venerdì 18 aprile 2014

stat Crux dum volvitur orbis

La mia Bandiera
 
Causa della morte del Divino Redentore, la Croce è per ogni cristiano simbolo glorioso di salvezza. Lungi dal dimenticarla, trascurarla o, peggio, vergognarsene, essa va tenuta in sommo onore e in bella vista…
«Santità, ho un vecchio disegno… antico quanto Roma. L’ideale dei pazzi. Un nuovo Ordine… Un nuovo Ordine religioso, senza abito o distintivo particolare, soggetto direttamente alla Santità vostra. Più libero dei gesuiti, più penitente dei certosini, più povero dei francescani. Uomini e donne che fanno i tre voti e, in più, dichiarano la loro disponibilità a ricevere il martirio, se Dio lo vuole. Il Cristo Crocifisso ne sarà il Patrono». Così dice padre Franklin, il sacerdote protagonista del grande romanzo di Robert Hugh Benson, Il padrone del mondo, che, scritto nel 1906, si mostra proprio oggi di straordinaria e tragica attualità.
La Chiesa, lo vediamo tutti, è a un bivio. Siamo certi della vittoria e del trionfo finali, ma sappiamo bene che, per arrivarvi, dobbiamo passare attraverso la prova. Ebbene, ora più che mai c’è assoluto bisogno di un nuovo Ordine religioso posto sotto la speciale protezione del Crocifisso, affinché la primavera ritorni e il Cuore Immacolato di Maria possa finalmente portare la pace universale promessa a Fatima. Al centro di tutto deve allora stare la Croce. Stat Crux dum volvitur orbis recita il motto dei certosini. La Croce rimane, mentre tutto cambia. La Croce, strumento di atroce supplizio e di morte infamante, è pure il mezzo del nostro riscatto, della nostra Salvezza. Gesù ha fatto della Croce il suo trono: regnavit a ligno Deus, Dio ha regnato dal legno della Croce. Perciò questo nuovo albero di vita, contrapposto a quello del paradiso terrestre, è il simbolo di noi cristiani, il nostro segno distintivo, la nostra bandiera.
Purtroppo, da cinquant’anni a questa parte, il Cattolicesimo sembra aver subito una mutazione, per cui ciò che per secoli era stato considerato sacro e centrale è divenuto improvvisamente imbarazzante e dannoso. Per capirlo basta entrare in una chiesa e assistere (anzi, partecipare) ad una Messa domenicale. Sugli altari trasformati in mense non c’è più il Crocifisso. Quando va bene, se ne può vedere uno, magari piccolo e striminzito, di fianco, quasi si provasse vergogna o paura al guardarlo. La Messa, benché nulla sia cambiato nel Magistero della Chiesa, è ormai percepita e vissuta da sacerdoti e fedeli laici come un pasto in comune, un’assemblea in cui si ricorda il Signore Risorto e non invece quel che veramente è, la ripresentazione, in maniera incruenta, dell’unico e perfetto Sacrificio di Cristo sul Calvario. Ci vuole davvero tanta fede per capire, in una Messa parrocchiale media, di trovarsi in compagnia della Madonna e di san Giovanni sul Golgota, sotto la Croce di Gesù… Ben diversa la situazione nel Rito antico, come ognuno può aver modo di constatare.
Del resto, Cristo Crocifisso è scomparso anche dalla predicazione. Oggi si preferisce parlare di Mistero pasquale e addirittura alla Via Crucis si è voluta aggiungere la XV stazione, che rappresenta la Risurrezione. A quanto pare, secondo i modernisti, l’invito di Gesù a seguirlo rinnegando se stessi e prendendo la propria croce ogni giorno dietro di Lui (cf. Lc 9,23) non dovrebbe più essere ascoltato. Di Croce e Crocifisso non si vuole proprio più sentir parlare. I termini sacrificio, espiazione, corredenzione, sofferenza vicaria (l’offrire i dolori e le penitenze per la