Da un certo punto in poi furono gli stessi mussulmani a troncarli: i cristiani dovevano finalmente capire d'essere una popolazione sottomessa e tale dovevano restare.

Ma come esplicavano la Trinità questi cristiani ai mussulmani del tempo? Lo possiamo vedere nel dialogo avuto da san Gregorio Palamas con i turchi dove il santo bizantino fa un paragone geniale e chiaro al contempo, paragone che sicuramente esisteva ben prima di lui.

Palamas paragona il Padre al pensiero umano, il Figlio alla parola proferita dall'uomo e lo Spirito al soffio emesso dall'uomo stesso nell'atto di pronunciare la parola.

Un uomo quando parla - è lo stesso Palamas a dirlo - in un istante solo pensa e parla, emettendo le parole con il soffio della sua bocca.
I tre atti non si possono dividere al punto che fanno una cosa sola in un'indivisibile unità. La Rivelazione ab extra della Trinità non può non svolgersi in questo modo altrimenti non si ha rivelazione alcuna! Ed è per questo che Dio si rivela come Trinità. È per lo stesso motivo che per la dottrina patristica Dio si è sempre rivelato come Trinità, pure nell'Antico Testamento.

Il Padre è l'origine di tutto, la fonte della divinità, come il pensiero umano è la fonte del discorso (= "Il Padre è maggiore di me" Gv 14,28). Il Figlio è l'espressione concreta del Padre (= "Chi vede me vede il Padre" Gv 12,45) come la parola è l'espressione concreta del pensiero. Per questo Cristo è denominato Logos (Gv, 1, 1), ossia "Parola del Padre". Lo Spirito è quella realtà con il quale il Padre si può esprimere nel Figlio, esattamente come il discorso si può esprimere attraverso il fiato umano. Lo "Spirito di verità" (Gv 16,13) da vita al Logos, proprio come il fiato umano da vita alla parola stessa permettendole di essere. È perciò che è pure detto "Spirito di vita" (2 Cor 3,6).

D'altronde è Spirito di verità proprio perché si esprime in perfetta conformità con il Padre e il Figlio, come l'alito segue il comando del pensiero umano e da vita alla parola facendola proferire dalla bocca.

Dio nel Nuovo Testamento si è manifestato come Trinità seguendo questa logica.

Davanti a queste spiegazioni, i mussulmani non riuscivano a controbattere, dal momento che erano di un'evidenza solare, impossibili da smentire tanto erano insite nell'esperienza quotidiana di tutti.

Ebbene, questa geniale spiegazione l'ho potuta imparare solo frequentando i testi patristici.Ma, oggi, chi mai la conosce? Chi mai la predica? Chi mai la testimonia?
Assistiamo, invece, sgomenti a gerarchie ecclesiastiche che, volens dolens, predicano un vero e proprio relativismo dogmatico in cui siamo distanti anni luce dalla mentalità dei Padri, che è la vera mentalità della Chiesa.

Fintanto che non si tornerà a queste fonti vivendole, la Chiesa in Occidente non riuscirà a ritrovare se stessa. Peregrinerà come un accecato tra i politeismi pagani (il Pantheon di varie credenze ritenute tutte leggittime e quasi intercambiabili) e il monotesimo vetero testamentario inteso come un rifiuto pratico della Trinità (ed ecco che Cristo diviene semplice sapiente e uomo). Ma questa non è mai stata la Chiesa del Nuovo Testamento, la Chiesa dei Padri, bensì una sua drammatica contraffazione.

Oggi gran parte degli ambienti ecclesiali sono una patetica contraffazione della Chiesa. È questa la triste realtà.


http://traditioliturgica.blogspot.it/2014/02/cristianita-occidentale-sei-ancora-viva.html


 

venerdì 14 febbraio 2014

a Radio Maria continua la caccia alle streghe


Padre Livio rimuove il Prof. Roberto de Mattei da Radio Maria

Il 13 febbraio Padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria, ha chiuso la rubrica “Radici Cristiane” che il prof. Roberto de Mattei conduceva dal 17 febbraio 2010, ogni terzo mercoledì del mese a Radio Maria. La ragione del provvedimento è l’articolo dello stesso de Mattei 2013-2014. Motus in fine velocior apparso su “Corrispondenza Romana” del 12 febbraio. Riportiamo di seguito lo scambio di corrispondenza tra padre Livio e Roberto de Mattei.
 
