La concezione secolarizzata della democrazia
  
Lettera agli Arcivescovi e ai Vescovi francesi
[1] La nostra carica apostolica ci rende doveroso     vigilare sulla purezza della fede e sull'integrità della disciplina cattolica,     preservare i fedeli dai pericoli dell'errore e del male, soprattutto quando     l'errore e il male sono loro presentati con un linguaggio trascinante, che     velando l'incertezza delle idee e l'equivocità dell'espressione con l'ardore     del sentimento e con l'altisonanza delle parole, può infiammare i cuori per     cause seducenti, ma funeste. Tali sono state un tempo le dottrine dei sedicenti     filosofi del secolo diciottesimo, quelle della Rivoluzione e del liberalismo,     tante volte condannate; tali sono, ancor oggi, le teorie del Sillon,     che, sotto le loro apparenze brillanti e generose, mancano troppo spesso di     chiarezza, di logica e di verità, e, da questo punto di vista, non derivano     dal genio cattolico e francese.
[2] Abbiamo lungamente esitato, Venerabili Fratelli,     a dire pubblicamente e in forma solenne il nostro pensiero sul Sillon.     Per deciderci a farlo è stato necessario che le vostre preoccupazioni venissero     ad aggiungersi alle nostre. Infatti amiamo la valorosa gioventù schierata     sotto la bandiera del Sillon, e la riteniamo degna di elogio e di ammirazione     sotto molti aspetti. Amiamo i suoi capi, nei quali abbiamo il piacere di riconoscere     anime elevate, superiori alle passioni volgari e animate del più nobile entusiasmo     per il bene. Li avete visti, Venerabili Fratelli, pervasi da un sentimento     vivissimo di umana fraternità, presentarsi davanti a quanti lavorano e soffrono     per sollevarli, sostenuti nella loro dedizione dall'amore per Gesù Cristo     e dalla pratica esemplare della religione.
[3] Era l'indomani della memorabile Enciclica del     nostro predecessore di felice memoria, Leone XIII, sulla condizione degli     operai. La Chiesa, per bocca del suo capo supremo, aveva riservato sugli umili     e sui piccoli tutte le tenerezze del suo cuore materno, e sembrava invocare     paladini sempre più numerosi della restaurazione dell'ordine e della giustizia     nella nostra turbata società. I fondatori del Sillon non venivano,     al momento opportuno, a mettere al suo servizio truppe giovani e credenti,     per la realizzazione dei suoi desideri e delle sue speranze? E, di fatto,     il Sillon innalzò in mezzo alle classi operaie lo stendardo di Gesù     Cristo, il segno della salvezza per gli individui e per le nazioni, alimentando     la sua attività sociale alle sorgenti della grazia, imponendo il rispetto     della religione agli ambienti meno favorevoli, abituando gli ignoranti e gli     empi a sentir parlare di Dio, e spesso sorgendo, nel corso di pubblici contraddittori,     di fronte a un pubblico ostile, sollecitato da una domanda o da una espressione     sarcastica, per gridare ad alta voce e con fierezza la propria fede. Erano     i tempi belli del Sillon; è il suo lato bello, che spiega gli incoraggiamenti     e le approvazioni che non hanno risparmiato a esso l'episcopato e la Santa     Sede, fino a quando questo fervore religioso ha potuto velare il vero carattere     del movimento del Sillon.
[4] Perché, bisogna dirlo, Venerabili Fratelli,     le nostre speranze sono state, in gran parte, ingannate. Venne il giorno in     cui il Sillon mise in evidenza, per occhi chiaroveggenti, tendenze     inquietanti. Il Sillon usciva di strada. Sarebbe potuto capitare diversamente?     I suoi fondatori, giovani, entusiasti e pieni di fiducia in sé stessi, non     erano sufficientemente dotati di scienza storica, di sana filosofia e di solida     teologia per affrontare senza pericolo i difficili problemi sociali verso     i quali erano attirati dalla loro attività e dal loro cuore, e per mettersi     in guardia, sul terreno della dottrina e dell'ubbidienza, contro le infiltrazioni     liberali e protestanti.
[5] I consigli non sono loro mancati; dopo i consigli     sono venuti gli ammonimenti; ma abbiamo avuto il dolore di vedere sia gli     avvertimenti che i rimproveri scivolare sulle loro anime sfuggenti e restare     senza esito. Le cose sono giunte a un punto tale, che tradiremmo il nostro     dovere, se mantenessimo più a lungo il silenzio. Dobbiamo la verità ai nostri     cari figli del Sillon, che un ardore generoso ha condotto su una via     tanto falsa quanto pericolosa. La dobbiamo a un gran numero di seminaristi     e di sacerdoti, che il Sillon ha sottratto, se non all'autorità, almeno     alla direzione e all'influenza dei loro vescovi; la dobbiamo infine alla Chiesa,     dove il Sillon semina la divisione e di cui compromette gli interessi.
[I. Presa di posizione sulla dottrina del movimento del Sillon]
[ Impossibilità di un'azione sociale senza dottrina, quindi necessità della subordinazione all'insegnamento della Chiesa ]
[6] In primo luogo, conviene rilevare con rigore     la pretesa del Sillon di sfuggire alla direzione dell'autorità ecclesiastica.     Infatti, i capi del Sillon sostengono di muoversi su un terreno, che     non è quello della Chiesa; di occuparsi soltanto degli interessi dell'ordine     temporale e non di quelli dell'ordine spirituale; che il collaboratore del Sillon è solo e semplicemente un cattolico votato alla causa delle     classi lavoratrici, alle opere democratiche, e che attinge, nelle pratiche     della fede, l'energia della sua dedizione; che, né più né meno degli artigiani,     dei contadini, degli economisti e dei politici cattolici, si trova sottoposto     alle regole della morale comuni a tutti, senza dipendere in un modo speciale,     né più né meno di loro, dall'autorità ecclesiastica.
[7] La risposta a questi sotterfugi è fin troppo     facile. Infatti, a chi si farà credere che i membri cattolici del Sillon,     che i sacerdoti e i seminaristi arruolati nei loro ranghi, mirino, nella loro     attività sociale, solo agli interessi temporali delle classi operaie? Pensiamo     che il sostenerlo sarebbe far loro un torto. In verità, i capi del Sillon si proclamano idealisti irriducibili, pretendono di sollevare le classi lavoratrici,     sollevando in primo luogo l'umana coscienza, di avere una dottrina sociale     e princìpi filosofici e religiosi per ricostruire la società su un piano nuovo,     di avere una speciale concezione della dignità umana, della libertà, della     giustizia e della fraternità, e, per giustificare i loro sogni sociali, si     richiamano al Vangelo interpretato a modo loro, e, fatto ancor più grave,     a un Cristo sfigurato e sminuito. Inoltre insegnano queste idee nei loro circoli     di studio, le inculcano ai loro compagni; le mettono in pratica nelle loro     opere. Sono dunque veramente professori di morale sociale, civica e religiosa;     e, qualsiasi modifica possano introdurre nell'organizzazione del loro movimento,     abbiamo il diritto di dire che il fine del Sillon, il suo carattere,     la sua azione, sfociano nel campo morale, che è il campo proprio della Chiesa,     e che, di conseguenza, i membri del Sillon si illudono quando credono     di muoversi su di un terreno, ai confini del quale cessano i diritti del potere     dottrinale e direttivo dell'autorità ecclesiastica.
