venerdì 27 aprile 2018

Ranher il distruttore

Un sacerdote coraggioso

Come smantellare Rahner, emblema della nouvelle theologie



Il sacerdote spagnolo Jaime Mercant Simò, parroco e teologo, ha ampiamente studiato il pensiero teologico del gesuita tedesco Karl Rahner (1904-1984), l’emblema della nouvelle theologie, e ha concluso — riportando tutto nella propria tesi di dottorato — che si tratta di un pensiero agli antipodi di quello cattolico, perché deforma e falsifica la metafisica tomista. In occasione della pubblicazione della tesi di dottorato di padre Mercant (purtroppo al momento è solo in spagnolo), il sito spagnolo Adelante la Fé lo ha intervistato. Abbiamo deciso di tradurre quest’intervista, perché è fondamentale per comprendere quanto Rahner — compresi i suoi discepoli – sia dannoso e pericoloso per tutta la Chiesa.
Lunedì 26 marzo 2018 — Karl Rahner, considerato il “padre” della nouvelle theologie, ha fatto tanto danno alla retta dottrina cattolica e le sue errate concezioni teologiche e filosofiche – agli antipodi del tomismo – si sono purtroppo diffusi in ampi settori della Chiesa, protraendo la sua dannosa influenza fino ai nostri giorni.


P. Jaime Mercant
Un sacerdote coraggioso, padre Jaime Mercant Simò, per il bene della Chiesa e della cosa più sacra che Essa ha, la verità divina, ha studiato a fondo la metafisica deformata di Karl Rahner, scrivendo una tesi di dottorato. La metafisica della conoscenza di Karl Rahner: analisi dello Spirito nel mondo (Gerona: Documenta Universitaria, 2018). La tesi di dottorato, diretta dal prestigioso tomista, il rev. Don Ignacio Andereggen, ha ottenuto il massimo dei voti: eccezionale all’unanimità cum laude. Successivamente, la stessa Università gli ha conferito il premio straordinario di dottorato.
Egli è anche autore di un estratto rielaborato della tesi, in cui considera i problemi più legati alla teologia: Los fundamentos filosóficos de la teología trascendental de Karl Rahner (Roma: Casa Editrice Leonardo da Vinci, 2017). È parroco di tre parrocchie e cappellano della messa tridentina nella diocesi di Maiorca. Membro della Società Internazionale Tomás de Aquino e dottore in Studi Tomistici all’Università Abat Oliba CEU (Barcellona), specializzato in metafisica e gnoseologia tomistica. In quest’intervista, riprendendo ampiamente dalla sua tesi, analizza per Adelante la Fe chi era Rahner e approfondisce i gravissimi errori che ha commesso.
Chi era il teologo Rahner?
Era un sacerdote gesuita, nato a Friburgo (Germania) nel 1904, che a partire dal Concilio Vaticano II divenne l’idolo intellettuale di tutta la nouvelle theologie. Secondo l’indice di Albert Raffelt, ci sono circa 5012 dei suoi scritti. Sebbene alcuni di questi scritti siano ripetizioni o traduzioni, non si può negare la diligenza che Rahner aveva nello scrivere libri e articoli, nello stesso tempo in cui svolgeva un’ardua attività accademica (lezioni, conferenze, seminari, ecc.). Ora, senza mettere in discussione i suoi doni intellettuali, si può ragionevolmente dubitare che Rahner fosse o no un vero teologo cattolico.
Lui stesso ha proclamato la famosa svolta antropologica trascendentale (transzendental-anthropologische Wende) della teologia, fondendolo con una filosofia antropologica di natura trascendentale. Per Rahner, la teologia deve essere necessariamente antropologia e, per questo motivo, ha elaborato una filosofia della religione, che, di fatto, non è altro che una pseudo-teologia. A questo proposito, consiglio vivamente di leggere l’illuminante libro di mons. Antonio LiviVera e falsa teologia (Roma: Leonardo da Vinci, 2017). Lo stesso Rahner è colui che ha ritenuto che la teologia dovrebbe essere ridotta all’antropologia, perché, secondo lui, “tutta la teologia è necessariamente antropologia trascendentale” (Karl Rahner, Reflexiones fundamentales sobre antropología y protología en el marco de la teología. En Mysterium Salutis. Madrid: Ediciones Cristiandad, 1977, vol. II-I, p. 344).

