giovedì 2 settembre 2010

100 anni fa: il motu proprio "Sacrorum Antistitum"

IL GIURAMENTO ANTIMODERNISTA
 HA COMPIUTO 100 ANNI

Io N. fermamente accetto e credo in tutte e in ciascuna delle verità definite, affermate e dichiarate dal magistero infallibile della Chiesa, soprattutto quei principi dottrinali che contraddicono direttamente gli errori del tempo presente.

Primo: credo che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza e può anche essere dimostrato con i lumi della ragione naturale nelle opere da lui compiute (cf Rm 1,20), cioè nelle creature visibili, come causa dai suoi effetti.

Secondo: ammetto e riconosco le prove esteriori della rivelazione, cioè gli interventi divini, e soprattutto i miracoli e le profezie, come segni certissimi dell'origine soprannaturale della religione cristiana, e li ritengo perfettamente adatti a tutti gli uomini di tutti i tempi, compreso quello in cui viviamo.

Terzo: con la stessa fede incrollabile credo che la Chiesa, custode e maestra del verbo rivelato, è stata istituita immediatamente e direttamente da Cristo stesso vero e storico mentre viveva fra noi, e che è stata edificata su Pietro, capo della gerarchia ecclesiastica, e sui suoi successori attraverso i secoli.

Quarto: accolgo sinceramente la dottrina della fede trasmessa a noi dagli apostoli tramite i padri ortodossi, sempre con lo stesso senso e uguale contenuto, e respingo del tutto la fantasiosa eresia dell'evoluzione dei dogmi da un significato all'altro, diverso da quello che prima la Chiesa professava; condanno similmente ogni errore che pretende sostituire il deposito divino, affidato da Cristo alla Chiesa perché lo custodisse fedelmente, con una ipotesi filosofica o una creazione della coscienza che si è andata lentamente formando mediante sforzi umani e continua a perfezionarsi con un progresso indefinito.

Quinto: sono assolutamente convinto e sinceramente dichiaro che la fede non è un cieco sentimento religioso che emerge dall'oscurità del subcosciente per impulso del cuore e inclinazione della volontà moralmente educata, ma un vero assenso dell'intelletto a una verità ricevuta dal di fuori con la predicazione, per il quale, fiduciosi nella sua autorità supremamente verace, noi crediamo tutto quello che il Dio personale, creatore e signore nostro, ha detto, attestato e rivelato.

Mi sottometto anche con il dovuto rispetto e di tutto cuore aderisco a tutte le condanne, dichiarazioni e prescrizioni dell'enciclica Pascendi e del decreto Lamentabili, particolarmente circa la cosiddetta storia dei dogmi.

Riprovo altresì l'errore di chi sostiene che la fede proposta dalla Chiesa può essere contraria alla storia, e che i dogmi cattolici, nel senso che oggi viene loro attribuito, sono inconciliabili con le reali origini della religione cristiana.

Disapprovo pure e respingo l'opinione di chi pensa che l'uomo cristiano più istruito si riveste della doppia personalità del credente e dello storico, come se allo storico fosse lecito difendere tesi che contraddicono alla fede del credente o fissare delle premesse dalle quali si conclude che i dogmi sono falsi o dubbi, purché non siano positivamente negati.

Condanno parimenti quel sistema di giudicare e di interpretare la sacra Scrittura che, disdegnando la tradizione della Chiesa, l'analogia della fede e le norme della Sede apostolica, ricorre al metodo dei razionalisti e con non minore disinvoltura che audacia applica la critica testuale come regola unica e suprema.

Rifiuto inoltre la sentenza di chi ritiene che l'insegnamento di discipline storico-teologiche o chi ne tratta per iscritto deve inizialmente prescindere da ogni idea preconcetta sia sull'origine soprannaturale della tradizione cattolica sia dell'aiuto promesso da Dio per la perenne salvaguardia delle singole verità rivelate, e poi interpretare i testi patristici solo su basi scientifiche, estromettendo ogni autorità religiosa e con la stessa autonomia critica ammessa per l'esame di qualsiasi altro documento profano.

Mi dichiaro infine del tutto estraneo ad ogni errore dei modernisti, secondo cui nella sacra tradizione non c'è niente di divino o peggio ancora lo ammettono ma in senso panteistico, riducendolo ad un evento puro e semplice analogo a quelli ricorrenti nella storia, per cui gli uomini con il proprio impegno, l'abilità e l'ingegno prolungano nelle età posteriori la scuola inaugurata da Cristo e dagli apostoli.