[8] Se le loro dottrine fossero esenti da errore,     sarebbe già stata una mancanza gravissima alla disciplina cattolica il sottrarsi     ostinatamente alla direzione di quanti hanno ricevuto dal Cielo la missione     di guidare gli individui e le società sulla retta via della verità e del bene.     Ma il male è più profondo, lo abbiamo già detto: il Sillon, travolto     da un malinteso amore dei deboli, è scivolato nell'errore.
[9] Effettivamente il Sillon si propone     di risollevare e di rigenerare le classi operaie. Orbene, in questa materia,     i princìpi della dottrina cattolica sono fissati, e la storia della civiltà     cristiana sta ad attestarne la benefica fecondità. Il nostro predecessore,     di felice memoria, li ha richiamati in pagine magistrali, che i cattolici     che si occupano di problemi sociali devono studiare e aver sempre presenti.     Egli ha insegnato, in modo particolare, che la democrazia cristiana deve "
mantenere la diversità delle classi, che è certamente la condizione propria della città bene ordinata, e volere per la società umana la forma e il carattere che Dio, suo autore, ha impresso in essa" (1). Egli ha condannato "
una certa democrazia che giunge fino a un tal grado di perversità da attribuire al popolo la sovranità nella società e da perseguire la soppressione e il livellamento delle classi" (2). Nello stesso tempo, Leone XIII imponeva ai cattolici un programma di azione, il solo capace di ricondurre e di mantenere la società sulle sue secolari basi cristiane. Ora, che cos'hanno fatto i capi del Sillon? Non hanno soltanto adottato un programma e un insegnamento diversi da quelli di Leone XIII (il che sarebbe già di per sé singolarmente temerario da parte di laici, che così si pongono come direttori dell'attività sociale della Chiesa, in concorrenza con il Sommo Pontefice); ma hanno apertamente rigettato il programma tracciato da Leone XIII e ne hanno adottato uno diametralmente opposto; inoltre, respingono la dottrina sui princìpi essenziali della società, richiamata da Leone XIII, situano l'autorità nel popolo oppure quasi la sopprimono e assumono come ideale da realizzare il livellamento delle classi. Vanno dunque in senso contrario rispetto alla dottrina cattolica, nella direzione di un ideale condannato.
[10] Sappiamo bene che si vantano di rialzare la     dignità umana e la condizione troppo disprezzata delle classi lavoratrici,     di rendere giuste e perfette le leggi sul lavoro e le relazioni fra il capitale     e i salariati, insomma di far regnare sulla terra una migliore giustizia e     una maggiore carità e, per mezzo di movimenti sociali profondi e fecondi,     di promuovere nell'umanità un progresso inatteso. Da parte nostra non biasimiamo     certamente questi sforzi, che sarebbero eccellenti da ogni punto di vista,     se i membri del Sillon non dimenticassero che il progresso di un essere     consiste nel rafforzare le proprie facoltà naturali con nuove energie e nel     facilitare il gioco della loro attività nel quadro e conformemente alle leggi     della sua costituzione, e che, per contro, ferendo i suoi organi essenziali,     spezzando il quadro della loro attività, non si spinge l'essere verso il progresso,     ma verso la morte. Tuttavia è proprio questo che vogliono fare della società     umana; il loro sogno consiste nel cambiare le sue basi naturali e tradizionali,     e nel promettere una città futura edificata su altri princìpi, che osano dichiarare     più fecondi, più benefici dei princìpi sui quali si basa la città cristiana     attuale.
[11] No, Venerabili Fratelli - bisogna ricordarlo     energicamente in questi tempi di anarchia sociale e intellettuale, in cui     ciascuno si atteggia a dottore e legislatore -, non si costruirà la città     diversamente da come Dio l'ha costruita; non si edificherà la società, se     la Chiesa non ne getta le basi e non ne dirige i lavori; no, la civiltà non     è più da inventare, né la città nuova da costruire sulle nuvole. Essa è esistita,     essa esiste; è la civiltà cristiana, è la civiltà cattolica. Si tratta unicamente     d'instaurarla e di restaurarla senza sosta sui suoi fondamenti naturali e     divini contro gli attacchi sempre rinascenti della malsana utopia, della rivolta     e dell'empietà: "
omnia instaurare in Christo" (3).
[12] E perché non ci si accusi di giudicare troppo     sommariamente e con un rigore non giustificato le teorie sociali del Sillon,     vogliamo richiamarne i punti essenziali.
[La rappresentazione utopistica della democratizzazione dell'ordine politico, economico e morale]
[13] Il Sillon ha la nobile preoccupazione     per la dignità umana. Tuttavia questa dignità l'intende come certi filosofi     di cui la Chiesa è ben lungi dal doversi vantare. Il primo elemento di questa     dignità è la libertà, intesa nel senso che, salvo in materia di religione,     ogni uomo è autonomo. Da questo principio fondamentale trae le seguenti conclusioni:     Oggi il popolo è sotto la tutela di un'autorità da esso distinta; deve liberarsene: emancipazione politica. E' sotto la dipendenza di padroni, che, possedendo     i suoi strumenti di lavoro, lo sfruttano, lo opprimono, e lo abbassano; deve     scuotere il loro giogo: emancipazione economica. Infine, è dominato     da una casta detta dirigente, alla quale il suo sviluppo intellettuale assicura     una preponderanza indebita nella direzione degli affari; deve sottrarsi al     suo dominio: emancipazione intellettuale. Il livellamento delle condizioni     da questo triplice punto di vista stabilirà fra gli uomini l'uguaglianza,     e questa uguaglianza è la vera giustizia umana. Un'organizzazione politica     e sociale fondata su questa duplice base, la libertà e l'uguaglianza (alle     quali presto verrà ad aggiungersi la fraternità) è quanto chiamano Democrazia.
[14] Tuttavia, la libertà e l'uguaglianza ne costituiscono     solo il lato, per così dire, negativo. Quanto fa propriamente e positivamente     la Democrazia è la maggiore partecipazione possibile di ciascuno al governo     della cosa pubblica. E questo comprende un triplice elemento, politico, economico     e morale.
[15] In primo luogo, in politica, il Sillon non abolisce l'autorità; al contrario, la giudica necessaria; ma vuole suddividerla,     o, per meglio dire, moltiplicarla in modo tale che ogni cittadino divenga     una specie di re. E' vero che l'autorità deriva da Dio, ma risiede primariamente     nel popolo e ne emana attraverso l'elezione o, meglio ancora, la selezione,     senza per questo lasciare il popolo e diventare indipendente da esso; sarà     esteriore, ma soltanto in apparenza; in realtà sarà interiore, perché si tratterà     di un'autorità consentita.
[16] Conservate le proporzioni, sarà lo stesso     nell'ordine economico. Sottratto a una classe particolare, il padronato sarà     tanto ben moltiplicato, che ogni operaio diventerà una specie di padrone.     La forma chiamata a realizzare questo ideale economico non è, si afferma,     quella del socialismo; si tratta di un sistema di cooperative sufficientemente     moltiplicate da provocare una concorrenza feconda e da salvaguardare l'indipendenza     degli operai, che non saranno incatenati a nessuna di esse.