La tesi con cui P. Mercant “smonta” il pensiero rahneriano.
Perché hai deciso di preparare una tesi sul suo pensiero metafisico?
Per amore della Chiesa e di ciò che Essa ha di più sacro: la Verità divina. Che teologia può risultare se si appoggia ad una metafisica deformata come quella di Rahner? A rigor di logica, non possiamo dire che padre Rahner abbia elaborato una metafisica, ma che con il suo Erkenntnis Metaphysik(metafisica della conoscenza) riduce la metafisica a gnoseologia. Questa metafisica deformata, inoltre, è di natura trascendentale e antropocentrica. Pertanto, è logico notare nella sua teologia i principi del suo trascendentalismo filosofico. A prima vista, sembra che Rahner non possa dire nient’altro, perché è stato un autore ampiamente studiato da molti autori. Tuttavia, voglio chiarire che ci sono stati pochissimi che hanno affrontato le loro opere filosofiche degli anni ‘30 e ‘40. Nella mia tesi di dottorato mi sono concentrato, in particolare, sull’analisi del suo lavoro filosofico capitale Geist in Welt (Spirito del mondo). In quest’opera, Rahner intende reinterpretare la gnoseologia del Dottore Angelico attraverso i postulati della filosofia moderna di Kant, Heidegger e Hegel, anche se costoro non sono nemmeno citati in tutto il libro, mentre è citato in maniera esuberante San Tommaso d’Aquino. Per avere un’idea di quello che sto dicendo, pensi che Rahner fa più di 2300 citazioni e riferimenti al Santo Dottore, anche se la presenza di questo è solo nominale, perché Rahner finisce per distorcerlo nei suoi testi e principi, anche quelli più elementari.
I rahneriani, ignorando il pensiero tomistico, non sono in grado di comprendere la metafisica della conoscenza dell’autore che idolatrano, anche se questi – dobbiamo ammetterlo – sono molto perspicaci quando si tratta di scoprire le fonti moderne degli scritti di Rahner. Per quanto riguarda i critici di Rahner, possiamo dire che quasi tutti, di fronte alla questione della metafisica della conoscenza di Rahner, finiscono a dipendere dell’ottimo lavoro di analisi compiuto da padre Cornelio Fabro nel 1974, La svolta antropologica di Karl Rahner. Per esempio, mi viene in mente l’eccellente tesi di dottorato di padre Luis Rodrigo Ewart sulla cristologia di padre Rahner.
Ewart, nel terzo capitolo del suo, si dedica all’analisi della metafisica della conoscenza di Rahner, ma però avverte che tutto dipende proprio dallo studio fatto da Fabro (cfr. Autocomunicación divina. Estudio crítico de la cristología de Karl Rahner. Toledo: Instituto Teológico San Ildefonso, 2010). E così, in questo modo, hanno lavorato altri. Tuttavia, secondo la mia opinione – anche se Fabro ha detto tutto quello che c’era dire – è conveniente continuare l’analisi e la ricerca del lavoro filosofico di Rahner. Per questa ragione è stato questo il tema della mia tesi di dottorato, e grazie alle indicazioni del mio supervisore della tesi, il prestigioso tomista rev. don Ignacio Andereggen – al quale sono davvero molto grato per tutto –, sono riuscito a procedere autonomamente, anche se non ho mai mancato di tenere Fabro in debito conto.
Quanto Rahner differisce dal retto pensiero tomista?
Temo che Rahner si allontani da San Tommaso d’Aquino assolutamente in tutto. Soprattutto Rahner si allontana da San Tommaso sulla questione dell’essere, perché riduce l’essere tomista – atto e perfezione – all’essere della conoscenza. Rahner identifica l’essere nell’uomo, il conoscere e l’essere conosciuto. Siamo di fronte ad una riduzione antropologica della metafisica. Però Rahner distorce anche l’antropologia tomista, non considerando l’uomo un composto di anima e corpo, ma identifica l’essenza dell’uomo con il suo giudizio; ciò è aberrante, perché neppure l’essenza dell’angelo è identificata con la sua facoltà intellettiva. Solamente in Dio l’essenza divina s’identifica con la sua intelligenza.
D’altra parte, sembra che, per Rahner, lo stesso giudizio di coscienza sia quello che fonda l’essere. Cioè, secondo Rahner, l’uomo inizia ontologicamente ad esistere nell’atto del giudizio, quando viene interrogato dall’essere in generale. Quello che ho esposto è già orrendo di per sé e in sé, perché Rahner infatti afferma che l’uomo è causa del suo stesso essere, è causa della sua stessa esistenza, il che è assurdo, perché va contro il principio elementare metafisico che afferma che ogni entità non può avere una virtus o un potere più grande del suo proprio essere. Inoltre, nemmeno Dio può essere causa sui ipsius, perché Dio è il suo stesso essere incausato. Rahner dimentica che l’essere dell’uomo è ricevuto da Dio, non dal giudizio della sua coscienza. Tutte queste assurdità si verificano quando la metafisica dell’essere è soppiantata da una metafisica della conoscenza, i quali rivelano una certa influenza del gesuita Joseph Maréchal, che ha combinato il tomismo con il trascendentalismo kantiano, sebbene senza raggiungere gli estremi del nostro autore.
Questi sono solo alcuni esempi della distorsione rahneriana dei testi tomistici, perché ce ne sono molti altri. Rahner opera una vera deformazione della dottrina tomistica fino alla piena estensione dei suoi principi. Sebbene la critica che sto facendo può sembrare a molti – specialmente ai rahneriani – estremamente esagerata, sono talmente convinto di ciò che affermo – dopo aver analizzato in extenso la filosofia trascendentale di questo autore – che non intendo retrocedere di un millimetro dalla mia posizione. Mi limiterò a rettificare se si troverà qualche eventuale errore concreto, naturalmente, ma non rinuncerò alla mia conclusione generale, in cui sostengo l’infedeltà del dottor Rahner al Doctor Communis. Ciò che sto dicendo – sia ben chiaro – lo dico con mio grande dispiacere, perché Rahner è stato un prete di un’intelligenza eccezionale, ma l’ha messa al servizio di quell’eccessiva bramosia di novità, anziché a servizio dalla Tradizione.