Mantengo pertanto e fino all'ultimo respiro manterrò la fede dei padri nel carisma certo della verità, che è stato, è e sempre sarà nella successione dell'episcopato agli apostoli (1), non perché si assuma quel che sembra migliore e più consono alla cultura propria e particolare di ogni epoca, ma perché la verità assoluta e immutabile predicata in principio dagli apostoli non sia mai creduta in modo diverso né in altro modo intesa (2).

Mi impegno ad osservare tutto questo fedelmente, integralmente e sinceramente e di custodirlo inviolabilmente senza mai discostarmene né nell'insegnamento né in nessun genere di discorsi o di scritti. Così prometto, così giuro, così mi aiutino Dio e questi santi Vangeli di Dio.



1 IRENEO, Adversus haereses, 4, 26, 2: PG 7, 1053.

2 TERTULLIANO, De praescriptione haereticorum, 28: PL 2, 40.







mercoledì 1 settembre 2010

Newman e il “discorso del biglietto”

Il 4 settembre uscirà nelle librerie l'ultimo libro di Cristina Siccardi intitolato “Nello specchio del Cardinale John Henry Newman", edito da Fede & Cultura (14,50 euro). Newman fu un “prete” anglicano convertitosi al cattolicesimo dopo aver constatato gli errori teologici presenti nella Comunione Anglicana. Verrà beatificato il prossimo 19 settembre dal Romano Pontefice Benedetto XVI. I modernisti hanno tentato di impossessarsi della figura di questo dotto Cardinale facendolo apparire come un anticipatore delle loro idee, in realtà Newman fu un uomo fedele alla Tradizione, e nemico giurato del liberalismo, come viene documentato nel “discorso del biglietto”, pronunciato da Newman in occasione della sua nomina a cardinale il 12 maggio 1879 nel Palazzo della Pigna a Roma. Il testo fu subito trasmesso dal corrispondente romano dell’inglese “The Times” che lo pubblicò integralmente il giorno successivo. “L’Osservatore Romano” del 14 maggio lo pubblicò in una traduzione del gesuita Pietro Armellini e in seguito “La Civiltà Cattolica” commentò il discorso qualificandolo come importantissimo. Eccone il testo:

La ringrazio, Monsignore, per la partecipazione dell’alto onore che il Santo Padre si è degnato di conferire sulla mia umile persona [parole pronunciate da Newman in italiano] e se Le chiedo il permesso di continuare il mio discorso non nella Sua lingua così musicale, ma nella mia cara lingua materna, è perché in questa posso esprimere meglio ciò che sento all’annuncio che Lei mi ha comunicato.

Vorrei anzitutto esprimere lo stupore e la profonda gratitudine che ho provato e che ancora provo per la magnanimità e l’amore del Santo Padre per avermi prescelto ad un onore così immenso. È stata davvero una grande sorpresa. Non mi era mai passato per la mente di esserne degno e mi è sembrato così in contrasto con le vicende della mia vita. Ho dovuto passare attraverso molte prove, ma avvicinandomi ormai alla fine di tutto, mi sentivo in pace. Tuttavia non è forse possibile che io sia vissuto tanti anni proprio per vedere questo giorno?

Difficile anche pensare come avrei potuto affrontare una tale emozione se il Santo Padre non avesse compiuto un ulteriore gesto di magnanimità nei miei confronti, mostrando così un altro aspetto della sua natura piena di finezza e di bontà. Egli intuì il mio turbamento e volle spiegarmi le ragioni per cui mi aveva innalzato a tanto onore. Insieme a parole di incoraggiamento, mi disse che la sua decisione era un riconoscimento del mio zelo e del servizio che avevo reso per tanti anni alla Chiesa Cattolica; inoltre, egli era certo che i cattolici inglesi e perfino l’Inghilterra protestante si sarebbero rallegrati del fatto che io ricevessi un segno del suo favore. Dopo queste benevole parole di Sua Santità, sarei proprio stato insensibile e ingrato se avessi avuto ancora delle esitazioni.