[17] vediamo adesso l'elemento capitale, l'elemento     morale. Dal momento che, come si è visto, l'autorità è ridottissima, occorre     un'altra forza per supplirla e per opporre una reazione duratura all'egoismo     individuale. Questo nuovo principio, questa forza, è l'amore dell'interesse     professionale e dell'interesse pubblico, cioè del fine stesso della professione     e della società. Immaginate una società in cui, nell'anima di ciascuno, insieme     all'amore innato del bene individuale e di quello familiare, regnasse l'amore     del bene professionale e del bene pubblico; dove, nella coscienza di ciascuno,     questi amori si subordinassero in modo tale che il bene superiore primeggiasse     sempre sul bene inferiore; una tale società non potrebbe quasi fare a meno     dell'autorità, e non offrirebbe l'ideale della dignità umana, avendo ogni     cittadino un'anima da re, e ogni operaio un'anima da padrone? Il cuore umano,     sottratto alla stretta dei suoi interessi privati ed elevato fino agli interessi     della sua professione e, più in alto, fino a quelli dell'intera nazione, e,     più in alto ancora, fino a quelli dell'umanità (infatti l'orizzonte del Sillon non si ferma alle frontiere della patria, si estende a tutti gli uomini fino     ai confini del mondo), allargato dall'amore per il bene comune, abbraccerebbe     tutti i compagni della stessa professione, tutti i compatrioti, tutti gli     uomini. Ecco quindi la grandezza e l'ideale nobiltà umana realizzate dalla     celebre trilogia: Libertà, Uguaglianza, Fraternità.
[18] Orbene, questi tre elementi, politico, economico     e morale, sono l'uno subordinato all'altro, e il principale, l'abbiamo detto,     è l'elemento morale. Infatti, nessuna democrazia politica è realizzabile se     non ha punti d'attacco profondi nella democrazia economica. A loro volta,     né l'una né l'altra sono possibili se non si radicano in uno stato d'animo     in cui la coscienza si trova investita di responsabilità e di energie morali     proporzionate. Ma, supposto che questo stato d'animo sia costituito di responsabilità     cosciente e di forze morali , la democrazia economica ne deriverà naturalmente     con la traduzione in atti di questa coscienza e di queste energie; ugualmente,     e con lo stesso sistema, dal regime corporativo uscirà la democrazia politica;     e la democrazia politica ed economica, questa sostenendo l'altra, si troveranno     fissate nella coscienza stessa del popolo su posizioni inattaccabili.
[19] Questa è, in sintesi, la teoria, si potrebbe     dire il sogno, del Sillon, e a questo tende il suo insegnamento e quanto     esso chiama l'educazione democratica del popolo, cioè il portare al grado     massimo la coscienza e la responsabilità civica di ciascuno, da cui deriverà     la democrazia economica e politica, e il regno della giustizia, della libertà,     dell'uguaglianza e della fraternità.
[20] Questa rapida esposizione, Venerabili Fratelli,     vi mostra già con chiarezza quanto avessimo ragione dicendo che il Sillon oppone dottrina a dottrina, edifica la sua città su una teoria contraria alla     verità cattolica e falsifica le nozioni essenziali e fondamentali che regolino     i rapporti sociali in ogni società umana. Questa opposizione diventerà ancora     più evidente sulla base delle considerazioni seguenti.
[L'autorità politica non è delegata dal popolo]
[21] Il Sillon situa in primo luogo la pubblica     autorità nel popolo, da cui passa poi ai governanti, ma in modo tale che continua     a risiedere in esso. Orbene, Leone XIII ha formalmente condannato questa dottrina     nella sua Enciclica Diuturnum illud sul Principato politico, in cui     dice "
Un gran numero di moderni, seguendo le orme di quanti, nel secolo scorso, si diedero il nome di filosofi, dichiarano che ogni potere deriva dal popolo; di conseguenza, quanti esercitano il potere nella società, non lo esercitano come di loro propria autorità, ma come un'autorità a essi delegata dal popolo e a condizione di poter essere revocata dalla volontà del popolo, da cui l'hanno. Del tutto opposta è la convinzione dei cattolici, che fanno derivare da Dio, come dal suo principio naturale e necessario, il diritto di comandare" (4). Indubbiamente il Sillon fa discendere da Dio questa autorità che situa anzitutto nel popolo, ma in modo tale che "
essa risale dal basso per andare in alto, mentre, nell'organizzazione della Chiesa, il potere discende dall'alto per diffondersi in basso" (5). Tuttavia, oltre il fatto che è cosa anormale che il mandato salga, perché è per sua natura discendente, Leone XIII ha confutato previamente questo tentativo di conciliare la dottrina cattolica con l'errore del filosofismo. Infatti, prosegue: "
È importante sottolinearlo qui; quanti presiedono al governo della cosa pubblica possono certamente, in determinati casi, essere eletti dalla volontà e dal giudizio della moltitudine , senza che ciò ripugni o si opponga alla dottrina cattolica. Tuttavia, se questa scelta designa il governante, non gli conferisce l'autorità di governare; non delega il potere, ma designa la persona che ne sarà investita" (6).
[22] D'altronde, se il popolo resta detentore del     potere, che cosa diventa l'autorità? Un'ombra, un mito; non vi è più legge     propriamente detta e non vi è più ubbidienza. Il Sillon lo ha riconosciuto;     infatti, poiché pretende, in nome della dignità umana, la triplice emancipazione     politica, economica e intellettuale, la città futura per cui esso lavora non     avrà più né padroni né servitori; i suoi cittadini saranno tutti liberi, tutti     compagni, tutti re. Un ordine, un precetto, sarebbe un attentato alla libertà;     la subordinazione a una qualsiasi superiorità sarebbe una diminuzione dell'uomo,     l'ubbidienza uno svilimento. La dottrina tradizionale della Chiesa, Venerabili     Fratelli, ci presenta così le relazioni sociali nella città, anche la più     perfetta possibile? Ogni società di creature indipendenti e disuguali per     natura non ha forse bisogno di un'autorità che diriga la loro attività verso     il bene comune e che imponga la sua legge? E, se nella società si trovano     esseri perversi (e ve ne saranno sempre), l'autorità non dovrà essere tanto     più forte quanto più minaccioso sarà l'egoismo dei cattivi? Inoltre, si può     dire che un'ombra di ragione che vi è incompatibilità fra l'autorità e la     libertà, a meno d'ingannarsi pesantemente sul concetto di libertà? Si può     insegnare che l'ubbidienza è contraria alla dignità umana e che l'ideale consisterebbe     nel sostituirla con "
l'autorità consentita"? Forse l'apostolo San Paolo non aveva presente la società umana in tutte le sue possibili tappe, quando prescriveva ai fedeli di essere sottomessi ad ogni autorità? Forse l'ubbidienza agli uomini in quanto legittimi rappresentanti di Dio, cioè, in fin dei conti, l'ubbidienza a Dio abbassa l'uomo, e lo degrada al di sotto di sé stesso? Forse lo stato religioso fondato sull'ubbidienza sarebbe contrario all'ideale della natura umana? Forse i Santi, che sono stati gli uomini più ubbidienti, erano schiavi e degenerati? Infine, forse si può immaginare uno stato sociale in cui Gesù Cristo, tornato sulla terra, non darebbe più l'esempio dell'ubbidienza e non direbbe più: "
Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio"? (7).