Rahner e Hans Kung negli anni ’70.
Voglio aggiungere, tuttavia, che la mia critica, sebbene polemica, si concentra sulla dottrina di Karl Rahner, non alla sua persona – non faccio alcun attacco ad hominem –, cercando sempre di non mancare di carità, ma soprattutto non mancare di verità. Infatti, colui che ha screditato la persona di Rahner è stato, ad esempio, il suo vecchio amico Hans Kung che, nelle sue memorie, racconta che Rahner e la scrittrice Luise Risner si scambiarono centinaia di lettere d’amore (cfr. Verdad controvertida: memorias. Madrid: Trotta, 2009, pp. 60-64).
Non ho voluto, naturalmente, abbassare il mio discorso entrando in qualche problema personale, ma ho cercato di fare un’analisi rigorosamente scientifica dei testi filosofici di Karl Rahner, senza nemmeno tentare di fare una valutazione psicologica e retorica, perché avrebbe potuto mostrare un carico gratuito di pregiudizi ideologici. Forse le mie critiche non piaceranno ai rahneriani – ovviamente – ma non dico nulla che non si basi sui testi di Rahner e sui passaggi tommasiani a cui egli stesso si riferisce. Non è difficile prevedere che molti mi attaccheranno senza nemmeno aver letto il mio libro. Forse anche quelli che lo leggeranno, pur vedendo che ho ragione, per il semplice fatto che io critichi il paladino della nouvelle theologie, sarà per loro oggetto di denigrazione, per aver revisionato un tema che, oggi com’è oggi, continua ad essere un tabù nella Chiesa.
In che misura è grave minare le fondamenta dell’Aquinate e reinventare la metafisica?
A questo non rispondo io, ma il magistero pontificio di San Pio X. Nella Pascendi Dominici Gregis, il Papa dice: «Ciò che conta anzi tutto è che la filosofia scolastica, che Noi ordiniamo di seguire, si debba precipuamente intendere quella di San Tommaso d’Aquino: intorno alla quale tutto ciò che il Nostro Predecessore stabilì, intendiamo che rimanga in pieno vigore, e se è bisogno, lo rinnoviamo e confermiamo e severamente ordiniamo che sia da tutti osservato. Se nei Seminari si sia ciò trascurato, toccherà ai Vescovi insistere ed esigere che in avvenire si osservi. Lo stesso comandiamo ai Superiori degli Ordini religiosi. Ammoniamo poi quelli che insegnano, di ben persuadersi, che il discostarsi dall’Aquinate, specialmente in cose metafisiche, non avviene senza grave danno».