Questo egli ebbe la premura di dirmi, e che cosa potevo desiderare di più? Nella mia lunga vita ho commesso molti sbagli. Non ho nulla di quella sublime perfezione che si trova negli scritti dei santi, cioè l’assoluta mancanza di errori. Ma ciò che credo di poter dire riguardo tutto ciò che ho scritto è questo: la mia retta intenzione, l’assenza di scopi personali, il senso dell’obbedienza, la disponibilità ad essere corretto, il timore di sbagliare, il desiderio di servire la santa Chiesa, e, solo per misericordia divina, un certo successo. E mi compiaccio di poter aggiungere che fin dall’inizio mi sono opposto ad una grande sciagura. Per trenta, quaranta, cinquant’anni ho cercato di contrastare con tutte le mie forze lo spirito del liberalismo nella religione. Mai la santa Chiesa ha avuto maggiore necessità di qualcuno che vi si opponesse più di oggi, quando, ahimé! si tratta ormai di un errore che si estende come trappola mortale su tutta la terra; e nella presente occasione, così grande per me, quando è naturale che io estenda lo sguardo a tutto il mondo, alla santa Chiesa e al suo futuro, non sarà spero ritenuto inopportuno che io rinnovi quella condanna che già così spesso ho pronunciato.

Il liberalismo in campo religioso è la dottrina secondo cui non c’è alcuna verità positiva nella religione, ma un credo vale quanto un altro, e questa è una convinzione che ogni giorno acquista più credito e forza. È contro qualunque riconoscimento di una religione come vera. Insegna che tutte devono essere tollerate, perché per tutte si tratta di una questione di opinioni. La religione rivelata non è una verità, ma un sentimento e una preferenza personale; non un fatto oggettivo o miracoloso; ed è un diritto di ciascun individuo farle dire tutto ciò che più colpisce la sua fantasia. La devozione non si fonda necessariamente sulla fede. Si possono frequentare le Chiese protestanti e le Chiese cattoliche, sedere alla mensa di entrambe e non appartenere a nessuna. Si può fraternizzare e avere pensieri e sentimenti spirituali in comune, senza nemmeno porsi il problema di una comune dottrina o sentirne l’esigenza. Poiché dunque la religione è una caratteristica così personale e una proprietà così privata, si deve assolutamente ignorarla nei rapporti tra le persone. Se anche uno cambiasse religione ogni mattina, a te che cosa dovrebbe importare? Indagare sulla religione di un altro non è meno indiscreto che indagare sulle sue risorse economiche o sulla sua vita familiare. La religione non è affatto un collante della società.

Finora il potere civile è stato cristiano. Anche in Nazioni separate dalla Chiesa, come nella mia, quand’ero giovane valeva ancora il detto: “Il cristianesimo è la legge del Paese”. Ora questa struttura civile della società, che è stata creazione del cristianesimo, sta rigettando il cristianesimo. Il detto, e tanti altri che ne conseguivano, è scomparso o sta scomparendo, e per la fine del secolo, se Dio non interviene, sarà del tutto dimenticato. Finora si pensava che bastasse la religione con le sue sanzioni soprannaturali ad assicurare alla nostra popolazione la legge e l’ordine; ora filosofi e politici tendono a risolvere questo problema senza l’aiuto del cristianesimo. Al posto dell’autorità e dell’insegnamento della Chiesa, essi sostengono innanzitutto un’educazione totalmente secolarizzata, intesa a far capire ad ogni individuo che essere ordinato, laborioso e sobrio torna a suo personale vantaggio. Poi si forniscono i grandi principi che devono sostituire la religione e che le masse così educate dovrebbero seguire, le verità etiche fondamentali nel loro senso più ampio, la giustizia, la benevolenza, l’onestà, ecc.; l’esperienza acquisita; e quelle leggi naturali che esistono e agiscono spontaneamente nella società e nelle cose sociali, sia fisiche che psicologiche, ad esempio, nel governo, nel commercio, nella finanza, nel campo sanitario e nei rapporti tra le Nazioni. Quanto alla religione, essa è un lusso privato, che uno può permettersi, se vuole, ma che ovviamente deve pagare, e che non può né imporre agli altri né infastidirli praticandola lui stesso.