[L'uguaglianza formale può far ammettere la democrazia solo come legittima forma di governo]
[23] Dunque il Sillon, che insegna tali     dottrine e le mette in pratica nella sua vita interna, semina fra la vostra     gioventù cattolica nozioni erronee e funeste sull'autorità, sulla libertà     e sull'ubbidienza. Non diversamente accade per la giustizia e l'uguaglianza.     Dice di lavorare alla realizzazione di un'era di uguaglianza, che perciò stesso     sarebbe un'era di migliore giustizia. Quindi, per esso, ogni disuguaglianza     di condizione costituisce un'ingiustizia, o, almeno, una giustizia minore!     Si tratta di un principio assolutamente contrario alla natura delle cose,     generatore di invidia e d'ingiustizia e sovvertitore di ogni ordine sociale.     Così solamente la democrazia inaugurerà il regno della giustizia perfetta!     Non si tratta di un torto fatto alle altre forme di governo, che vengono in     tal modo svilite la livello di governo di ripiego impotenti? D'altra parte     il Sillon contrasta anche su questo punto con l'insegnamento di Leone     XIII. Avrebbe potuto leggere, nella già citata Enciclica sul Principato politico     che, "
fatta salva la giustizia, non è proibito ai popoli darsi il governo che meglio risponde al loro carattere o alle istituzioni e ai costumi che hanno ricevuto dai loro antenati" (8); e l'Enciclica fa riferimento alla ben nota triplice forma di governo. Quindi suppone che la giustizia sia compatibile con ciascuna di esse. E l'Enciclica sulla condizione degli operai, non afferma chiaramente la possibilità di restaurare la giustizia nelle attuali organizzazioni della società, dal momento che ne indica i mezzi? Orbene, Leone XIII intendeva indubbiamente parlare non di una giustizia qualsiasi, ma della giustizia perfetta. Perciò, insegnando che la giustizia è compatibile con le tre note forme di governo, insegnava che, da questo punto di vista, la Democrazia non gode di un privilegio speciale. I membri del Sillon, che pretendono il contrario, o rifiutano di ascoltare la Chiesa, oppure si formano un concetto della giustizia e dell'uguaglianza, che non è cattolico.
[Fraternità solo con rapporto all'amore cristiano]
[24] Lo stesso accade per la nozione di fraternità,     di cui stabiliscono la base nell'amore degli interessi comuni, oppure, al     di la di tutte le filosofie e di tutte le religioni, nella semplice nozione     di umanità, comprendendo così nello stesso amore e in un'eguale tolleranza     tutti gli uomini con tutte le loro miserie, tanto intellettuali e morali quanto     fisiche e temporali. Orbene, la dottrina cattolica ci insegna che il primo     dovere della carità non consiste nella tolleranza delle convinzioni erronee,     per quanto sincere esse siano, né nella indifferenza teorica o pratica per     l'errore o per il vizio in cui vediamo immersi i nostri fratelli, ma nello     zelo per il loro miglioramento intellettuale e morale, non meno che per il     loro benessere materiale. Questa stessa dottrina cattolica ci insegna pure     che la sorgente dell'amore per il prossimo si trova nell'amore di Dio, padre     comune e comune fine di tutta l'umana famiglia, e nell'amore di Gesù Cristo,     di cui siamo le membra al punto che consolare un infelice equivale a far bene     a Gesù Cristo stesso. Ogni altro amore è illusione o sentimento sterile e     passeggero. Certamente, l'esperienza umana sta a provare, nelle società pagane     o laiche di tutti i tempi, che in certi momenti la considerazione dei comuni     interessi o della naturale somiglianza è di scarsissimo peso di fronte alle     passioni e agli affetti disordinati del cuore. No, Venerabili Fratelli, non     vi è vera fraternità al di fuori della carità cristiana, che per amore di     Dio e del suo Figlio Gesù Cristo, nostro Salvatore, abbraccia tutti gli uomini     per confortarli tutti e tutti condurre alla stessa fede e alla stessa felicità     celeste. Separando la fraternità della carità cristiana intesa in tal modo,     la Democrazia, lungi dall'essere un progresso, costituirebbe un disastroso     regresso per la civiltà. Infatti, se si vuol arrivare, e noi lo desideriamo     con tutta l'anima nostra, alla maggior quantità di benessere possibile per     la società e per ciascuno dei suoi membri, per mezzo della fraternità, oppure,     come ancora si dice, per mezzo della solidarietà universale, sono necessarie     l'unione degli spiriti nella verità, l'unione delle volontà nella morale,     l'unione dei cuori nell'amore di Dio e di suo Figlio, Gesù Cristo. Orbene,     questa unione è realizzabile soltanto per mezzo della carità cattolica, la     quale solamente, di conseguenza, può condurre i popoli sul cammino del progresso,     verso l'ideale della civiltà. 
[La dignità umana può essere concepita solo come una libertà nel quadro di una morale]
[25] Infine il Sillon pone, alla base di     tutte le falsificazioni delle nozioni sociali fondamentali, un'idea falsa     della dignità umana. A suo avviso, l'uomo sarà veramente uomo, degno di questo     nome, soltanto a partire dal giorno in cui avrà acquisito una coscienza illuminata,     forte, indipendente, autonoma, che può fare a meno di un padrone, che ubbidisce     solo a sé stessa ed è capace di assumere e di portare senza cedere le più     gravi responsabilità. Ecco i paroloni con cui si esalta il sentimento dell'orgoglio     umano; come un sogno che trascina l'uomo, senza luce, senza guida e senza     soccorso, sulla via dell'illusione, dove, aspettando il gran giorno della     piena coscienza, sarà divorato dall'errore e dalle passioni. E questo gran     giorno, quando verrà? A meno di cambiare la natura umana (il che non rientra     nel potere del Sillon), verrà mai? E i Santi, che hanno portato la     dignità umana al suo apogeo, avevano tale dignità? E gli umili della terra,     che non possono salire tanto in alto e si accontentano di tracciare modestamente     il loro solco nel ruolo che la Provvidenza ha loro assegnato, compiendo con     energia i loro doveri nell'umiltà, nell'ubbidienza e nella pazienza cristiana,     non sarebbero degni del nome di uomini, proprio loro che il Signore sottrarrà     un giorno alla loro condizione oscura, per insediarli nel cielo fra i principi     del suo popolo?
[II. Presa di posizione sulla prassi del membri del Sillon]
[26] Interrompiamo qui le nostre riflessioni sugli     errori del Sillon. Non abbiamo la pretesa di esaurire l'argomento,     perché vi sarebbe ancora da attirare la vostra attenzione su altri punti,     ugualmente falsi e pericolosi, per esempio sul modo di comprendere il potere     coercitivo della Chiesa. Adesso è importante vedere l'influenza di questi     errori sulla condotta pratica del Sillon e sulla sua azione sociale.
