 Padre Julio Meinvielle - Liberalismo e  Cattolicesimo-Liberale da Lamennais a Maritain e De Gasperi
Padre Julio Meinvielle - Liberalismo e  Cattolicesimo-Liberale da Lamennais a Maritain e De Gasperi 
La questione democristiana.
Gramsci scriveva che la Democrazia Cristiana è necessaria al  Comunismo per ottenere il consenso e poi il governo in Europa, specialmente nei  Paesi cattolici. Ma perché? Don Dario Composta risponde: «Il modello ideale  DC si potrebbe definire… come politica progressista e  aconfessionale»1. Essa è «un partito di centro che guarda a  sinistra», come diceva De Gasperi.
Don Composta distingue tre tipi di cattolici:-  a) I cristiano-sociali, che respinsero i princìpi della rivoluzione francese per rimanere fedeli alla dottrina sociale e politica del Magistero ecclesiastico.
- b) I cristiano-liberali, che si collocarono a mezza strada tra le idee della rivoluzione e l’insegnamento della Chiesa cattolica.
-  c) I democristiani, che, pur accogliendo un certo indirizzo o ispirazione vagamente cristiana, si mantennero laicisti e si orientarono verso teorie affini a quelle della rivoluzione francese; essi ebbero come capiscuola Lamennais e Maritain in Francia e in Italia Murri-Sturzo-De Gasperi.
I democristiani – continua don Composta – «erano convinti  che il pensiero sociale cattolico in qualche modo avrebbe dovuto riconciliarsi  con la situazione di fatto… ed abbandonare l’intransigenza»2. La  DC pensava che la rivoluzione francese fosse un fenomeno divino e positivo, e  che ogni forma di governo non democratica fosse inaccettabile e anticristiana.  La DC rappresenta l’aspetto sociale del modernismo. Don Romolo Murri, fondatore  della Lega Democratica Nazionale, fu condannato assieme alla sua Lega, e  scomunicato come modernista il 28 luglio 1906. Don Sturzo fu più abile: non  volle invischiarsi, in modo aperto, con il modernismo, anche se era di idee  progressiste o modernizzanti; egli fondò il PPI (Partito Popolare Italiano), che  fu severamente criticato da padre Agostino Gemelli, monsignor Olgiati e dal  cardinal Pio Boggiani O.P., arcivescovo di Genova. Questi il 5 agosto 1920  pubblicò una «Lettera pastorale» ove metteva in luce i gravi errori del  PPI:
a) emancipazione dalla gerarchia ecclesiastica;
b) esaltazione della libertà come valore assoluto in collusione coi liberali;
c) derivazione della sua teoria politica dai princìpi della rivoluzione francese.
b) esaltazione della libertà come valore assoluto in collusione coi liberali;
c) derivazione della sua teoria politica dai princìpi della rivoluzione francese.
Tali errori si ritrovano puntualmente nella DC. De Gasperi, in  un discorso tenuto a Bruxelles il 20 novembre 1954, affermò che la DC si fonda  sulla triade: libertà, fraternità, democrazia, che sono l’eredità della  rivoluzione francese. Pio XII ne fu talmente irritato che da quel momento non lo  volle mai più ricevere in udienza.
I fondamenti della DC sono – secondo don Composta – due:
1) il progressismo politico nella linea dell’azione;
2) l’aconfessionalità nella linea dei princìpi.
2) l’aconfessionalità nella linea dei princìpi.
Il progressismo è una teoria ottimista circa la natura umana,  che in campo socio-politico si manifesta come fiducia illimitata in uno sviluppo  economico civile e morale continuo ed inarrestabile.
L’aconfessionalità della DC l’aveva già professata don Sturzo  il 19 marzo 1919 in un discorso a Verona, in cui asseriva: «Il PPI è nato  come partito non cattolico, aconfessionale,… a forte contenuto democratico, e  che si ispira alla idealità cristiana, ma che non prende la religione come mezzo  di differenziazione politica». Ecco perché Gramsci vedeva nella DC un  alleato indispensabile del comunismo per poter egemonizzare la società civile e  prendere stabilmente, poi, il governo politico3.