conversione delle anime, per la Chiesa, per il Papa, per ottenere grazie, ecc.) sono praticamente dimenticati. Eppure questo è il Cattolicesimo. Regnavit a ligno Deus, Cristo è Re di tutto e di tutti perché ci ha riscattati versando il suo Preziosissimo Sangue sulla Croce. «Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). Ed è proprio vero, perché il Crocifisso, per il solo fatto di venir combattuto e oltraggiato, continua ad essere segno di contraddizione, che ben pochi lascia indifferenti. Sebbene in molti, anche nella Chiesa, tendano a ridurlo a mero simbolo di una cultura più o meno cristiana (ricordate le patetiche argomentazioni per giustificarne la presenza nei luoghi pubblici?), il Crocifisso resterà prima di tutto sempre e solo il segno della Regalità universale di Cristo. Anche papa Francesco ha ricordato questo caposaldo della nostra fede nella sua prima Messa nella Cappella Sistina, il giorno dopo la sua elezione. Papa Bergoglio ci ha ricordato che «quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore». Sicché possiamo ben dire, insieme all’apostolo san Paolo: «Non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6,14). Testimonianza, quella paolina, di come il culto della Croce fosse presente nei cristiani ben prima della “svolta costantiniana”.
L’auspicio, in questo momento in cui, lo ripetiamo, la Chiesa è ad un bivio, è il ritorno, in tutte le chiese cattoliche di tutto il mondo, degli altari orientati ad Deum, con sopra il Crocifisso che sovrasta. Altri escamotage (comunque non seguiti, lo si è visto in questi anni) possono essere un gesto di buona volontà, ma non rappresentano la soluzione. Tutti devono poter volgere lo sguardo a Colui che hanno trafitto (cf. Zc 12,10), perché da lì, solo da lì viene la Salvezza. «O Crux, ave, spes unica», recita lo stupendo inno Vexilla Regis prodeunt: sì, la Croce è la nostra unica speranza e non dobbiamo trascurarla né sminuirla. Proprio la Croce ha guidato interi eserciti cristiani a battersi, nelle Crociate, contro gli invasori islamici e questo dal Medioevo sino a Vienna, nel 1683. La Croce ha trasformato l’Europa barbara e in decadenza dopo la fine dell’Impero Romano, facendo sorgere la civiltà cristiana e ha portato la luce nelle Americhe nel XVI secolo. Sempre la Croce ha guidato i Cristeros messicani nella lotta armata contro il governo massonico persecutore e gli spagnoli che, nel 1936, hanno deciso di ribellarsi contro la Repubblica atea che si era instaurata nel loro Paese.
Anche oggi non dobbiamo avere paura di essere i nuovi crociati, pronti a combattere prima di tutto contro i nemici interni alla Chiesa, quei nemici che hanno ridotto il Corpo mistico di Cristo in uno stato comatoso. «Sub Christi Regis vexillis militare gloriamur», dobbiamo gloriarci di militare e combattere sotto i vessilli di Cristo Re, per il quale siamo chiamati, se necessario, a dare la vita e il sangue. E il vessillo per eccellenza è la Croce. Rivolto al “suo” Crocifisso, che dai venti conciliari rischiava di venir messo chissà dove, don Camillo dice: «Signore, la patria non è quel pezzo di tela colorata che si chiama bandiera. Però non si può trattare la bandiera della patria come uno straccio. E Voi siete la mia bandiera, Signore». Ecco, il Crocifisso deve essere la bandiera di ogni vero cattolico. La bandiera cui si tributa la massima riverenza e che pertanto deve tornare al centro delle nostre vite e delle nostre chiese. Viva Cristo Re!
tratto da: http://www.libertaepersona.org/wordpress/2013/07/la-mia-bandiera/

