sabato 12 maggio 2012

Mai nell’antichità cristiana, sarebbe potuta venire l’idea di mettersi versus populum per presiedere un pasto



«L’idea che la celebrazione versus populum sia stata la celebrazione originaria, e soprattutto quella dell’Ultima Cena, non ha altro fondamento se non un’errata concezione di ciò che poteva essere un pasto, cristiano o meno, nell’antichità. In nessun pasto dell’inizio dell’era cristiana il presidente di un’assemblea di commensali stava di fronte agli altri partecipanti. Essi stavano tutti seduti, e distesi, sul lato convesso di una tavola a forma di sigma o a ferro di cavallo. Mai, dunque, nell’antichità cristiana, sarebbe potuta venire l’idea di mettersi versus populum per presiedere un pasto. Anzi, il carattere comunitario del pasto era messo in risalto proprio dalla disposizione contraria, cioè dal fatto che tutti i partecipanti si trovassero dallo stesso lato della tavola».
Louis Bouyer, Architettura e liturgia, p.38

tratto da Fides et forma di Francesco Colafemmina

giovedì 10 maggio 2012

Il Vaticano II. Alle radici d’un equivoco: la Siccardi presenta l'ultima fatica di Mons. Gherardini



«Il Vaticano II insegna veramente e soltanto ciò che fu rivelato e trasmesso?» E «il senso oggettivo delle parole usate dal Vaticano II corrisponde a quello del precedente Magistero ed in ultima analisi a quello della divina Rivelazione?» Due domande, “a bruciapelo”, che vengono rivolte da Monsignor Brunero Gherardini a tutti coloro che avranno la fortuna di leggere il suo ultimo libro, che brilla per chiarezza linguistica e teologica, dal titolo Il Vaticano II alle radici d’un equivoco (Lindau, pp. 410, € 26.00).

Sono trascorsi cinquant’anni (1962-2012) dall’apertura di un Concilio che sempre più diventa protagonista di un vero e proprio processo. Finalmente il tribunale si è aperto, grazie, in particolare, allo stesso teologo Gherardini (con il suo ormai celebre Concilio Vaticano II un discorso da fare) e allo storico Roberto de Mattei (con il suo Concilio Vaticano II, una storia mai scritta) per far entrare l’imputato, il Concilio Vaticano II.

Pur essendo i contenuti di questo scrupoloso volume assai profondi e complessi, il suo autore, com’è nel suo “gherardiniano” stile, rende la disamina fresca, vivace e vincente. Quest’opera nasce da un’ispirazione polemica, ovvero per rispondere alla malafede di alcuni studiosi e giornalisti nei confronti degli approfondimenti che il teologo da alcuni anni realizza con rigore. Alcune pennellate qua e là ironiche ricordano l’humor graffiante utilizzato dal beato John Henri Newman nel suo capolavoro Apologia pro vita sua, dove, anch’egli, come Gherardini, rispondeva a coloro che lo accusavano, con il coraggio proprio di chi sa, come direbbe san Tommaso d’Aquino, di essere posseduto dalla verità.

Gherardini non si è accodato alla vulgata, ovvero a tutti coloro che continuano ad osannare il Vaticano II in senso aprioristico e senza accettare un’analisi nel merito, ma è andato a fondo del problema, osservando da vicino il radicale cambiamento di rotta della Chiesa postconciliare ed individuando la causa di quel cambiamento negli atti dell’Assise. Ed ecco il grande “equivoco”, «dai più quasi mai preso in esame», matrice dei tanti equivoci e dei tanti errori che sono emersi a cascata: l’antropocentrismo. «L’uomo moderno, verso il quale si protende l’antropocentrismo conciliare, ne assorbe le idee che sovvertono i rapporti naturali e rivelati fra la creatura e il Creatore, diventa di codest’idee il portabandiera e l’araldo, e dalle medesime vien per così dir inchiodato in uno stato d’inconciliabilità con le verità della dottrina e della Tradizione». Ed ecco le derive della Nouvelle Théologie e della Teologia della liberazione.