Morto Pio XII, la DC non ha più «chi la trattenga…»:  apre a sinistra e porta i socialisti al governo. Aldo Moro ha preso il posto di  De Gasperi ed è convinto che il socialismo sia la carta vincente, per cui è  necessario stringere un patto con esso; nel 1961, con Giovanni XXIII, cade l’  ostilità al centro-sinistra da parte del Vaticano e nel 1963 Moro presiede il  primo governo di centro-sinistra. I frutti saranno: la legge sul divorzio (1970)  e sull’aborto (1978). Né si deve dimenticare che tra il 1976 e il 1978 la DC  cercherà di far entrare i comunisti al governo, rispondendo positivamente alla  «mano tesa» (il compromesso storico) offerta da Berlinguer sin dal  1973, dopo l’esperienza cilena. Il 16 marzo 1978, però, le BR sequestrano e poi  uccidono Moro, mettendo – temporaneamente – a tacere la questione.
Jacques Maritain maitre à penser della  DC
Ricordiamo che Maritain ha attraversato varie tappe nel suo  cammino filosofico: la prima è quella bergsoniana, la seconda è quella tomista e  la terza, purtroppo, è quella cattolico-liberale, in cui cerca di sposare San  Tommaso con il pensiero moderno. Qui ci occupiamo della terza tappa di Maritain,  conosciuta come quella de «L’Umanesimo integrale» (1936).
Maritain nel 1946 scriveva: «Se si stabilisce come  postulato che l’umanità marcia sempre in avanti e verso il meglio, tutto lo  svolgersi della storia deve essere interpretato come necessariamente buono; non  bisogna contrariarlo in nulla, ma anzi stimolarlo»4. Dunque,  Maritain come De Gasperi era convinto del continuo inarrestabile progresso  terrestre dell’umanità.
Ora il fatto di stabilire come postulato il progresso  all’infinito dell’umanità presuppone una filosofia fondata sulla dialettica  della filosofia moderna, figlia della rivoluzione e dell’immanentismo. Nel caso  si accetti tale filosofia, opporsi alla rivoluzione è un male, favorirla è un  bene. Infatti don Julio Meinvielle, il più lucido critico di Maritain, scrive:  «In tal caso bisognerebbe ammettere la bontà della Riforma protestante,  mentre la Chiesa le ha opposto la Controriforma; bisognerebbe ammettere il  liberalismo della rivoluzione francese, e tuttavia la Chiesa lo ha condannato e  stracondannato; e infine bisognerebbe ammettere, oggi, il comunismo e tuttavia  Pio XII lo ha scomunicato....»5.
Bisogna anche, secondo Maritain, che lo Stato rinunci alla sua  confessionalità e che tutte le confessioni religiose siano riconosciute, di  diritto, nella «nuova cristianità». Per Maritain, infatti, vi sono  anche due cristianesimi: il cristianesimo come credo religioso, che conduce alla  vita eterna, e il cristianesimo come fermento della vita sociale e politica, che  procura la felicità temporale dell’uomo. Meinvielle obietta che si può ammettere  l’esistenza di un’azione politica cristiana «liberata» dall’autorità  della Chiesa, ma non si può ammettere la sua bontà morale; infatti nella misura  in cui è indipendente dalla Chiesa, l’azione politica non è più cristiana, ma  anticristiana o «demi-cristiana». Eppure è questa la nuova cristianità  di Maritain, la quale consiste nell’accordo tra rivoluzione e Chiesa. Idee che  abbiamo visto tutte esposte da De Gasperi e dalla DC italiana nella loro  professione di fede nell’Umanità, nel Progresso, nella Libertà, nella Fraternità  e nella Democrazia.
