giovedì 13 giugno 2019

“La Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Tim 3, 15)


Dichiarazione sulle verità riguardanti alcuni degli errori più comuni  nella vita della Chiesa nel nostro tempo

“La Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Tim 3, 15)


I fondamenti della fede
1. Il senso corretto delle espressioni “tradizione vivente”, “Magistero vivente”, “ermeneutica della continuità” e “sviluppo della dottrina” include la verità che qualunque nuova comprensione del deposito della fede non può essere contraria a quanto la Chiesa ha sempre proposto nello stesso dogma, nello stesso senso e nello stesso significato (cfr. Concilio Vaticano I, Dei Filius, 3, cap. 4, "in eodem dogmate, eodem sensu, eademque sententia").
2. Il significato delle formule dogmatiche nella Chiesa “rimane sempre vero e coerente, anche quando è maggiormente chiarito e meglio compreso”. Quindi è sbagliato sostenere: primo, “che le formule dogmatiche (o qualche categoria di esse) non possono manifestare la verità determinatamente, ma solo delle sue approssimazioni cangianti, che sono, in certa maniera, deformazioni e alterazioni della medesima”; secondo, “che le stesse formule, inoltre, manifestano soltanto in modo indefinito la verità, la quale deve essere continuamente cercata attraverso quelle approssimazioni”. Quindi, “chi la pensasse così, non sfuggirebbe al relativismo dogmatico e falsificherebbe il concetto d’infallibilità della Chiesa, relativo alla verità da insegnare e ritenere in modo determinato” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Mysterium Ecclesiae circa la dottrina cattolica sulla Chiesa per difenderla da alcuni errori d’oggi, 5).

Il Credo

3. “Il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, non è di questo mondo, la cui figura passa; e la sua vera crescita non può esser confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all’amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini. (…) L’intensa sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in Lui, unico loro Salvatore. Tale sollecitudine non può mai significare che la Chiesa conformi sé stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l’ardore dell’attesa del suo Signore e del Regno eterno” (Paolo VI, Lettera apostolica Solemni hac liturgia -Credo del Popolo di Dio-, 27). È quindi erronea l’opinione di chi afferma che Dio è glorificato principalmente dal progresso delle condizioni temporali e terrene dell’umanità.

4. Dopo l’istituzione della Nuova ed Eterna Alleanza in Gesù Cristo, nessuno può essere salvato soltanto mediante l’obbedienza alla legge di Mosè, senza avere fede in Cristo come vero Dio e unico Salvatore dell’umanità (cfr. Rm 3,28; Gal 2,16).

5. I musulmani e tutti quelli che non hanno fede in Gesù Cristo, Dio e uomo, anche se monoteisti, non possono rendere a Dio la stessa adorazione dei cristiani, cioè il culto soprannaturale in Spirito e Verità (cfr. Gv 4,24; Ef 2,8) di quanti hanno ricevuto lo Spirito di adozione filiale (cfr. Rom 8,15).

6. Le spiritualità e religioni che promuovono qualsiasi tipo di idolatria o panteismo non possono essere considerate né come “semi” né come “frutti” del Verbo Divino, poiché si tratta di inganni che precludono l’evangelizzazione e la salvezza eterna dei loro aderenti, come insegna la Sacra Scrittura: “in loro, increduli, il dio di questo mondo ha accecato la mente, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio” (2 Cor 4,4).

7. Secondo il vero ecumenismo i non cattolici devono entrare in quella unità che la Chiesa Cattolica già possiede in modo indistruttibile in virtù della preghiera di Cristo, sempre ascoltata dal Padre, “affinché siano una cosa sola” (Gv 17,11), e che si professa nel Simbolo della Fede: “Io credo in una Chiesa”. L’ecumenismo, quindi, non potrebbe legittimamente avere come scopo l’istituzione di una Chiesa unificata che non esiste ancora.