L’equivoco antropocentrico trova per Gherardini le sue radici nella dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa (Dignitatis humanae), nella dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane (Nostra aetate) e nel decreto sul dialogo ecumenico (Unitatis redintegratio). L’antropocentrismo ha contaminato tutta la cultura moderna e il pensiero maggioritario conciliare, e nulla «nel modernismo e nella sua assatanata reviviscenza neomodernista è risparmiato del tesoro di verità ricevute e trasmesse», ovvero la Sacra Scrittura, i dogmi, la Liturgia, la morale. Oggi quel tarlo modernista che erodeva dal di dentro è emerso con spavalderia, ma l’aula conciliare ne fu già testimone quando si trattarono tematiche nodali, che si distanziavano, nella loro elaborazione, dalla Tradizione.

Gherardini, dato il suo porsi in maniera critica di fronte al Concilio, è stato accusato di essere un “lefebvriano”, dando al termine, come sempre, un’accezione meramente negativa. Egli, a questo riguardo, afferma che pur non appartenendo alla Fraternità Sacerdotale San Pio X, ne condivide le linee di costruttiva critica al Vaticano II.

L’autore, inoltre, punta la sua attenzione sul linguaggio conciliare e postconciliare, del tutto diverso dalla patristica e dalla Tradizione in genere; fa, inoltre, nome e cognome dei protagonisti delle moderne filosofie e teologie e non li interpreta, ma ne fa la radiografia delle idee; idee che hanno avvelenato lo spirito dell’Assise e «se la sacra gerarchia non blocca questa deriva antropocentrica, il domani della Chiesa non sarà più quello della Chiesa una santa cattolica apostolica nella sua gloriosa ed universalistica configurazione romana».
Cristina Siccardi

mercoledì 9 maggio 2012

delizie della liturgia volgare: confusione nella formula consacratoria

Sulle traduzioni della messa. Quei due futuri girati al passato


Il servizio di www.chiesa sulla traduzione del “pro multis” nella parole della consacrazione eucaristica, con riprodotta la lettera scritta da Benedetto XVI ai vescovi tedeschi, ha suscitato forte attenzione e numerosi commenti.
Ecco qui di seguito una nota inviata da monsignor Juan Andrés Caniato, incaricato per la pastorale delle comunicazioni sociali nell’arcidiocesi di Bologna.
messale

“IL TRADUTTORE ITALIANO HA SCIAGURATAMENTE PENSATO…”

I problemi di traduzione non sono poca cosa e stanno emergendo ogni giorno di più nella loro drammatica problematicità.
Per rimanere nel rito della messa, basterebbe pensare al “Padre nostro”: è un testo biblico o liturgico? Se è testo liturgico, va tradotto dal latino liturgico e non dal greco, con criteri liturgici e non biblici. “Et ne nos inducas in tentationem, sed libera nos a malo”.
(Nel novembre del 2011 i vescovi italiani votarono per cambiare il “non ci indurre in tentazione” in “non abbandonarci alla tentazione”, con 111 voti contro 68 dati a “non abbandonarci nella tentazione” – ndr).
Oppure al “Gloria”: cosa significa “bonae voluntatis”? Così come è tradotto adesso parrebbe la “buona volontà” degli uomini, quando invece si tratta della buona disposizione di Dio verso gli uomini, con tutto quello che consegue.
(Ancora nel novembre del 2011 i vescovi italiani votarono per cambiare il “pace in terra agli uomini di buona volontà” con “pace in terra agli uomini che egli ama”, con 151 voti contro 36 andati alla versione in uso – ndr).
Ma tornando alle parole della consacrazione nella grande preghiera eucaristica non si percepisce la gravità teologica della traduzione italiana, che ha reso con due participi passati ciò che nel testo latino è addirittura al futuro:
– corpo “offerto in sacrificio” al posto di “tradetur”, “che sarà consegnato”;
– e sangue “versato” al posto di ” effundetur”, “che sarà versato”.
Ne va della comprensione stessa della messa e del suo rapporto con l’ultima cena e con la passione, morte e risurrezione di Cristo.
Il traduttore italiano ha sciaguratamente pensato che il fedele italiano, se avesse ascoltato quei due verbi al futuro avrebbe potuto immaginare che il Signore non avesse ancora donato la sua vita per noi…
In realtà è proprio quel futuro che ci aiuta a comprendere il rapporto tra eucaristia e Pasqua: gli apostoli, nell’ultima cena parteciparono realmente alla Pasqua di Gesù, prima che avvenisse storicamente, esattamente come noi oggi vi partecipiamo dopo che è avvenuta.
L’eucaristia non è memoriale dell’ultima cena, con enfatizzazione del “banchetto”, ma della passione, morte e risurrezione del Signore, attraverso il rito compiuto da Gesù nell’ultima cena. L’eucaristia spezza la barriera del tempo cronologico, e ci rende partecipi “qui e ora” del mistero pasquale.
Se un fedele italiano avesse avuto dei dubbi su quel futuro, sarebbe stata una occasione preziosissima di catechesi semplice e persuasiva sul significato del sacramento.