«Maritain – scrive don Meinvielle – ha la triste  missione di cooperare, dall’interno della Chiesa, all’opera social-comunista…  Secondo lui vi sono nel comunismo degli elementi cristiani(‘Humanisme  Intégral’, pagina 48)… La famosa cristianità di Maritain è una città  supercomunista, una sintesi della città libertaria americana e della città  comunista russa»6. Maritain esclude l’influsso dell’Ordine  Soprannaturale sulla vita politica-sociale e materializza il soprannaturale,  scivolando così verso l’ anticristianesimo radicale. Meinvielle conclude:  «La nuova cristianità di Maritain e la vera cristianità sono le due città di  cui parla Sant’Agostino (la città di Dio e la città di satana), «le  quali ora sono mescolate, ma alla fine saranno separate e già lo sono quanto al  cuore e per sempre»7.
Anche padre Antonio Messineo S.J., per esplicito ordine di Pio  XII, criticò su La Civiltà Cattolica l’umanesimo integrale di Maritain; il Papa  apprezzò l’articolo, ma lo reputò troppo moderato. Secondo il padre gesuita si  scorgono nell’opera del pensatore francese «gli influssi della filosofia  diBergson sull’evoluzione creatrice… Per Maritain, infatti, la storia consiste  essenzialmente in un processo evolutivo incessante, che si svolge, senza mai  sottostare a ritorni o a cicli involutivi, per successive tappe, in ciascuna  delle quali l’umanità consegue nuove conquiste, anche se apparentemente alla  superficie possa sembrare che attraversi un periodo di decadimento… o punto  morto, dal quale muoverebbe il processo evolutivo… (punto morto) sarebbe il  medioevo, epoca in cui l’uomo avrebbe obliato compiutamente se stesso (…) perché  sarebbe stato assorbito in Dio… Ma la storia non si arresta. Con le sue scosse  costringe l’uomo a risvegliarsi e a prendere coscienza di sé. La prima scossa(…)  è la riforma protestante, la quale ebbe il merito… di fargli comprendere il  valore dell’iniziativa umana (…) e di averlo così orientato verso la ricerca  della prosperità materiale (…) Poi grazie al pensiero agnostico contemporaneo  (…) è bastato abbattere il frontone della grazia, per raggiungere un umanesimo  totale (…). L’umanesimo totale sarebbe stato conseguito soltanto nel tempo  moderno, quando il pensiero, avendo abbattuto il frontone della grazia, si è del  tutto sganciato dal trascendente. (…). Affermata l’essenza puramente umana della  civiltà, non si può evitare di inferirne la separazione dalla religione e dalla  rivelazione, per cui comincia a vacillare il concetto tradizionale di civiltà  cristiana (…). La religione dunque sarebbe fuori della storia e fuori del  tempo.(Maritain ci presenta) un cristianesimo e un vangelo svuotati del loro  contenuto soprannaturale e naturalizzati, temporalizzati. Solo sotto questa  forma l’uno e l’altro possono diventare elemento di civiltà ed entrare come  componenti dell’umanesimo integrale. (…). Segue che l’umanesimo integrale non è  un umanesimo intrinsecamente cristiano (…) è un umanesimo soltanto  estrinsecamente cristiano; ad esso possono infatti aderire persino l’agnostico e  l’ateo (…). Nella sua sostanza l’umanesimo integrale è, dunque, un naturalismo  integrale»8.
Falso concetto di persona umana in  Maritain
Don Julio Meinvielle criticò anche il falso concetto filosofico  di persona umana che sta alla base de «L’Umanesimo integrale» di  Maritain; infatti da un errore filosofico sull’individuo segue necessariamente  un errore sulla Società, che è un insieme di individui. Se la persona umana ha  una dignità assoluta, che non perde mai, anche se aderisce all’errore e fa il  male, la Società di conseguenza dovrà essere pluralista, relativista e  indifferentista. Non c’è più spazio per la Cristianità medievale, che deve  essere rimpiazzata dalla Nuova (demo)-Cristianità de L’Umanesimo  integrale9.