lunedì 14 aprile 2014

Mons. Fellay vs. Card. Kasper

 
Mons. Fellay sulla nuova pastorale matrimoniale del Cardinal Kasper
Cosa accadrà all’assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi che si deve riunire dal 5 al 19 ottobre 2914, consacrata alle «sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione»? Questa domanda si pone con una grande inquietudine dopo che, all’ultimo Concistoro (20 febbraio 2014), il cardinale Walter Kasper, alla domanda del Papa Francesco e con il suo forte sostegno, ha presentato il tema del prossimo Sinodo facendo delle aperture presumibilmente pastorali e dottrinalmente scandalose.

Questa presentazione, che avrebbe dovuto inizialmente restare segreta. è stata pubblicata dalla stampa e i dibattiti tempestosi che ha sollevati tra i membri del Concistoro sono finiti per essere ugualmente rivelati. Un professore universitario non ha esitato a parlare di una vera «rivoluzione culturale» (Roberto De Mattei), e un giornalista ha qualificato come un «cambio di paradigma» il fatto che il cardinale Kasper propone che i divorziati «risposati» possano comunicarsi senza che il loro precedente matrimonio sia ritenuto nullo: «attualmente non è il caso, sulla base delle parole di Gesù molto severe ed esplicite sul divorzio» (Sandro Magister).

Dei prelati si sono alzati contro questo cambiamento, come il cardinale Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, che si è chiesto: «che ne è del primo matrimonio, celebrato e consumato? Se la Chiesa ammette (i divorziati “risposati”) all’Eucarestia, essa deve comunque dare un giudizio di legittimità sulla seconda unione. È logico. Ma allora – come chiedevo – che ne è del primo matrimonio? Il secondo, si dice, non può essere un vero secondo matrimonio, poiché la bigamia va contro la Parola del Maestro. E il primo? È dissolto? Ma i Papi hanno sempre insegnato che il potere del Pontefice non arriva fin là: sul matrimonio celebrato e consumato, il Papa non ha alcun potere. La “soluzione” presentata (dal cardinale Kasper) porta a pensare che il primo matrimonio rimane, ma che c’è pure una seconda forma di coabitazione che la Chiesa legittima (...) la questione di fondo dunque è semplice: che ne è del primo matrimonio? Ma nessuno risponde» (Il Foglio, 15/03/14)

Potremmo aggiungere le gravi obiezioni formulate dai cardinali Gerhard Ludwig Müller, Walter Brandmüller, Angelo Bagnasco, Robert Sarah, Giovanni Battista Re, Mauro Piacenza, Angelo Scola, Camillo Ruini… ma queste obiezioni restano, anch’esse, senza risposta.

Noi non possiamo attendere senza dire nulla  il Sinodo che si terrà il prossimo ottobre nello spirito disastroso che gli vuol dare il cardinale Kasper. Lo studio allegato, intitolato «La nuova pastorale sul matrimonio secondo il cardinale Kasper» mostra i pesanti errori contenuti nella sua presentazione. Non denunziarli sarebbe lasciare una porta aperta ai pericoli sui quali punta il dito il cardinale Caffarra: «ci sarà (così) un esercizio di sessualità umana extra-coniugale che la Chiesa considererà come “legittimo”. Ma con questo si rovina il pilatro della dottrina della Chiesa sulla sessualità. A questo punto ci si potrà domandare: perché non si approva l’unione libera? E perché non allora i rapporti tra omosessuali?» (Ibidem).

Mentre numerose famiglie si sono in questi ultimi mesi coraggiosamente mobilitate contro le leggi civili che ovunque minano la famiglia naturale e cristiana, è propriamente scandaloso vedere queste stesse leggi surrettiziamente sostenute da uomini di Chiesa desiderosi di allineare la dottrina e la morale cattoliche ai costumi di una società decristianizzata, invece che cercare di convertire le anime. Una pastorale che si fa beffe dell’insegnamento esplicito di Cristo sull’indissolubilità del matrimonio, non è misericordiosa, bensìoffensiva nei confronti di Dio che accorda a ciascuno la sua grazia in maniera proporzionata, e crudele verso le anime che, messe in situazioni difficili, ricevano questa grazia di cui hanno bisogno per vivere cristianamente ed anche per crescere nella virtù, sino all’eroismo.

+ Bernard Fellay
Menzingen, il 12 aprile 2014

 
Traduzione per EFFEDIEFFE.com a cura di Roberto Dal Bosco