sabato 3 ottobre 2015

Katharina Tangari: una vita indissolubile da Dio



Offrì la vita per il matrimonio cristiano: Katharina Tangari (1906-1989)

di Cristina Siccardi
«Non avete letto ciò che dice la Bibbia? Dice che Dio fin dal principio maschio e femmina li creò. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due saranno una cosa sola. Così essi non sono più due ma un unico essere. Perciò l’uomo non separi ciò che Dio ha unito» questa la risposta che diede Gesù ai farisei che per metterlo alla prova gli domandarono: «Un uomo può divorziare dalla propria moglie per un motivo qualsiasi?» (Mt 19,3-6).
Su questo insegnamento la Chiesa ha istituito il sacramento del matrimonio e in questo comandamento di Cristo hanno creduto miliardi di persone cattoliche in tutti i tempi e in ogni luogo. Molti, anche se sono rimasti soli perché uno dei due sposi ha abbandonato il tetto coniugale, hanno continuato a vivere l’indissolubilità delle nozze con grande dignità ed alcuni con grande eroicità. Fra questi ultimi desideriamo ricordare una figura femminile di forte fede e forte tempra.
Katharina Hasslinger nacque a Vienna il 10 marzo 1906 da una famiglia che serviva militarmente la patria da più generazioni. Nel 1936 si trasferì a Napoli dove conobbe il futuro consorte, il medico chirurgo Corrado Tangari, che sposerà ventiquattro giorni prima dell’Armistizio, il 16 agosto 1943.
Durante la celebrazione nuziale ella si offrì come vittima per la santificazione del sacramento del matrimonio… infatti, si immolò realmente: il marito l’abbandonò per un’altra donna e lei rimase fedele, fino all’ultimo dei suoi giorni, al giuramento fatto davanti a Dio e agli uomini. Katharina, seppur separata e non per sua volontà, rimase comunque legata al marito e continuò ad informare il consorte sui suoi giorni, i suoi spostamenti, le sue attività. Gli scriveva con grande frequenza e quelle lettere, piene di spiritualità, di sensibilità e di bene immortale, sono rimaste a dimostrazione che il sacramento del matrimonio non è un’idea, ma una realtà concreta.
La maggior parte delle persone, oggi, non concepiscono più né la pazienza, né la sopportazione, né il sacrificio nella vita coniugale e proprio per tale ragione il senso del matrimonio crolla inesorabilmente… Khatarina Tangari ha continuato a crederci e il Signore l’ha premiata con un’esistenza ricchissima e votata al Regno di Dio, e nulla è più grande sulla terra che operare per Lui, l’Amore autentico ed eterno.
Soltanto 3 mesi dopo le nozze, il 5 novembre 1943, Katharina viene arrestata dagli Alleati come spia. È condotta davanti a un tribunale militare, che il 9 marzo 1944 la condanna a morte. Tuttavia ella si affida totalmente a Dio. Molto intelligente e acculturata, conosce bene sette lingue e in inglese si difende per nove ore davanti al tribunale militare, composto da tredici ufficiali; grazie alle sue idonee risposte, la pena capitale viene commutata nella carcerazione: dieci mesi nel campo di prigionia di Padula, undici mesi a Terni e poi Riccione, fino al 12 ottobre 1946.
Fu Katharina Tangari a curare la traduzione tedesca della Storia della letteratura italiana di Giovanni Papini per la casa editrice austriaca Pustet di Salisburgo. Ma studiò anche medicina e fu di fondamentale sostegno proprio al marito, per il quale redasse quaranta studi scientifici, in seguito pubblicati con il nome di Corrado Tangari. Lei, con la vocazione per il matrimonio e sempre innamorata come il primo giorno delle nozze, continuò a credere nell’anello che portava al dito, a dispetto di ogni condizione: da carcerata come da persona libera.
Negli anni Cinquanta Katharina fa una scoperta eccezionale: incontra Padre Pio, dal quale rimane spiritualmente rapita. Lei stessa lascia testimonianza di quando sentì per la prima volta pronunciare il nome di colui che diverrà suo direttore spirituale: «Nella Quaresima del 1949 sentii per la prima volta parlare di PADRE PIO. Fu durante un mio viaggio di ritorno dall’Austria, nel treno Vienna-Roma. A Venezia, alcuni ufficiali di Marina presero posto nel mio scompartimento. Uno di loro mi domandò:“Signora, Lei è straniera?”. E, senza attendere la mia risposta, proseguì: “Vi sono molte cose belle all’estero, però ciò che abbiamo noi, gli stranieri non l’hanno!”. Dato che non riuscii ad indovinare a che cosa alludesse l’ufficiale, lo pregai di dirmelo, ed egli, quasi solennemente, affermò: “Noi abbiamo PADRE PIO!”.
PADRE PIO? Non avevo mai prima sentito questo nome. L’ufficiale mi raccontò alcuni fatti così meravigliosi della vita di Padre Pio, che, incuriosita, gli domandai chi fosse.
“È un Padre Cappuccino – mi rispose – che da anni porta le stimmate di Gesù!”».
A Bologna gli ufficiali scesero dal treno. Non ci fu più il tempo per chiedere l’indirizzo di Padre Pio e colui che le aveva fatto la rivelazione ebbe soltanto modo di dirle: «Lei troverà Padre Pio! Lo troverà certamente!» (K. Tangari, Il Messaggio di Padre Pio, Editore Amis de saint François de Sales, p. 7).
E fu così. Per settanta volte vide Padre Pio. «Il bene che ho ricevuto da Padre Pio non appartiene soltanto a me, in quanto ritengo che il bene che riceviamo non è mai esclusivamente per noi, ma lo riceviamo anche per darlo agli altri. La vita di Padre Pio, così piena di sacrifici, di rinunzie e di sofferenze, è una fonte viva naturale e gratuita di benefici per noi, benefici spirituali, corporali e materiali, secondo le nostre necessità. Oltre a ciò, la vita di Padre Pio è un richiamo, spesso severo ma anche salutare, rivolto alla nostra condotta di vita. Fin dal primo momento, San Giovanni Rotondo mi è sembrato una strana Cattedra sulla quale Padre Pio, rude e semplice, di poche parole ma di grande esempio, ci offre il suo insegnamento, che è un invito realistico alla semplicità, una esortazione ad affrontare i nostri problemi con i mezzi che ci offre la Fede – in primo luogo la preghiera e la fiducia nell’efficacia di essa – un richiamo insistente a seguire Gesù nei Suoi comandamenti e sacramenti. Amare Gesù e vivere sempre di più nella grazia di Dio: ecco quanto esige Padre Pio da noi che andiamo a San Giovanni Rotondo a visitarlo. Ed ogni volta che riusciamo a mettere in pratica il suo insegnamento, non possiamo fare a meno di constatare con meraviglia la straordinaria efficacia di esso. Così, gli incontri con Padre Pio sono come tappe benefiche che ci rendono più contenti, più infervorati, più adatti ad affrontare e risolvere le cose della vita» (Ibidem, pp. 8-9).