Liberalismo e cattolicesimo-  liberale
A) Il liberalismo
Le origini della D.C. maritainiana e degasperiana vanno ricercate nel  Liberalismo e in quella sua forma specifica che fu il  «Cattolicesimo-liberale».Secondo il cardinal Louis Billot S.J. («De Ecclesia  Christi», tomus secundus, «De habitudine Ecclesiae ad civilem  societatem», edizione 3ª, Roma, Gregoriana, 1929, che è un compendio di  quanto ha scritto, ancor meglio, padre Matteo Liberatore S.J., «Lo Stato e  la Chiesa», Napoli, Giannini, 1872, pagine 7- 47), il Liberalismo, sia  individuale che sociale, è un errore nella fede, poiché vuole emancipare l’uomo  e la Società da Dio, come se quest’ultimo non esistesse, fondandosi sul  postulato della libertà umana come valore infinito e assoluto10. Ma –  prosegue il cardinale – il principio fondamentale del Liberalismo è assurdo e  contraddittorio. Infatti la libertà assoluta non può essere, come dicono i  liberali, un fine ultimo, poiché essa è una facoltà o potenza di agire in vista  di un fine. Quindi la libertà è mezzo per raggiungere il fine (ea quae sunt ad  finem). Essa, inoltre, deve avere dei limiti, e non può essere assoluta o  illimitata, come insegna la scuola liberale. In effetti, non esiste crimine o  delitto in cui la libertà non precipiti se usata male; quindi essa deve essere  ritenuta da freni potenti ed efficaci perché non si getti in un burrone. Ma, se  si ammette il principio fondamentale del Liberalismo e si nega questa  conclusione, allora si cadrà necessariamente in una delle due assurdità: o si  pretenderà che la libertà sia infallibile e non possa cadere in nessun difetto,  oppure si ammetterà che la libertà può fallire, ma che ciò è un bene, e l’uso  della libertà deficiente deve essere comunque rispettato, e questa è pura  demenza11.
Inoltre, secondo l’illustre teologo gesuita, il Liberalismo  conduce al caos e all’anarchia, ancor prima del Comunismo; infatti il  Liberalismo volendo l’applicazione dell’individualismo puro in ogni campo  (religioso, morale, politico, economico) porta immancabilmente alla dissoluzione  degli organi sociali e dello Stato, e questa è anarchia. Oppure, volendo evitare  questo eccesso, cade in un altro difetto: lo Stato leviatano che, per non  crollare, si fa rispettare schiacciando ogni individuo o corpo intermedio che  gli si ponga innanzi, come si addice ad uno Stato di polizia; ma questa è la  sconfitta implicita e intrinseca del Liberalismo12.
Il principio del liberalismo, continua il Billot, è  essenzialmente anti-religioso, esso se la prende direttamente con Dio, volendo  sopprimere nella società il culto al vero Dio e cancellare ogni influsso della  Religione da Lui istituita sugli individui e sugli organismi sociali. Perciò,  contro il «Credo» definitivo e contro l’autorità religiosa esterna, il  Liberalismo rivendica l’autonomia del pensiero umano e della  «coscienza» individuale; contro il Regno sociale di Nostro Signore Gesù  Cristo, vuole lo Stato «neutro» cioè aconfessionale, largo di «diritti»  a tutte le credenze religiose, vere e false che siano (vedi Leone XIII  «Libertas»). In ciò il Liberalismo è tributario dei princìpi della  rivoluzione francese «satanica nella sua essenza».
L’empietà del Liberalismo ha qualcosa di nuovo e di più grave.  Nell’antichità l’empietà esiste, anzi inizia ad esistere già con il primo uomo,  ma non ancora è organizzata e acrimoniosa. Quando Gesù predica il Vangelo, è già  più intensa e meglio organizzata, ma solo in un piccolo angolo della terra. Però  col XVIII secolo essa diventa universale, furiosa, rabbiosa, forsennata,  infiammata; si passa dall’odio alla Religione all’odio esplicito di ex-cristiani  contro Gesù Cristo: è l’apostasia, più o meno aperta; perché il Liberalismo sa  nascondersi, quando è il momento, e presentarsi sotto sembianze di angelo di  luce, mentre è un angelo decaduto13.