[Cameratismo senza autorità]
[27] Le dottrine del Sillon non restano     nel campo dell'astrazione filosofica. Vengono insegnate alla gioventù cattolica,     e, ancor di più, si prova a viverle. Il Sillon si considera     il nucleo della città futura; perciò la rispecchia il più fedelmente possibile.     Infatti, nel Sillon non vi è gerarchia. L'élite che lo dirige     si è staccata dalla massa in modo selettivo, ossia imponendosi per la sua     autorità morale e per le sue virtù. Vi si entra liberamente, come liberamente     se ne esce. Gli studi vi si fanno senza maestro, al massimo con un consigliere.     I circoli di studio sono autentiche cooperative intellettuali, nelle quali     ciascuno è insieme maestro e alunno. Fra i membri regna il cameratismo più     assoluto, che mette in totale contatto le loro anime; ne deriva l'anima comune     del Sillon. E' stato definito "
un'amicizia". Anche il sacerdote, quando vi entra, abbassa l'eminente dignità del suo sacerdozio e, con una stranissima inversione dei ruoli, si fa alunno, si mete al livello dei suoi giovani amici ed è solamente un compagno.
[28] In queste abitudini democratiche e nelle teorie     sulla città ideale che le ispirano, riconoscerete, Venerabili Fratelli, la     causa segreta delle mancanze disciplinari, che avete dovuto tanto spesso rimproverare     al Sillon. Non è sorprendente che non troviate nei capi e nei loro     compagni formati in questo modo, anche se seminaristi o sacerdoti, il rispetto,     la docilità e l'ubbidienza dovuti alle vostre persone e alla vostra autorità;     che avvertiate da parte loro una sorda opposizione, e che abbiate il dispiacere     di vederli sottrarsi completamente, oppure, costretti all'ubbidienza, dedicarsi     con disgusto a opere estranee al Sillon. Voi siete il passato; essi     sono i pionieri della civiltà futura. Voi rappresentate la gerarchia, le disuguaglianze     sociali, l'autorità e l'ubbidienza: istituzioni invecchiate, di fronte alle     quali le loro anime, conquistate da un altro ideale, non si possono più piegare.     Su questo stato d'animo abbiamo la testimonianza di fatti dolorosi, capaci     di strappare le lacrime; e non possiamo, nonostante la nostra longanimità,     sottrarci a un giusto sentimento d'indignazione. Davvero! S'ispira alla vostra     gioventù cattolica la sfiducia verso la Chiesa, che ne è madre; si insegna     ad essa che, dopo diciannove secoli, non è ancora riuscita a costruire nel     mondo la civiltà sulle sue vere basi; che non ha capito le nozioni sociali     dell'autorità, della libertà, dell'uguaglianza, della fraternità e della dignità     umana; che i grandi vescovi e i grandi monarchi, che hanno creato e tanto     gloriosamente governato la Francia, non hanno saputo dare al loro popolo né     la vera giustizia, né la vera felicità, perché non possedevano l'ideale del Sillon!
[29] Il soffio della Rivoluzione è passato su ciò,     e possiamo concludere che, se le dottrine sociali del Sillon sono erronee,     il suo spirito è pericoloso e funesta la sua educazione.
[La falsa connessione fra cattolicesimo e democrazia]
[30] Ma allora, che cosa dobbiamo pensare della     sua azione nella Chiesa, di esso, il cui cattolicesimo è tanto puntiglioso     che, quasi quasi, a meno di abbracciare la sua causa, si sarebbe ai suoi occhi     un nemico interno del cattolicesimo e non si capirebbe niente del Vangelo     e di Gesù Cristo? Crediamo opportuno insistere su questo problema, perché     proprio il suo ardore cattolico ha ottenuto al Sillon, fino a questi     ultimi tempi, incoraggiamenti preziosi e illustri sostegni. Ebbene, di fronte     alle parole e ai fatti, siamo costretti a dire che il Sillon, tanto     nella sua azione quanto nella sua dottrina, non soddisfa la Chiesa.
[31] In primo luogo, il suo cattolicesimo si accorda     soltanto con la forma del governo democratico, che giudica essere la più favorevole     alla Chiesa, e, per così dire, confondersi con essa; perciò assoggetta la     sua religione a un partito politico. Non siamo tenuti a dimostrare che l'avvento     della democrazia universale non riguarda l'azione della Chiesa nel mondo;     abbiamo già ricordato che la Chiesa ha sempre lasciato alle nazioni il compito     di darsi il governo che ritengono più vantaggioso per i loro interessi. Ciò     che vogliamo affermare ancora una volta dopo il nostro predecessore, è che     vi è errore e pericolo nell'asservire per principio il cattolicesimo a una     forma di governo; errore e pericolo che sono molto più grandi quando si fa     la sintesi della religione con un genere di democrazia le cui dottrine sono     erronee. E' proprio il caso del Sillon; che, di fatto, e per una forma     politica speciale, compromettendo la Chiesa, divide i cattolici, strappa la     gioventù e anche sacerdoti e seminaristi all'azione semplicemente cattolica,     e disperde, in pura perdita, le forze vive di una parte della nazione.
[Cosmopolitismo neutrale sul piano culturale e politico]
[32] Osservate poi, Venerabili Fratelli, una stupefacente     contraddizione. Proprio perché la religione deve dominare su tutti i partiti,     invocando questo principio il Sillon si esime dal difendere la Chiesa     attaccata. Certamente la Chiesa non è scesa nell'arena politica; la vi si     è trascinata per mutilarla e per spogliarla. Il dovere di ogni cattolico non     è dunque di usare le armi politiche che ha in mano per difenderla, e anche     per forzare la politica e restare nel suo ambito e a occuparsi della Chiesa     soltanto per renderle quanto le è dovuto? Ebbene, si ha spesso il dolore di     vedere, di fronte alla Chiesa in tal modo violenta, i membri del Sillon incrociare le braccia, a meno che non trovino il loro interesse nel difenderla;     li si vede enunciare o sostenere un programma che in nessun punto, né ad alcun     grado, rivela il cattolico. Il che non impedisce che gli stessi uomini, in     piena lotta politica, sotto il colpo di una provocazione, dichiarino pubblicamente     la loro fede. Quindi non resta altro da dire che vi sono due uomini in ogni     membro del Sillon: l'individuo, che è cattolico; il membro del Sillon,     l'uomo di azione, che è neutrale.