8. L’inferno esiste e coloro che vi sono condannati per qualsiasi peccato mortale senza pentimento sono eternamente puniti dalla giustizia divina (cfr. Mt 25,46). Secondo l’insegnamento della Sacra Scrittura, non solo gli angeli caduti, ma anche le anime umane sono dannate eternamente (cfr. 2 Ts 1,9; 2 Pt 3,7). Inoltre, gli esseri umani eternamente dannati non saranno annientati, dal momento che le loro anime sono immortali secondo l’insegnamento infallibile della Chiesa (cfr. V Concilio Lateranense, sess. 8).

9. La religione nata dalla fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato e l’unico Salvatore dell’umanità, è l’unica religione, voluta positivamente da Dio. È opinione sbagliata affermare che, così come Dio vuole positivamente la diversità dei sessi maschile e femminile e la diversità delle nazioni, vuole anche la diversità delle religioni.

10. “La nostra religione [cristiana] instaura effettivamente con Dio un rapporto autentico e vivente, che le altre religioni non riescono a stabilire, sebbene esse tengano, per così dire, le loro braccia tese verso il cielo” (Paolo VI, Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, 53).
11. Il dono del libero arbitrio con cui Dio Creatore ha dotato la persona umana conferisce all’uomo il diritto naturale di scegliere solo il bene e la verità. Nessuna persona umana ha quindi il diritto naturale di offendere Dio scegliendo il male morale del peccato o dell’errore religioso dell’idolatria, della blasfemia o di un’altra falsa religione.

La legge di Dio

12. Una persona giustificata ha la forza necessaria, con la grazia di Dio, di adempiere alle esigenze oggettive della legge divina, poiché tutti i comandamenti di Dio si rendono adempibili ai giustificati. Poiché la grazia di Dio, quando giustifica il peccatore, per la sua propria natura produce la conversione da ogni peccato grave (cfr. Concilio di Trento, sess. 6, decreto sulla giustificazione, cap. 11; 13).

13. “I fedeli sono tenuti a riconoscere e a rispettare i precetti morali specifici, dichiarati e insegnati dalla Chiesa in nome di Dio, Creatore e Signore. (…) L’amore di Dio e l’amore del prossimo sono inseparabili dall’osservanza dei comandamenti dell’Alleanza, rinnovata nel sangue di Gesù Cristo e nel dono dello Spirito” (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis Splendor, 76). Secondo l’insegnamento della stessa enciclica, sbagliano quelli che “credono di poter giustificare, come moralmente buone, scelte deliberate di comportamenti contrari ai comandamenti della legge divina e naturale. Quindi, “queste teorie non possono richiamarsi alla tradizione morale cattolica” (ibid.).

14. Tutti i comandamenti di Dio sono ugualmente giusti e misericordiosi. È quindi errato dire che una persona, obbedendo ad una proibizione divina – come per esempio al sesto comandamento, ovvero di non commettere adulterio – possa peccare contro Dio per tale atto di obbedienza o danneggiare sé stesso moralmente, o peccare contro il prossimo.

15. “Nessuna circostanza, nessuna finalità, nessuna legge al mondo potrà mai rendere lecito un atto che è intrinsecamente illecito, perché contrario alla Legge di Dio, scritta nel cuore di ogni uomo, riconoscibile dalla ragione stessa, e proclamata dalla Chiesa” (Giovanni Paolo II, Enciclica Evangelium vitae, 62). Vi sono principi e verità morali contenute nella rivelazione divina e nella legge naturale che comportano proibizioni negative, le quali vietano assolutamente un certo tipo di azioni in quanto sempre gravemente illegali a causa del loro oggetto. Quindi, è sbagliato affermare che una buona intenzione o una buona conseguenza è, o può essere, sufficiente per giustificare il compimento di questo tipo di azioni (cfr. Concilio de Trento, sess. 6, de iustificatione, c. 15; Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica, Reconciliatio et Paenitentia, 17; Enciclica Veritatis splendor, 80).