13 febbraio 2014 – Padre Livio Fanzaga al prof. Roberto de Mattei
Caro Prof. Roberto De Mattei,
ho letto il suo recente articolo “ Motus in fine velocior” e ho notato come si stia sempre più accentuando la sua posizione critica nei confronti del Pontificato di Papa Francesco.  Ne sono molto dispiaciuto e avrei desiderato che Lei mettesse la sua grande preparazione culturale al servizio del Successore di Pietro.
Lei comprende, caro Professore, che la sua posizione è incompatibile con la presenza a Radio Maria la quale prevede, nei suoi  Principi guida,  l’adesione non solo al Magistero della Chiesa, ma anche il sostegno all’azione pastorale del   Sommo Pontefice.
Con rincrescimento e per dovere di coscienza, devo sospendere la sua trasmissione mensile, mentre la ringrazio, anche a nome degli ascoltatori, per  l’impegno profuso, a titolo di volontariato,  alla ricerca delle radici cristiane dell’Europa.
Caro Professore, se il suo atteggiamento verso l’attuale Pontificato dovesse cambiare e divenire più positivo,  non ci sarebbe nessuna difficoltà che Lei possa riprendere la sua trasmissione.
Cordialmente
Padre Livio Fanzaga  (Direttore)
 
13 febbraio 2014 – Roberto de Mattei a padre Livio Fanzaga
Caro padre Livio,
Con una e-mail del 13 febbraio Lei mi comunica di aver deciso di sospendere la trasmissione “Radici Cristiane” a Radio Maria perché si starebbe “sempre più accentuando” la mia “posizione critica nei confronti del Pontificato di Papa Francesco” . “La sua posizione – mi scrive – è incompatibile con la presenza a Radio Maria la quale prevede, nei suoi  Principi guida,  l’adesione non solo al Magistero della Chiesa, ma anche il sostegno all’azione pastorale del   Sommo Pontefice“.
Innanzitutto la ringrazio per l’invito che Lei mi fece, quattro anni fa, a condurre la trasmissione “Radici Cristiane” a Radio Maria. Da allora allo scorso 15 gennaio, ogni terzo mercoledì del mese, ho cercato di svolgere al meglio il compito che mi aveva affidato, sviluppando temi di carattere storico, apologetico, spirituale e morale in difesa della Chiesa e della Civiltà cristiana. La ringrazio anche per avermi pubblicamente difeso quando a causa di alcune trasmissioni fui violentemente attaccato dalla stampa laicista. Tutta la mia attività e il mio apostolato  è stato e rimane al servizio della Chiesa e del Romano Pontefice, al quale ho dedicato il mio ultimo volume Vicario di Cristo. Il Papato tra normalità e eccezione. La devozione al Papato costituisce una parte essenziale della mia vita spirituale.
            La dottrina cattolica ci insegna però che il Papa è infallibile solo a determinate condizioni e che può commettere errori, nel campo ad esempio, della politica ecclesiastica, delle scelte strategiche, dell’azione pastorale e perfino del magistero ordinario. In questo caso non è un peccato, ma un dovere di coscienza per un cattolico rimarcarlo, purché lo faccia con tutto il rispetto e l’amore che si deve al  Sommo Pontefice. Così fecero i santi, che devono essere il nostro modello di vita.
            La Chiesa lascia questa libertà di critica ai suoi figli e non pecca chi, con la dovuta riverenza, sottolinea le mancanze delle gerarchie ecclesiastiche. Pecca invece chi tace, per viltà o conformismo. Il dramma della Chiesa di oggi sta proprio nella paura dei sacerdoti e dei vescovi, che costituiscono la pars electa della Chiesa, di denunciare la terribile crisi in atto, di risalire alle cause, di proporre rimedi.
            Ho riletto l’articolo che costituisce la ragione del mio allontanamento e non mi sembra che ci sia nulla di irriguardoso nei confronti del regnante Pontefice, ma solo alcune considerazioni di carattere storico più che teologico, mosse da puro amore della Verità. Non ho inoltre esposto le mie preoccupazioni sulla attuale situazione della Chiesa nella mia trasmissione mensile di  Radio Maria, ma su un’agenzia di informazioni da me diretta.
            Caro padre Livio, rientra nella sua piena libertà il congedarmi dalla sua emittente, ma sarebbe stato meglio che Lo avesse fatto senza motivazioni, piuttosto che addurre ragioni così deboli e, se mi permette, infondate. Lei non esce bene da questa vicenda e sinceramente me ne dispiace. Il moto degli eventi si fa sempre più veloce e prima o poi il vortice coinvolgerà anche Lei e Radio Maria, costringendola ad assumere, in un senso o nell’altro, posizioni che Lei si illude possano essere schivate. Vengono momenti  però in cui bisogna schierarsi. Per quanto mi riguarda continuerò ad esercitare la mia libertà di cristiano per difendere la fede che ho ricevuto con il mio battesimo e che costituisce il mio bene più caro. Che lo Spirito Santo mi aiuti a non cedere mai ad alcuna pressione o lusinga, a non cessare mai di dire la verità e a dirla tanto più forte quanto più grande è il silenzio di chi dovrebbe esserne voce.
Con devoto ossequio
Roberto de Mattei
 