Nel 1951 si reca a Vienna, in visita ai suoi familiari e coglie l’occasione per recarsi in pellegrinaggio al Santuario mariano di Mariazell, nel cuore della Mitteleuropa, a 870 metri di altezza, situato in una verde conca della Stiria, alle estreme propaggini delle Alpi Orientali, una delle più frequentate mete devozionali dell’Europa Centrale. È lì per pregare la Vergine Santissima, protettrice dell’Austria, occupata dalle truppe straniere.
Katharina viene arrestata ad un posto di controllo russo, ma, miracolosamente, viene liberata e per tale grazia ella promette di compiere, nel primo sabato di ogni novembre, un pellegrinaggio proprio alla Madonna di Mariazell, un voto che adempirà fino 1988 e che farà sempre a piedi nudi, per sette chilometri: dal luogo della liberazione miracolosa fino al Santuario di Mariazell.
Padre Pio comprende che la sua figlia spirituale può essere uno strumento meraviglioso di apostolato e di conforto per chi è perseguitato oltre cortina, là dove opera la «Chiesa del silenzio» nei territori a dominazione sovietica. Questo apostolato, così rischioso e pericoloso, inizia nel 1964. Oltrepassa più di cento volte le frontiere dei paesi comunisti con 7 o 8 valige colme di rosari, immaginette sacre e tutto ciò che poteva aiutare i sacerdoti vessati, incarcerati e privi di tutto. Passava la frontiera in treno o in corriera e, quando era possibile, pregava in ginocchio per ottenere dal Signore che la polizia e i doganieri la lasciassero passare. Affidò il suo apostolato nei diversi Paesi dell’Est al Bambin Gesù di Praga.
Il 15 aprile 1971 venne arrestata alla frontiera della Cecoslovacchia. Dopo sessantasei interrogatori, fu condannata a quindici mesi di prigione. Il biografo Yves Chiron (Katharina Tangari, Publications du Courrier de Rome, Versailles 2006) spiega che Katharina, dopo il durissimo carcere che la marcò a fuoco, si accostò alla lettura di opere concernenti l’esperienza carceraria, in particolare Le mie prigioni di Silvio Pellico; Una giornata di Ivan Denissovitch di Alexandre Soljenitsyne e in seguito, dello stesso autore, Arcipelago Gulag.
Nel Diario delle devozioni, il 21 agosto 1977 la protagonista delle violenze comuniste scrisse: «Terminé la lecture du IIIe volume de L’Archipel du Goulag! C’est une grâce! Un vrai miracle! Que le Seigneur soit béni et remercié de nous avoir donné cet écrivain!» (Katharina Tangari, p. 332) («Terminata la lettura del terzo volume dell’Arcipelago Gulag! È una grazia, un vero miracolo! Che il Signore sia benedetto e ringraziato di averci donato questo scrittore!»).
La sua indomabile attività apostolica viene arrestata: le viene vietato di entrare nei Paesi dell’Est per dieci anni. Ma questa donna, impavida e attenta ad operare soltanto per la Santa causa della Città di Dio, fa una sorprendente scoperta: anche qui esistono sacerdoti perseguitati, che nell’umiliazione continuano a celebrare la Santa Messa tridentina e continuano a professare la Fede di sempre, ad insegnare la dottrina cattolica di sempre, a sostenere le ragioni evangeliche di sempre e ad avere uno spirito soprannaturale, nonostante i rivoluzionari tempi culturali ed ecclesiastici imbevuti di secolarismo e relativismo. Ma a Katharina, come a molti altri, risuonavano le parole di Gesù: «Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo» (Gv 17, 14).
Nel 1974 inizia a frequentare Ecône, il primo Seminario della Fraternità Sacerdotale San Pio X e da qui prende avvio un’attività instancabile di aiuto e sostegno ai sacerdoti della Fraternità stessa. In 15 anni realizzerà un lavoro liturgico immenso, fornendo a un elevato numero di cappelle tradizionali tutto il necessario per le funzioni (calici, pissidi, ostensori, paramenti, candelabri…), procurando poi ad ogni novello sacerdote il camice, la pianeta, l’astuccio per la comunione ai malati, la valigia-cappella. Insomma, Katharina Hasslinger Tangari, scoperto il tesoro della Tradizione, si prodiga in ogni modo per rendere maggior Gloria a Dio.
Vive in povertà, ma fidente nella Divina Provvidenza, riesce a procurare ciò che è necessario e a realizzare i suoi obiettivi; in cambio degli aiuti economici, che giungono soprattutto dalla Svizzera, dalla Germania, dall’Austria, ella offre Sante Messe, Rosari, sofferenze, digiuni. Lei prega, instancabilmente, per gli amici e per i nemici. Sue mete di pellegrinaggio predilette sono i Santuari del Bambino Gesù di Praga, Mariazell, Altötting, Lourdes, Fatima, Pompei, la Scala Santa, Santa Maria in Cosmedin…
Ha lasciato un’innumerevole quantità di scritti, diari, lettere, appunti, quaderni di devozione… una miniera di Fede e di pietà, attimo per attimo. Tali documenti sono tutti  a dimostrazione che la persona, quando si vota a Dio e si pone al servizio dei Suoi disegni, non  può più essere spaventata da nulla, neppure da un marito che tradisce i suoi propositi. E l’impossibile umano diventa il possibile celeste. Nell’anno in cui cadde il Muro di Berlino, il 1989, il Signore chiuse i giorni di Katharina: era il 1° dicembre. Lei stessa preparò la sua immaginetta funebre, scritta in quattro lingue: «Tutto ciò che ho potuto fare di bene nella mia vita fu una pura grazia di Dio, non meritata. Che tu, dolcissima Madre di Dio, hai voluto darmi tanto amore per te, fu la mia più bella ricompensa».
 