[33] Vi fu un tempo in cui il Sillon, in     quanto tale, era formalmente cattolico. Relativamente alla forza morale, ne     conosceva soltanto una, la forza cattolica, e andava proclamando che la democrazia     sarebbe stata cattolica oppure non sarebbe stata. Venne un momento in cui     cambiò parere. Lasciò a ciascuno la sua religione o la sua filosofia. Smise     pure di qualificarsi cattolico e, alla formula: "
la democrazia sarà cattolica", sostituì quell'altra: "
la democrazia non sarà anticattolica", non più d'altronde che antiebraica o antibuddista. Fu l'epoca del più grande Sillon. Si chiamarono alla costruzione della città futura tutti gli operai di tutte le religioni e di tutte le sette. Si chiese loro unicamente di abbracciare lo stesso ideale sociale, di rispettare tutte le credenze e di portare un certo sostegno di forze morali. Certo, si proclamava, "
i capi del Sillon mettono la loro fede religiosa al di sopra di tutto. Ma possono togliere agli altri il diritto di attingere la loro energia morale là dove possono? Al contrario, essi vogliono che gli altri rispettino il loro diritto di attingerla nella fede cattolica. Essi chiedono dunque a tutti quanti vogliono trasformare la società attuale nel senso della democrazia i non respingersi reciprocamente a causa delle convinzioni filosofiche o religiose che possono separarli, ma di camminare mano nella mano, non rinunciando alle loro convinzioni, ma cercando di fare sul terreno delle realtà pratiche la prova dell'eccellenza delle loro convinzioni personali. Forse su questo terreno dell'emulazione fra anime legate a differenti convinzioni religiose o filosofiche potrà realizzarsi l'unione" (9). E nello stesso tempo si dichiarò (come lo si poteva realizzare?) che il piccolo Sillon cattolico sarebbe stato l'anima gemella del grande Sillon cosmopolita.
[34] Di recente è scomparso il nome più grande Sillon, ed è comparsa una nuova organizzazione, senza modificare, anzi     tutt'altro, lo spirito e la sostanza delle cose "
per mettere ordine nel lavoro e per organizzare le diverse forze operative. Il Sillon resta sempre un'anima, uno spirito, che si mescolerà ai gruppi e ispirerà la loro attività". E tutti i raggruppamenti nuovi, divenuti apparentemente autonomi: cattolici, protestanti, liberi pensatori, sono pregati di mettersi all'opera. "
I compagni cattolici lavoreranno fra loro in un'organizzazione speciale per istruirsi ed educarsi. I democratici protestanti e liberi pensatori faranno altrettanto da parte loro. Tutti, cattolici, protestanti e liberi pensatori avranno a cuore di armare la gioventù non per una lotta fratricida, ma per una generosa emulazione sul terreno delle virtù sociali e civiche" (10).
[35] Queste dichiarazioni e questa nuova organizzazione     dell'azione del Sillon richiedono riflessioni assai gravi.
[36] Ecco, fondata da cattolici, un'associazione     interconfessionale, per lavorare alla riforma della civiltà, opera in primo     luogo religiosa: infatti non esiste vera civiltà senza civiltà morale, e nessuna     civiltà morale senza la vera religione: è una verità dimostrata, si tratta     di un fatto storico.
E i nuovi membri del Sillon non potranno     addurre a pretesto che lavoreranno soltanto "
sul terreno delle realtà pratiche" dove non ha importanza la diversità delle credenze. Il loro capo sente tanto bene l'influenza delle convinzioni dello spirito sul risultato dell'azione, che li invita, a qualsiasi religione essi appartengano, a "
dare, sul terreno delle realtà pratiche, la prova dell'eccellenza delle loro convinzioni personali". E a ragione, perché le realizzazioni pratiche rivestono il carattere delle convinzioni religiose, come le membra di un corpo, fino alle ultime estremità, ricevono la forma dal principio vitale che lo anima.
[Organizzazioni che riuniranno tutte le religioni sulla base di una religione universale?]
[37] Detto questo, che cosa bisogna pensare della     promiscuità in cui si troveranno coinvolti i giovani cattolici con eterodossi     e con non credenti di ogni genere, in un'opera di questa natura? Per loro,     non è mille volte più pericolosa di un'associazione neutrale? Che cosa dobbiamo     pensare di questo appello a tutti gli eterodossi e a tutti i non credenti     a provare l'eccellenza delle loro convinzioni sul terreno sociale, in uno     speciale concorso apologetico, come se questo concorso non durasse da diciannove     secoli, in condizioni meno pericolose per l fede dei fedeli e del tutto onorevoli     per la Chiesa cattolica? Che cosa dobbiamo pensare di questo rispetto per     tutti gli errori e della strana esortazione, fatta da un cattolico a tutti     i dissidenti, a fortificare le loro convinzioni con lo studio e a farne sorgenti     sempre più abbondanti di forze nuove? Che cosa dobbiamo pensare di un'associazione     in cui tutte le religioni e perfino il "libero pensiero" possono     manifestarsi apertamente, a loro piacimento? Infatti, i membri del Sillon che nelle conferenze pubbliche e altrove proclamano con fierezza la loro     fede individuale, non hanno certamente intenzione di chiudere la bocca agli     altri e d'impedire al protestante di affermare il suo protestantesimo e allo     scettico il suo scetticismo. Infine, che cosa pensare di un cattolico che,     entrando nel suo circolo di studio, lascia il suo cattolicesimo fuori dalla     porta, per non spaventare i suoi compagni che "
sognando un'azione sociale disinteressata, si rifiutano di farla servire al trionfo di interessi, di faziosità oppure di convinzioni, qualunque esse siano"? Tale è la professione di fede del nuovo comitato democratico di azione sociale, che ha ereditato la maggior parte del ruolo dell'organizzazione precedente, e che, esso stesso dice, "
rompendo l'equivoco costruito intorno al più grande Sillon, tanto negli ambienti reazionari che negli ambienti anticlericali", è aperto a tutti gli uomini "
rispettosi delle forze morali e religiose e convinti che non è possibile alcuna autentica emancipazione sociale senza il fermento di un generoso idealismo".
[38] Si, ahimé!, l'equivoco è rotto; l'azione sociale     del Sillon non è più cattolica; il membro del Sillon, in quanto     tale, non lavora per una fazione, e "
la Chiesa- afferma -
non saprebbe a nessun titolo beneficiare delle simpatie che la sua azione potrebbe suscitare". Insinuazione davvero strana! Si teme che la Chiesa approfitti dell'azione sociale del Sillon con uno scopo egoistico e interessato, come se tutto quanto favorisce la Chiesa non favorisse l'umanità! Strano capovolgimento delle idee: la beneficiaria dell'azione sociale sarebbe la Chiesa, come se i più grandi economisti non avessero riconosciuto e dimostrato che l'azione sociale, per essere seria e feconda, deve beneficiare della Chiesa. Ma sono ancor più strane, nello stesso tempo spaventose e rattristante, l'audacia e la leggerezza di spirito di uomini che si dicono cattolici, che sognano di rifare la società in simili condizioni e di stabilire sulla terra, al di sopra della Chiesa cattolica, "
il regno della giustizia e dell'amore", con operai venuti da ogni parte, di tutte le religioni oppure senza religione, con o senza credenze, purché dimentichino quanto li divide, le loro convinzioni religiose e filosofiche, e mettano in comune quanto li unisce, un generosi idealismo e forze morali prese "
dove possono". Quando si pensa a tutto quanto è necessario in forze, in scienza, in virtù soprannaturali per istituire la città cristiana, e alle sofferenze di milioni di martiri, e alle illuminazioni dei Padri e dei Dottori della Chiesa, e alla dedizione di tutti gli eroi della carità, e a una potente gerarchia nata dal Cielo, e ai fiumi di grazia divina, e il tutto edificato, collegato, compenetrato dalla Vita e dallo Spirito di Gesù Cristo, la Sapienza di Dio, il Verbo fatto uomo; quando si pensa, diciamo, a tutto questo, si è spaventati nel vedere nuovi apostoli intestardirsi a fare di meglio mettendo in comune un vago idealismo e virtù civiche. Che cosa produrranno? Che cosa sta per uscire da questa collaborazione? Una costruzione puramente verbale e chimerica, in cui si vedranno luccicare alla rinfusa e in una confusione seducente le parole di libertà, di giustizia, di fraternità e di amore, di uguaglianza e di umana esaltazione, il tutto basato su una dignità umana male intesa. Si tratterà di un'agitazione tumultuosa, sterile per il fine proposto e che avvantaggerà gli agitatori di masse meno utopisti. Sì, davvero si può dire che il Sillon scorta il socialismo, con l'occhio fisso su una chimera.