Il filosofo esistenzialista Martin Heidegger. Quando morì, Rahner lo definì “il mio unico maestro”.
Lei sostiene che Rahner è stato influenzato da Kant, Hegel e Heidegger. Può spiegare concretamente questa sua affermazione?
Rahner è eclettico; assimila tutti questi autori moderni, ma in una maniera mescolata e, in qualche modo, contraddittoria. In parte s’ispira a loro, in parte tradisce pure loro. Nella mia tesi di dottorato, lo spiego meglio e più ampiamente. La domanda che lei mi pone è complessa, tuttavia cercherò di essere breve e concreto nella mia risposa, anche se non avrò altra scelta che cadere nella semplificazione.
Possiamo dire che Rahner è kantiano perché adotta il concetto di esperienza come costruzione a priori dello spirito. In più, come Kant, Rahner comprende la sensibilità costituita dalle strutture a priori dello spazio e del tempo. Quindi, per il nostro autore, l’uomo non può conoscere le essenze delle cose che costituiscono la realtà extramentali.
Inoltre, Rahner è hegeliano perché comprende l’uomo come spirito, cioè considerato solo nella sua autocoscienza. Per cui, la teoria tomista dei processi cognitivi dell’anima (abstractio, reditio in seipsum e conversio ad phantasmata) è vista da Rahner come se San Tommaso avesse anticipato nel tempo la teoria dialettica hegeliana dei processi della coscienza dello spirito.
Infine, Rahner è heideggeriano perché considera l’uomo come un Dasein, cioè come un esistente gettato nel mondo, tenendo conto che questo mondo è la totalità delle entità create, ma un mondo immanente nello spirito, un mondo da esso formato, una sua stessa costruzione in cui vi può essere il riflesso.
Naturalmente è difficile vedere come l’adozione dei postulati della filosofia moderna possano servire come fondamento per una sana teologia, come avvertono l’Humani Generis di Pio XII e la Fides et Radio di Giovanni Paolo II.
Lei direbbe che Rahner è uno dei “padri” della cosiddetta “nouvelle theologie”?
Non solo ne è uno dei “padri”, ma ben presto ne è diventato il vero mito di una grandezza enorme. Tutto è cambiato a partire da Rahner, e questo non lo dico io, ma il suo discepolo Johann-Baptist Metz, un altro con un pensiero eterodosso, il quale ha costruito una “teologia politica” che s’ispira alla teologia marxista della liberazione. Lo stesso Metz dice che «Karl Rahner ha rinnovato il volto della nostra teologia. Niente è più come prima» (“Aprender y enseñar la fe. Agradecimiento a Karl Rahner”. Selecciones de teología. 2004, vol. 43, núm. 171, p. 212).

