giovedì 14 luglio 2011

in illo tempore

  A volte, per questioni di partenze, devo assistere, nella mia parrocchia, alla messa domenicale delle dieci, detta «dei bambini» perché nelle prime file ci stanno diversi pargoli (anche se la maggioranza è composta da adulti che, per motivi loro, trovano quell’orario più comodo).

Se non fosse che si parla di Gesù, sembrerebbe di assistere ad un’«animazione» da villaggio-vacanze, con canti, cori, mani agitate, braccia oscillanti e mosse da «macarena». Tutto è all’insegna del gioioso e dello spensierato, anche se, a destra di chi guarda, incombe un grande crocifisso sanguinante.

Già: son bambini, e la liturgia si adegua. Tuttavia, la Madonna non deve aver frequentato le magistrali e poco deve intendersi di psicologia dell’infanzia, visto che a Fatima non ha esitato a mostrare l’Inferno ai tre veggenti (di cui la più grande aveva undici anni). Due dei quali sono morti di malattia nel giro di qualche mese, laddove la terza è ancora viva e vegeta sebbene abbia superato i novant’anni: misteri del Dio cristiano.

Un’altra santa-bambina è Maria Goretti, uccisa in un tentativo di stupro a dodici anni. Il piccolo s. Tarcisio fu lapidato a morte dai pagani. Uno dei pochi santi-bambini che riuscì a morire nel suo letto fu s. Domenico Savio, il quale, però, non ebbe mai il beneficio di alcuna «animazione gioiosa»; anzi, nel suo diario annotava: «la morte, ma non peccati».

Insomma, Il Dio cristiano sembra comportarsi con i piccoli con la stessa pedagogia con cui venivano trattati nel Medioevo: da adulti, e fin da subito. Infatti, si pensava che l’infanzia fosse un periodo di totale dipendenza dal quale era carità cercare di trarne fuori prima possibile.

Ecco perché, in illo tempore, c’era gente che a tredici anni s’era già fatta un paio di Crociate e a sedici era in grado di conquistare regni. Poi venne Rousseau, e oggi siamo tutti «ragazzi» fino ai cinquant’anni. Mah.

Rino Cammilleri