tratto da: http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2012/05/08/sulle-traduzioni-della-messa-quei-due-futuri-girati-al-passato/

domenica 6 maggio 2012

in Marcia per la Vita



Marcia per la Vita




DOMENICA 13 MAGGIO TUTTI A ROMA,
PER LA MARCIA NAZIONALE PER LA VITA

di Federico Catani


Continua a crescere giorno dopo giorno il numero delle adesioni alla seconda Marcia Nazionale della Vita del 13 maggio prossimo a Roma. Tra le ultime novità, in campo ecclesiale va segnalato il messaggio di approvazione e incoraggiamento per l’iniziativa dell’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola. Degne di nota sono anche le adesioni di gruppi come l’Unitalsi, l’Associazione Medici Cattolici Italiani e l’Unione Cattolica Farmacisti Italiani. L’Unitalsi porterà a Roma i propri malati, testimoniando così, contro ogni tentativo di introdurre nel nostro sistema giuridico l’eutanasia, che la vita va difesa sempre, anche nei momenti più difficili, quando il dolore prostra fisicamente la persona.
Molti medici e farmacisti cattolici, invece, sfileranno dal Colosseo a Castel Sant’Angelo in camice bianco, mettendo in risalto che la medicina è fatta per guarire e non per uccidere. Di fronte alla diffusione di pillole abortive di ogni genere, la presenza del mondo della sanità contribuirà a ribadire che la vita è un bene indisponibile e che ogni medico, osservando il sempre valido giuramento di Ippocrate, ha il dovere di salvare la vita umana e non di procurare la morte, né tantomeno di somministrare sostanze chimiche che possano provocare l’aborto.
Sul versante istituzionale, il Comitato organizzatore della Marcia per la Vita ha ottenuto per l’evento il patrocinio di Roma Capitale. Lo stesso sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha assicurato la sua partecipazione. Significativa è stata inoltre l’adesione dei deputati e senatori aderenti all’“Associazione Intergruppo parlamentare per il valore della vita”, promossa dal senatore Stefano De Lillo.
La Marcia si preannuncia quindi una manifestazione della massima importanza, che probabilmente sarà decisiva per il mondo pro-life italiano e segnerà il punto di non ritorno dopo decenni fatti di compromessi e di timori. Anche l’Italia avrà la sua grande mobilitazione di piazza contro la legislazione abortista, segno di un popolo che non si arrende e non si rassegna all’iniqua legge 194 e che vuole testimoniare di fronte a Dio e alla storia che quella norma non lo rappresenta, essendo frutto di una distorta concezione della democrazia.
Di una democrazia che, avendo perso ogni riferimento a qualsiasi valore e alla legge naturale, è diventata «un totalitarismo aperto o subdolo», come ebbe a dire il beato papa Giovanni Paolo II. Proprio per opporsi a quella che l’allora cardinale Ratzinger definì «dittatura del relativismo» e per riaffermare la centralità di quei valori che papa Benedetto XVI chiama «non negoziabili» ‒ tra i quali la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale ‒ la Marcia del 13 maggio, pur essendo di iniziativa laica, trarrà forza dalla preghiera.
Tra le celebrazioni religiose legate all’evento, va segnalata l’adorazione eucaristica in riparazione del crimine dell’aborto, che si svolgerà dalle 21 alle 22,30 del 12 maggio presso la Basilica di Santa Maria Maggiore e verrà presieduta dal cardinale Raymond Leo Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
Domenica 13 maggio, invece, al termine della Marcia, nella Basilica di San Pietro il cardinale Angelo Comastri, Vicario del Papa per la Città del Vaticano, celebrerà una Santa Messa per i partecipanti che desidereranno prendervi parte. Inoltre, nello stesso giorno, padre Alessandro Apollonio, dei Francescani dell’Immacolata, celebrerà una Messa in rito antico nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, alle ore 7,45, mentre padre Serafino Lanzetta, del medesimo ordine religioso, celebrerà, sempre more antiquo, nella chiesa di Santa Maria Annunziata in Borgo, verso le ore 12,30.