 

giovedì 1 ottobre 2015

ma che li fanno a fare 'sti sinodi?


La notizia riportata da Marco Tosatti è clamorosa: prima ancora che inizi il Sinodo, qualcuno sta già lavorando a trarne le conclusioni, in gran segretezza e in barba al tanto declamato principio di collegialità. I tempi s’abbreviano; il principe di questo mondo sente il fiato sul collo e sa che ha poco tempo: accelera, chiama a raccolta i suoi servi, tutto (o quasi) alla luce del sole…. Ma "gli uomini che costruiscono e strutturano strategie per uccidere Dio, distruggere la dottrina e l'insegnamento secolare della Chiesa, saranno essi stessi inghiottiti, trasportati dalla loro propria vittoria terrestre nella geenna eterna", card. Robert Sarah, Dio o niente, pag. 370.

 

 
 

Sinodo. Lavori, discreti, in corso.

Domani saranno rivelate le nuove procedure per il Sinodo sulla Famiglia, previsto per ottobre; e secondo quanto scrive Edward Pentin non c’è da aspettarsi molta trasparenza. Intanto un gruppo è al lavoro, in massima discrezione...

di Marco Tosatti
Domani saranno rivelate le nuove procedure per il Sinodo sulla Famiglia, previsto per ottobre; e secondo quanto scrive Edward Pentin non c’è da aspettarsi molta trasparenza: gli interventi dei Padri sinodali non dovrebbero essere resi pubblici, come è avvenuto l’anno scorso, in totale rottura con la prassi di sempre, i lavori dei Circuli Minores anch’essi segreti, o riassunti e filtrati dagli addetti stampa.   

 Scrive Pentin inoltre che non ci saranno né un documento intermedio, né un messaggio finale. “Il Papa non vuole niente di scritto dai Padri sinodali”. Forse per essere il più libero possibile di decidere senza nessun tipo di legame o suggerimento. Un po’ come è avvenuto per il Motu Proprio sui processi di nullità, dove gli uffici competenti della Santa Sede non sono stati neanche consultati.  

 In questo contesto, ci giunge la notizia che da una dozzina di giorni una trentina di persone, quasi tutti gesuiti, con qualche argentino, stanno lavorando intorno ai temi del Sinodo, in maniera molto riservata, sotto il coordinamento di padre Antonio Spadaro, il direttore della Civiltà Cattolica, che passa molto tempo a Santa Marta, in consultazione con il Papa.  
La discrezione sui lavori si estende anche ai gesuiti della stessa Casa, la villa della Civiltà Cattolica, Villa Malta, sul Pincio, dove viene svolto una parte del lavoro. Un’ipotesi è che la “task force” lavori per fornire al Papa gli strumenti per un eventuale documento post-sinodale in tema di eucarestia ai divorziati risposati, conviventi e coppie dello stesso sesso.  

 

Supplica al Santo Padre di mons. Bernard Fellay in occasione dell'imminente Sinodo sulla Famiglia

Fraternità Sacerdotale San Pio X

Supplica al Santo Padre

di mons. Bernard Fellay
in occasione dell'imminente Sinodo sulla Famiglia


15 settembre 2015





Beatissimo Padre,

Con la più viva inquietudine constatiamo oggi intorno a noi il degrado progressivo del matrimonio e della famiglia, origine e fondamento di tutta la società umana. Questa deliquescenza si sta accelerando sempre più, soprattutto con la promozione legale dei comportamenti più immorali e più depravati. La legge di Dio, anche semplicemente quella naturale, è oggi pubblicamente calpestata, i peccati più gravi si moltiplicano in modo drammatico e gridano vendetta al Cielo.

Beatissimo Padre,

Non Vi possiamo nascondere che la prima parte del Sinodo consacrato alle “Sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione” ci ha vivamente messi in allarme.

Abbiamo sentito e letto, dalla bocca di persone costituite in dignità ecclesiastiche – che si fanno forti del Vostro appoggio, senza essere smentite -, delle affermazioni così contrarie alla verità, così opposte alla dottrina chiara e costante della Chiesa circa la santità del matrimonio, che la nostra anima ne è stata profondamente scossa.

Quello che ci inquieta ancora di più, sono alcune delle Vostre parole che lasciano intendere che potrebbe esserci un’evoluzione della dottrina per rispondere alle nuove necessità del popolo cristiano.

La nostra inquietudine viene dalla condanna che san Pio X ha formulato, nell’enciclica Pascendi, di un simile adattamento del dogma alle pretese esigenze contemporanee. San Pio X e Voi, Santità, avete ricevuto la pienezza del potere di insegnare, di santificare e di governare nell’obbedienza al Cristo, che è Capo e Pastore del gregge in ogni tempo e in ogni luogo, e del quale il Papa deve essere il fedele Vicario sulla terra. L’oggetto di una condanna dogmatica non può diventare, con il tempo, una pratica pastorale autorizzata.

Dio autore della natura ha voluto l’unione stabile dell’uomo e della donna in vista di perpetuare la specie umana. La Rivelazione dell’Antico Testamento ci insegna, nel modo più evidente, che il matrimonio, unico e indissolubile, tra un uomo e una donna, è stato istituito direttamente da Dio e che le sue caratteristiche essenziali sono state sottratte alla libera scelta degli uomini, per restare sotto una particolarissima protezione divina: «Non desiderare la donna d’altri» (Es. 20, 17).

Il Vangelo ci insegna che Gesù stesso, in virtù della Sua suprema autorità, ha definitivamente ristabilito il matrimonio, alterato dalla corruzione degli uomini, nella sua primitiva purezza: «Ciò che Dio ha unito, l’uomo non separi» (Mt 19, 6).

È una gloria della Chiesa cattolica l’aver difeso contro tutti, nel corso dei secoli, nonostante le minacce e le tentazioni, la realtà umana e divina del matrimonio. Ha sempre tenuto alto lo stendardo della fedeltà, della purezza e della fecondità che caratterizzano il vero amore coniugale e familiare, anche se uomini corrotti l’hanno abbandonata per questo solo motivo.

Mentre ci avviciniamo alla seconda parte del Sinodo consacrato alla famiglia, riteniamo in coscienza di dover esprimere alla Sede Apostolica le profonde angosce che sentiamo al pensiero delle “conclusioni” che potrebbero essere proposte in quest’occasione, se per un triste caso dovessero costituire un nuovo attacco contro la santità del matrimonio e della famiglia, un nuovo indebolimento dello statuto delle coppie e dei focolari. Noi speriamo di tutto cuore invece che il Sinodo farà veramente opera di misericordia ricordando, per il bene delle anime, la dottrina integrale e salutare circa il matrimonio.

Abbiamo pienamente coscienza, nel contesto attuale, che le persone che si trovano in situazioni matrimoniali irregolari devono essere seguite pastoralmente, con compassione, per mostrare loro il volto misericordioso del Dio d’amore che la Chiesa fa conoscere. Tuttavia la legge di Dio, espressione della Sua eterna carità per gli uomini, costituisce in se stessa la suprema misericordia per ogni tempo, ogni persona e ogni situazione.

Noi preghiamo dunque affinché la verità evangelica del matrimonio, che il Sinodo dovrebbe proclamare, non sia aggirata nella pratica da molteplici “eccezioni pastorali” che ne snaturerebbero il senso autentico, o da una legislazione che ne abolirebbe quasi automaticamente la reale portata.
Su questo punto, non possiamo dissimulare che le recenti disposizione canoniche del motu proprio Mitis iudex Dominus Iesus, che facilitano delle dichiarazioni di nullità accelerate, apriranno di fatto la porta a una procedura di “divorzio cattolico” sotto altro nome, a dispetto delle dichiarazioni sull’indissolubilità del matrimonio che lo accompagnano.
Queste disposizioni seguono l’evoluzione dei costumi contemporanei, senza cercare di rettificarli secondo la legge divina; come poi non essere sconvolti dalla sorte dei bambini nati da questi matrimoni annullati in modo sbrigativo, che saranno le tristi vittime della “cultura dello scarto”?

Nel XVI secolo, il Papa Clemente VII rifiutò il divorzio reclamato dal Re Enrico VIII d’Inghilterra. Di fronte alla minaccia dello scisma anglicano il Papa mantenne, nonostante le pressioni, l’insegnamento intangibile del Cristo e della Sua Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio. Vedremo ora la sua decisione disconosciuta da un “pentimento canonico”?

Nei nostri giorni, ovunque nel mondo, numerose famiglie si mobilitano coraggiosamente contro le leggi civili che minano la famiglia naturale e cristiana, e incoraggiano pubblicamente dei comportamenti infami, contrari alla morale più elementare. La Chiesa abbandonerà coloro che, a volte con proprio danno, e sempre sotto la derisione e gli oltraggi, portano avanti questa battaglia così necessaria e difficile? Sarebbe una disastrosa contro-testimonianza, e sarebbe per queste persone fonte di disgusto e scoraggiamento. Gli uomini di Chiesa, al contrario, in virtù della propria missione, devono portare loro un appoggio chiaro e motivato.

Beatissimo Padre,

Per l’onore di Nostro Signore Gesù Cristo, per la consolazione della Chiesa e di tutti i fedeli cattolici, per il bene dell’intera società umana, in quest’ora cruciale, Vi supplichiamo di far risuonare nel mondo una parola di verità, di chiarezza e di fermezza, in difesa del matrimonio cristiano e anche semplicemente umano, in sostegno del suo fondamento, cioè la differenza e la complementarità dei sessi, in sostegno della sua unicità e indissolubilità. Vi supplichiamo filialmente di far risuonare una parola accompagnata da provvedimenti efficaci, che mostrino il Vostro sostegno nei fatti alla famiglia cattolica.

Noi affidiamo questa umile supplica alla protezione di san Giovanni Battista, che subì il martirio per avere difeso pubblicamente la santità e l’unicità del matrimonio contro un’autorità civile scandalosamente “risposata”; supplicando il Precursore di dare a Vostra Santità il coraggio di ricordare davanti al mondo la vera dottrina sul matrimonio naturale e cristiano.

Nella festa della Madonna dei Sette Dolori, il 15 settembre 2015

+Bernard Fellay
Superiore generale della Fraternità San Pio X

mercoledì 30 settembre 2015

"Ciò che vuole Dio, non ciò che concederebbe il Papa" - Editoriale di "Radicati nella fede", Ottobre 2015.



CIO' CHE VUOLE DIO,
NON CIO' CHE CONCEDEREBBE IL PAPA

Pubblichiamo l'editoriale del numero di Ottobre 2015



CIO' CHE VUOLE DIO, 
NON CIO' CHE CONCEDEREBBE IL PAPA
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno VIII n° 10 - Ottobre 2015

 Lo scrivevamo il mese scorso, la nuova messa post-conciliare culla l'agnosticismo, culla il dubbio di fede e l'incertezza perenne, perché intrattiene in un dialogo estenuante tra prete e assemblea e non abitua più a porsi difronte a Dio solo. Per assurdo nella nuova messa, così umana e comunitaria, ci può stare anche chi non crede quasi più o continua a custodire i propri dubbi di fede. Ci può stare chi, non essendo credente, cerca dei motivi più umani per frequentare ancora la chiesa, magari pensando al bene psicologico o sociale che in essa si può ancora trovare. È un agnosticismo a metà, l'agnosticismo di chi, pur non stando difronte a Dio, non si decide ad abbandonare la Chiesa.

 Passateci il termine, è una sorta di “agnosticismo cattolico”.

 Questo “agnosticismo cattolico”, cullato nella nuova messa, non si ferma al rito, ma investe tutti gli aspetti dell'appartenenza cattolica, come tutto l'affronto della vita. È un agnosticismo universale, che coinvolge tutto, è “cattolico” appunto.

 L'agnosticismo cattolico non fa decidere se stare con Dio oppure no, ed è per questo pericolosissimo, illude. Ti illude, ti fa pensare ancora cattolico mentre non lo sei più; e illudendoti rende impossibile il pianto e il dolore che ti porterebbero alla conversione.

 L'agnostico cattolico ha seri dubbi di fede, ma vuole ancora appartenere alla Chiesa.

 Perché fa così? Semplicemente perché il peccato non è ragionevole, è contraddittorio, non ha logica. Il peccato si nutre di sentimento, non di ragione. Non credi più o quasi, ma ci tieni ancora alla Chiesa. Ci tieni forse per una nostalgia delle tue radici o forse perché, in un mondo tutto sociale, occorre appartenere ancora a qualche cosa; un club deve pur esserci ancora per te.

 E come fa un simile fedele ad appartenere ancora alla Chiesa? Deve domandare che la Chiesa si adegui all'agnosticismo moderno. Deve domandare, pretendere, che la Chiesa  si “umanizzi”, perché sia ancora interessante per quelli che, come lui, non sanno più come Dio sia e cosa voglia; per quelli che, come lui, fanno della loro ricerca di Dio il tutto, rifiutando la Rivelazione. Se credono ancora nell'esistenza di Dio, ci tengono a dire che su di Lui c'è libera ricerca e libero pensiero, perché la Rivelazione, Tradizione e Scrittura, è in fondo un' espressione umana da reinterpretare nel continuo cammino dell'uomo.

 In sostanza chiedono una chiesa “latitudinarista”, quella di anglicana memoria: nell' Inghilterra anglicana, accanto alla chiesa alta e alla chiesa bassa, nel XIX secolo si instaurò sempre più una “Chiesa Larga”, cioè “scettica, beata nel suo scetticismo dogmatico, appena limitato da una certa convenienza esteriore, adattabile a qualunque dottrina” (C. Lovera di Catiglione, Il movimento di Oxford, Morcelliana 1935, p.42).
 
 Siamo ormai anche noi alla Chiesa larga, alla chiesa senza dogma, senza morale assoluta, che salva solo qualche convenienza esteriore, e per questo con la necessità di adattarsi continuamente a quello che la società le chiede di mano in mano.

 Solo che questi agnostici di casa nostra, sentendosi ancora cattolici, a chi chiedono questa chiesa larga? La chiedono al Papa, certo!

 Assistiamo ai giorni nostri proprio a questa tragica assurdità: i cattolici latitudinaristi, agnostici ma desiderosi di appartenere ancora alla Chiesa, chiedono che il Papa allarghi su tutto, dottrina e morale. Chiedono che il Papa faccia una casa grande dove tutti, proprio tutti, possano stare dentro; tutti eccetto i non-latitudinaristi, i tradizionali.

 E siccome sono agnostici, non si chiedono se Dio lo vuole, ma se il Papa lo concede! Siamo ormai alla follia.
 
 I mesi che verranno saranno il teatro di questi latitudinaristi di ogni ordine e grado, fedeli-preti-vescovi-cardinali. Battaglieranno per ottenere dal Papa più concessioni possibili, ma tutte quelle che otterranno non avranno alcun valore, perché non si domandano cosa Dio voglia.

 La Chiesa è di Dio, suo unico Signore è Gesù Cristo, e vi appartiene solo chi domanda la verità di Dio e la volontà di Dio. Le concessioni degli ecclesiastici, più o meno larghe, più o meno alla moda con l'immoralità del mondo, non valgono nulla. Non valgono nulla perché gli ecclesiastici hanno l'unico potere di ripetere la volontà di Dio e di aiutare le anime a compierla.

 Dio ha parlato, si è rivelato, non è rimasto un Dio sconosciuto; non è un Dio per gli agnostici. Se fosse così non ci sarebbe la Chiesa, né il Papa, né i vescovi né i preti.

 Il Papa c'è per custodire ciò che c'è già, ciò che è di Dio. Il Papa non costruisce un Dio per gli agnostici del momento, questo sarebbe mostruoso, sarebbe di fatto l'ateismo.

 Il Papa non è un sorta di “ Re Mida”, che toccando trasforma in buono ciò che non lo è. Il Papa ha l'unico potere di ricordare ciò che Dio ha rivelato e chiesto, punto.

 Per questo, nei mesi che verranno, dovremo chiedere la grazia di non scandalizzarci, cioè di non inciampare nella fede, vedendo i tanti, i troppi cattolici agnostici inneggiare alle possibili concessioni della gerarchia allo spirito del mondo, nella dottrina e nella morale.

 E non ci scandalizzeremo se ci terremo fermi nella domanda: ma tutto questo Dio lo vuole? Tutto questo allargare le maglie sulle religioni non cristiane, sul matrimonio e sui divorziati risposati, sulla disciplina dei sacramenti, Dio lo vuole? Tutte le parole tenere sulle immoralità alla moda, Dio le vuole? Dio ha parlato così? Cosa dice la Sacra Scrittura e l'insegnamento bimillenario della Chiesa che le fa eco?

 Non ciò che il Papa concederà, ma ciò che Dio vuole: questo dobbiamo domandarci.

 Solo così sarà al sicuro la nostra anima, solo così sarà salva la Chiesa stessa, Papa, cardinali, vescovi, preti e fedeli insieme.

 Alla fine della vita compariremo difronte a Dio, e saremo giudicati se avremo fatto la sua volontà, e non su quanto avremo ottenuto dal Papa.

martedì 29 settembre 2015

ben a monte....


"Di crisi o scisma del Cattolicesimo si parla a proposito delle posizioni opposte tra prelati riguardo le posizioni morali sul matrimonio e sulle nozze dei gay, come se il Cristianesimo fosse solo una preoccupazione etica. Non ci si avvede, purtroppo, che ben a monte della morale ci sono troppi presupposti dati per scontati che hanno vacillato da tempo. La morale non è che l'estrema conseguenza di presupposti (pure più importanti) trascurati e dinnanzi ai quali i prelati hanno dimostrato di manifestare quasi una totale indifferenza (la crisi della liturgia, della dogmatica, l'assenza della spiritualità, ecc.). La morale, senza questi presupposti, decade velocemente in moralismo e il moralismo si muove solo nell'immanenza. Ancora una volta notiamo come quest'ambito ecclesiastico sia fortemente antropocentrico e immanente, il che lo taglia inevitabilmente da un reale contatto trascendente e strozza qualsiasi slancio genuinamente religioso. Per questo quando certi prelati parteggiano e altri contrastano la questione gay io semplicemente mi innervosisco: sono entrambi prigionieri di uno stesso e identico schema mentale, per quanto apparentemente militino su campi opposti"
 

domenica 27 settembre 2015

dal divorzio breve al divorzio lampo?


Mitis Iudex – Le critiche canoniche sulla riforma dell’annullamento si accumulano: saranno prese in considerazione dal Vaticano?

 
 


Riprendiamo da Rorate Caeli. In parte ne abbiamo parlato qui


C’è decisamente qualcosa nell’aria: eminenti canonisti che inizialmente avevano elogiato le riforme dell’annullamento del matrimonio si sono tirati indietro e successivamente si sono anche pronunciati duramente contro di esse; è sorto un autentico dibattito sul malcontento tra un numero significativo di avvocati canonici e prelati. E in questo caso non stiamo parlando di tradizionalisti! Le riforme e straordinariamente problematiche del processo per la dichiarazione di nullità del matrimonio, elaborate senza consultazioni a vasta scala, in relativa segretezza, e pubblicate l’8 settembre tramite il motu proprio Mitis Iudex, si sta trasformando rapidamente in una crisi d’autorità senza precedenti per il ruolo. Tale crisi d’autorità è autentica e nemmeno la grande quantità di negazioni e atteggiamenti riduttivi da parte dell’establishment dei media cattolici e di “rispettabili” blogger cattolici la possono nascondere.


Nei primi giorni dopo la promulgazione del Mitis Iudex, le valutazioni critiche da parte del canonista Kurt Martens e del professore di filosofia sistematica Chad Pecknold, entrambi docenti alla Catholic University of America, hanno raggiunto un vasto pubblico grazie al reportage del Washington Post sulla riforma (“Pope Francis announces biggest changes to annulment process in centuries” [“Papa Francesco annuncia i più grandi cambiamenti da secoli nel processo di annullamento”]). Per quanto ne sappiamo, Martens è stato il primo a riferirsi pubblicamente alla riforma come alla “versione cattolica del divorzio consensuale”. .... Ma stiamo facendo una digressione...


Nonostate l’articolo del Washington Post, l’approfondita analisi iniziale delle riforme nella stampa cattolica “conservatrice” è rimasta piuttosto neutrale o addirittura a favore. Oltre alla lista neutrale di “cose da sapere e condividere” sul motu proprio a cura di Jimmi Akin, sono stati tre saggi che elogiavano o sottovalutavano la gravità delle riforme, scritti da avvocati canonisti, ad imperversare sui social media:
Benedict Nguyen, “Annulment Reform: 6 Misconceptions and 6 Developments” (“La riforma dell’annullamento: sei fraintendimenti e sei sviluppi”);
Edward Peters, “A first look at Mitis Iudex” (“Un primo sguardo al Mitis Iudex”, e il correlativo post su Facebook);
Ed Condon, “Mitis Iudex: The Good, The Bad, & The Ugly” (“Il Mitis Iudex: Il buono, il brutto e cattivo”).
Questi tre esperti hanno presto cominciato a pubblicare ulteriori risposte critiche.

In poche ore, Ed Peters ha cominciato a postare ulteriori analisi, una più critica dell’altra: 1) “A second look at Mitis, especially at the new fast-track annulment process” (“Un secondo sguardo al Mitis Iudex, in modo particolare al nuovo processo accelerato d’annullamento”, 8 settembre), “Nah, that twern't no smear” (“No, non era una presa in giro”, 10 settembre), “Who is satisfied with Mitis Iudex?” (“Chi è soddisfatto del Mitis Iudex?”, 13 settembre), e quella che per adesso è l’ultima: “Note: Avoiding the requirements of Mitis would not be easy for bishops” (“Nota: evadere le richieste del Mitis Iudex non sarà facile per i vescovi”, 4 settembre). Le critiche e le riserve di Ed Peters a proposito delle riforme sono state diffusamente discusse su blog e siti cattolici e pertanto non le tratteremo ulteriormente in questa sede.