[39] Temiamo che vi sia ancora di peggio. Il risultato     di questa promiscuità nel lavoro, il beneficiario di quest'azione sociale     cosmopolitica, può essere soltanto una democrazia che non sarà né cattolica,     né protestante, né ebraica; una religione (siccome il movimento del Sillon,     i capi l'anno detto, è una religione) più universale della Chiesa cattolica,     che riunirà tutti gli uomini divenuti finalmente fratelli e compagni, nel     "regno di Dio". - "
Non si lavora per la Chiesa: si lavora per l'umanità".
[40] E ora, pervasi dalla più viva tristezza, ci     domandiamo, Venerabili Fratelli, che cos'è diventato il cattolicesimo del Sillon. Ahimé!, esso che, in altri tempidava tanto belle speranze,     una tale fiume limpido e impetuoso è stato captato, nel suo corso, dai moderni     nemici della Chiesa e d'ora innanzi forma solo un misero affluente del grande     movimento di apostasia , organizzato, in tutti i paesi, per l'instaurazione     di una Chiesa universale, che non avrà né dogmi, né gerarchia, né regole per     lo spirito, né freno per le passioni, e che, con il pretesto della libertà     e della dignità umana, ristabilirebbe nel mondo, qualora potesse trionfare,     il regno legale dell'astuzia e della forza, e l'oppressione dei deboli, di     quelli che soffrono e che lavorano.
[III. Giudizio complessivo ed esortazioni]
[Illuminismo e spirito della Rivoluzione]
[41] Conosciamo fin troppo le cupe officine, in     cui si elaborano queste dottrine deleterie, che non dovrebbero sedurre spiriti     chiaroveggenti. I capi del Sillon non hanno potuto difendersene; l'esaltazione     dei loro sentimenti, la cieca bontà del loro cuore, il loro misticismo filosofico,     mescolato con una componente illuministica, li hanno trascinati verso un nuovo     vangelo, nel quale hanno creduto di vedere il vero Vangelo del Salvatore,     al punto che osano trattare Nostro Signore gesù Cristo con una familiarità     assolutamente irrispettosa e che, poiché il loro ideale è imparentato con     quello della Rivoluzione, non temono di fare collegamenti blasfemi fra il     Vangelo e la Rivoluzione, che non hanno la scusa di essere sfuggiti a qualche     tumultuosa improvvisazione.
[Vangelo e società idealizzata]
[42] Vogliamo attirare la vostra attenzione, Venerabili     Fratelli, su questa deformazione del Vangelo e del carattere sacro di Nostro     Signore Gesù Cristo, Dio e Uomo, praticata nel Sillon e altrove. In     altri ambienti è di moda, quando si tocca la questione sociale, mettere anzitutto     da parte la Divinità di Gesù Cristo, e poi parlare soltanto della sua sovrana     mansuetudine, della sua compassione per tutte le miserie umane, delle sue     pressanti esortazioni all'amore del prossimo e alla fraternità. Certo, Gesù     ci ha amati di un amore immenso, infinito, ed è venuto sulla terra a soffrire     e a morire affinché, riuniti attorno a Lui nella giustizia e nell'amore, animati     dai medesimi sentimenti di carità reciproca, tutti gli uomini vivano nella     pace e nella felicità. Ma, per la realizzazione di questa felicità temporale     ed eterna, Egli ha posto, con un'autorità sovrana, la condizione che si faccia     parte del suo gregge, che si accetti la sua dottrina, che si pratichi la virtù     e che ci si lasci ammaestrare e guidare da Pietro e dai suoi successori. Inoltre,     se Gesù è stato buono con gli smarriti e con i peccatori, non ha rispettato     le loro convinzioni erronee, per quanto sincere sembrassero; li ha tutti amati     per istruirli, per convertirli e per salvarli. Se ha chiamato a Sé, per consolarli,     quanti piangono e soffrono, non è stato per predicare loro l'invidia di un'uguaglianza     chimerica. Se ha sollevato gli umili, non è stato per ispirare loro il sentimento     di una dignità indipendente e ribelle all'ubbidienza. Se il suo Cuore traboccava     di mansuetudine per le anime di buona volontà, ha saputo ugualmente armarsi     di una santa indignazione contro i profanatori della casa di Dio, contro i     miserabili che scandalizzano i piccoli, contro le autorità che opprimono il     popolo sotto il carico di pesanti fardelli, senza muovere un dito per sollevarli.     Egli è stato tanto forte quanto dolce; ha rimproverato, minacciato, castigato,     sapendo e insegnandoci che spesso il timore è l'inizio della saggezza e che     a volte conviene tagliare un membro per salvare il corpo. Infine, non ha annunciato     per la società futura il regno di una felicità ideale, da cui sarebbe bandita     la sofferenza; ma, con le sue lezioni e i suoi esempi, ha tracciato il cammino     della felicità possibile sulla terra e della felicità perfetta in Cielo: la     via regale della Croce. Sono insegnamenti che si avrebbe torto ad applicare     soltanto alla vita individuale in vista della salvezza eterna; sono insegnamenti     eminentemente sociali e ci mostrano in Nostro Signore Gesù Cristo una realtà     ben diversa da un umanitarismo senza consistenza e senz'autorità.
[Il fondamento per la soluzione della questione sociale: l'adempimento dei doveri sociali e la giusta organizzazione della società secondo prospettive realistiche]
[43] Da parte vostra, Venerabili Fratelli, continuate     attivamente l'opera del Salvatore degli uomini, con l'imitazione della sua     dolcezza e della sua forza. Siate attenti a tutte le miserie; nessun dolore     sfugga alla vostra sollecitudine pastorale, nessun lamento vi trovi indifferenti.     Ma predicate anche coraggiosamente i loro doveri ai grandi e ai piccoli; spetta     a voi formare la coscienza del popolo e dei pubblici poteri. La questione     sociale sarà decisamente prossima alla soluzione quando gli uni e gli altri,     meno esigenti sui loro reciproci diritti, compiranno più precisamente i loro     doveri. 