Rahner e Johann-Baptist Metz negli anni ’70.
Certamente, come dice Metz, con Rahner nulla è più come prima, e per questo motivo è conveniente studiare questo autore in profondità, senza paura, con spirito critico e con slancio di sana polemica scolastica, poiché, come dice San Tommaso d’Aquino, non è sufficiente proporre la verità, dobbiamo anche sfidare l’errore, in modo che la verità appaia ancora più limpida (cfr. Summa contra Gentiles, lib. I, cap. 1).
A questo proposito, dobbiamo menzionare la testimonianza di un buon filosofo laico tedesco, Bernhard Lakebrink, che sentenziò, galantemente, come l’esistenzialismo antimetafisico di Rahner era diventato un pericolo mortale per la teologia, e che stava provocando più danni nella Chiesa – specialmente in Germania – del comunismo e della “riforma” protestante (“Metaphisik und Geschichtlichkeit”. Theologie und Glaube. 1970, núm. 60, p. 204).
Quanto è grande l’influenza di Rahner e quali conseguenze ha avuto la corrente rahneriana nella Chiesa fino ad oggi?
L’influenza di Rahner si trova già negli anni del Concilio Vaticano II. Il padre Wiltgen, che seguì il Concilio come prestigioso giornalista, ha riferito quanto seque: «Poiché l’opinione dei vescovi di lingua tedesca era solitamente adottata dall’alleanza europea, e poiché normalmente la posizione dell’alleanza europea era stata adottata dal Concilio, era sufficiente per un teologo imporre le sue opinioni sui vescovi tedeschi in modo che il Concilio li prendesse come propri. Quel teologo esisteva: era padre Karl Rahner, S.J.» (Ralph M. WiltgenEl Rin desemboca en el Tíber. Historia del Concilio Vaticano II. Madrid: Criterio Libros, 1999, p. 93; The Rhine Flows into the Tiber: A History of Vatican II. New York, TAN Books, 1991). Perciò, nei decenni successivi al Concilio, Karl Rahner divenne molto famoso, un’autorità dottrinale alla quale quasi nessuno osava replicare. Dobbiamo riconoscere che Rahner era, sebbene oscuro, un autore estremamente attraente.

Rahner fotografato durante i lavori della commissione teologica del Vaticano II.
In un sondaggio dell’anno 1972, realizzato dalla rivista tedesca Orientierungen della Pontificia Università Gregoriana, risultò che il 48% degli studenti considerava Karl Rahner come il più prestigioso teologo nella storia della Chiesa (cfr. Orientierung, 1972, vol. 36, n. 17, p. 199). A tutto ciò dobbiamo aggiungere gli interminabili elogi che Rahner ricevette durante tutta la sua vita. Per esempio, il teologo protestante tedesco Jürgen Moltmann lo ha definito «l’architetto della più recente teologia cattolica». Il teologo cattolico Hans Urs von Balthasar come «la più vigorosa potenza teologica del nostro tempo». In pratica, tutte le forze viventi della Chiesa e le sue personalità più straordinarie erano tremendamente favorevoli a Rahner, generando così il fenomeno ipertrofico del rahnerismo.
Ora, realisticamente, dobbiamo dire che oggi tutto è cambiato in termini di studio delle opere di Rahner. In generale, gli attuali seminaristi e preti non leggo Rahner, ma non per virtù, ma a causa del degrato intellettuale di cui oggi, purtroppo, la Chiesa è afflitta; incluso anche i molti che ignorano Rahner, il che, credo, è forse più pericoloso che essere rahneriano. Questo non significa, tuttavia, che il rahnerismo stia per estinguersi, al contrario. Il rahnerismo è incorporato ovunque nel mondo d’insegnare e scrivere la filosofia e la teologia che hanno molti autori. Come ha detto un eminente teologo, recentemente scomparso, mons. Gherardini«Il male è già in metastasi, perché i vescovi che hanno in mano la Chiesa sono in gran parte rahneriani, e rahneriane sono non poche cattedre di teologia, come rahneriane sono le idee attuali» (Vaticano II: una explicación pendiente. Larraya: Gaudete, 2011, p. 93; Concilio ecumenico Vaticano II. Il discorso mancato, Lindau, 2011). La cosa più ridicola, secondo me, è che molti ecclesiastici siano rahneriani senza saperlo, come il monsignor Jourdain del Borghese galantuomo di Molière, che parla in prosa senza saperlo.
Concludendo, oso dire che la Chiesa non comincerà ad uscire dalla fortissima crisi che sta soffrendo finché non condannerà le abbondanti serie di preposizioni rahneriani, sia filosofiche che teologiche. Nella mia tesi di dottorato ho cercato di dimostrare come in qualche modo come la “metafisica della conoscenza” rahneriana ha delle conseguenze immediate: prima di tutto, l’elaborazione di una filosofia della religione profondamente influenzata dalla dottrina di Hegel; in secondo luogo, la proclamazione della svolta antropologica trascendentale della teologia; ma anche le peculiari teorie del cristianesimo anonimo e del soprannaturale esistenziale, che finiscono per sottovalutare la divina rivelazione e la necessità della grazia battesimale per raggiungere la salvezza.