Putin: "Ankara, questo è un colpo nella schiena"
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"Questa è la traccia radar ufficiale turca del velivolo russo che hanno abbattuto, in rosso. Ha transitato brevemente su una piccola lingua di terra turca, meno di due km, per due volte. Ho calcolato che ogni “incursione” sul territorio turco sarebbe durato circa 10 secondi, presumendo che l’aereo volasse a soli 750 km/h. Che la Turchia abbia abbattuto l’aereo è follia assolutamente indifendibile. E’ abbastanza evidente dalla rotta che l’aereo operasse contro i ribelli turcomanni sponsorizzati dai turchi in Siria, ed è per questo che i turchi l’hanno abbattuto." Craig Murray |
Ankara sapeva benissimo cosa faceva quell’aereo in quella zona: stava compiendo un’operazione contro i miliziani jihadisti. Non costituiva affatto una minaccia per la sua integrità territoriale.
Piccole Note , 24 novembre 2015
«C’è rischio di uno scontro con i russi. Ma certi ambiti bellicisti non lo temono. Anzi, nella loro follia sembrano cercarlo». Era un cenno contenuto in una Postilla scritta ieri per descrivere quel che sta accadendo attorno a questa strana guerra siriana, dove la campagna militare russa contro l’Isis suscita reazioni in Occidente, che pure, soprattutto dopo le stragi di Parigi e il terrore che sta dilagando in Europa, dovrebbe essere un naturale alleato.
L’abbattimento di un bombardiere russo da parte della Turchia dà un significato più sinistro a quanto accennato ieri. Non era mai successo durante la Guerra Fredda che un areo militare russo fosse preso di mira da un Paese Nato, né è mai successo l’inverso. Particolare che dà la misura della criminale follia di quanto sta avvenendo.
Già aperto propugnatore del regime-change in Siria, Recep Tayyp Erdogan ha lanciato contro il Paese vicino decine di migliaia di miliziani jihadisti, sostenendo in vari modi il conflitto che ha insanguinato il Paese.
Ma quanto accaduto oggi è un salto di qualità inquietante. Ankara giustifica l’abbattimento spiegando che il jet russo aveva varcato i suoi confini, ma la Russia nega.
Tanti particolari sembrano smentire la versione turca, anzitutto il fatto che i piloti, paracadutatisi fuori, siano finiti tra le braccia dei miliziani siriani. Un video diffuso in rete immortala alcuni di questi assassini che sparano contro uno dei piloti mentre, inerme, plana verso terra. Un tiro al piccione al grido “Allah Akbar”. Lo stesso grido disumano risuonato per le vie di Parigi durante la mattanza… particolare sul quale riflettere.
Il fatto che i piloti siano caduti in Siria, come dimostra il filmato e altro, spiega più di altri dati che, se pure sconfinamento c’è stato, doveva essere irrisorio. A meno di immaginare un paracadute che viaggi per chilometri sulle ali del vento. Insomma la strumentalità dell’intercettamento appare in tutta la sua chiarezza.
Anche perché, al di là delle controversie sul punto, il fatto che il jet abbia o meno varcato i confini turchi è in realtà un particolare secondario. Ankara sapeva benissimo cosa faceva quell’aereo in quella zona: stava compiendo un’operazione contro i miliziani jihadisti. Non costituiva affatto una minaccia per la sua integrità territoriale.
Insomma, le giustificazioni prodotte dalle autorità turche risultano invero poco credibili.
Ovviamente la reazione di Putin è stata durissima, né si poteva immaginare diversamente. Una reazione che sembra sia stata cercata da Ankara, tanto che, subito dopo aver scritto una pagina di cronaca nera, la Turchia ha chiesto la riunione di un vertice Nato. Al di là delle motivazioni ufficiali (spiegazioni sull’abbattimento), in quella sede cercherà di trovare la solidarietà degli alleati. Una forzatura che darà comunque dei risultati, dal momento che appare difficile che l’Alleanza possa sconfessare apertamente uno dei sui membri.
«Invece di contattarci immediatamente – ha detto Putin -, la parte turca si è rivolta ai suoi partner nella Nato per discutere dell’incidente, come se fossimo stati noi ad aver abbattuto il loro aereo». Difficile dar torto al presidente russo, che di fatto giudica tale iniziativa come un ulteriore atto ostile.
Non è il primo attrito tra Russia e Turchia in Siria. Già in precedenza aerei turchi e russi avevano dato vita duelli a distanza risolti senza scontri.
Se però Ankara ha alzato la posta in maniera così eclatante è perché è consapevole che in ambito occidentale sta nuovamente montando un clima di scontro con la Russia (vedi ancora Postille di ieri). Nel caso specifico, Erdogan sta solo fungendo da catalizzatore di spinte ben più forti.
Da oggi i cieli siriani sono ad alto rischio, dal momento che Putin non può permettersi altri incidenti simili senza perdere di credibilità al suo interno. I russi prenderanno adeguate contromisure, e di certo, se ci saranno altri confronti con l’aviazione turca (banalmente nelle more dei raid che Ankara sta conducendo contro il Pkk in Siria), potrebbero essere meno soft dei precedenti.
Situazione ad alto rischio, che può precipitare e allargarsi nel caso di uno scontro che potrebbe far scattare la clausola di mutua assistenza prevista dall’Alleanza Atlantica.
In zona, tra l’altro, stanno convergendo forze francesi, alle quali presto potrebbero aggiungersi quelle britanniche; mentre già sono operative quelle statunitensi. Forze Nato, quelle dalle quali Ankara attende fattiva solidarietà.
Al tempo della Seconda guerra mondiale, una domanda percorse, come un tremito, l’intera Europa: morire per Danzica? Oggi, ben più mestamente, la domanda che i cittadini dell’Occidente dovrebbero porsi è se sono disposti a morire per il Califfo di Ankara…