lunedì 11 ottobre 2010

Mons. Fellay intervistato da "La Porte Latine"




Mons. Bernard Fellay, Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X dal 1994, ha voluto concederci un’intervista esclusiva in occasione dei 40 anni dalla fondazione dell’opera di restaurazione iniziata da Mons. Marcel Lefebvre.
Come sua abitudine, Monsignore ha risposto alle nostre domande con formulazioni brevi e precise, ove ogni parola ha la sua importanza.
Voglia egli ricevere l’espressione dei nostri calorosi e rispettosi ringraziamenti per questa intervista e per il maggior lavoro che essa gli ha procurato.


La Porte Latine – Quarant’anni fa, il 1 novembre 1970, Mons. Lefebvre faceva riconoscere dal vescovo di Friburgo la Fraternità Sacerdotale San Pio X. Come considera questi quattro decenni?

Mons. Fellay – Questi quarant’anni rimarranno nella storia della Chiesa come un periodo doloroso di decadenza, di perdita di influenza sul mondo contemporaneo e sulle nazioni. Indubbiamente è difficile fare un bilancio del tempo in cui si vive, ma non vedo come si possa fare a meno di esprimere un giudizio negativo. In questo contesto, la nostra piccola opera appare come un raggio di luce in mezzo alle tenebre, un'oasi nel deserto, una piccola zattera in pieno naufragio. Per noi, sono tempi indimenticabili e assai fantastici, certo cosparsi di lacrime e di prove, ma in cui domina la gioia.

La Porte Latine – A metà strada di questi quarant’anni, si sono verificati due grandi avvenimenti nella storia della Fraternità: le consacrazioni episcopali nel 1988 e la sparizione di Mons. Lefebvre nel 1991. Vi è quindi stato un prima e un dopo. Si tratta di due periodi da opporre?

Mons. Fellay – Io non vi vedo due periodi, ma una continuità. La nostra cura a rimanere fedeli alle linee forniteci dal nostro venerato fondatore ha svolto probabilmente un qualche ruolo. Del pari, il fatto che le circostanze esteriori siano rimaste, anch’esse, quasi le stesse, ha contribuito enormemente a questa continuità. Nulla ci obbliga o ci spinge ad agire in maniera diversa: al contrario, i giudizi di Mons. Lefebvre erano così profondi che rimangono perfettamente validi. E questo è del tutto rimarchevole!

La Porte Latine – La Fraternità è un’opera che si stabilizza oppure vi sono dei nuovi apostolati che continuano ad aprirsi attraverso il mondo?

Mons. Fellay – Lo sviluppo non è folgorante, per mancanza di sacerdoti. Ma è notevole per alcuni passi avanti, soprattutto nei paesi di missione. Attualmente, l’Africa ci chiama da posti diversi e noi abbiamo della difficoltà a rispondere, poiché non abbiamo tanti operai per la messe. È anche certo che se avessimo più sacerdoti a disposizione potremmo conoscere degli ampliamenti prodigiosi in Asia. Ma peraltro, occorre sottolineare lo sviluppo interno delle opere già esistenti, che è molto costante.

La Porte Latine – Tutti questi anni costituiscono anche un tempo di carità spirituale, vissuta con delle comunità religiose che hanno accompagnato l’ideale di restaurazione della Fraternità. Come accoglie tale sostegno?

Mons. Fellay – Lo riceviamo e lo diamo. Questo mutuo sostegno delle opere tradizionali è molto confortante. In una situazione di quasi persecuzione come la nostra, questa intesa tra noi è vitale.

La Porte Latine – Al tempo stesso, questi quarant’anni sono stati cosparsi da difficoltà note a tutti. Certi sacerdoti, talvolta figure importanti, certi religiosi o fedeli, alcuni con uno strappo, altri per stanchezza, hanno smesso di sostenere la Fraternità. Come bisogna valutare queste separazioni?

Mons. Fellay – Una delle immagini migliori per illustrare la sua domanda sarebbe quella della guerra, o di un assalto durante il quale gli uomini cadono sotto il fuoco a destra e a manca, eppure non c’è altra scelta che continuare nell’assalto. Vi è un aspetto estremamente duro nella guerra, la nostra epoca è senza misericordia per chi cade. La sofferenza è grande tanto per quelli che ci lasciano quanto per noi che li vediamo partire senza modo di trattenerli.

La Porte Latine – Esistono nel contempo dei sacerdoti e delle comunità religiose che, comprendendo il ruolo della Fraternità per la Chiesa, si mettono in contatto con voi?

Mons. Fellay - Sì, abbiamo anche questa consolazione. Non passa un mese senza che alla nostra porta bussi, qui un seminarista, là un sacerdote o un religioso. Qualche volta si tratta di un semplice contatto, altre volte si tratta di un passo decisivo verso di noi. Vi sono anche, ma è più raro, dei vescovi e delle intere congregazioni che ci manifestano la loro simpatia o anche più.

La Porte Latine – Viaggiando in tutti i continenti, Lei sentirà parlare della Fraternità e di Mons. Lefebvre nei modi più diversi. Il fondatore e la sua opera sono sempre oggetto di un certo sospetto o le cose sono cambiate dal 1970?

Mons. Fellay – Non v’è stata una vera evoluzione, a parte alcune eccezioni. Mi sembra che sia sorprendente constatare che, nel mondo intero, la Fraternità viene ricevuta quasi alla stessa maniera, e cioè vilipesa dalla grande maggioranza dei vescovi e apprezzata da un piccolo gregge di anime che vogliono rimanere fedeli. Io credo che si tratti di una buona illustrazione dell’estensione della crisi e della sua profonda unità di natura.