Le caratteristiche generali di questa grande apostasia sono identiche dovunque; ma nei particolari variano a seconda dei Paesi. Parlerò del mio Paese perché lo conosco meglio. Temo che essa avrà qui un grande seguito, anche se non si può immaginare come finirà. A prima vista si potrebbe pensare che gli Inglesi siano troppo religiosi per un modo di pensare che nel resto del continente europeo appare fondato sull’ateismo; ma la nostra disgrazia è che, nonostante, come altrove, conduca all’ateismo, qui esso non nasce necessariamente dall’ateismo. Occorre ricordare che le sette religiose, comparse in Inghilterra tre secoli fa e oggi così forti, si sono ferocemente opposte all’unione della Chiesa e dello Stato e vorrebbero la scristianizzazione della monarchia e di tutto il suo apparato, sostenendo che tale catastrofe renderebbe il cristianesimo più puro e più forte. Il principio del liberalismo, poi, ci è imposto dalle circostanze stesse. Consideriamo le conseguenze di tutte queste sette. Con tutta probabilità esse rappresentano la religione della metà della popolazione; e non dimentichiamo che il nostro governo è una democrazia. È come se, in una dozzina di persone prese a caso per la strada e che certamente hanno la loro quota di potere, si trovassero fino a sette religioni diverse. Ora come possono trovare unanimità di azione in campo locale o nazionale quando ciascuna si batte per il riconoscimento della propria denominazione religiosa? Ogni decisione sarebbe bloccata, a meno che l’argomento religione non venga del tutto ignorato. Non c’è altro da fare. E in terzo luogo, non dimentichiamo che nel pensiero liberale c’è molto di buono e di vero; basta citare, ad esempio, i principi di giustizia, onestà, sobrietà, autocontrollo, benevolenza che, come ho già notato, sono tra i suoi principi più proclamati e costituiscono leggi naturali della società. È solo quando ci accorgiamo che questo bell’elenco di principi è inteso a mettere da parte e cancellare completamente la religione, che ci troviamo costretti a condannare il liberalismo. Invero, non c’è mai stato un piano del Nemico così abilmente architettato e con più grandi possibilità di riuscita. E, di fatto, esso sta ampiamente raggiungendo i suoi scopi, attirando nei propri ranghi moltissimi uomini capaci, seri ed onesti, anziani stimati, dotati di lunga esperienza, e giovani di belle speranze.

Ecco come stanno le cose in Inghilterra, ed è un bene che tutti ce ne rendiamo conto; ma non si pensi assolutamente che io ne sia spaventato. Certo ne sono dispiaciuto, perché penso possa nuocere a molte anime, ma non temo affatto che abbia la capacità di impedire la vittoria della Parola di Dio, della santa Chiesa, del nostro Re Onnipotente, il Leone della tribù di Giuda, il Fedele e il Verace, e del suo Vicario in terra. Troppe volte ormai il cristianesimo si è trovato in quello che sembrava essere un pericolo mortale; perché ora dobbiamo spaventarci di fronte a questa nuova prova. Questo è assolutamente certo; ciò che invece è incerto, e in queste grandi sfide solitamente lo è, e rappresenta solitamente una grande sorpresa per tutti, è il modo in cui di volta in volta la Provvidenza protegge e salva i suoi eletti. A volte il nemico si trasforma in amico, a volte viene spogliato della sua virulenza e aggressività, a volte cade a pezzi da solo, a volte infierisce quanto basta, a nostro vantaggio, poi scompare. Normalmente la Chiesa non deve far altro che continuare a fare ciò che deve fare, nella fiducia e nella pace, stare tranquilla e attendere la salvezza di Dio. “Gli umili erediteranno la terra e godranno di una gran pace” (Ps 37, 11).

tratto da L’Osservatore Romano del 9 aprile 2010

martedì 31 agosto 2010

il beduino ha levato le tende. L'Italia pur umiliata esulta.


Gheddafi se ne va. L'Italia  resta umiliata. Berlusconi era palesemente contrariato. Lo sarà di più quando vedrà il prossimo sondaggio. Adios, Colonnello: la prossima volta insieme ai cavalli si porti via anche il Cavaliere.

