"Se cercassi di piacere agli uomini, non sarei più servo di Cristo”
Rev. don Pierpaolo,
a distanza di qualche giorno dalla "bufera"
mediatica relativa ai funerali dell’ex comandante Erikh Priebke, tra gli autori
della terribile strage delle Fosse Ardeatine le chiediamo, allo scopo di fugare
definitivamente le polemiche e le strumentalizzazioni, qualche considerazione
conclusiva. Non sono mancate infatti, in quei giorni caldi, informazioni
superficiali ed approssimative. Cerchiamo dunque di fare chiarezza.
D. - Quando e da chi vi è stato chiesto di
celebrare le esequie del defunto?
R. Lunedì mattina l’avvocato incaricato dalla famiglia di
occuparsi del funerale ci ha telefonato per chiedere la nostra disponibilità alle
esequie fissate a martedì 15 ottobre, con tutte le autorizzazioni necessarie
delle autorità civili. La cerimonia doveva celebrarsi in privato ed essere un
atto puramente religioso, senza alcuna enfasi o strumentalizzazione mediatica ed
ideologica. Per questo occorreva la massima discrezione che noi abbiamo
scrupolosamente osservato.
D. - Per quale
motivo, di fronte al divieto imposto dal Vicariato di Roma, Lei ha consentito
alla celebrazione?
R. Il rifiuto del vicariato di accordare il funerale ad un
battezzato che ha ricevuto i sacramenti della Confessione e dell’Eucaristia,
qualunque siano state le sue colpe ed i suoi peccati, non è conforme alla legge
della Chiesa e alla dottrina cattolica. Dopo aver appreso che Priebke era stato
battezzato e riceveva i sacramenti, questo atto ci è parso subito una grave
ingiustizia nei confronti del defunto e della famiglia. Il nostro ha voluto
essere anche un gesto di riparazione nei confronti di una simile leggerezza.
D. - Quasi tutti gli organi di informazione hanno
riferito che Erik Priebke non si sarebbe mai pentito dei suoi comportamenti
tenuti durante la II Guerra Mondiale. Nel comunicato stampa della Fraternità si
parla invece di un cattolico morto dopo essersi riconciliato con Dio. Ci può
spiegare come stanno realmente le cose?
R. Sembra che vi sia
una volontà di coltivare l’odio da parte di certa stampa che si attribuisce il
diritto di stabilire chi può essere perdonato e chi no, dettando leggi alla
Chiesa per imporre i suoi criteri su chi ha il diritto al funerale religioso ed
esponendo al linciaggio mediatico coloro che non vogliono piegarsi.
Erich Priebke, battezzato protestante, nel dopoguerra si
convertì al cattolicesimo con la moglie e fece battezzare i suoi figli.
Nella
sua vita sarà seguito da diversi sacerdoti. Durante la prigionia agli arresti
domiciliari chiede ed ottiene nel 2002 la possibilità di recarsi ad ascoltare
la S. Messa. Fino alla fine della sua vita riceverà regolarmente i sacramenti
della Confessione e dell’Eucaristia.
Al suo ritorno in Italia, in occasione della pubblica
udienza di fronte al Tribunale Militare di Roma
tenutasi in data 3 aprile del 1996 egli legge una lettera
davanti alle famiglie delle vittime in cui manifesta il suo cordoglio
deplorando l’orribile atto di obbedienza che aveva dovuto compiere in quelle
circostanze:
“Sento dal profondo del
cuore il bisogno di esprimere le mie condoglianze per il dolore dei parenti
delle vittime delle Fosse Ardeatine …. Come credente non ho mai dimenticato
questo tragico fatto, per me l’ordine di partecipare all’azione fu una grande
tragedia intima… io penso ai morti con venerazione e mi sento unito ai vivi nel
loro dolore”
Nella sua ultima intervista, rilasciata nel luglio scorso,
in mezzo a considerazioni storiche certamente discutibili, vi sono considerazioni
morali di massima importanza. Sono quelle che interessano un sacerdote. Alla
domanda del giornalista che gli chiede se giustifica l’antisemitismo, Priebke
risponde: “ No (…) ripeto antisemitismo significa odio indiscriminato (…) da
vecchio privato della libertà, ho sempre rifiutato l’odio. Non ho neppure
voluto odiare chi mi ha odiato. Parlo solo di diritto di criticare e ne spiego
i motivi”. Egli rigetta il culto della razza come “una
causa di errori senza ritorno”. Parlando dello sterminio di massa afferma: “La mia posizione è di condanna tassativa per fatti del
genere. Tutti gli atti di violenza indiscriminata contro le comunità, senza che
si tenga conto delle effettive responsabilità individuali, sono inaccettabili,
assolutamente da condannare”. Non vedo il motivo di mettere in dubbio la
sincerità di tali propositi.
D. - Alla luce di
quanto sopra esposto Lei ritiene il comandante Priebke un "pubblico peccatore" a cui dovrebbero essere
negati i funerali pubblici?
Secondo il Codice di Diritto Canonico attuale il funerale
ecclesiastico si può negare soltanto a coloro che “prima della morte non
diedero alcun segno di pentimento”.
Non
vedo quindi come Erich Priebke potesse essere considerato indegno delle esequie.
Mai nella Chiesa come oggi si parla della carità, dell’amore
del prossimo, soprattutto sotto questo pontificato. Quando poi si tratta di
mettere in pratica queste virtù per coerenza al Vangelo, anche quando non è
politicamente corretto e occorre sfidare le opinioni comuni ed i media, allora
le cose cambiano…
La Chiesa però non può piegarsi al mondo se non vuole meritare
il rimprovero di ipocrisia che Gesù ha indirizzato ai farisei nel Vangelo.
La misericordia di Dio va al di là delle appartenenze
politiche, anche quelle più condannabili come dei peccati anche più gravi,
purché vi sia il pentimento, unica condizione fondamentale. La Chiesa si basa
sugli atti esterni. Un cattolico che manifesta pentimento per i suoi peccati ha
diritto alle cerimonie funebri. L’intima coscienza dell’uomo nessuno di noi può
giudicarla ma solo Dio a cui spetta l’ultima sentenza. La religione cattolica è
quella della misericordia e del perdono e non quella dell’odio e della
vendetta.
D. - Abbiamo visto comunque qualche personalità ecclesiastica
di rilievo riconoscere il diritto di Priebke al funerale ecclesiastico.
R. Si, abbiamo sentito qualche voce nel deserto e questo fa
loro onore. Mi ha fatto molto piacere leggere le dichiarazioni del Card.
Cottier così come l’intervista del card. Montezemolo, nipote del colonnello
ucciso alle Fosse Ardeatine. Mi ha commosso poi la testimonianza di alcuni
parenti delle vittime che mostrano solidarietà, dopo il perdono accordato da
tempo e si uniscono alla preghiera per il defunto. Questa sola è l’attitudine
cristiana.
D. - Priebke era un fedele della FSSPX o almeno ne
frequentava saltuariamente le cappelle?
R. No, non lo avevo mai incontrato né ha mai frequentato la
Fraternità San Pio X, avevo letto che era stato battezzato, e che aveva
ricevuto il permesso di lasciare gli arresti domiciliari per andare a Messa.
Sapevo poi che era seguito regolarmente da un sacerdote.
D. - Molti giornali hanno altresì riferito che le
esequie non sarebbero state realmente celebrate o comunque che sarebbero state
sospese. Come sono andate realmente le cose in quelle ore convulse?
R. La salma è arrivata verso le 17,30 ma i famigliari e gli
amici invitati alla cerimonia non sono riusciti ad entrare a causa dei
manifestanti. Dopo vari tentativi effettuati l’avvocato ha deciso di sospendere
il funerale poiché in quelle condizioni stimava non poter adempiere l’incarico che
la famiglia gli aveva affidato.
Verso le 19.20, alla presenza di una ventina di persone ho
allora celebrato la messa per il defunto in assenza del corpo.
Nel frattempo la bara era stata posta in una stanza al pian
terreno dove era stata allestita una camera ardente. In tarda serata, per
compiere il mio dovere sacerdotale, ho proposto all’avvocato di benedire la
salma con la cerimonia delle esequie che la Chiesa accorda alla fine della
Messa. Alla sua presenza e con poche altre persone si è svolta quindi questa
cerimonia. Di questo ho avuto modo di parlare anche in una recente intervista
concessa ad Andrea Tornielli della Stampa.
D. - Fra le
reazioni più negative alla Sua decisione, troviamo soprattutto quelle
provenienti da alcuni settori del mondo cattolico. In special modo ci ha
stupito il tono poco caritatevole espresso dal direttore di Radio Maria,
emittente, che più di ogni altra dovrebbe insegnare cosa sia la misericordia.
Anche il Vescovo di Albano Laziale ha rilasciato dichiarazioni molto dure
contro la Fraternità San Pio X giungendo a sostenere che essa non fa parte
della Chiesa Cattolica. Cosa ci può dire in proposito?
R. L’appartenenza
alla Chiesa non è soltanto qualcosa di puramente giuridico. San Tommaso
d’Aquino spiega che la prima condizione per far parte del Corpo Mistico di
Cristo è la fede. Purtroppo, dopo il concilio Vaticano II, nuove dottrine sono state
insegnate dalle autorità ecclesiastiche in contraddizione con l’insegnamento
costante della Chiesa. La nostra Fraternità, regolarmente riconosciuta dalla
Chiesa il 1 novembre 1970, è stata poi ingiustamente combattuta per la sua
opposizione a questi cambiamenti. Cambiamenti che danno poi origine a
comportamenti contrari alla dottrina cattolica, come il negare il funerale ad
un battezzato che muore riconciliato con Dio, per conformarsi al politicamente
corretto
Pur nel rispetto dell’autorità, la Fraternità San Pio X si è
sempre opposta a questi errori, convinta che il più grande servizio che si
possa rendere alla Chiesa non è il servilismo ma la proclamazione integrale
dell’insegnamento cattolico e la denuncia di tutto ciò che gli si oppone, anche
se proclamato da una parte della gerarchia.
Affermare che non siamo cattolici, soprattutto da parte di
sacerdoti che dovrebbero conoscere la dottrina della Chiesa, è una pura menzogna
che forse richiederebbe una pubblica riparazione.
D’altro canto mi accorgo che molti cattolici e anche molti
vescovi ci giudicano senza conoscerci, partendo spesso da pregiudizi e luoghi
comuni. Il Vescovo di Albano, che ogni sacerdote del nostro Priorato cita tutti
i giorni nel canone della Messa in quanto vescovo del luogo, è sempre benvenuto
tra noi e potrà verificare se davvero non facciamo parte della Chiesa come
forse imprudentemente ha affermato.
D. - Altri
commentatori, evidentemente poco informati, hanno accostato la Sua decisione
alle posizioni di mons. Richard Williamson
o di don Floriano Abrahamowicz. Cosa può dirci in proposito?
R. Come superiore di Distretto della Fraternità San Pio X in
Italia tengo a precisare che, sia Mons. Williamson che don Floriano
Abrahamowicz sono stati espulsi dalla nostra Fraternità proprio per via di
alcune loro posizioni incompatibili con la vocazione della Fraternità. Le loro
affermazioni non rappresentano in alcun modo il pensiero ufficiale della
Fraternità San Pio X. Ogni accostamento è quindi puramente gratuito. Ci tengo
inoltre a precisare che alcuni propositi scambiati sui giornali per mie
dichiarazioni sono altrettanto non rappresentative del nostro pensiero. La misericordia
di Dio non esclude nessuno quando c’è vero pentimento.
D. - Come avete vissuto quel pomeriggio nella comunità?
R.
Il giorno del funerale abbiamo assistito purtroppo a manifestazioni di
odio gratuito, come la presa d'assalto di un carro funebre con sputi e calci sotto
gli occhi di un sindaco in fascia tricolore! Sono rimasto stupefatto di fronte
ad uno striscione che alcuni manifestanti esibivano con la scritta “Il Padre
Eterno ti ha forse perdonato ma noi no”. Questo funerale è stata l’occasione di
uno scontro aperto fra dottrine opposte: l’insegnamento di Gesù Cristo e della
Chiesa centrato sulla misericordia ed il perdono da una parte e ideologie che
non sanno e non vogliono perdonare dall’altra. La legge immutabile dell'Amore e
della Carità e quella dell'odio, della vendetta, dell' "occhio per occhio,
dente per dente".
La legge di Cristo è quella che ci
proponiamo indegnamente di seguire, ben lontani da ogni polemica ideologica.
D. - Non
sono mancati infine giornali che hanno cercato di accreditare l'immagine di una
comunità San Pio X di Albano poco integrata con la popolazione locale che non
gradirebbe la presenza del Priorato sul territorio. E' davvero così?
R. La nostra
Fraternità è presente qui ad Albano dal 1974. Ha formato diverse
generazioni di bambini alla prima comunione ed alla cresima e svolge opere di
misericordia nei confronti dei malati e dei poveri a cui distribuisce
regolarmente viveri e vestiti. Abbiamo quindi molti amici nella popolazione che
ci hanno espresso anche la loro solidariètà in questa vicenda. Rifiuto di
credere che la folla inferocita che martedì scorso si è abbandonata all’odio
fazioso davanti alla bara di un morto possa essere rappresentativa degli
abitanti di Albano.
Per concludere vorrei citare una frase di San Paolo che
scrive nella sua epistola ai Galati :“Se cercassi di piacere agli uomini, non
sarei più servo di Cristo”. Penso che questo debba essere il programma e
l’ideale di un uomo di Chiesa: agire sempre in conformità all’insegnamento di
Cristo, senza mai cercare compromessi con lo spirito del mondo.