B) Il cattolicesimo-liberale
Nel secondo articolo, Billot, tratta delle diverse forme di  Liberalismo, e – come il padre Liberatore – ne distingue tre:
1) il Liberalismo assoluto o radicale in cui lo Stato domina la  Chiesa.
2) Il Liberalismo moderato in cui vale il principio «Libera  Chiesa in libero Stato».
3) Il Cattolicesimo-liberale che, separando la dottrina dalla  prassi, ritiene che la separazione tra Stato e Chiesa è il miglior modo di  vivere, non de jure (la loro cooperazione rimane l’ideale, la «tesi», buona da  insegnare nei seminari), ma de facto (l’ipotesi, buona da applicare in pratica,  senza curarsi di tendere all’instaurazione della tesi)14.
Secondo Billot il Liberalismo assoluto coincide con il  materialismo e l’ateismo perché nega l’immortalità dell’anima, come ogni  materialismo, e nega che Dio sia fine ultimo dell’uomo, come ogni ateismo. Onde  l’essere più nobile dell’universo è l’uomo, che è principio e fine di se  stesso15: è l’antropocentrismo opposto al teocentrismo, non più Dio  ma l’uomo come il centro dell’universo.
Il Liberalismo moderato, invece, è riconducibile al  manicheismo: per lui Chiesa e Stato sono due princìpi irriducibili, come il  «dio» cattivo e il «dio» buono di Mani, il primo dei quali crea la  materia (cattiva) e il secondo lo spirito (buono). Soltanto che il Liberalismo,  in questo punto, rovescia la teoria di Mani e la peggiora: le cose temporali  (Stato) sono buone, mentre quelle spirituali (Chiesa) sono cattive; «l’una  contro l’altra armate», mai potranno trovare un accordo. Il Liberalismo  moderato separa l’uomo pubblico dal privato, il politico dal fedele; ma ciò  sarebbe concepibile solo se in un unico uomo ci fossero due anime, due  mentalità, due coscienze, due personalità, realmente distinte tra loro (come  nello schizofrenico), di cui una è atea, l’altra religiosa; una incredula,  l’altra fedele; una del tutto materiale, l’altra assolutamente  spirituale16.
Infine il Cattolicesimo-liberale è l’incoerenza stessa  sussistente. Infatti il Cristianesimo professa che l’uomo ha per fine il Cielo,  che la vita presente è tutta relativa alla vita eterna e che le cose temporali  devono essere subordinate a quelle spirituali; mentre il Liberalismo insegna  tutto il contrario, ossia i princìpi del 1789: l’uomo è assolutamente libero  (Liberté) e non è per nulla ordinato a Dio o al Cielo; vita presente e vita  eterna sono la stessa cosa ossia la vita eterna è ridotta a questa presente  (Egalité); e tra Stato e Chiesa vige l’assoluta fratellanza o meglio lo Stato  ingloba e fagocita la Chiesa (Fraternité) (Paragrafo 3°, Quod Liberalismus  «catholicorum» – liberalium est perfecta incohaerentia, pagine 51-  59).
Il nostro lettore è ora in grado di valutare l’apertura del  Vaticano II al modernismo anche sociale ovvero a quel «cattolicesimo  liberale» che da tempo premeva per conciliare, contro il costante Magistero  pontificio, la Chiesa con i pretesi «valori» del liberalismo.  Sull’apertura alla «concezione liberale dello Stato» nei testi del  Concilio, in particolare nella Gaudium et Spes, nella Dignitatis Humanae e in  Nostra Aetate, rimandiamo alla testimonianza inoppugnabile dell’allora cardinale  Ratzinger ne «Les principes de la Théologie Catholique» (edizioni  Tequi, Parigi, pagine 423 e seguenti).
U.T.T.
www.effedieffe.com/content/view/7116/142/
(pubblicato anche su «SìSì-NoNo», periodico cattolico, Anno XXXV, numero 6, 31 marzo 2009)
 www.effedieffe.com/content/view/7116/142/
(pubblicato anche su «SìSì-NoNo», periodico cattolico, Anno XXXV, numero 6, 31 marzo 2009)
Note:
1 D. Composta, «Questione cattolica e questione  democristiana», CEDAM, Padova, 1987, pagina 25; confronta N. Arbol, «I  democristiani nel mondo», edizioni Paoline, Milano, 1990; E. Corti,  «Breve storia della democrazia cristiana con particolare riguardo ai suoi  errori», in «Il Fumo nel Tempio», Ares, Milano, 1997, pagine  154-184; H. Delassus, «La Democratie Chretienne», Lille, Desclée,  1911.
2 D. Composta, opera citata, pagina 36.
3 Confronta A. Del Noce, «L’Eurocomunismo e l’Italia», Editrice Europa Informazioni, Roma, 1976; A. Del Noce, «Il suicidio della
rivoluzione», Rusconi, Milano, 1978; A. Del Noce, «Il cattocomunista», Rusconi, Milano, 1981; A. Caruso S.J., «Da Lenin a Berlinguer», Idea Centro Editoriale, Roma, 1976; Cardinale L. Billot S.J., «De Ecclesia Christi», Tomus secundus, «De habitudine Ecclesiae ad civilem societatem», 3ª edizione, Roma, Università Gregoriana, 1929, Q. XVII «De errore liberalismi et variis ejus formis», traduzione francese della Q. XVII: «Les principes de 89 et leurs conséquences», Tequi, Paris, 1989.
4 J. Maritain, «Les droits de l’homme et la loi naturelle», Hartmann, 1946, pagina 37.
5 Vedi anche J. Meinvielle, «De Lamennais a Maritain», La Cité Catholique, Paris, 1956, pagine 9-10. Esiste una recente traduzione
italiana del libro succitato, che s’intitola: «Il cedimento dei cattolici al liberalismo», a cura di don Ennio Innocenti, Roma, Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, 1991; J. Meinvielle, «Critica de la conception de Maritain sobre la persona humana», Ediciones Nuestro Tiempo, 1948, Buenos Aires.
6 J. Meinvielle, opera citata, pagine 235-236.
7 Ibidem, pagina 300
8 A. Messineo, «L’umanesimo integrale», ne «La Civiltà Cattolica», volume III, quad. 2549, 25 agosto 1956, pagine 449-462; confronta anche A. Roussel, «Libéralisme et Catholicisme», Semaine Catholique, 1926, Rennes ; F. Sardà y Salvany, «Il liberalismo è peccato», rist. Forni editore, Bologna, (1888) 1972; J. Morel, «Somme contre le catholicisme libéral», 2 volumi, Paris-Bruxelles, Palmé-Lebrocquy, 1876; E. Barbier, «Histoire du catholicisme libéral et du catholicisme social en France», 5 volumi, 1923, sine ed. et loco; D. Castellano, «L’aristotelismo cristiano di Marcel De Corte», Pucci Cipriani editore, Firenze, 1975; L. Gedda, «18 aprile 1948», Mondadori, Milano, 1998.
9 J. Meinvielle, «Critique de la conception de Maritain sur la personne humaine», (1948), traduzione francese, sine loco, et editore, 1993.
10 Q. XVII, «De errore Liberalismi et variis ejus formis», pagina 17.11Art. I, «De fundamentali principio Liberalismi», pagine 19-20.Paragr. 1°, «Quod principium fundamentale Liberalismi est in se
absurdum et chimericum», pagine 20-28.
12 Paragrafo 2°, «Quod principium Liberalismi in applicationibus ad res humanas, secum fert dissolutionem omnium socialium organorum», pagine 28-34.
