Pubblichiamo l'Editoriale di Marzo 2020
di "Radicati nella fede"
TORNARE ALL'ESSENZIALE
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Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno XIII n° 3 - Marzo 2020
Non
è mai tempo per intrattenere, e tutto quello che è successo in questi
giorni, con il nostro bollettino quasi terminato, ce ne ha dato una
prova ulteriore: basta il rischio di una epidemia perchè tutto il
vagabondare festaiolo della nostra società riveli la sua inconsistenza.
Si girovaga commentando invece che vivendo, e un virus un po' più serio
ti ripiomba nella realtà.
Non è mai tempo per intrattenere, e se questi poveri scritti mensili, che abbiamo l'ardire di chiamare editoriale, fossero intrattenimento non esiteremmo a non scriverli più.
Va di moda commentare e parlare di tutto, più commentare che parlare. Il parlare è qualcosa, se a parlare è un uomo impegnato con la vita in tutta la sua serietà, altrimenti è intrattenimento sporco e fuorviante. Ognuno di noi ha conosciuto persone che si intrattengono volentieri, non sono impegnate con la loro vita e non si interessano sul serio alla tua, e con loro perdi tempo, perdi semplicemente tempo.
Oggi questo atteggiamento è dilagante, per molti diventa la forma disperata del vivere; devono distrarsi sempre, e amano chi e che cosa li distrae; non stanno sulle cose.
Quando gente così incontra la Tradizione, la Messa cosiddetta antica, sul subito è affascinata, ne prova un brivido di interesse, ne intuisce una bellezza, perché ha trovato una “nicchia” dove trovare tranquillità. Cerca un'ennesima zattera per uscire dalla realtà, così da proseguire la propria fuga da ciò che impegna e da se stessi. È gente che commenta anche tanto, ma che non sta sulle cose, che in ultima analisi non pensa, non vuole pensare... e così non incontra Dio, non può incontrare Dio Creatore e Signore di tutte le cose.
Ciò che era atteggiamento “malato” di qualcuno, oggi è la posizione con
cui si vive da parte dei più, e questo è terribile. Chi vive per
intrattenersi può tangere anche le esperienze più belle, ma non si
lascia educare; e se viene lasciato tranquillo, entra nella casa operosa
di chi vive difronte a Dio e devasta tutto, per riaffermare la propria
sterile libertà.
Proprio per impedire questa devastazione sempre incombente, vogliamo con forza che i nostri luoghi di Messa tradizionale siano luoghi di fede autentica; luoghi che educhino a stare difronte a Dio fino al dare la vita. Sì, perché lo stare difronte a Dio deve portare a dare la vita in una definitività: si chiama vocazione.
La Messa è il dare la vita di Cristo per noi: come puoi stare difronte a questo non desiderando di dare tu la tua vita?
La Messa inchioda Gesù Cristo alla sua azione salvifica fino alla consumazione dei secoli: come puoi non desiderare per te una definitività?
L'uomo che si intrattiene in un continuo disimpegno, non solo perde il proprio tempo (ed è già spaventoso perché il tempo perduto non torna mai!), ma, ed è gravissimo, nega Cristo e la sua Croce che è tutta impegno e stabilità. L'intrattenimento è contrario alla fede.
La Chiesa scomparirà nella struttura della nostra vita sociale per la mania del disimpegno, cancro antropologico che intacca ogni tessuto ancora sano.
Non permetteremo mai che gli uomini futili e frivoli cambino la natura dei nostri centri di Messa, luoghi dell'edificazione del vivere in Cristo.
È resistendo al vuoto dell'intrattenimento, anche spirituale, che serviremo l'uomo, fatto per costruire qualcosa di grande nella vita, per sé e per gli altri.
Ci pare questo il più bel programma di Quaresima.
La grande penitenza è lasciarci rieducare a stare nelle cose, starci fino alla fine.
Lasciamo ai bisognosi di perenne distrazione il vagare di chiesa in chiesa, fino a trovare finalmente il prete che li lasci tranquilli. Lasciamo a questi il giro dei monasteri, per gustare da parassiti la stabilità di altri. Lasciamo ai "mezzi uomini" il commentare su internet la vita della Chiesa.
Per noi chiediamo la fedeltà ad un solo altare ed a un solo luogo di educazione alla fede, per produrre nella vita l'opera che Dio ci chiede, accettando il dolore della correzione, perché la vita è vocazione.