sabato 18 agosto 2012

Il Patriarca Kiril in Polonia. In attesa di incontrare il Papa. A piccoli passi verso la Consacrazione....

Testo in italiano e inglese del Messaggio Comune ai Popoli della Polonia e della Russia firmato dalla Chiesa cattolica polacca e dal Patriarcato Ortodosso della Russia
[Text: Italiano, English]
(a cura Redazione "Il sismografo")

Presidente della Conferenza Episcopale Polacca Arcivescovo Józef Michalik di Przemyśl e Primate della Chiesa Ortodossa Russa Patriarcha di Mosca e di tutte le Russie, Kirill I.
Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo,
non imputando agli uomini le loro colpe
e affidando a noi la parola della riconciliazione (2 Cor 5,19).

Sentendo la responsabilità per il presente e per il futuro delle nostre Chiese e nazioni, e guidati dalla sollecitudine pastorale, a nome della Chiesa cattolica in Polonia e della Chiesa ortodossa russa, ci rivolgiamo con la parola della riconciliazione ai fedeli delle nostre Chiese, alle nostre nazioni e a tutti gli uomini di buona volontà.
Confessando la verità che Gesù Cristo è la nostra pace e la nostra riconciliazione (cf. Ef 2, 14, Rom 5, 11), e consapevoli della vocazione che ci è stata affidata in spirito del Vangelo di Cristo, desideriamo dare il nostro contributo all’opera di ravvicinamento delle nostre Chiese e di riconciliazione dei nostri popoli.
I. Il dialogo e la riconciliazione
I nostri popoli fratelli sono uniti non solo dal secolare vicinato, ma anche da una ricca eredità cristiana orientale e occidentale. Consapevoli di questa lunga comunanza storica e della tradizione che sorge dal Vangelo di Cristo, che aveva influenzato la nostra identità, fisionomia spirituale e la cultura delle nostre nazioni, come anche di tutta l’Europa, entriamo sul sentiero di un sincero dialogo nella speranza che contribuisca a sanare le ferite del passato, che aiuti a superare i reciproci pregiudizi e incomprensioni e che ci rafforzi nella ricerca di riconciliazione.
Il peccato, che è la fonte principale di tutte le divisioni, la debolezza umana, l'egoismo individuale e collettivo ma anche le pressioni politiche portavano all’alienazione reciproca, all’aperta ostilità, e anche alla lotta tra le nostre nazioni. In seguito alle simili circostanze si è verificata prima la dissoluzione dell'originale l'unità cristiana. Divisioni e scissione, contrarie alla volontà di Cristo, sono diventate un grande scandalo e perciò intraprendiamo i nuovi sforzi per ravvicinare le nostre Chiese e nazioni, e per renderci testimoni più credibili del Vangelo verso il mondo contemporaneo.
Dopo la seconda guerra mondiale e dopo le dolorose esperienze dell’ateismo imposto alle nostre nazioni, entriamo oggi sulla via del rinnovamento spirituale e materiale. Perché questa direzione rimanga stabile, deve prima di tutto verificarsi il rinnovamento dell'uomo, e tramite l'uomo – il rinnovamento delle relazioni tra Chiese e nazioni.
Il dialogo fraterno è la via che conduce a questo rinnovamento. Il dialogo deve aiutare a conoscerci meglio, a ristabilire la fiducia reciproca e così portare alla riconciliazione. La riconciliazione invece suppone anche la prontezza a perdonare le offese e le ingiustizie subite. A questo ci obbliga la preghiera: Padre nostro (…) rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.
Facciamo appello ai nostri fedeli affinché chiedano il perdono per le offese, le ingiustizie, e per tutto il male inflitto reciprocamente. Siamo convinti che questo è il primo e il più importante passo per ricostruire la reciproca fiducia, senza la quale non è possibile nessuna comunità umana duratura, né la piena riconciliazione.
Ovviamente, perdonare non significa dimenticare. La memoria infatti è una parte essenziale della nostra identità. La dobbiamo anche alle vittime del passato che hanno sofferto e hanno donato la loro vita per la fedeltà a Dio e alla patria terrena. Tuttavia, perdonare vuol dire rinunciare alla vendetta e all'odio e partecipare alla costruzione della concordia e della fratellanza tra gli uomini, tra i nostri popoli e paesi il che costituisce il fondamento per un futuro di pace.
II. Il passato in prospettiva del futuro
Le tragiche esperienze del XX-mo secolo hanno colpito più o meno fortemente tutti i paesi e popoli dell’Europa. Le hanno dolorosamente subito i nostri paesi, nazioni e Chiese. I popoli polacco e russo sono uniti dall’esperienza della seconda guerra mondiale e del periodo di repressioni causate da regimi totalitari. Questi regimi motivati dall'ideologia atea, combattevano tutte le forme di religiosità e conducevano una guerra particolarmente crudele contro il cristianesimo e contro le nostre Chiese. Sono stati sacrificati milioni di persone innocenti e lo ricordano innumerevoli luoghi di sterminio e di sepoltura sulla terra polacca e russa.
Gli avvenimenti della nostra storia comune, spesso difficile e tragica, generano a volte pretensioni e accuse reciproche che non permettono di guarire alle vecchie ferite.