13 Paragrafo 3°, «Quod principium Liberalismi est essentialiter antireligiosum», pagine 34-40.
14 Art. II, «De variis formis Liberalismi in re religiosa», pagina 41
15 Paragrafo 1°, «Quod prima forma Liberalismi convertitur cum materialismo et atheismo», pagine 41-45.
16 Paragrafo 2°, «Quod Liberalismus moderatus ad manicheismus reducitur», pagine 45-51.
2 D. Composta, opera citata, pagina 36.
3 Confronta A. Del Noce, «L’Eurocomunismo e l’Italia», Editrice Europa Informazioni, Roma, 1976; A. Del Noce, «Il suicidio della
rivoluzione», Rusconi, Milano, 1978; A. Del Noce, «Il cattocomunista», Rusconi, Milano, 1981; A. Caruso S.J., «Da Lenin a Berlinguer», Idea Centro Editoriale, Roma, 1976; Cardinale L. Billot S.J., «De Ecclesia Christi», Tomus secundus, «De habitudine Ecclesiae ad civilem societatem», 3ª edizione, Roma, Università Gregoriana, 1929, Q. XVII «De errore liberalismi et variis ejus formis», traduzione francese della Q. XVII: «Les principes de 89 et leurs conséquences», Tequi, Paris, 1989.
4 J. Maritain, «Les droits de l’homme et la loi naturelle», Hartmann, 1946, pagina 37.
5 Vedi anche J. Meinvielle, «De Lamennais a Maritain», La Cité Catholique, Paris, 1956, pagine 9-10. Esiste una recente traduzione
italiana del libro succitato, che s’intitola: «Il cedimento dei cattolici al liberalismo», a cura di don Ennio Innocenti, Roma, Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, 1991; J. Meinvielle, «Critica de la conception de Maritain sobre la persona humana», Ediciones Nuestro Tiempo, 1948, Buenos Aires.
6 J. Meinvielle, opera citata, pagine 235-236.
7 Ibidem, pagina 300
8 A. Messineo, «L’umanesimo integrale», ne «La Civiltà Cattolica», volume III, quad. 2549, 25 agosto 1956, pagine 449-462; confronta anche A. Roussel, «Libéralisme et Catholicisme», Semaine Catholique, 1926, Rennes ; F. Sardà y Salvany, «Il liberalismo è peccato», rist. Forni editore, Bologna, (1888) 1972; J. Morel, «Somme contre le catholicisme libéral», 2 volumi, Paris-Bruxelles, Palmé-Lebrocquy, 1876; E. Barbier, «Histoire du catholicisme libéral et du catholicisme social en France», 5 volumi, 1923, sine ed. et loco; D. Castellano, «L’aristotelismo cristiano di Marcel De Corte», Pucci Cipriani editore, Firenze, 1975; L. Gedda, «18 aprile 1948», Mondadori, Milano, 1998.
9 J. Meinvielle, «Critique de la conception de Maritain sur la personne humaine», (1948), traduzione francese, sine loco, et editore, 1993.
10 Q. XVII, «De errore Liberalismi et variis ejus formis», pagina 17.11Art. I, «De fundamentali principio Liberalismi», pagine 19-20.Paragr. 1°, «Quod principium fundamentale Liberalismi est in se
absurdum et chimericum», pagine 20-28.
12 Paragrafo 2°, «Quod principium Liberalismi in applicationibus ad res humanas, secum fert dissolutionem omnium socialium organorum», pagine 28-34.
13 Paragrafo 3°, «Quod principium Liberalismi est essentialiter antireligiosum», pagine 34-40.
14 Art. II, «De variis formis Liberalismi in re religiosa», pagina 41
15 Paragrafo 1°, «Quod prima forma Liberalismi convertitur cum materialismo et atheismo», pagine 41-45.
16 Paragrafo 2°, «Quod Liberalismus moderatus ad manicheismus reducitur», pagine 45-51.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