La Porte Latine – Percepisce anche dei cambiamenti a Roma? L’attività dell’opera di Mons. Lefebvre ha avuto un effetto sugli alti organi della Chiesa?

Mons. Fellay – A Roma, un certo cambiamento nei nostri confronti lo si nota, benché non abbia ancora un grande effetto. Mi sembra che il nostro lavoro sia apprezzato da certuni, mentre è detestato da altri. Le reazioni nei nostri confronti sono molto contrastanti. Si vede bene che vi sono due ambiti, uno favorevole e l’altro ostile, cosa che rende le relazioni molto difficili, poiché ci si chiede sempre chi avrà l’ultima parola. Tuttavia, resta il fatto che coloro che vogliono essere fedeli al Papa ci considerano con rispetto e si aspettano molto da noi per la Chiesa. Ma da qui a vedere degli effetti concreti, bisognerà pazientare ancora!

La Porte Latine – Quarant’anni sono, ad un tempo, molto pochi, eppure molto lunghi per un gran numero di fedeli che non hanno alcun ricordo del Vaticano II. Non si rischia, via via che ci si allontana dal Concilio, di vivere su un certo adagiarsi, tra sacerdoti o fedeli che si accontentano della nostra situazione?

Mons. Fellay – Indubbiamente, esiste il pericolo di appartarsi in una certa autonomia pratica. Una gran parte di questa attitudine dev’essere attribuita alla situazione in cui ci troviamo, quella di una Tradizione rigettata. È per questo che cerchiamo di allargare la visuale e l’attenzione dei fedeli parlando loro della Chiesa e di Roma. È molto importante conservare uno spirito romano. Il nostro attaccamento a Roma non dev’essere simbolico, ma molto concreto. Questa situazione è anche una prova per la nostra fede nella Chiesa.

La Porte Latine – Un anno fa sono iniziati i colloqui dottrinali tra gli esperti della Santa Sede e della Fraternità. Sappiamo bene che una grande discrezione circonda queste relazioni e che molti fedeli pregano per una riuscita felice. Senza parlare dell’argomento di fondo, ci si deve attendere prossimamente uno scacco ineluttabile o, al contrario, una incontestabile restaurazione?

Mons. Fellay - Visto l’andamento di questi colloqui, io non penso che sfoceranno in una brusca rottura o in una repentina soluzione. Si scontrano due mentalità, ma la volontà di stabilire una discussione – a livello teologico – è molto reale. È per questo che, seppure lo sviluppo rischia di essere lungo, i frutti potrebbero essere quanto meno promettenti.

La Porte Latine – Da questi colloqui, bisogna attendersi una ferma condanna del Concilio da parte di Roma oppure bisognerà infine accettare il Concilio senza recalcitrare? Come immaginare l’uscita da una tale crisi magisteriale?

Mons. Fellay – Mi sembra che se un giorno arriverà una condanna del Concilio, non sarà domani. Si delinea molto chiaramente una volontà di correzione dell’attuale situazione. Sullo stato presente della Chiesa, particolarmente grave, i nostri giudizi si incontrano in diversi punti, tanto sulla dottrina quanto sulla morale e la disciplina. Tuttavia la tendenza dominante a Roma consiste sempre nell’esonerare il Concilio: non si vuole risalire fino al Concilio, si cercano altre cause, ma soprattutto si esclude il Concilio! Vista la psicologia corrente, sembra che sarebbe più facile superarlo ricordando molto semplicemente l’insegnamento irrefutabile della Chiesa, lasciando a più tardi la condanna diretta. Io credo che nell’attuale contesto una condanna sarebbe semplicemente incompresa.

La Porte Latine – In una recente opera, Concilio ecumenico Vaticano II, un discorso da fare, un teologo romano, Mons. Gherardini, ha delineato un quadro assai allarmante della Chiesa. Egli lascia intendere che una lettura del Concilio nella continuità con la Tradizione non è cosa chiaramente scontata e lancia un appello solenne al Papa perché si effettui un grande lavoro di chiarificazione magisteriale. Come si deve accogliere questo scritto?

Mons. Fellay – Non bisogna considerarlo uno scritto che viene da noi o che sarebbe destinato a noi. No, esso è diretto ai cattolici in genere e alla Gerarchia in carica. Considerata in questa prospettiva, quest’opera riveste una grande importanza, poiché introduce una messa in questione del Concilio così com’è stato ricevuto. Si tocca un tabù. Quando lo facciamo noi, scateniamo nei nostri interlocutori un moto di difesa che blocca ogni discussione. Ma quando il colpo parte dall’interno, esso mette in questione molte cose. Ne ricavo che questo libro è oggettivamente importante e che potrebbe essere una delle scintille suscettibili di scatenare un grande incendio.

La Porte Latine – Vi è un messaggio preciso che vorrebbe indirizzare ai sacerdoti e ai fedeli della Fraternità in Francia?

Mons. Fellay – In occasione dei nostri quarant’anni, la fedeltà! Fedeltà, garanzia del futuro. Fedeltà nelle piccole cose, garanzia di fedeltà nelle grandi. E soprattutto non scoraggiarsi se la battaglia dovrà ancora continuare per molto tempo, che è quello che tutto lascia presagire; al contrario, occorre rincorarsi per avanzare nell’opera di restaurazione della Chiesa.

+ Mons. Bernard Fellay
Menzingen, 7 ottobre 2010
Festa di Maria Santissima del Santo Rosario