14 febbraio 2014 – padre Livio Fanzaga a Roberto de Mattei
Caro Professore,
la ringrazio per la sua pacata risposta. Il suo articolo mi è stato segnalato con preoccupazione da qualche ascoltatore che la segue. Certe decisioni si prendono con sofferenza. E’ mia ferma convinzione che la Chiesa,  possa uscire dal travaglio odierno seguendo la Madonna e il Papa. Come ci insegna Benedetto XVI, è più che mai l’ora della preghiera.
Con stima Padre Livio

 

P. S. La chiosa finale: “Come ci insegna Benedetto XVI” è comunque esilarante, sembra quasi un lapsus freudiano(=oh come vorrei che fosse ancora Papa lui, così mi risparmierei queste figuracce!)

giovedì 13 febbraio 2014

Socci si prepara per lo scoop di tutti i tempi


 
FORSE NON E’ CANONICAMENTE VALIDA LA “RINUNCIA” DI PAPA BENEDETTO

di Antonio Socci

 Il “ritiro” di Benedetto XVI – un anno dopo – si tinge di giallo. Perché emergono “dettagli” che impongono di interrogarsi seriamente sulla sua effettiva validità canonica.

Parto da ciò di cui io stesso sono stato testimone personale. Nell’estate del 2011 ricevo da fonte certa la notizia: Benedetto XVI ha deciso di dimettersi e lo farà dopo aver compiuto gli 85 anni, cioè dall’aprile 2012.

Scrissi tutto su queste colonne il 25 settembre 2011. Fui seppellito da una valanga di risposte sprezzanti sia dall’entourage vaticano che dai vaticanisti. Arrivati alla primavera 2012 qualcuno dei vaticanisti fece ripetutamente notare che la mia previsione non si era realizzata.

Io risposi che si era in pieno nella tempesta di Vatileaks e per quella ragione il Papa non si era ancora dimesso. Infatti l’11 febbraio 2013, appena chiuso il caso Valileaks, Benedetto XVI comunica il suo clamoroso ritiro (si era sempre nel suo 85° anno).

Tuttavia ancora ieri i rosiconi di “Vatican Insider” scrivevano:  “Nel corso degli anni, sui giornali italiani, Antonio Socci e Giuliano Ferrara parlarono, con motivazioni diverse, dell’ipotesi che Joseph Ratzinger si dimettesse. Nessuno, a ogni modo, seppe prevedere la tempistica”.

A parte il fatto che la mia era una notizia, mentre l’articolo di Ferrara, uscito mesi dopo, era una sua riflessione culturale, nel mio articolo la tempistica era molto ben definita.

 

LA CONFERMA DI BERTONE

 

Inoltre ieri il cardinale Bertone, con una intervista al “Giornale”, ha rivelato: “Il Papa aveva maturato la decisione da tempo, me ne parlò già a metà del 2012”.

Poi decise di ritardare un po’ la comunicazione per le tante tempeste che erano in corso. Ma la decisione era stata presa per l’aprile 2012. Proprio come avevo scritto.