16. La legge naturale e divina impedisce a una donna che ha concepito un bambino nel suo grembo di uccidere questa vita umana in lei presente, sia nel caso in cui sia ella stessa a farlo, sia che lo facciano altri, direttamente o indirettamente (cfr. Giovanni Paolo II, Enciclica Evangelium vitae, 62).

17. Le procedure che provocano il concepimento al di fuori dell’utero “sono moralmente inaccettabili, dal momento che dissociano la procreazione dal contesto integralmente umano dell’atto coniugale” (Giovanni Paolo II, Enciclica Evangelium vitae, 14).

18. Nessun uomo può mai essere moralmente giustificato o moralmente autorizzato a voler uccidersi o farsi uccidere dagli altri al fine di fuggire dalla sofferenza temporale. “L’eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale” (Giovanni Paolo II, Enciclica Evangelium vitae, 65).

19. Il matrimonio è, per volere divino e per legge naturale, l’unione indissolubile di un uomo e di una donna (cfr. Gen 2,24; Mc 10, 7-9; Ef 5, 31-32). “Per la sua stessa natura l’istituto del matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento” (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 48).

20. Secondo la legge naturale e divina, nessun essere umano può volontariamente e senza peccare esercitare le sue potenzialità sessuali al di fuori di un matrimonio valido. Pertanto è contrario alla Sacra Scrittura e alla Tradizione affermare che la coscienza può giudicare gli atti sessuali tra persone unite da un matrimonio civile come moralmente giustificati o addirittura richiesti o persino comandati da Dio, nonostante una o entrambe le persone siano già sacramentalmente sposate con un altro (cfr. 1Cor 7,11; Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Familiaris consortio, 84).

21. La legge naturale e Divina proibisce “ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione” (Paolo VI, Enciclica Humanae vitae, 14).

22. Chi ha ottenuto un divorzio civile dal coniuge a cui è validamente sposato (o sposata) e ha contratto un matrimonio civile con un’altra persona durante la vita del coniuge, e vive more uxorio con il suo partner civile, e sceglie di rimanere in questo stato con piena conoscenza della natura del suo atto e con pieno consentimento della volontà verso quell’atto, si trova in uno stato di peccato mortale e, pertanto, non può ricevere la grazia santificante e crescere nella carità. Dunque, questi cristiani, a meno che non vivano come “fratello e sorella”, non possono ricevere la Santa Comunione (cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, 84).

23. Due persone dello stesso sesso peccano gravemente quando cercano un piacere venereo reciproco (cfr. Lev 18,22, Lev 20,13, Rom 1, 24-28, 1 Cor 6, 9-10, 1 Tim 1,10; Gd 7). Gli atti omosessuali “in nessun caso possono essere approvati” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2357). Quindi, è contrario alla legge naturale e alla Rivelazione Divina sostenere che Dio, il Creatore, così come ha dato ad alcuni umani una disposizione naturale per provare attrazione sessuale verso persone del sesso opposto, ad altri ha dato una disposizione naturale per provare desiderio sessuale verso persone dello stesso sesso e che in quest’ultimo caso Dio vuole si metta in pratica tale condotta in alcune circostanze.

24. La legge umana, o qualsivoglia altro potere umano, non possono dare a due persone dello stesso sesso il diritto di sposarsi insieme, né di dichiarare che siano sposate, poiché ciò è contrario alla legge naturale e divina. “Nel disegno del Creatore complementarità dei sessi e fecondità appartengono quindi alla natura stessa dell’istituzione del matrimonio” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 3 giugno 2003, 3).

25. Le unioni che hanno il nome di matrimonio senza possederne la realtà, non possono ricevere la benedizione della Chiesa, poiché ciò è contrario alla legge naturale e divina.

26. Il potere statale non può stabilire unioni civili o giuridiche tra due persone dello stesso sesso che imitino chiaramente l’unione del matrimonio, anche qualora non ricevano il nome di matrimonio, poiché dette unioni indurrebbero le persone che le contraggono a un grave peccato, e sarebbero causa di grave scandalo per il prossimo (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 3 giugno 2003, 11).

