martedì 7 settembre 2010

Dunque, tu sei immortale...

La dimostrazione dell'immortalità
di Cornelio Fabro


È sintomatico che non solo la narrativa e la poesia, ma anche l'antropologia che sta facendo furori e la filosofia che ha rinunciato ai suoi antichi splendori, ignorino oggi il problema dell'immortalità che domina il pensiero classico a partire da Socrate e sta al centro del Messaggio cristiano di salvezza con la Risurrezione di Cristo che farà il giudizio finale di tutti gli uomini.

La morte è un fatto, un'evidenza quotidiana in cui c'imbattiamo ad ogni passo, in ogni tempo e luogo; perciò la morte non ha bisogno di dimostrazione. Non solo muoiono le piante e gli animali, ma muore e deve morire anche l'uomo. Anche l'uomo infatti è composto di anima e corpo: è vero che l'anima umana è spirituale, ma il corpo è corruttibile cioè soggetto a malattie, ferite, traumi di ogni genere… La Sacra Scrittura insegna che all'uomo era stato conferito il dono dell'incorruttibilità ovvero dell'immortalità naturale se fosse rimasto fedele a Dio, ma il peccato dei progenitori dissipò il mirabile incanto e riportò l'uomo alla sua condizione originaria di essere fragile, debole, mortale. L'uomo quindi è di per sé soggetto alla morte (ch'è ora diventata anche pena per il peccato) la quale è un evento di per sé naturale come separazione dell'anima dal corpo corruttibile; ma se muore l'uomo in quanto composto di corpo e anima cioè di materia e spirito, non muore lo spirito. Per S. Tommaso la prova del fatto dell'immortalità dell'anima è apodittica; è quanto al modo di questa immortalità cioè del vivere dell'anima separata che S. Tommaso avanza la sua ipotesi per continuare e integrare il discorso della filosofia.

La prova filosofica dell'immortalità è infatti, secondo S. Tommaso, di un'evidenza solare ed è accessibile a chiunque. Eccola nei suoi termini essenziali. L'uomo pensa ed ama, afferra cioè i valori universali della verità e della bellezza, desidera la bontà e la felicità senza limiti di spazio e tempo e questo dimostra la spiritualità positiva ch'è incorruttibilità dell'anima ossia che l'anima umana, a differenza degli animali, non segue la sorte del corpo che si corrompe e muore. L'anima umana, perché è spirituale, non muore.

È questo anche il nucleo filosofico della dimostrazione dell'immortalità comune alla filosofia greca (platonismo) ed al pensiero cristiano: il nucleo è la realtà del pensiero e l'evidenza della libertà. Ma S. Tommaso avanza per suo conto una dimostrazione dell'immortalità di rara profondità e bellezza, fondata sulla sua nozione di atto di essere (esse) che appartiene all'anima umana in proprio, a differenza degli animali nei quali l'atto di essere compete al composto di anima e corpo così che, dissolta la composizione, anche l'anima non può più esistere e muore col corpo.

Ed ecco allora l'argomento metafisico: mentre per le altre sostanze materiali l'esse appartiene al composto cioè alla sintesi di anima e corpo e dissolta la sintesi con la morte l'anima «ritorna nella potenza della materia»; per l'uomo che gode di una «forma intellettiva» e perciò sussistente ch'è appunto l'anima spirituale, l'esse compete ‘prima’ all'anima e questa poi lo comunica al corpo. Così alla morte, l'anima separandosi dal corpo, riprende per sé lo esse che aveva comunicato al corpo (cf. p. es. S. Th. I, 76, 1 e ad 4, 5, 6); per S. Tommaso poi l'esse aderisce alla forma spirituale in modo necessario. Infatti se può dirsi «contingente a parte ante» ogni cosa creata fuori di Dio e quindi anche gli Angeli e le anime umane, «a parte post» sono contingenti solo le realtà corporali soggette a generazione e corruzione. Le creature spirituali devono essere riconosciute, secondo S. Tommaso, «necessarie» ch'è equivalente ad «immortali» cioè dotate dell'atto di essere in modo immutabile. S. Tommaso impiega a questo proposito un'analogia assai efficace per evidenza e forza: per lui l'esse aderisce alla forma e sostanza spirituale «come la rotondità aderisce al cerchio» (S. Th. I, 50, 5) ossia come prima proprietà sul piano metafisico e prima rivendicazione sul piano esistenziale.

Infatti – ed è l'argomento introduttivo del precedente, già accennato – l'anima intellettiva si attua nella operazione propria dell'intendere e del volere indipendentemente dal corpo, a differenza del conoscere soltanto sensibile degli animali. Ma operari sequitur esse, quindi deve avere lo esse indipendente dal corpo. Per questo l'anima «…apprehendit esse absolute et secundum omne tempus» – di qui il desiderio dell'immortalità che giace nel fondo di ogni coscienza (cf. S. Th. I, 75, 6 – che va letto per intero e nel contesto). La fiera lotta che S. Tommaso ha condotto per tutta la vita contro l'Averroismo ha qui il suo profondo significato: la sua tesi sull'immortalità è perciò positiva e si salda intimamente con le sue posizioni-chiave della teoria della conoscenza e della metafisica.

Stupendamente Kierkegaard, ricollegandosi al kerigma cristiano dei novissimi, connette in un nesso insolubile il pensiero della morte e dell'immortalità, chiarificando insieme il vincolo fra la purificazione interiore e l'esigenza dell'immortalità.

«Dunque, tu sei immortale; non t'incomodare con dubbi, e neppure a trovare la prova. Tu sei immortale, tu passi all'al di là – e l'eternità non è il paese delle ombre ma della chiarezza, della trasparenza, dove tutto divien trasparente: e così lo è anche la confessione. Pensaci bene: tu stai davanti a Dio, ed Egli è tutto chiarezza, abita in una luce inaccessibile (I Tim. 6, 16), in una luce che tutto penetra. Oh, cogli il momento per manifestarti da te completamente. Dopo sarà troppo tardi, quando nell'eternità tu sarai costretto a essere manifesto completamente» (Diario 1850-51, X3 A 711 = 3299).

Immortale è allora l'anima fin dalla nascita. Ma immortale come aspirante alla felicità eterna l'uomo diventa con la decisione libera ch'egli prende «davanti a Dio» nella vita del tempo di seguire Cristo, Figlio di Dio e Salvatore del mondo.

(1971)