Un’oggettiva conoscenza dei fatti e la presentazione delle dimensioni delle tragedie e drammi del passato diventano ora un urgente compito degli storici e degli specialisti. Con riconoscenza seguiamo le attività delle competenti commissioni e dei gruppi di lavoro nei nostri paesi. Siamo convinti che i loro sforzi aiuteranno a conoscere la verità storica non falsificata e aiuteranno a chiarire i dubbi, e a superare i negativi stereotipi. Siamo convinti che una riconciliazione duratura, come fondamento per un futuro pacifico è possibile soltanto sulla base della piena verità sul nostro passato comune.
Facciamo appello a tutti che desiderano il bene, la pace duratura e un futuro felice: ai politici, agli attivisti sociali, agli scienziati, alla gente di cultura e dell'arte, ai credenti e ai non credenti, ai rappresentanti delle Chiese – intraprendete incessantemente i vostri sforzi in favore del dialogo, sostenete tutto ciò che rende possibile la ricostruzione della fiducia reciproca, avvicina le persone e permette di costruire un futuro pacifico dei nostri paesi e popoli, senza la violenza e guerra.
III. Insieme di fronte alle nuove sfide
In seguito ai cambiamenti politici e sociali verso la fine del 20-mo secolo le nostre Chiese hanno ottenuto la possibilità di svolgere la loro missione evangelizzatrice, e quindi anche di formare le nostre società sulla base dei tradizionali valori cristiani. Nella storia il cristianesimo ha dato un contributo enorme alla formazione della fisionomia spirituale e della cultura delle nostre nazioni. Anche oggi, nel epoca della indifferenza religiosa e della progressiva secolarizzazione, cerchiamo di impegnarci in ogni modo, affinché la vita sociale e la cultura dei nostri popoli non venga privata dei fondamentali valori morali senza i quali non esiste un futuro di pace duratura.
Il primo e più importante compito della Chiesa di tutti i tempi continua a rimanere la proclamazione del Vangelo di Cristo. Tutti i cristiani, non solo il clero, ma anche i fedeli laici sono chiamati a proclamare il Vangelo del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo e a portare la Buona Novella con la parola e con la testimonianza della propria vita sia nell’ambito privato, familiare sia in quello sociale.
Riconosciamo l'autonomia dell'autorità civile ed ecclesiastica, ma anche ci dichiariamo a favore della collaborazione nel campo della sollecitudine per la famiglia, per l'educazione, l'ordine sociale e in altre questioni importanti per il bene della società. Vogliamo rafforzare la tolleranza e soprattutto vogliamo difendere le libertà fondamentali, in primo luogo la libertà religiosa e il diritto alla presenza della religione nella vita pubblica.
Oggi i nostri popoli stanno di fronte alle nuove sfide. Sotto il pretesto dell’osservanza del principio di laicità o della difesa della libertà vengono messi in questione i fondamentali principi morali basati sul Decalogo. Si promuove l'aborto, l'eutanasia, unioni di persone dello stesso sesso, che si cerca di presentare come una delle forme di matrimonio, si promuove uno stile di vita consumistico, si rifiuta i valori tradizionali e rimuove dalla sfera pubblica i simboli religiosi.
Non di rado ci incontriamo pure con manifestazioni di ostilità verso Cristo, suo Vangelo e verso la Croce, e anche con i tentativi di escludere la Chiesa dalla vita pubblica. La laicità falsamente intesa prende la forma di fondamentalismo, e di fatto è una delle forme dell’ateismo.
Invitiamo tutti a rispettare l’inalienabile dignità di ogni uomo creato a immagine e somiglianza di Dio (Gn 1, 27). In nome del futuro delle nostre nazioni ci dichiariamo a favore del rispetto e della difesa della vita di ogni essere umano, dal momento di concepimento fino alla morte naturale. Riteniamo che un peccato grave contro la vita e disonore della civiltà moderna sia non solo il terrorismo e i conflitti armati, ma anche l'aborto e l'eutanasia.
La famiglia intesa come una stabile relazione tra l’uomo e la costituisce un duraturo fondamento di ogni società. La famiglia come l’istituzione fondata da Dio (cf. Gn 1, 28; 2, 23-24), esige rispetto e difesa. Essa infatti è la culla della vita, un sano ambiente educativo, garante di stabilità sociale e segno di speranza per la società. Proprio in famiglia matura l’uomo responsabile per se stesso, per gli altri e per la società in cui vive.
Con sincera sollecitudine, speranza e amore guardiamo ai giovani, che desideriamo proteggere dalla demoralizzazione ed educare nello spirito del Vangelo. Vogliamo insegnare ai giovani di amare Dio, l'uomo e la patria terrena e formare in loro lo spirito della cultura cristiana, di cui frutto saranno rispetto, tolleranza e giustizia.
Siamo convinti che Cristo Risorto sia la speranza non solo per le nostre Chiese e le nostre nazioni, ma anche per l'Europa e il mondo intero. Possa Egli con la Sua grazia far sì, che ogni polacco in ciascun russo e ogni russo in ciascun polacco veda un amico e fratello.
Sia i polacchi che i russi nutrono una profonda devozione alla Beata Vergine Maria. Confidando nell’intercessione della Madre di Dio, raccomandiamo alla sua protezione la grande opera della riconciliazione e di riavvicinamento delle nostre Chiese e delle nostre nazioni. Richiamando le parole dell’Apostolo Paolo: E la pace di Cristo regni nei vostri cuori (Col 3,15), benediciamo tutti nel nome del Padre e del Figlio, e dello Spirito Santo.
+ Józef Arcivescovo Michalik Metropolita di Przemyśl
+ Kirill I Patriarca di Mosca e di tutte le Russie
Varsavia, il 17 agosto 2012