A Modest Proposal” (“Un’umile proposta”, 12 settembre), di Ed Condon, sostiene tuttora che “vi sono più elementi positivi che negativi nelle riforme”, ma si sofferma diffusamente sui serissimi pericoli inerenti al “processo abbreviato” autorizzato da Papa Francesco. Condon ha anche riportato la seguente riminiscenza a proposito della crescente mancanza di perizia giuridica tra i defensores matrimonii – gli ufficiali incaricati di difendere la presunta validità del matrimonio che è sotto questione – una mancanza che verrebbe solo aggravata dalle nuove riforme.
Da quanto ho potuto constatare tramite la mia esperienza nei tribunali matrimoniali – che è molto variegata –, nella maggioranza dei casi nessuno dei partecipanti ha un dottorato e solo alcuni dei giudici hanno la licenza. In effetti, di solito al posto del collegio di tre giudici clericali ce n’è uno solo (questa, che precedentemente era un’eccezione frequentemente permessa negli Stati Uniti, viene ora resa una regola universale dal Mitis Iudex), e le parti non hanno alcun avvocato, mentre quando lo hanno è raro che questi sia un avvocato canonista.
Meno della metà delle opinioni espresse dai difensori del vincolo matrimoniale che io ho letto in qualità di giudice sono firmate da una persona che abbia la licenza in diritto canonico. Di solito sono firmate da un sacerdote, o sempre più spesso da un diacono permanente che non ha alcuna formazione canonica e che assume l’incarico di difensore del vincolo matrimoniale come se fosse un noioso lavoro straordinario che lo distoglie dal suo lavoro pastorale ordinario in parrocchia. Un difensore del vincolo matrimoniale di cui sono a conoscenza, in realtà, non fa altro che inoltrare lo stesso dossier di una sola pagina per ogni caso che gli viene assegnato. Nessuno scrive più un appello.
Ciò è reso possibile dal fatto che un tribunale può richiedere alla Segnatura Apostolica di concedergli di nominare per questi ruoli “esperti alternativi” (leggi “formalmente privi di qualificazione”) quando non si è in grado di rintracciare uno staff sufficientemente qualificato.
(...)
Con ciò non voglio affermare che non siano in buona fede, che non lavorino duro o che non meritino rispetto e gratitudine per i loro sforzi; ma è d’altro canto inutile aspettarsi che possano svolgere un ruolo vitale come quello di difensori del vincolo matrimoniale. Credete forse che anche una sola delle parti in un caso di nullità matrimoniale accetterebbe di essere rappresentata da una persona che non fosse laureata in giurisprudenza nel processo di divorzio civile, anche qualora essa fosse un volontario con molta buona volontà?
Questo per quanto riguarda lo stato attuale del processo negli Stati Uniti, nazione tra quelle che hanno il numero più alto (se non quella che ne ha il numero più alto in assoluto) di avvocati canonici. Ci chiediamo: quanto a maggior ragione il processo abbreviato, “accelerato”, autorizzato da Francesco, aprirà le porte a una valanga di richieste di dichiarazione di nullità?

Lo stesso giorno in cui Condon ha pubblicato il suo articolo ammonitore, Benedict Nguyen ha rilasciato una breve intervista alla radio National Catholic Register (12 settembre – ascolta qui). Egli ha parlato apertamente della mancanza tanto di una consultazione dei vari vescovi del mondo come delle facoltà richieste dalla legge canonica da parte della commissione incaricata dal Papa, che ha lavorato da sola in tutta segretezza. Ha anche menzionato il desiderio di molti avvocati canonici di assistere a un’estensione della vacatio legis concessa dal Papa prima che le riforme vengano implementate (8 dicembre), per permettere una consultazione a vasta scala all’interno della Chiesa su queste riforme. Pochi giorni dopo, egli ha pubblicato un altro articolo, stavolta sul britannico Catholic Herald, che aveva sfacciatamente elogiato le riforme solo la settimana precedente.