A questo punto mi sono chiesto come facevano quelle mie fonti a sapere con certezza tutto questo già nell’estate del 2011, due anni prima? Chi e perché era in grado di conoscere una cosa simile?

O qualche persona molto vicina al Papa, oppure qualche gruppo di persone che l’aveva con lui “patteggiata” e ottenuta. Ebbene, nell’estate 2011 le persone vicine al Papa non lo sapevano. Dunque ci sono state forze che hanno voluto e premuto per quella decisione fino a “strappargli” una data?

 

COMPLOTTO ?

 

Non credo che sia un’esagerazione complottista perché, oltre ai fortissimi attacchi esterni, che hanno connotato il suo pontificato, Benedetto XVI è stato avversato in modo durissimo fin dall’inizio all’interno del mondo ecclesiastico: è evidente dal documento con cui un gruppo di cardinali anonimi, subito dopo il Conclave del 2005, ha infranto il giuramento sul Vangelo diffondendo un presunto Diario delle votazioni che delegittimava Ratzinger e in pratica gli lanciava il segnale di mollare. Prefigurando subdolamente dei fatti che poi si sono davvero realizzati.

Quella delegittimazione pubblica di un papa appena eletto, da parte di cardinali spergiuri, nascosti dietro l’anonimato, non ha eguali nella storia moderna della Chiesa.

E’ possibile pensare che da lì si sia dipanata tutta una strategia ostile che evidentemente puntava proprio alle dimissioni del Papa. Nel libro “Attacco a Ratzinger”, del 2010, Andrea Tornielli e Paolo Rodari, riportano la dichiarazione di un importante cardinale che, dopo il Conclave del 2005, disse di papa Benedetto: “due o tre anni, non durerà più di due o tre anni” (e “lo faceva accompagnando le parole con un gesto delle mani, come per minimizzare”).

 

INQUIETANTE APPUNTO

 

Va ricordato anche l’inquietante “appunto” consegnato a Benedetto XVI il 30 dicembre 2011 dal cardinale Dario Castrillòn  Hoyos, nel quale si riferivano le cose che un altro cardinale, Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, nel novembre 2011, avrebbe detto ad alcune persone in colloqui avuti a Pechino.

Il Cardinale Romeo, secondo l’estensore del rapporto, avrebbe “aspramente criticato papa Benedetto XVI”. Infine “sicuro di sé, come se lo sapesse con precisione il Cardinale Romeo ha annunciato che il Santo Padre avrebbe solo altri dodici mesi da vivere. Durante i suoi colloqui in Cina ha profetizzato la morte di Papa Benedetto XVI entro i prossimi 12 mesi”.

Tale documento uscì poi sulla stampa nel febbraio 2012  e fece scalpore, ma fu subito dimenticato, anche dai media (sempre superficiali). Declassato a chiacchiera di qualche svagato che aveva frainteso tutto, immaginando attentati e cose simili.

Di certo quel rapporto aveva aspetti strani, ma alla luce di ciò che è davvero accaduto nei dodici mesi successivi, si può dire che era proprio casuale che fosse prevista con certezza l’uscita di scena di Ratzinger?

Di sicuro, con tutto questo oscuro subbuglio di Curia, appaiono poco credibili oggi dichiarazioni come quella fatta a caldo, al momento delle dimissioni del papa, dal cardinale Sodano: “Un fulmine a ciel sereno”.

Sodano – che era Segretario di Stato nel 2005 e fu sostituito da Benedetto XVI nel 2006 – è poi colui che, come decano del Sacro Collegio, ha gestito il nuovo Conclave del 2013. E resta l’uomo forte della Curia.

 

IL GIALLO

 

La vicenda delle dimissioni di papa Benedetto è sempre più misteriosa. E pure imbarazzante. Non a caso, per l’anniversario del ritiro, si sono lette cose surreali, come la dichiarazione del cardinale Cottier che ad “Avvenire” ha detto: “Con molta lucidità egli ha misurato le proprie forze e il lavoro da fare. E ha deciso che non si può forzare la Provvidenza”.

Restare al suo posto sarebbe stato “forzare la Provvidenza”? E in quale bignami della teologia sarebbe scritta una simile castroneria, offensiva per papa Benedetto e pure per la Provvidenza, che non è ritenuta in grado di guidare le vite umane? Forse che il Conclave del 2005 andò contro la Provvidenza?