venerdì 17 agosto 2012

il Card. Koch alle prese con Lutero: prima lo addita come eretico poi lo mette sull'altare

La logica del Cardinal Koch.
Un caso preoccupante
di Alipio de Monte


 
Introduzione di Dante Pastorelli
Ho scritto altrove che i cardinali, specie quelli che occupan alte cariche della S. Sede, dovrebbero esporsi di meno con dichiarazioni superficiali che alla fine non tornano a favore della loro serietà e della credibilità delle istituzioni che rappresentano, mentre farebbero meglio a pregar di più, ed anche a studiar di più. E, dopo la lettura delle dichiarazioni di S. Em.za K. Koch riportate dall'Osservatore Romano del 3 agosto [lo trovate a pag. 6, mentre noi ne avevamo parlato qui], oltre a quest'auspicio avanzavo alcune osservazioni critiche, molto semplici, da povero fedele, anche sotto forma di domanda.
  1. Il paragone Trento-Vaticano II non regge. Il fatto che il concilio di Trento non abbia pubblicato costituzioni ma solo decreti – i quali nell'ultimo concilio si differenzian per valore dalle costituzioni – notavo, è irrilevante: questi decreti sono poi stati sintetizzati in canoni in cui si afferma ed impone la retta dottrina e si condanna l'errore. Ed è proprio ciò che manca al Vaticano II: la sicurezza circa l'infallibilità dei documenti, in tutto o in parte che i canoni di un concilio dogmatico garantiscono. Ma non c'è più sordo di chi non vuol sentire. Eppure il card. Ratzinger ebbe esplicitamente a sostenere che l'ultima assise ecumenica, in quanto pastorale, si poneva ad un livello più modesto rispetto ai grandi concili dogmatici. Ma tant'è. Prevale il vano affannarsi a far del Vaticano II la summa di tutta la Rivelazione, nei due suoi due canali, Sacra Scrittura e Sacra Tradizione, e di tutto il Magistero infallibile, straordinario e ordinario. Seconda Pentecoste, nuova nascita della Chiesa. O nascita di una nuova Chiesa?
  2. Il ritrovar in Lutero la scaturigine delle critiche rivolte ad alcuni documenti del Vaticano II o a singole proposizioni d'essi da grandi teologi e storici di radicata dottrina cattolica e, talora con evitabile asprezza, da membri della Fraternità S. Pio X, è frutto o d'ignoranza o di malafede dettata da una nota posizione ideologica riaffermata con forza degna di miglior causa. E qui dobbiamo riconoscer la carenza di cultura, dando per scontata la buona fede?
  3. Ove si considerino “con occhio chiaro e con affetto “puro” tali osservazioni critiche, e nel loro contenuto e nel metodo con cui sono state elaborate e nei fini a cui tendono, appare assolutamente privo di qualsiasi consistenza, anche ad un lettore appena appena informato, il raffronto instaurato tra Lutero e gli studiosi del Vaticano II che ne metton in risalto errori o equivoci teologici ed espositivi.

    Il protestantesimo in tutte le sue forme ha distrutto pressoché totalmente la base sacramentaria della Chiesa, ha negato la sua divina costituzione gerarchica, ha negato Verità definite una volta per tutte: a queste eresie Trento ha risposto puntualmente e puntigliosamente in modo solenne a salvaguardia dell'integrità della nostra Fede.

    Lutero coi suoi discepoli e sodali, ha allontanato dalla Chiesa un enorme numero di stati e popoli ponendo a rischio la salvezza di milioni e milioni di anime. Ora, si posson riscontrar nei teologi e storici che hanno analizzato o continuano ad analizzar gli esiti del Vaticano II (cito solo i primi che mi vengon in mente: Gherardini, Pasqualucci, de Mattei, Spadafora, Lanzetta, ma il coro s'arricchisce via via di voci interessanti anche per la diversa angolazione delle loro esegesi) e nella Fraternità S. Pio X questi orrori, questi disastri, questi delitti contro la Chiesa e quindi contro Dio e contro la societas cristiana? Quali Verità negano questi eccellenti autori, quali Verità mai nega la Fraternità?

    Soffermandomi un attimo proprio sulla S. Pio X, la cui posizione è già ben distinta da quella dei professori di cui sopra per l'irregolarità canonica in cui si trova a seguito delle consacrazioni episcopali del 1988, la critica portata ad alcuni documenti conciliari, su cui oltretutto c'è ancora un dialogo in corso, è sia pur lontanissimamente paragonabile al massacro della Verità perpetrato da Lutero, Calvino e scudieri d'eresia? Il fine della Fraternità è quello di divider la Chiesa o di promuover un approfondito dibattito per far risplendere in tutta la sua luminosità la nostra Fede in cui esser confermati dal Papa e dalla Gerarchia ?
  4. Infine, se un vescovo, che Benedetto XVI ha addirittura posto a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, e che vivamente spero venga illuminato dallo Spirito Santo nell'esercizio della sua delicatissima funzione, ha affermato, con faciloneria e contro la dottrina cattolica, che fan parte della Chiesa tutt'i battezzati benché eretici e scismatici, perché la Fraternità S. Pio X, se è, come lui pensa, scismatica e magari eretica, non dovrebbe far parte del Corpo Mistico insieme a tutti gli altri eretici e scismatici? A maggior ragione, anzi, dovrebbe farne parte perché scismatica ed eretica, a meditato avviso di illustri porporati - Palazzini, Thiandoum, Cassidy, Castillo Llara, Castrillon, Oddi ecc. - non lo è.
Questo scrivevo il 3 Agosto.
Ora mi perviene quest'analisi del dotto quanto equilibrato Alipio de Monte, di cui abbiamo pubblicato altri importanti interventi tra i quali: “Tra suppliche e appelli” e “È proprio questa la Chiesa Cattolica? Note in margine ad un volume del card. W. Kasper”. Da par suo esamina l'articolo del card. Koch, rilevandone i gravi limiti di cultura specifica e di coerenza logica.
In attesa che esca sul mio bollettino “Una Voce Dicentes” affido quest'intervento a blogs amici perché raggiunga il maggior numero possibile di lettori.
Dante Pastorelli

La logica del Cardinal Koch.
Un caso preoccupante
A leggere le dichiarazioni rilasciate dall’Em.mo Card. Kurt Koch, prefetto del Consiglio per l’unità dei cristiani, all’agenzia Apic-Kipa (L’Osserv. Rom., 3 agosto [pag.6]), nasce il sospetto che fra l’eminentissimo personaggio e la logica ci sia un fatto personale. Il Cardinale vorrebbe rispondere in maniera pertinente all’ormai ampia e variegata critica conciliare; ci si prova, a dire il vero, ma con evidente esito contraddittorio. Non tenendo conto dell’articolato ventaglio in cui la detta critica si specifica senza mai diventare per questo né opposizione né prevenzione, si preoccupa di far capire a chi giudica che il Vaticano II sia stato un errore, o che qualche errore abbia insegnato, la colorazione protestante di un tale giudizio e la sua origine da Lutero. Se lo dice lui!
Quando salì sulla rocca vaticana per guidare il suddetto Consiglio, lo accompagnava la fama di uomo in situazione limite. Era l’uomo del dialogo ecumenico, che aveva tessuto una fitta rete di rapporti tra gli eredi della Riforma e le posizioni conciliari e postconciliari della Chiesa cattolica, trovandone facilmente la sintesi nella figura e nell’opera teologica di Martin Lutero. Erano queste le benemerenze che lo avevano emblematicamente collocato ai vertici di un dialogo mai venato da qualche strascico polemico e sempre pronto al riconoscimento bilaterale di Lutero “nostro comune padre nella fede”. Lutero era, dunque, per lui, così come ovviamente per ognuno degli attuali epigoni della Riforma, la cerniera sulla quale si saldava nuovamente l’infranta comunione ecclesiale. Chi l’avesse infranta e perché, non era determinante; tale era invece la saldatura dell’unità nel nome di Lutero.

