giovedì 7 giugno 2012

"Bisogna riformare Roma con Roma" anche nel senso giusto

Padre Juan-Carlos Iscara, professore nel Seminario San Tommaso d'Aquino, a Winona (Stati Uniti), ha redatto rivolgendole ai suoi colleghi ed amici, alcune riflessioni personali sulle relazioni attuali tra il Fraternità San Pio X e Roma. Le riproponiamo, condividendole, con i nostri lettori.

La storia ci indica, non ciò che sarebbe dovuto accadere se fossimo vissuti nel migliore dei mondi, ma esattamente ciò che si è prodotto di fatto: la realtà e non le costruzioni dello spirito.
Apprendendo dalla storia come le crisi della chiesa sono state risolte nel passato, l'attesa e/o l'esigenza di un'inversione totale delle posizioni attuali di Roma come condizione preliminare alla nostra « ri-unione » sembra essere utopica ed illusoria. Certi sembrano aspettare che il papa cada in ginocchio, piangendo il suo mea culpa, scusandosi davanti al mondo intero e rinnegando tutto ciò che è stato fatto dal Vaticano II. In effetti, nel passato nessuna delle crisi della chiesa si è risolta in modo tanto chiaro. Roma non ha mai ritrattato nulla esplicitamente, né ha mai ammesso di aver commesso degli errori.
Qualche anno fa siamo stati giustamente sconcertati proprio quando Giovanni Paolo II ha chiesto scusa per le malefatte commesse dagli ecclesiastici nel passato. Perché dovrei adesso, come ciò mi conviene, così esigere o anche aspettare simili pentimenti per mettere un termine a questa crisi?

Nel passato certamente sono stati commessi errori di diverso genere, ma la storia insegna che il modo romano di trattarli è stato il silenzio e l'oblio. Roma ha spesso agito anche come se ciò che era confutabile, non fosse stato mai detto né fatto. Ad esempio, sotto Paolo VI, ci si è detto che la messa tradizionale era stata abrogata. Ciò sembrava essere la fine. Ma, alcuni anni, dopo, Giovanni Paolo II ha accordato un indulto per celebrarla, un « favore » probabilmente, ma che implicava - senza affermarla - la sua abrogazione precedente. Adesso Benedetto XVI ci dice che non è stata mai abrogata. Qualcuno ha sentito delle scuse per le affermazioni fallaci del passato?
La storia ci mostra anche dei grandi santi che agiscono con una moderazione prudente e paziente, anche in materia dottrinale.
Ad esempio, abbiamo l'atteggiamento di San Basilio di Cesarea, ai tempi delle eresie degli ariani e degli pneumatomachi. La chiesa era in un grande sconforto dovuto all'esilio dei vescovi ortodossi ed alle persecuzioni. Per custodire la sua libertà e quella della sua chiesa, ed anche per riportare gradatamente all'ortodossia gli eretici e coloro che esitavano, san Basilio, pur rimanendo perfettamente ortodosso, ha evitato di utilizzare le formule che avrebbero provocato immediatamente l'opposizione e anche per questo, fu accusato di menzogna e di adulazione, in particolare quando, in riferimento allo Spirito Santo, adoperò l'espressione « conglorificatur » senza dire esplicitamente « consubstantialis » o « Theos » (Dio), appoggiandosi sul fatto che il concilio di Nicea non aveva detto niente sulla divinità dello Spirito Santo. San Basilio si è accontentato di esprimere l'homotimia (uguaglianza di onore e di culto) e di affermare che la Spirito Santo non è una creatura. È ciò che Sant'Atanasio e S. Gregorio di Nazanzio hanno chiamato l’« economia » di San Basilio, ma finalmente. le sue espressioni sono state recepite dal secondo concilio di Costantinopoli.
La chiesa è uscita dalle crisi, guidata da Dio che utilizza gli uomini ed i giudizi della prudenza politica.
Un esempio notorio è la fine della terribile crisi del grande scisma di occidente, risolta, e ahimè rinnovata, dal concilio di Costanza-Basilea. Già la stessa convocazione di questo concilio si fece in circostanze senza precedenti. Lo scisma fu risolto con l'elezione di Martino V, ma il concilio rimase in sessione per riformare la chiesa e scivolò velocemente verso la proclamazione della supremazia del concilio sul papa, alterando di fatto la costituzione divina della chiesa. Martino V protestò debolmente, ed il problema riapparve con una nuova intensità sotto il suo successore, Eugenio IV. Messo a confronto con l'alternativa di provocare di nuovo uno scisma o di sottoporvisi, il papa, molto suo malgrado, siglò il decreto conciliarista, ma nello stesso tempo formulò un documento segreto, la famosa Bulla Salvatoria, nel quale sottolineò che aveva firmato pressato dalle circostanze ma che non aveva avuto l'intenzione di opporsi alla dottrina cattolica o di ridurre i diritti ed i privilegi della Santa Sede. Venuto il momento, rese la Bolla pubblica, chiuse il concilio e riaffermò la sua autorità.
È bene considerare che, alla fine di quasi ogni crisi, c'è sempre un piccolo gruppo inflessibile e più rigoroso che rigetta la soluzione provvidenziale. Questi gruppi sono scivolati abitualmente nello scisma e son finiti nell'eresia prima di sparire. Notiamo, ad esempio, gli intransigenti nell'Africa del terzo secolo caduti nello scisma a causa del loro rifiuto di ricevere nella comunione quelli che si erano indeboliti e che erano caduti durante la persecuzione di Decio. I Lucifériani - [dal nome del loro capo Lucifero, vescovo di Cagliari in Sardegna ndT]- che verso la fine dell'eresia ariana nel IV secolo, hanno aderito alla definizione di Nicea, ma hanno criticato aspramente le precisazioni supplementari sancite dal 2° concilio di Costantinopoli. E, nel diciannovesimo secolo, i vescovi francesi che hanno finito per costituire la « piccola Chiesa » , scandalizzati per il « tradimento » di Roma che li privava delle loro sedi episcopali per preparare la via al concordato con Napoleone, sono caduti nello scisma ed hanno finito per negare il primato di giurisdizione del Papa.
Per i veri nemici della chiesa, tali gruppi estremisti non sono sembrati costituire un vero pericolo.
Per esempio, ad Antiochia nel quarto secolo, Euozios, vescovo ariano, ha accordato l'utilizzazione di una chiesa a Paulinos, vescovo niceno estremista consacrato da Lucifero di Cagliari, ancor più esaltato ed estremista di questi, mentre oppose più amaramente a Meletius, vescovo cattolico che, prudente e forse anche troppo moderato, è stato considerato pericoloso proprio perché affermava le dottrine di Nicea e di Costantinopoli.

(Fonte: DICI n°255 del 25/05/12)