Eccoci dunque davanti alla domanda cruciale: quella sulla “rinuncia” di Benedetto XVI. L’11 febbraio 2013 egli l’annunciò solennemente “ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà”.

Non è ammissibile dubitare delle sue parole, quindi il suo fu un gesto libero. Tuttavia per ottenere una decisione in tal senso si può premere in molti modi. Non necessariamente con un’imposizione diretta.

C’è chi ha avanzato l’ipotesi che il Papa abbia sentito ventilare eventi catastrofici per la Chiesa che, in cuor suo, riteneva di poter scongiurare facendosi da parte. In questo caso avrebbe preso liberamente la sua decisione, ma quanto sarebbe valido il suo ritiro?

Il problema della validità canonica delle sue dimissioni è enorme. L’invalidità infatti – secondo alcuni canonisti – non riguarda solo il caso di costrizione, ma è da discutere anche in altri casi.

 

SEGNALI SIGNIFICATIVI

 

Per esempio ci si può domandare se il Pontefice in cuor suo ha messo nella decisione il concorso della volontà, cioè se si è ritirato – oltreché esteriormente – anche interiormente.

Sembra una questione aleatoria, ma nelle cose di Dio il cuore, che Lui solo vede, è determinante.

Infatti perfino per i sacramenti è necessario questo requisito. Nella consacrazione dell’eucaristia ci vuole materia, forma e intenzione: se manca anche solo uno di questi elementi il sacramento è invalido.

Per esempio se manca l’intenzione interiore del sacerdote di consacrare, se egli formula le parole, ma non ha l’intenzione di consacrare, la consacrazione non è valida.

Benedetto XVI si è ritirato anche interiormente?

Oltre al linguaggio delle parole c’è quello dei gesti. Quello che vediamo è che ha scelto di continuare a stare “nel recinto di Pietro”, di vestire in abito bianco, di definirsi “papa emerito” e di continuare a chiamarsi Benedetto XVI (si firma così).

Inoltre ha rifiutato il cambiamento del suo stemma che lo riportava a cardinale, tenendo ancora quello con le chiavi di Pietro.  Il Vaticano ha fatto sapere che Benedetto “preferisce non adottare un emblema araldico espressivo della nuova situazione creatasi con la sua rinuncia al Ministero Petrino”.

Sappiamo che nella Chiesa c’è anche il “magistero tacito” . Forse questo è il caso. E di certo Benedetto è in accordo con Francesco. Un bel mistero.

P.S. Voglio sottolineare, riportandolo, il bellissimo e significativo tweet di ieri di papa Francesco: “Oggi vi invito a pregare per SUA SANTITA’ BENEDETTO XVI, un uomo di grande coraggio e umiltà”.

 Tratto da “Libero”, 12 febbraio 2014


 

 

martedì 11 febbraio 2014

"meditare, pregare ed agire. La città è già in rovina e i soldati nemici sono alle porte. Chi ama la Chiesa la difenda, per affrettare il trionfo del Cuore Immacolato di Maria" (Roberto de Mattei)