Non consta che, pur non estraneo all’ambiente accademico, K. Koch brillasse per qualche monografia di alta scientificità teutonica sul grande Riformatore tedesco. Brillava, però, di infaticato impegno pastorale nel ricondurre e riproporre Lutero all’attenzione del mondo cattolico, nonostante che proprio M. Lutero, specie dal 1520 in poi, se ne fosse sdegnosamente ed acrimoniosamente distaccato. Come se l’articulus stantis et cadentis ecclesiae – cioè la giustificazione per la sola fede senza le opere – fosse una bazzecola, laddove lo stesso Lutero ne faceva una questione di vita o di morte, K. Koch profittò dell’inspiegabile rilettura che ne ripropose proprio la Chiesa cattolica in consonanza con la tradizione luterana per continuare a rilanciare il nome, l’autorità e l’attuale validità del padre della Riforma.
Evidentemente il Lutero così appassionatamente rilanciato in fase dialogante non era quello che un pur modesto Lutherforscher conosce dallo studio della Weimarana e dalle più accreditate ricostruzioni storico-scientifiche, tedesche e non solo tedesche, della vicenda del Riformatore. Era un Lutero artefatto, ricostruito sulle esigenze del dialogo ecumenico, spogliato di ogni possibile motivo di contrapposizione teologica ed irenicamente valutato.
Ora, però, chissà per quale improvviso ed inspiegabile transfert il nome di Lutero viene pronunciato non in segno di ammirazione e di richiamo al riscoperto valore delle sue posizioni, bensì nel segno della vecchia e bieca condanna: chi abbina errore e Vaticano II ripete la posizione ereticale di Lutero ed incorre nella sua stessa condanna. Se non che l’illuminante dichiarazione dell'eminentissimo personaggio non si ferma qui. Poiché la lingua batte dove il dente duole, passa di nuovo e disinvoltamente dall’immagine del Lutero ribelle, e come tale scomunicato, a quella del campione e modello nella fede e come tale meritevole dell’omaggio che, nel 2017, Chiesa cattolica e Federazione Luterana Mondiale già stanno alacremente preparando insieme. Ma allora, Eminenza, sa almeno lei a quale Lutero intende riferirsi? La sua prosa non brilla per linearità, coerenza e logica ed io che sul Vaticano II ho qualche seria riserva vorrei proprio sapere da Lei se mi rapporta al Lutero dell’Unam sanctam o a quello delle non lontane celebrazioni centenarie.
Che il suo periodare manchi di trasparenza e si risolva in un modello di superficialità è documentato dalla sua dichiarazione, nella quale tutto il fermento critico-scientifico, finalmente sviluppatosi attorno all’ultimo Concilio come premessa ineludibile di una sua obiettiva ermeneutica, è liquidato con un vago e generico riferimento ai “critici del Concilio”: a quali, visto che in cinquant’anni se ne son visti di tutti i colori e tutte le gradazioni? Si sofferma di preferenza sul rilievo di qualche errore, ma nessuno riesce a capire l’oggetto del suo rilievo; non c’è studioso che non abbia premesso le coordinate di un Concilio ecumenico in quanto tale e non ne abbia preso spunto per qualche rispettosa osservazione critica al Vaticano II; lei risponde con l’appiattimento di tutti sulla figura di Lutero, rimanendo peraltro a mezza strada fra l’ex agostiniano ribelle e “il novello Apostolo delle genti”. Evidentemente non entusiasta che qualcuno esprima valutazioni positive sul Concilio di Trento o sul Vaticano I, instaura un risibile confronto fra Tridentino e Vaticano II, fra i pochi decreti dell’uno e la mole dei 16 documenti dell’altro. Giustifica l’ecumenismo dichiarandolo “un tema non secondario” e basandolo sulla Lumen Gentium unitamente a Nostra aetate e ad altri documenti: cioè, giustificando, come da cinquant’anni, il Vaticano II col Vaticano II. Insomma, la sua dichiarazione è talmente priva di una condivisibile linea di coerenza e perfino di logica, che suscita davvero il sospetto inizialmente accennato. Ma più grave di esso è il sospetto che gli sta a monte: in quale rapporto pone le cose di cui parla e l’unità della fede e della tradizione cattolica?

