giovedì 16 giugno 2011

Socci e la "Guerra contro Gesù"


Et íterum ventúrus est cum glória, iudicáre vivos et mórtuos

Nemici ben armati e molto fuoco amico, il De bello cristico secondo Socci

di Tommaso Ricci
Prendete, ad esempio, uno come Henri Labroue. Nel 1942 questo professore, già frammassone gauchiste, vuole pubblicare in Francia il suo “Voltaire antijuif”, copiosa raccolta di citazioni antiebraiche del vate illuminista par excellence, per dimostrare agli occupanti nazisti che lo spirito francese più genuino nulla ha da invidiare a quello germanico quanto a pulsioni antisemite.
Ma il suo servilismo verso i teutonici hitleriani risulta eccessivo perfino per le autorità di Vichy e così Labroue, per la pubblicazione, deve ricorrere all’intercessione del ministro tedesco per la propaganda Goebbels. Oppure prendete Paul Louis Couchoud, filosofo anticlericale impegnato a sciogliere nell’acido culturale gnostico la figura di Gesù Cristo (“L’idea che Dio si sia incarnato… ci urta… è inammissibile” sentenzia); ebbene questo pozzo di scienza, amico di Jean Guitton, abbandona radicalmente il suo scetticismo antisoprannaturale al cospetto della mistica contadina Marthe Robin. “Di quello che preghi, mi giunge il profumo. Non dimenticarti di me, o piena di vita” finirà per scriverle.
Pullula di personaggi bizzarri e sorprendenti il campo di battaglia disegnato da Antonio Socci nella “Guerra contro Gesù” (Rizzoli, 441 pp.), eccellente saggio di letteratura bellica che il giornalista e polemista senese ha covato fin dagli anni della sua gioventù, quando dalle pagine del mensile 30Giorni, prese a scagliarsi con furore achilleo contro i fortini religiosamente protetti di certa esegesi, anche cattolica. Al loro interno – scoprì già allora con orrore Socci – invece di rinvenire e setacciare criticamente le innumerevoli pepite d’oro utili a far risplendere la misteriosa figura di quel galileo che duemila anni fa si presentò al mondo pretendendo di essere Dio, le varie discipline storiche e teologiche venivano al contrario utilizzate (e in modo spesso antiscientifico) per oscurare, vaporizzare o sezionare il nazareno Gesù.
E allora ci si è messo di buzzo buono Socci per realizzare una planimetria il più possibile chiara ed esplicativa di questa campagna contra personam: ne è sortito un De bello cristico che illustra con impressionante nitidezza attaccanti, difensori, strategie, alleanze, colpi bassi, incongruenze, menzogne e cellule di resistenza di questa guerra poco santa e totale. E’ in corso da circa tre secoli questo conflitto anti Gesù – non sempre dichiarato, anzi talvolta ostentato come operazione demistificatoria e purificatrice.
C’è molto fuoco nemico, Voltaire in primo luogo con la sua aura di patrono della tolleranza (neanche quella frase sempre citata: non sono d’accordo con le tue opinioni ma darei la mia vita bla bla bla… è sua!); tra i tiratori scelti c’è anche Alfred Rosenberg, il teorico del nazionalsocialismo (vi scongiuro, professori di liceo e di università, fatelo studiare, vi assicuro che merita, è altamente istruttivo e vi garantisco l’attenzione spasmodica dei vostri studenti!) col suo “Il mito del XX secolo”, testo cruciale per comprendere il secolo breve.
Ma poi c’è tanto, tantissimo fuoco amico; e la guerra intra moenia è la più pericolosa e sconfortante, ci sono nomi (questi non oso scriverli, fanno cadere le braccia) altisonanti, ci sono purpuree intelligenze col “nemico” che scoraggerebbero il più pugnace dei temperamenti. Non così Socci che va beatamente avanti nel suo saggiotenzone incontrando – ecco il lato consolante del libro – anche menti libere, cattoliche e non, che viceversa riconoscono alla storia delle storie, quella di Gesù Cristo, quel briciolo di fondatezza “scientifica” e di certezza morale che si può ricavare col nostro limitato ma pur sempre splendido intelletto di uomini. Perché va bene il Deus absconditus, va bene che Nostro Signore lascia a ciascuno una via di fuga per non credere, va bene che la fede in Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo è un dono di Grazia, però alzare polveroni pseudoscientifici, nebbioni modernisti e muraglioni di pregiudizi invece di illuminare col sano uso della ragione (anch’essa dono del Creatore!) ciò che appare incerto, intricato e oscuro, questo non va assolutamente bene, vuol dire accecare invece di rischiarare. Si obietterà, la sabbia negli occhi è un trucco classico per mettere ko l’avversario, che c’entra con le dotte controversie sul “Gesù della storia e il Cristo della fede” qui sul tavolo? Appunto, è la controbiezione che sottosta all’intero libro di Socci: qui altro che diatribe specialistiche apparentemente astratte tra esegeti, papirologi, grecisti, archeologi, teologi e antichisti in genere, qui siamo di fronte a uno scontro culturale colossale. Il dibattito accademico su frammenti, geroglifici, documenti falsi e autentici (nei primi secoli dell’era cristiana non ci si battè forse sanguinosamente pro e contro un semplice iota?) cela una guerra che intacca le fondamenta della nostra civiltà, che coinvolge tutti e spinge ciascuno a prendere posizione. Quello di Socci è un sonoro rintocco contro il sonno della ragione.

Tratto da Il Foglio del 14 giugno 2011