2013-2014: Motus in fine velocior
di Roberto de Mattei

 
L’11 febbraio 2013 è una data ormai entrata nella storia. Quel giorno Benedetto XVI comunicò la sua decisione di rinunciare al pontificato ad un’assemblea di cardinali attoniti. L’annunzio fu accolto “come un fulmine a ciel sereno”, secondo le parole rivolte al Papa dal cardinale decano Angelo Sodano e l’immagine di un fulmine che lo stesso giorno colpì la Basilica di San Pietro fece il giro del mondo.
L’abdicazione avvenne il 28 febbraio, ma prima Benedetto XVI comunicò di voler restare in Vaticano come Papa emerito, fatto mai avvenuto e ancora più sorprendente della rinuncia al pontificato. Nel mese trascorso tra l’annuncio dell’abdicazione e il conclave apertosi il 12  marzo, fu preparata l’elezione del nuovo Pontefice, anche se apparve al mondo come inaspettata. Più che l’identità dell’eletto, l’argentino Jorge Mario Bergoglio, stupì l’inedito nome da lui scelto, Francesco, quasi a voler rappresentare un unicum, e colpì il suo primo discorso, in cui dopo un colloquiale “buonasera”, si presentò come “vescovo di Roma”, titolo che spetta al Papa, ma solo dopo quelli di Vicario di Cristo e di successore di Pietro, che ne costituiscono il presupposto.
La fotografia dei due Papi che pregavano assieme, il 23 marzo a Castelgandolfo, offrendo l’immagine di una inedita “diarchia” pontificia,  aumentò la confusione di quei giorni. Ma si era solo all’inizio. Venne l’intervista sull’aereo di ritorno da Rio de Janeiro, il 28 luglio 2013, con le parole “chi sono io per giudicare!” destinate ad essere utilizzate per giustificare ogni trasgressione. Seguirono le interviste di Papa Francesco al direttore della “Civiltà Cattolica”, in  settembre e  quella al fondatore del quotidiano “La Repubblica”, in ottobre, che ebbero un impatto mediatico superiore alla sua prima enciclica Lumen fidei. Si disse che non erano atti di magistero, ma tutto ciò che da allora sta accadendo nella Chiesa, deriva soprattutto da quelle interviste che ebbero carattere magisteriale di fatto se non di principio.
Lo scontro tra il cardinale Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Fede, e il cardinale arcivescovo di Tegucigalpa Oscar Rodriguez Maradiaga, coordinatore dei consiglieri per le riforme di Papa Francesco,  ha portato al culmine la confusione. La dottrina tradizionale, secondo Maradiaga, non è sufficiente ad offrire « risposte per il mondo di oggi». Essa verrà mantenuta, ma ci sono «sfide pastorali» adatte ai tempi alle quali non si può rispondere «con l’autoritarismo e il moralismo» perché questa «non è nuova evangelizzazione».
Alle dichiarazioni del card. Maradiaga hanno fatto seguito i risultati del sondaggio sulla pastorale familiare promosso dal Papa per il Sinodo dei Vescovi del 5-19 ottobre. Il Sir (Servizio di informazione religiosa) ha diffuso una sintesi  delle prime risposte arrivare dal Centro-Europa. Per i vescovi belgi, svizzeri, lussemburghesi e tedeschi, la fede cattolica è troppo rigida e non corrisponde alle esigenze dei fedeli. La Chiesa dovrebbe accettare le convivenze prematrimoniali, riconoscere matrimoni omosessuali e unioni di fatto, ammettere il controllo delle nascite e la contraccezione, benedire le seconde nozze dei divorziati e permettere loro di ricevere i sacramenti.        Se questa è la strada che si vuole percorrere, è il momento di dire che si tratta di una strada verso lo scisma e l’eresia, perché si negherebbe la fede divina e naturale che nei suoi comandamenti non solo afferma l’indissolubilità del matrimonio, ma proibisce gli atti sessuali al di fuori di esso, tanto più se commessi contro natura. La Chiesa accoglie tutti coloro che si pentono dei propri errori e peccati e si propongono di uscire dalla situazione di disordine morale in cui si trovano, ma non può legittimare, in alcun modo, lo status di peccatore. A nulla varrebbe affermare che il mutamento riguarderebbe solo la prassi pastorale e non la dottrina. Se tra la dottrina e la prassi manca la corrispondenza, vuol dire che è la prassi a farsi dottrina, come peraltro sta purtroppo accadendo dal Concilio Vaticano II in poi.