Vedi precedenti sul card. Koch e anche sulla questione ebraica: [1] - [2] - [3] - [4] - [5] - [6] - [7]

giovedì 16 agosto 2012

Per la contraddizion che nol consente… vescovi della Chiesa cattolica, mettetevi d'accordo!

“Il numero dei preti e dei religiosi che si separeranno dalla vera religione sarà grande; fra queste persone vi saranno anche dei vescovi. La Chiesa subirà una crisi spaventosa. Si vedrà l'abominio nei luoghi santi; nei conventi i fiori della Chiesa saranno putrefatti e il demonio diventerà come il re dei cuori. Il demonio userà tutta la sua malizia per introdurre negli ordini religiosi delle persone dedite al peccato. Alcuni sacerdoti con la loro cattiva vita diventeranno delle cloache d'impurità, e le loro colpe cadranno come dei colpi di mannaia sull’intera Chiesa. Il Santo Padre soffrirà molto. I cattivi attenteranno a lui diverse volte, tentando di colpirlo in ogni modo.” (Messaggio di La Salette)

 

tratto da http://www.unavox.it/FruttiPostconcilio/NuoviPreti/Mons-Machado.html


LO STATO PIETOSO
DI CERTA GERARCHIA CATTOLICA MODERNA


Il caso di un vescovo brasiliano

Mons. Paulo Sérgio Machado



Riportiamo il breve testo dell’editoriale del Bollettino della Comunidade Servos do Cristo Redendo, di Araraquara, nella diocesi di São Carlos, nello Stato di San Paolo, in Brasile, firmato dal vescovo del luogo, Dom Paulo Sérgio Machada (anno XIX, n. 940, del 31marzo 2012) .
Lo riportiamo, non tanto perché parla e sparla della liturgia tradizionale, quanto per come lo fa, dimostrando una povertà intellettuale e una formazione cattolica che, forse, farebbero bella figura in un cortile da allegre comari, ma che sono squalificanti per un supposto Successore degli Apostoli. Che i vescovi moderni disprezzino la Tradizione, è un fatto che non meraviglia più nessuno, ma che molti di essi non siano neanche capaci di farlo decentemente, è cosa che avvilisce, non tanto per loro stessi, visto che il disprezzo della Tradizione e la limitazione mentale e spirituale sono sinonimi, quanto per il pericolo che corrono le anime che sono state affidate alla loro cura dalla moderna Chiesa conciliare, che dimostra di essere più preoccupata di svuotare l’Inferno che di riempire il Paradiso.
Qualcuno, un po’ snob, potrebbe chiedersi come mai ci preoccupiamo di un povero vescovo di periferia e noi risponderemmo ponendo sempre la stessa domanda che ci facciamo da 40 anni: ma chi l’ha fatto vescovo questo poveretto?
Noi no! Il Vaticano sì!
Ma vediamo cosa blatera questo pover’uomo.
Ritorno al Medio Evo