27. Il sesso maschile e quello femminile, “essere uomo”, “essere donna”, sono realtà biologiche, create dalla sapiente volontà di Dio (cfr. Gen 1, 27; Catechismo della Chiesa Cattolica, 369). È quindi una ribellione contro la legge naturale e divina e un peccato grave che un uomo possa diventare una donna mutilandosi o anche semplicemente dichiarandosi tale, o che una donna possa similmente diventare uomo, o affermare che l’autorità civile abbia il dovere o il diritto di agire come se tali atti fossero o potrebbero essere possibili e legittimi (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2297).

28. Conformemente alla Sacra Scrittura e alla tradizione costante del Magistero ordinario e universale, la Chiesa non ha errato nell’insegnare che il potere civile possa legittimamente esercitare la pena capitale sui malfattori laddove ciò è veramente necessario per preservare l’esistenza o il giusto ordine della società (cfr. Gen 9,6; Gv 19,11; Rom 13, 1-7; Innocenzo III, Professio fidei Waldensibus praescripta; Catechismo Romano del Concilio di Trento, p. III, 5, n. 4; Pio XII, Discorso ai partecipanti al Convegno nazionale di studio dell’Unione dei giuristi cattolici italiani, 5 dicembre, 1954).

29. Ogni autorità, sulla terra così come in cielo, appartiene a Gesù Cristo, quindi le società civili e tutte le altre associazioni di uomini sono soggette alla sua regalità poiché “il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda l’uomo individualmente e socialmente” (Catechismo della Chiesa cattolica, 2105; cfr. Pio XI, Enciclica Quas primas, 18-19; 32).

I sacramenti
30. Nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia avviene un meraviglioso cambiamento, di tutta la sostanza del pane nel corpo di Cristo, e di tutta la sostanza del vino nel Suo sangue, un cambiamento che la Chiesa cattolica chiama molto adeguatamente transustanziazione (cfr. Concilio Lateranense IV, cap. 1, Concilio di Trento, sess. 13, c. 4). “Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino” (Paolo VI, Lettera apostolica Solemni hac liturgia -Credo del Popolo di Dio-, 25).
31. Le formulazioni con cui il Concilio di Trento ha espresso la fede della Chiesa nella Santa Eucaristia sono adatte agli uomini di ogni tempo e luogo, poiché sono un “insegnamento perennemente valido della Chiesa” (Giovanni Paolo II, Enciclica Ecclesia de Eucharistia, 15).

32. Nella Santa Messa viene offerto un vero e proprio sacrificio alla Santissima Trinità, e questo sacrificio è propiziatorio sia per gli uomini che vivono sulla terra sia per le anime del purgatorio. È erroneo, quindi, affermare che il sacrificio della Messa consiste semplicemente nel sacrificio spirituale di preghiere e lodi fatto dal popolo, così come sostenere che la Messa può o deve essere definita solamente come Cristo che si dà ai fedeli come cibo spirituale (cfr. Concilio di Trento, sess. 22, c.2).

33.“La Messa, celebrata dal Sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell’Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell’ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale” (Paolo VI, Lettera apostolica, Solemni hac liturgia -Credo del Popolo di Dio-, 24).

34.“L’immolazione incruenta per mezzo della quale, dopo che sono state pronunziate le parole della consacrazione, Cristo è presente sull’altare nello stato di vittima, è compiuta dal solo sacerdote in quanto rappresenta la persona di Cristo e non in quanto rappresenta la persona dei fedeli. (… ) e che i fedeli offrano il Sacrificio per mezzo del sacerdote è chiaro dal fatto che il ministro dell’altare agisce in persona di Cristo in quanto Capo. (…) Quando, poi, si dice che il popolo offre insieme col sacerdote, non si afferma che le membra della Chiesa, non altrimenti che il sacerdote stesso, compiono il rito liturgico visibile - il che appartiene al solo ministro da Dio a ciò deputato - ma che unisce i suoi voti di lode, di impetrazione, di espiazione e il suo ringraziamento alla intenzione del sacerdote, anzi dello stesso Sommo Sacerdote, acciocché vengano presentate a Dio Padre nella stessa oblazione della vittima, anche col rito esterno del sacerdote” (Pio XII, Enciclica Mediator Dei, 92).