La Chiesa deve dare risposte nuove e “al passo con i tempi”? Ben diversamente si comportarono i grandi riformatori nella storia della Chiesa, come  san Pier Damiani e san Gregorio Magno che, nell’XI secolo, avrebbero dovuto legittimare la simonia e il nicolaismo dei preti, per non rendere la Chiesa estranea alla realtà del loro tempo, ed invece denunciarono queste piaghe con parole di fuoco, avviando la riforma dei costumi e la restaurazione della retta dottrina.
E’ lo spirito intransigente e senza compromesso dei santi ad essere oggi drammaticamente assente. Urgerebbe una acies ordinata, un’armata schierata a battaglia che impugnando le armi del Vangelo annunci una parola di vita al mondo moderno che muore, invece di abbracciarne il cadavere. I gesuiti offrirono, tra il Concilio di Trento e la Rivoluzione francese, questo nucleo di combattenti alla Chiesa. Oggi soffrono la decadenza di tutti gli ordini religiosi e se tra questi uno ne appare ricco di promesse, viene inspiegabilmente soppresso. Il caso dei Francescani dell’Immacolata, esploso a partire da luglio, ha portato alla luce una evidente contraddizione tra i continui richiami di Papa Francesco alla misericordia e il bastone  assegnato al commissario Fidenzio Volpi per annichilire uno dei pochi istituti religiosi oggi fiorenti.
Il paradosso non si ferma qui. Mai come nel primo anno di pontificato di Papa Francesco, la Chiesa ha rinunciato ad uno dei suoi divini attributi, quello della giustizia, per presentarsi al mondo misericordiosa e benedicente, ma mai come quest’anno la Chiesa è stata oggetto di violenti attacchi da parte del mondo verso cui stende la mano.
Il matrimonio omosessuale, rivendicato da tutte le grandi organizzazioni internazionali e da quasi tutti i governi occidentali, contraddice frontalmente non solo la fede della Chiesa, ma la stessa legge naturale e divina che è iscritta nel cuore di ogni uomo. Le grandi mobilitazioni di massa, avvenute soprattutto in Francia con le Manif pour tous, cos’altro sono se non la reazione della coscienza di un popolo ad una legislazione iniqua e contro-natura? Ma le lobby immoraliste non si accontentano di questo. Ciò che a loro preme non è l’affermazione dei presunti diritti omosessuali, quanto la negazione dei diritti umani dei cristiani. Christianos esse non licet: il grido blasfemo che fu di Nerone e di Voltaire, riecheggia oggi nel mondo, mentre Jorge Mario Bergoglio è eletto dalle riviste mondane uomo dell’anno.
Gli avvenimenti si susseguono sempre più rapidamente. La sentenza latina motus in fine velocior è comunemente usata per indicare lo scorrere più veloce del tempo al termine di un periodo storico. La moltiplicazione degli eventi abbrevia infatti il corso del tempo, che in sé non esiste al di fuori delle cose che fluiscono. Il tempo, dice Aristotele è la misura del movimento (Fisica, IV, 219 b). Più precisamente lo definiamo come la durata delle cose mutevoli. Dio è eterno proprio perché è immutabile: ogni movimento ha in lui la sua causa, ma nulla in Lui muta. Più ci si allontana da Dio, più cresce il caos, prodotto dal mutamento.
L’11 febbraio ha segnato l’inizio di un’accelerazione del tempo, che è la conseguenza di un movimento che si sta facendo vertiginoso. Viviamo un’ora storica che non è  necessariamente la fine dei tempi, ma è certamente il tramonto di una civiltà e la fine di un’epoca nella vita della Chiesa. Se al chiudersi di quest’epoca  il clero e il laicato cattolico non assumeranno fino in fondo le loro responsabilità, si avvererà inevitabilmente il destino che la veggente di Fatima ha visto svelarsi davanti ai propri occhi:
« Vedemmo in una luce immensa che è Dio: “qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio quando vi passano davanti” un Vescovo vestito di Bianco “abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre”. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande Croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i Vescovi Sacerdoti, religiosi e religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni. Sotto i due bracci della Croce c’erano due Angeli ognuno con un innaffiatoio di cristallo nella mano, nei quali raccoglievano il sangue dei Martiri e con esso irrigavano le anime che si avvicinavano a Dio ».
La drammatica visione del 13 maggio dovrebbe essere più che sufficiente per spingerci a meditare, pregare ed agire. La città è già in rovina e i soldati nemici sono alle porte. Chi ama la Chiesa la difenda, per affrettare il trionfo del Cuore Immacolato di Maria.