Non riesco a comprendere come, in pieno XXI secolo, esistano persone che vogliono il ritorno della Messa in latino, con il prete celebrante che “volge le spalle al popolo” e che utilizza i pesanti paramenti “romani”. Quest’anno celebriamo i cinquant’anni dell’apertura del Concilio Vaticano II e mentre sentiamo il bisogno di realizzare un Vaticano III, ecco che troviamo gente che vuole tornare al passato.
E quello che è più preoccupante è che queste persone hanno frequentato l’Università, sono entrate all’Università, ma l’Università non è entrata in loro. Penso che sia giunto il momento per i nostri scienziati di inventare un apparecchio per “aprire le teste”. Il “decongestionante” è ormai più che superato, soprattutto perché queste persone non realizzano che si trovano “fuori gioco”, “fuori tempo”. Esse vogliono ritornare ad ogni costo al passato. Vivono di miracoli e di apparizioni, di devozioni e di storie strappalacrime.
Immaginiamo un prete che celebra in latino in una piccola cappella rurale. “Dominus vobiscum”. “Et cum spiritu tuo”. La nostra gente semplice penserà che il prete è matto o quantomeno che sta imprecando. Mi ricordo di quand’ero bambino, quando la messa era in latino. Le pie donne, non comprendendo nulla pregavano il rosario. Non ho niente contro il rosario – per inciso io recito il rosario tutti i giorni – ma il rosario è una preghiera, non una celebrazione.
Manca solo che si torni a difendere i famosi “veli” che coprivano le teste delle donne. E io mi chiedo: perché non gli uomini? Sarebbe bello vedere gli uomini con i “veli merlettati”. Difficile sarebbe trovarne di disposti a usarli. Tranne qualche “sbandato” che va in giro con la pretesa di insegnare il padre nostro al vicario.
Ma la domanda rimane: cosa c’è dietro? Nostalgia? Penso di no. C’è di più: un desiderio morboso, una paura del nuovo. Un’avversione al cambiamento. Quello che potremmo chiamare, per usare un’espressione francese, “laissez faire, laissez passer”, un “lascia fare per vedere come finisce”. È il tentativo di mantenere lo “status quo”, anche se di questo “status quo” beneficia solo a una mezza dozzina. E gli altri, che vadano al diavolo.
Per questi puritani l’inferno è pieno di gente, quando in verità quello che è pieno è il cielo, perché Dio vuole la salvezza di tutti. E non solo di una minoranza moralista che vede il peccato dappertutto e per la quale il diavolo è più potente di Dio.
“Aprite i vostri cuori e non le vostre vesti”, dice il profeta. Gente che si preoccupa di nettare le coppe e calici e non le menti e i cuori. È la vecchia posizione dei farisei – che anche oggi sono in tanti – che criticavano Gesù che guariva di sabato. Mi viene in mente la storia di una persona che, avendo inteso la notizia che Giovanni aveva assassinato Pietro il venerdì santo, disse: “perché non ha aspettato a farlo sabato?”. Per questa persona la cosa più importante era il giorno.
Termino citando due pensieri che fanno riflettere. “Il passato è una lezione da meditare, non da riprodurre” (Mario de Andrade – autore di Macunaíma); “Dall’altare del passato, cogli il fuoco, non le ceneri (Jean Jures – capo socialista francese).

Dom Paulo Sérgio Machada – Vescovo di São Carlos
Intanto si dichiara a favore di un Vaticano III, convinto com’è che il Vaticano II non sia riuscito a fare tutti i disastri che questa gente si aspettava. E non si tratta dell’idea di un piccolo innocuo prelato di provincia, perché anche il vescovo della più grande diocesi del mondo, un certo Carlo Maria Martini, in quel di Milano, la pensa allo stesso modo, senza contare tanti monsignori di Curia.
Da buon progressista, poi, auspica un intervento della scienza moderna per mettere a posto la testa di quei testoni di cattolici fedeli alla Tradizione. A conferma che il metodo staliniano di rinchiudere in manicomio i “nemici della rivoluzione” è sempre in cima ai pensieri di questi nuovi preti della nuova Chiesa conciliare.
Sorvoliamo, ovviamente, sugli altri luoghi comuni da quattro soldi, perché parlano da soli della brillantezza della mente di questo tizio, che probabilmente avrà esagerato con la brillantina fino a farsela penetrare nella cute della “cabeça” e a inondare il cervello; e andiamo alle due citazioni finali.

La prima è di un autore brasiliano dei primi del secolo scorso, noto per il suo avanguardismo progressista, a riprova che questi supposti cattolici non è alla Sacra Scrittura che si abbeverano, ma alla mala letteratura moderna, la cui origine e il cui scopo sono semplicemente la distruzione della vera religione di Cristo.
La seconda è di un “capo socialista francese”, cioè di uno di quei personaggi che, come tutti i cattolici sanno, hanno sostituito i Padri della Chiesa nella formazione culturale dei nuovi preti della nuova Chiesa.


E non ci si venga a dire che esageriamo, poiché è noto a tutti che uno di questi nuovi preti che citano più i pensatori moderni che i Padri della Chiesa, il Papa lo ha espressamente voluto in Vaticano con incarichi importanti… niente nomi, per carità cristiana!

Che dire?
Innanzi tutto pregare, pregare sempre, perché il Signore salvi la Chiesa dalle conseguenze delle colpe degli uomini della Chiesa.Poi, non desistere mai dalla battaglia per la difesa della Tradizione e della Vera Religione di Cristo, contro il modernismo e la falsa religione dell’uomo instaurate nella Chiesa dal Vaticano II.

Sedes Sapietiae, ora pro nobis.

mentre tratto da: http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2012/08/vescovo-americano-chiede-ai-suoi.html


Vescovo americano chiede ai suoi seminaristi di imparare l'usus antiquior

Leggo da Tradinews:

Lo apprendiamo dal blog del celebre Father Zuhlsdorf. Mentre i vescovi tutt'al più talvolta celebrano la messa di rito romano nella sua forma extraordinaria soltanto nel quadro di cerimonie eccezionali (ad esempio Confermazioni), il vescovo di Madison, negli Stati Uniti, Mons. Robert C. Morlino, ha celebrato questa forma davanti ai 32 séminaristes della sua diocesi.

Se egli ha celebrato questa messa, antica e venerabile, non è soltanto per offrire un corso dal vivo di storia liturgica, e neppure per dar loro modo di vivere almeno una volta nella loro vita l'esperienza della messa tradizionale. No, la fatica di Mons. Morlino va più lontano. Egli ha esplicitamente dichiarato ai suoi seminaristi che si augurerebbe che tutti imparassero a celebrare questa forma prima di ricevere il sacramento dell'Ordine. Non si tratta evidentemente di fare dei suoi seminaristi dei preti che celebrano esclusivamente l’usus antiquior, benché sia ragionevole pensare che alcuni possano diventare « exclusivisti » dopo aver gustato le ricchezze dottrinali, spirituali e liturgiche di questo venerabile rito.

In sostanza, con l'ordinario di Madison abbiamo un vescovo che esprime chiaramente il suo auspicio che la messa tradizionale sia appresa e compresa e che serva come modello di messa cattolica, anche per la celebrazione della forma ordinaria. Ma, unendo egli stesso il gesto alla parola ha dato l'esempio celebrando questo rito davanti ai preti di domani. Mons. Morlino non è soltanto il vescovo di Madison, è un modello per i vescovi del mondo intero. Che potrebbero ben intraprendere la stessa via…




martedì 14 agosto 2012

Gloriosa Virgo in Caelos Ascendit

Gloriosa Virgo in Caelos Ascendit 




"A questo mondo senza pace, martoriato dalle reciproche diffidenze, dalle divisioni, dai contrasti, dagli odi, perchè in esso è affievolita la fede e quasi spento il senso dell'amore e della fraternità in Cristo, mentre supplichiamo con tutto l'ardore che l'Assunta segni il ritorno del calore d'affetto e di vita nei cuori umani, non Ci stanchiamo di rammentare che nulla mai deve prevalere sul fatto e sulla consapevolezza di essere tutti figli di una medesima Madre, Maria, che vive nei cieli, vincolo di unione per il Corpo mistico di Cristo, quale novella Eva, e nuova madre dei viventi, che tutti gli uomini vuol condurre alla verità e alla grazia del suo Figlio divino."

- SS Pio XII durante il rito della solenne definizione Dogmatica dell'Assunzione della Beatissima Vergine Maria in Anima e in Corpo al Cielo

lunedì 13 agosto 2012

Devozione Cosmica? No! Solo insipienza e blasfemia.


Ci è stata segnalata la messa in vendita di uno zaino della Eastpak, uno dei marchi che oggi va per la maggiore, che ci ha lasciato attoniti. Si tratta, come potete vedere dalla foto, di un tipico esempio di mancanza del più elementare rispetto per le immagini sacre cristiane.
Chiediamo a tutti i siti di ispirazione cattolica di farsi promotori di un boicottaggio dei prodotti Eastpak finché tale prodotto non viene tolto dal mercato e non vengono prodotte delle scuse adeguate.

Notate che Nostro Signore è stato vestito con una tutta spaziale, la Madonna con gli ochiali da sole e San Giuseppe con un barretto da baseball! Hanno persino dato un titolo a questo zaino: 'cosmic devotion': una devozione cosmica. Qui di cosmico c’è poco, di comico l’imbecillità di chi ha avuto un tale colpo di ingegno. Scandaloso sarebbe invece il silenzio dei cristiani che con questo post rompiamo e invitiamo a rompere.
Ricordino i signori della Ditta sunnominata, che si beffano di Lui e Lo bestemmiano, che “Deus non irridetur. Quae enim seminaverit homo, haec et metet” (Dio non si irride. Quello che l'uomo semina, raccoglierà, lettera ai Galati, 6,7).  

domenica 12 agosto 2012

io temo....?




"Io temo che il Cristianesimo sia tentato di trascurare l'essenziale, di voltarsi verso il mondo, verso il successo collettivo, verso la quantità e non verso la qualità pura. Ma ricordo ciò che mi diceva Bergson: la qualità è la quantità del domani?" (Jean Guitton)


I modernisti ce l'hanno fatta a mettere in pratica la lezione di Bergson e Dio l'ha misteriosamente permesso. I cattolici non ce la faranno? Con l'aiuto di Dio e della Sua Santa Madre ce la faremo a sconfiggere il dragone infernale.