[44] Inoltre, come nel conflitto degli interessi,     e soprattutto nella lotta con forze disoneste, la virtù di un uomo, la sua     stessa santità non è sempre sufficiente per garantirgli il pane quotidiano,     e i meccanismi sociali dovrebbero essere organizzati in modo tale che, con     la loro attività naturale, paralizzino gli sforzi dei cattivi e rendano accessibile     a ogni buona volontà la sua parte legittima di felicità temporale, desideriamo     vivamente che prendiate una parte attiva nell'organizzazione della società     a questo fine. Per questo scopo poi, mentre i vostri sacerdoti si dedicheranno     con ardore al lavoro della santificazione delle anime, della difesa della     Chiesa, e alle opere di carità propriamente dette, voi ne sceglierete alcuni,     attivi e di spirito prudente, dotati della qualifica di dottore in filosofia     e in teologia, e che possiedano perfettamente la storia della civiltà antica     e moderna, e li applicherete agli studi meno elevati e più pratici della scienza     sociale, per metterli, a tempo opportuno, alla testa delle vostre opere di     azione cattolica. Tuttavia questi sacerdoti non si facciano deviare, nel dedalo     delle opinioni contemporanee, dal miraggio di una falsa democrazia; non prendano     a prestito della retorica dei peggiori nemici della Chiesa e del popolo un     linguaggio enfatico, pieno di promesse tanto sonore quanto irrealizzabili.     Abbiamo la convinzione che la questione sociale e la scienza sociale non sono     nate ieri; che in ogni tempo la Chiesa e lo Stato, felicemente concertati,     hanno suscitato a questo scopo organizzazioni feconde; che la Chiesa, che     non ha mai tradito la felicità del popolo con alleanze compromissorie, non     deve distaccarsi dal passato e che le basta riprendere con la collaborazione     dei veri operai della restaurazione sociale, gli organismi infranti dalla     Rivoluzione e adattarli, nel medesimo spirito cristiano che li ha ispirati,     al nuovo ambiente creato dall'evoluzione materiale della società contemporanea:     infatti i veri amici del popolo non sono né rivoluzionari, né novatori, ma     tradizionalisti.
[45] A quest'opera sommamente degna del vostro     zelo pastorale, desideriamo che la gioventù del Sillon, liberata dai     suoi errori, lungi dal porvi ostacolo, vi apporti, nell'ordine e nella sottomissione     convenienti un concorso leale ed efficace. 
[Orientamenti per i membri del movimento del Sillon]
[46] Rivolgendoci dunque ai capi del Sillon con la fiducia di un Padre che parla ai suoi figli, chiediamo loro per il     loro bene, per il bene della Chiesa e della Francia, di cedervi il loro posto.     Certamente ci rendiamo conto della portata del sacrificio che sollecitiamo     da loro, ma li sappiamo anche sufficientemente generosi da compierlo, e, anticipatamente,     in nome del Nostro Signore Gesù Cristo, di cui siamo l'indegno rappresentante,     per questo li benediciamo. Quanto ai membri del Sillon, vogliamo che     si organizzino per diocesi allo scopo di lavorare, sotto la direzione dei     rispettivi vescovi, alla rigenerazione cristiana e cattolica del popolo, contemporaneamente     al miglioramento della sua condizione. Per il momento, questi gruppi diocesani     saranno indipendenti gli uni dagli altri; e allo scopo di sottolineare che     hanno rotto con gli errori del passato, prenderanno il nome di Sillon cattolici e ciascuno dei loro membri aggiungerà alla sua qualifica di "membro del Sillon" lo stesso aggettivo di cattolico. Resta indiscusso     che ogni membro del Sillon cattolico conserverà la libertà di mantenere     d'altra parte le sue preferenze politiche, epurate di tutto quanto no sia     completamente conforme, in questa materia, alla dottrina della Chiesa. Se     tuttavia, Venerabili Fratelli, dei gruppi rifiutassero di sottomettersi a     queste condizioni, dovreste considerarvi, per questo, in stato di rifiuto     di sottomettersi alla vostra direzione; e, allora, vi sarebbe da esaminare     se essi si limitano alla politica o all'economia pura, o se perseverano nei     loro vecchi sbandamenti. Nel primo caso, è chiaro che non dovreste occuparvene     più che dei comuni fedeli; nel secondo, dovreste agire di conseguenza, con     prudenza, ma con fermezza. I sacerdoti dovranno mantenersi completamente al     di fuori dei gruppi dissidenti e si limiteranno a fornire il soccorso del     santo ministero individualmente ai loro membri, applicando loro al tribunale     della Penitenza le regole comuni della morale relativamente alla dottrina     e alla condotta. Quanto ai gruppi cattolici, i sacerdoti e i seminaristi,     pur favorendoli e assecondandoli, si asterranno dall'aderirvi come membri,     perché è giusto che la milizia sacerdotale resti al di sopra delle associazioni     laiche, anche le più utili e animate dallo spirito migliore. 
[Conclusione]
[47] Tali sono le misure pratiche, con le quali     abbiamo creduto necessario sanzionare questa lettera sul Sillon e sui     suoi aderenti. Voglia il Signore, e noi lo preghiamo dal fondo dell'anima,     far comprendere a questi uomini e a questi giovani le gravi ragioni che l'hanno     dettata, dia loro la docilità del cuore, e il coraggio di provare, di fronte     alla Chiesa, la sincerità del loro fervore cattolico; e ispiri a voi, Venerabili     Fratelli, per loro, che ormai sono vostri, i sentimenti di un affetto assolutamente     paterno.
[48] In questa speranza, e per ottenere questi     tanto desiderabili risultati, vi accordiamo di tutto cuore, come al vostro     clero e al vostro popolo, la Benedizione Apostolica.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 agosto 1910,     nell'anno ottavo del Nostro Pontificato
Note:
(1) "[.] 
dispares tueatur ordines, sane proprios bene constitutae civitatis; eam denum humano convictui velit formam atque indolem esse, qualem Deus auctor indidit" (Leone XIII Enciclica Graves de communi [del 18-1-1901, in ASS, vol. XXXIII, p.387])
(2) "
Hinc imperium penes plebem in civitate velint esse, ut, sublatis ordinum gradibus aequatisque civibus, ad bonorum etiam inter eos aequalitatem sit gressus" (ibidem): "
Per questo vogliono che il potere nella città sia in mano al popolo, affinché, soppresse le classi sociali e livellati i cittadini, si apra fra loro la via anche all'uguaglianza dei beni"
(3) "
Instaurare tutte le cose in Cristo" (Ef. 1, 10); l'espressione paolina fu assunta da Papa san Pio X come divisa del suo pontificato.
(4) "
Immo recentiores perplures, eorum vestigiis ingredientes qui sibi superiore saculo philosophorum nomen inscripserunt, omnem inquiunt potestatem a populo sibi mandatam, et hac quidem lege, ut populi ipsius voluntate, a quo mandata est, revocari possit. Ab his vero dissentium catholici homines, qui jus imperandi a deo repetunt velut a naturali necessarioque principio" (Leone XIII, Enciclica Diuturnum illud, del 29-6-1881, in ASS, vol. XIV, p.4)
(6) "
Interest autem attendere hoc loco, eos, qui reipublicae praefuturi sint, posse in quibusdam causis voluntate iudicioque deligi multitudinis, non adversante neque repugnante doctrina catholica. Quo sane delectu designatur princeps, non conferuntur iura principatus: neque mandatur imperium, sed statuitur a quo sit gerendum" (Leone XIII, Enciclica Diuturnun illud, cit., pp.4-5)
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