lunedì 10 febbraio 2014

"Poveri peccatori"!


Omelia per la Festa
di Nostra Signora di Lourdes

Cari amici,

eccoci giunti all’undici febbraio, giorno dedicato alla Madonna di Lourdes! Voi sapete che l’undici febbraio, in ragione del messaggio sulla santificazione della sofferenza  offertoci dalle apparizioni del 1858, è stato proclamato dalla Chiesa giornata mondiale dei malati. Il rischio in tutto questo è che le apparizioni di Lourdes abbiano qualcosa da dirci solo quando saremo in sedia a rotelle o giù di lì. Certo qualcuno risponderà dicendo che, bene o male, tutti ci ammaleremo o tutti quantomeno abbiamo avuto o avremo a che fare con  le malattie dei nostri cari. Ma le apparizioni di Lourdes hanno un messaggio ben più vasto di questo, pur nobile e profondo, della santificazione della sofferenza. Io vorrei soffermarmi oggi su due aspetti:

 
1   1)      Le apparizioni di Lourdes sono una conferma di quanto aveva definito il Papa Pio IX quattro anni prima nel 1854, ossia la definizione dell’Immacolato concepimento di Maria. Diceva a tale proposito il Cardinale Siri : “Il cielo non si è mai mosso per venire a confermare quanto detto dai grandi uomini ( …) ma il cielo si è mosso per venire a confermare la parola del Papa …”. Traiamo la morale per noi: non banalizziamo la parola del papa, non cataloghiamo le parole del papa in quel fiume di parole che invade le nostre quotidiane esistenze; non trattiamo con sufficienza le parole del pontefice quasi dovesse chiedere il permesso su ciò che deve dire ai vari opinionisti del giorno o ai diversi sondaggi di opinione. Oggi Lourdes, con questa solenne conferma dall’alto all’insegnamento del papa , vuole dirci : “Attenzione! Le parole del papa – quando parla da papa, dunque da Vicario di Cristo, da Maestro della Fede, non sono mai banali o oziose, hanno un collegamento con i piani superiori …!

"  2)      Il secondo insegnamento che ci viene da Lourdes è quello della penitenza! Il tema della  penitenza è strettamente legato a quello del peccato. L’altro giorno in autobus pensando a Lourdes mi son ricordato che in francese la secondo parte dell’Ave Maria ha un aggiunta che non c’è nel testo italiano: poveri. Si , si dice infatti : “Santa Maria Madre di Dio , prega per noi poveri peccatori..”. A qualcuno potrà forse non piacere ma io lo trovo molto interessante. In quale statistica o rapporto della Caritas, dei sindacati , degli istituti di demoscopia o di assistenza sociale, comparirà questa forma di povertà: il peccato e i peccatori? A chi interessa sollevare da questa miseria questi poveri che siamo poi tutti, perché questa forma di povertà, a differenza dell’altra, riguarda tutti? Io vedo file alla Caritas di poveri, veri o presunti, ma non vedo nessuno a quella originale sede della Caritas che è il confessionale , dove quella miseria può essere sollevata, anzi annullata,  “non per i nostri meriti ma per la ricchezza del Suo perdono “ (cfr. Canone Romano). Nel film Bernardette, del 1943, mi hanno sempre colpito le parole del  dottor Dozous , medico di Lourdes, che era rimasto impressionato dalla risposta data da Santa Bernardette alla domanda su chi fosse un peccatore. “ Un peccatore, aveva risposto la Santa, è chi ama il peccato”. Il dottore era rimasto stupito che avesse detto chi ama il peccato e non chi fa il peccato. Cosa voleva dire? Sgombriamo subito il campo da un equivoco : chi fa il peccato è un peccatore , ma chi lo ama lo è in un grado inquietante. Ma cosa vuol dire amare il peccato? Azzardo una risposta : ama il peccato chi afferma che il peccato non è più tale, a tal punto da non aver bisogno di misericordia e perdono. Di più, ama il peccato chi contraddicendo Dio lo eleva a virtù, e non faccio esempi per carità … le apparizioni di Lourdes invece col loro invito alla penitenza, a riconoscerci “poveri peccatori” senza ma e senza se ci indicano un’altra strada quella del perdono, che ci fa andare oltre ogni limite. Scrive a tale proposito Monsignor Luigi Negri: “Gli errori non sono obiezioni mai. Nella Chiesa l'unica realtà che può fermare è teorizzare l'errore; per il peccato infatti la Chiesa possiede una parola solo : il perdono”.

Cari amici, approfittiamo di questa giornata, per  pregare per noi peccatori, nessuno escluso perché possiamo sperimentare l’amore di Gesù, l’onnipotenza che perdona. E tu , Santa Maria, Madre di Dio e Madre nostra prega per noi poveri peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte! Amen