35. Il sacramento della Penitenza è l’unico mezzo ordinario attraverso il quale i peccati gravi commessi dopo il Battesimo possono essere rimessi, e per legge divina tutti questi peccati devono essere confessati per numero e per specie (cfr. Concilio di Trento, sess. 14, can. 7).

36. Per legge divina il confessore non può violare il sigillo del sacramento della Penitenza per qualsivoglia ragione; nessuna autorità ecclesiastica ha il potere di dispensarlo dal sigillo del sacramento e il potere civile è del tutto incompetente per costringerlo a farlo (cfr. CIC 1983, can. 1388 § 1; Catechismo della Chiesa Cattolica 1467).

37. In virtù della volontà di Cristo e della tradizione immutabile della Chiesa, il sacramento della Santa Eucaristia non può essere dato a coloro che sono in uno stato pubblico di peccato oggettivamente grave e l’assoluzione sacramentale non può essere data a quelli che esprimono la loro riluttanza a conformarsi alla legge divina, anche se detta riluttanza riguarda solo una singola materia grave (cfr. Concilio de Trento, sess. 14, c. 4; Giovanni Paolo II, Messaggio al Cardinale William W. Baum, 22 marzo 1996).

38. Secondo la tradizione costante della Chiesa, il sacramento della Santa Eucaristia non può essere dato a coloro che negano qualunque verità della fede cattolica, in quanto professano formalmente la propria adesione ad una comunità cristiana eretica o ufficialmente scismatica (cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 915; 1364).

39. La legge con la quale i sacerdoti sono tenuti ad osservare la perfetta continenza nel celibato scaturisce dall’esempio di Gesù Cristo e appartiene alla tradizione immemorabile e apostolica, secondo la costante testimonianza dei Padri della Chiesa e dei Romani Pontefici. Per questa ragione detta legge non dovrebbe essere abolita nella Chiesa Romana attraverso l’innovazione di un celibato sacerdotale opzionale, sia a livello regionale sia universale. La perenne e valida testimonianza della Chiesa afferma che la legge della continenza sacerdotale “non comanda nuovi precetti. Questi precetti vengano osservati, perché sono stati trascurati da parte di alcuni per ignoranza e indolenza. Questi precetti, tuttavia, risalgono agli Apostoli e furono stabiliti dai Padri, come è scritto: ‘Fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese tanto dalla nostra parola quanto dalla nostra lettera’. (2 Ts 2,15). Ci sono infatti molti che, ignorando gli statuti dei nostri antenati, hanno violato la castità della Chiesa con la loro presunzione e hanno seguito la volontà del popolo, non temendo il giudizio di Dio” (Papa Siricio, Decretale Cum in unum dall’anno 386).

40. Per volontà di Cristo e per la costituzione divina della Chiesa, solo i battezzati maschi (viri) possono ricevere il sacramento dell’Ordine, sia nell’episcopato che nel sacerdozio e il diaconato (cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis, 4). Inoltre, è errato affermare che solo un Concilio Ecumenico può definire questa materia, perché l’autorità d’insegnamento di un Concilio Ecumenico non è più ampia di quella del Romano Pontefice (cfr. Concilio Lateranense V, sess. 11; Concilio Vaticano I, sess. 4, c. 3).

31 maggio 2019


Cardinale Raymond Leo Burke, Patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta
Cardinal Janis Pujats, Arcivescovo emerito di Riga
Tomash Peta, Arcivescovo dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana
Jan Pawel Lenga, Arcivescovo-Vescovo emerito di Karaganda
Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana