venerdì 11 marzo 2016

Nella Chiesa ortodossa il criterio finale è sempre la coscienza dogmatica vigilante del pleroma della Chiesa che nel passato ha convalidato o considerato come "brigantaggi" addirittura dei concili ecumenici.

Tutti i nodi vengono al pettine ...
Il modo di concepire la Chiesa nella Patristica antica è molto ben definito: la Chiesa di Cristo è una (vedi il Credo Niceno-Costantinopolitano), nonostante siano da sempre esistite comunità cristiane in non comunione tra loro. I Padri hanno un pensiero netto e tranciante: al di fuori dell’unica Chiesa di Dio non c’è la Chiesa e neppure la salvezza voluta da Dio attraverso Cristo.
Nei secoli questo pensiero si è pian piano addolcito, considerando che le persone che nascono in una comunità ecclesiale non unita con “l’unica Chiesa di Cristo” non possono essere definite estranee ad una certa opera di Cristo stesso. In questo modo si ha cercato di mantenere lo spirito antico, spirito di precisione alla lettera dei Padri, con le condizioni dei tempi o le situazioni che non suggerivano un’impostazione troppo rigida.

Alla vigilia del concilio Vaticano II, nel mondo cattolico, si ereditava questo concetto tradizionale, in ultima analisi patristico, di Chiesa: la Chiesa è una e chi vuole partecipare a quest’unità deve unirsi ad essa e abbandonare quanto ostacola tale unione.
Poi tutti sanno come, attraverso vari documenti e nuovi orientamenti, si è pervenuti ad un altro concetto, concetto che ultimamente è cambiato ancora per divenire di fatto il seguente: ogni Chiesa partecipa a qualcosa della verità di Cristo, l’unione delle varie verità, quindi delle diverse Chiese tra loro, ricostituisce l’unica verità perduta. Mi sembra che alcuni sostenitori di tale idea tendano a pervenire ad un certo agnosticismo pratico, dal momento che, alla fine, la pienezza della verità non è mai da nessuna parte.

Il mondo ortodosso ha conservato fino ad oggi il concetto tradizionale e patristico di Chiesa per cui un conto è la Cristianità, che può essere divisa da chi ha credenze eterodosse, un conto è la Chiesa che, partecipando da sempre e intimamente al mistero di Cristo, non ha mai cessato di essere Una.

In questi mesi si sta preparando il Concilio panortodosso che riunirà patriarchi e vescovi ortodossi. È stato reso noto già qualche testo (vedi qui in traduzione francese) da discutere e approvare. Esso ha generato – come d’altronde immaginavo – forti critiche. Alcuni centri teologici del Patriarcato ecumenico sono noti per le loro posizioni molto avanzate all’interno dell’Ortodossia. In parole povere, essi seguono e cercano di proporre, a distanza di alcuni decenni, l’evoluzione avvenuta nel mondo cattolico. Il loro problema (per fortuna!) è che non essendoci un’autorità centrale in grado d’imporre la sua volontà, l’introduzione d’idee che si oppongono nettamente alla tradizione antica, non sarà affatto facile (*).

Sono così già avvenute diverse proteste da parte di teologi e da parte di membri della Chiesa ortodossa bulgara. La miccia, diciamo così, è stata accesa da un teologo greco, Dimitrios Tselengidis, professore di dogmatica alla Facoltà di teologia dell’università Aristotele di Salonicco.
Questo teologo osserva giustamente che non si può giustapporre la teologia patristica sulla Chiesa con alcune concezioni ecumeniche presenti, a meno di non rovinare la Chiesa stessa “la legittimazione del sincretismo ecumenistico cristiano attraverso la decisione di un concilio panortodosso sarebbe catastrofica per la Chiesa”, egli dice.
Tra l’altro aggiunge:
[Nel documento preparatorio al concilio panortodosso] è scritto che, la Chiesa ortodossa con la sua partecipazione al movimento ecumenico, “ha per obbiettivo di spianare la via che conduce all’unità”. Qui si pone una domanda: sapendo che l’unità della Chiesa è un fatto riconosciuto, che tipo di unità delle Chiese è ricercata nel contesto del movimento ecumenico? Questo forse non significa il ritorno dei cristiani occidentali alla Chiesa una e unica? Un tal significato, comunque, non traspare né nella lettera, né nello spirito dell’intero testo. Al contrario, in realtà, è data l’impressione che esiste una divisione stabilita nella Chiesa e che le prospettive dei dialoghi hanno per scopo l’unità di una Chiesa lacerata.
Bene inteso: non è fine di questo blog dichiarare a voce alta che l’Unica Chiesa è nel Cattolicesimo o nell’Ortodossia. Qui mi fermo prima e constato che nella letteratura dei santi Padri c’è un concetto ben preciso, in gran parte abbandonato in Occidente: la Chiesa è sempre stata una!
Questo concetto oramai viene messo in dubbio perfino in certe parti del mondo ortodosso e il documento in preparazione al concilio panortodosso è lo specchio di questo dato di fatto che io stesso ho lungamente verificato in alcuni esponenti ortodossi in Italia che parlano abitualmente di “Chiesa indivisa del primo millennio...”.

L’Ortodossia seguirà, dunque, i passi del mondo cattolico, oramai quasi indifferente dinnanzi agli stessi temi teologici, reputati “anticaglie” di un mondo passato? 
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(*) La mancanza di un "papa" che impone autoritativamente la sua volontà su tutta la Chiesa, sembra voler essere sostituita dalla volontà di un Concilio al quale tutta l'Ortodossia dovrebbe sottomettersi. Con questo grimaldello si cerca di introdurre novità inedite
Tuttavia, sia il teologo greco sia molti esponenti della Chiesa bulgara ricordano che non è il Sinodo in se stesso o l'autorità in se stessa a fare la verità se quest'ultima non riflette la tradizione ininterrotta della Chiesa. Nella Chiesa ortodossa il criterio finale è sempre la coscienza dogmatica vigilante del pleroma della Chiesa che nel passato ha convalidato o considerato come "brigantaggi" addirittura dei concili ecumenici. Il sistema conciliare in se stesso non assicura la giustezza della fede ortodossa. Se questo criterio fosse stato conservato anche nel mondo cattolico, invece di essere sostituito dal clericalismo impositivo, non ci sarebbero stati molti problemi...