lunedì 30 agosto 2010

bevagna-assisi 2010

i leoni di Giuda e le pecore matte

In una nota rilasciata questa mattina il Sig. Giuseppe Piperno Presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia  prende coraggiosamente posizione circa l'invito alla conversione all'islam rivolto all'Europa  intera dal leader libico Gheddafi in occasione della sua visita a Roma.
Eccone alcuni stralci: “Invece di invitare l’Europa alla conversione, Gheddafi studi e si renderà conto che i suoi show sono possibili grazie a quella cultura ebraico cristiana che hanno reso oggi l’Europa libera, laica e democratica”... “lo spettacolo offerto ancora una volta da Gheddafi è indecente”... “non vorremmo che il nostro paese divenisse il palcoscenico per le prediche integraliste del dittatore libico”... “Il prossimo incontro lo faccia con noi - afferma Piperno - e ci renda conto delle condizioni disumane degli immigrati in Libia, dei diritti umani non rispettati o degli ebrei cacciati e uccisi dal suo paese nel 1967”...“è giunta l’ora che una volta per tutte vengano definiti gli indennizzi e i risarcimenti degli ebrei dovuti scappare dai pogrom del 1967 e di tutti gli italiani con l’avvento al potere di Gheddafi nel 1970, questione di cui siamo certi il governo Berlusconi se ne farà interprete”.

Alla presa di posizione dei giovani ebrei non corrisponde nulla di simile in ambito cattolico (tacciono Cei e Santa Sede, muti i movimenti, silenti gli organi di stampa).
I nostri politici cianciano di affari e folklore. Davvero "c'e' bisogno di politici cristiani non a parole ma nei fatti", come ha ricordato ieri il card. Bagnasco.

A questo proposito facciamo sommessamente notare come le esternazioni del leader libico in un sistema di "libertà religiosa" non solo devono essere tollerate ma sono pienamente legittime e come  a Roma  fino al 1984 "in considerazione del carattere sacro della Città Eterna", riconosciuto dal Concordato del 1929, certe mattane e profanazioni non sarebbero state possibili senza serie conseguenze diplomatiche e politiche. Ma tant'è abbiamo sacralizzato la libertà religiosa ora godiamocela....

A quando una concreta e fattiva ubbidienza al Santo Padre Benedetto XVI?

i curatori del sito http://www.maranatha.it chiedono contenuti per la tanto esaltata comunicazione digitale

L'ennesimo congresso ... a scuola di comunicazione digitale.

Prendiamo spunto di questo ennesimo congresso promosso dal dicastero "Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali" per alcune riflessioni che ci vengono spontanee, anche in relazione all’esperienza che ci siamo fatti nel gestire il sito web Maranatha.it dal dicembre del 1999.

Di questi tempi è molto comune sentire parlare nella Chiesa Cattolica di comunicazione digitale: in questo prossimo congresso, si evidenzia: … un "mattone in più" per la realizzazione del "cortile dei gentili". Slogan che all’atto pratico non risolve niente di concreto per nostra Chiesa, se non quello di privilegiare alcuni a fare gratuitamente il giro del mondo alle spese delle comunità: si stampa poi un sacco di parole e dopo la festa ”gabbato lo santo”.

Sarebbe ora che i molteplici enti della Santa Sede preposti alla comunicazione digitale si preoccupassero di diffondere con maggior efficienza e in tutte le lingue estere i discorsi, omelie, messaggi, etc. del Santo Padre, il Vicario di Cristo! Tra pochi giorni ci sarà il viaggio apostolico in Inghilterra, speriamo che facciano il loro dovere. A cosa serve pubblicare in Vatican.va le parole del Santo Padre in italiano e dare un sunto di meno di dieci righe nelle lingue estere come sta succedento in questi mesi? Essere cattolico non è sinonimo di universale? E come mai che a tre anni dalla pubblicazione del Motu Prorio Summorum Pontificum, manca la traduzione in italiano, inglese, francese, portoghese, spagnola, tedesco, etc? Si evidenzia una chiara censura di diffondere le parole del Santo Padre. Cosa aspettano questi enti della Santa Sede a diffondere sussidi filmati e cartacei per imparare a celebrare la Santa Messa nella forma straordinaria per seminaristi, sacerdoti e vescovi?

A quando poi una concreta e fattiva ubbidienza al Santo Padre Benedetto XVI ?

domenica 29 agosto 2010

what's a modernist in the church?



Per chi conosce un po' di inglese ecco uno spezzone della fortunata e datata serie "Yes, Minister": il ministro chiede al suo assistente: "chi è un modernista nella Chiesa?" e l'assistente risponde che "modernista è un modo per dire non credente!". A volte la comicità si crea smascherando l'ipocrisia che si nasconde dietro certe parole. Un sketch godibile e da meditare...