Il titolo del secondo articolo di Nguyen è chiaro: “We’re heading for ‘Catholic divorces’” (“Stiamo arrivando ai ‘divorzi cattolici’”, 18 settembre). Nguyen spiega brevemente e chiaramente perché le nuove riforme annullano la presunzione di validità per i matrimoni e consente che molti di essi vengano considerati pregiudizialmente nulli persino prima che cominci il processo (il grassetto nei paragrafi seguenti è nostro):
... Molti rispettabili avvocati canonisti e commentatori stanno esprimendo gravi preoccupazioni sul testo, man mano che lo vanno studiando più attentamente. Unisco la mia al crescente numero di voci di quanti si trovano in apprensione. A mio modo di vedere, certi cambiamenti rischiano di arrecare più danni che benefici, creando più confusione che chiarezza sulla validità del matrimonio e sul proposito della dichiarazione del processo di nullità.
Il cambiamento più significativo proposto nel Mitis Iudex è la creazione della “procedura abbreviata” per i casi la cui decisione viene affidata al vescovo diocesano, affinché decida lui stesso con una sorta di fiat amministrativo. Questo cambiamento, estremamente problematico, fa scaturire serie questioni e gravi confusioni.
Ai vescovi diocesani – già estremamente occupati –, compresi quelli che non sono formati nella legge matrimoniale, verrà chiesto di decidere potenzialmente su centinaia di casi di matrimonio canonico all’anno basandosi quasi solamente sul referto di consulenti che neanche loro sono avvocati canonisti. È in questo modo che si pretende di “accelerare” il processo. Eppure è praticamente impossibile comprendere come lo si possa fare senza che il vescovo diocesano avalli le decisioni senza adeguata valutazione o le prenda lui, in tutta fretta, privilegiando la velocità all’accuratezza. In entrambi i casi si tratterebbe di un’ingiustizia.
(...) Il diritto canonico utilizza già un “processo documentale” più corto per i casi che implichino la mancanza di capacità per sposarsi (canoni 1073-1094) o una mancanza o un difetto della forma canonica (canoni 1108-1123). Per la terza categoria di casi di matrimonio – quelli che comportano mancanza di consenso (canoni 1095-1107), che utilizzano la “procedura matrimoniale formale” – il Mitis Iudex permetterà d’ora in poi di utilizzare i nuovi “processi abbreviati” laddove questi casi sembrano essere nulli “per argomenti particolarmente evidenti”.
È qui che nascono i problemi. Come dovrebbero essere considerati tali “argomenti evidenti” di fronte a un processo adeguato?
Ciò che il Mitis Iudex ha realmente fatto è annullare nella pratica il principio di fondamentale importanza che si trova nel canone 1060, in cui si sancisce che il matrimonio deve essere considerato valido finché non viene provato il contrario. Permettendo il processo abbreviato per casi che sembrano nulli “per argomenti particolarmente evidenti”, il Mitis Iudex permette una sorta di giudizio di nullità per difetto del matrimonio prima ancóra che un processo venga avviato. 
Il risultato è che alcuni matrimoni verranno considerati nulli ancor prima che il processo cominci. Ciò va direttamente contro la presunzione di validità richiesta dalla giustizia, dalla logica e dal canone 1060. Il Mitis Iudex ha creato una situazione invertita in cui i matrimoni hanno la presunzione di nullità e in cui è la validità che deve essere provata.
L’ultimo ma non meno importante dei commenti su quella che potrebbe verosimilmente diventare la parola più pericolosa nel motu proprio del Papa – quell’“etc.” alla fine della lista di circostanze che possono essere essere invocate affinché si adotti il “processo breve” per giudicare la validità del matrimonio – è stato pubblicato dai nostri amici del Canon Law Centre (“The “Et Cetera” Time Bomb In Article 14 §1 Of The Ratio Procedendi” [“La bomba ad orologeria ‘Et Cetera’ nell’articolo 14 § 1 della Ratio Procedendi”]). Il grassetto nel seguente paragrafo è nostro:
Analogamente a certe altre ambiguità ed espressioni vaghe che hanno trovato spazio nei documenti ufficiali del Vaticano II, sostengo che l’“etc.” nell’articolo 14 § 1 sarà potenzialmente uno degli strumenti più abusivamente utilizzati dalle interpretazioni eterodosse che si trovano nelle nuove norme. Questi abusi saranno resi possibili dalle vaste riserve di discrezioni amministrative concesse ai vescovi diocesani sotto la legge riformata. Pur essendo vero che bisogna soddisfare alcuni requisiti fondamentali affinché un caso sia ascoltato in base al processus brevior, è altrettanto vero che tali requisiti non sono molto difficili da soddisfare sotto le nuove norme.
Il Canon Law Center sostiene anche che il “processo abbreviato” per l’emissione rapida delle dichiarazioni di nullità diventerà la norma, non l’eccezione:
... sarebbe piuttosto ingenuo credere che il processus brevior sarà qualcosa di eccezionale o di raro nelle pratiche degli odierni tribunali. In realtà, se le recenti tendenze delle procedure penali canoniche possono fornire delle indicazioni riguardo a quanto ci si possa aspettare in un futuro prossimo (negli scorsi due anni si è assistito a uno sforzo collettivo guidato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per ridurre i processi giudiziali e stabilire dei processi amministrativi più brevi come norma), l’opinione di chi scrive è che in questo modo ilprocessus brevior diventerà poco a poco la norma, in luogo delle pratiche giudiziali. Questo processo abbreviato aprirà senza dubbio le porte ad abusi nell’amministrazione della giustizia, dal momento che verranno concentrati nelle mani di una sola persona, il vescovo, molti ruoli. Su queste basi, la fiducia nella validità dei processi di nullità del matrimonio verterà necessariamente sulla fiducia nel vescovo che pronuncerà il giudizio.
Fino ad ora, i bloggers di Rorate non hanno visto nemmeno un commento esteso e non liberale sul Mitis Iudex che sia nettamente a favore di esso, e che non sia stato in certa misura ritrattato. È vero che alcune diocesi cattoliche e alcune conferenze episcopali hanno pubblicato comunicati stampa che elogiano le riforme, ma francamente questo c’era da aspettarselo. Alcune diocesi cattoliche conservatrici (per es. Madison, Wisconsin) hanno pubblicato commenti che cercavano di minimizzare la natura dirompente delle riforme, il che ci sembra più un tentativo di limitare i danni che altro. È vero, non è realistico aspettarsi che le diocesi emettano delle critiche ufficiali ai decreti romani. Tuttavia, i vescovi che cercano di fare buon viso al cattivo gioco di un pessimo esemplare di norma della Chiesa – e per giunta una che avrà delle conseguenze sulla giusta comprensione della dottrina – non rendono un servizio alla verità.

Ma noi speriamo che gli avvocati canonici si uniscano presto tra di loro per esercitare delle pressioni su Roma, in modo pubblico e organizzato, per ritardare l’entrata in vigore del Mitis Iudex. Quel che è in ballo è nient’altro che la solidità storica e la credibilità della Chiesa Cattolica e del suo insegnamento sul matrimonio. Sarà un’ironia grande e terribile se la festività dell’Immacolata Concezione diventerà quest’anno il giorno in cui quest’insegnamento comporterà un colpo devastante da cui ci si potrebbe non riavere per varie generazioni, se non per secoli.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]