lunedì 11 gennaio 2016

"A nessuno dunque è lecito dire: io credo in Dio, e ciò è sufficiente per la mia religione" (Pio XI)



 
 
E anzitutto, Venerabili Fratelli, abbiate cura che la fede in Dio, primo e insostituibile fondamento di ogni religione, rimanga pura e integra nelle regioni tedesche. Non si può considerare come credente in Dio colui che usa il nome di Dio retoricamente, ma solo colui che unisce a questa venerata parola una vera e degna nozione di Dio.Chi, con indeterminatezza panteistica, identifica Dio con l’universo, materializzando Dio nel mondo e deificando il mondo in Dio, non appartiene ai veri credenti….
 La fede in Dio non si manterrà, a lungo andare, pura e incontaminata, se non si appoggerà nella fede in Gesù Cristo. «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui a cui il Figlio lo vuole rivelare ». «Questa è la vita eterna; che essi riconoscano te, unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo ». . La parola del Salvatore non lascia posto a scappatoie di simil genere: « Chi rinnega il Figlio non ha neanche il Padre; chi riconosce il Figlio ha anche il Padre ».


PIO XI: Mit brennender sorge

venerdì 8 gennaio 2016

davanti a Dio


IL CARD. Burke ai vescovi
del compromesso:
il giudizio sarà davanti a Dio, non alla CONFERENZA EPISCOPALE

«Nel 2004 avevo chiesto ai politici cattolici di porre le loro azioni pubbliche coerentemente con la legge morale insegnata dalla Chiesa, altrimenti non sarebbe stato più possibile per loro ricevere la santa comunione. Poiché è uno scandalo violare pubblicamente la legge morale e dopo accedere alla comunione. Nel 2004, quando fui trasferito dalla diocesi di La Crosse  a quella di St. Luois, i giornali ripresero questa affermazione da me fatta. Poco dopo,  nell’incontro estivo della conferenza episcopale degli Stati Uniti, che si tenne a Denver, ci fu una viva discussione su questa pratica disciplinare della Chiesa. Alcuni dei miei confratelli affermarono che non era necessario punire i politici il cui operato politico fosse disordinato. Per me non si trattava di punizione, ma semplicemente di constatare che alcuni non erano disposti a ricevere la comunione. Un vescovo allora mi disse: «Monsignore, voi non potete dire queste cose, perché la conferenza dei vescovi non si è ancora pronunciata a proposito». Gli risposi che la conferenza dei vescovi non può sostituire la missione del vescovo nella propria diocesi, che è quella di governare il proprio gregge e di annunziare la fede. E aggiunsi: «Monsignore, nel giudizio finale, comparirò davanti al Signore, non davanti alla conferenza episcopale!».

Guillaume d’Alancon, Entretien avec le cardinal Burke. Un cardinal au coeur de l’Eglise, Artege, pp. 71-72
 

mercoledì 30 dicembre 2015

L'Indulgenza non è una tregua - Editoriale di "Radicati nella fede", Gennaio 2016



L'INDULGENZA NON E' UNA TREGUA

Pubblichiamo l'editoriale del numero di Gennaio 2016


L'INDULGENZA NON E' UNA TREGUA
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno IX n° 1 - Gennaio 2016

  Perché la Chiesa ha fatto gli Anni Santi, perché ha pensato ai Giubilei con le loro indulgenze plenarie? Semplicemente perché gli uomini devono tornare a Dio, allontanandosi dal peccato che causa loro la morte eterna. Non c'è altra ragione, non ce n'è proprio un'altra!

  Si assiste a una strana insistenza sulla misericordia di Dio, che suona straniera, molto straniera ad orecchie cattoliche. Si sente parlare del Signore che perdona sempre, ma questa insistenza non è mai preceduta e accompagnata dal ricordo della gravità del peccato, con le sue mortali conseguenze.

  È la solita storia: si prendono verità cattoliche, le si isolano da tutto il resto, trasformandole così in qualcosa d'altro. È la tecnica per fondare una nuova Chiesa, la chiesa dell'umanità che non è più la Chiesa di Cristo.

  E tutto questo ha qualcosa di illogico, di non ragionevole: perché mai il Signore ti accoglierebbe con misericordia, se non perché tu hai bisogno di essere strappato dal peccato e dalla morte?

  Ma no! oggi va di moda, e proprio nella Chiesa, parlare della bontà accogliente di Dio, senza richiamare la gravità del peccato, di ogni peccato. Anzi, chi ancora nella Chiesa si attarda a denunciare il male e la sua gravità, viene visto come nemico della misericordia di Dio, da eliminare come falso apostolo, affinché la bellezza della “nuova chiesa” possa finalmente risplendere.

  Quanti disastri morali si compiranno in questo Anno Santo, se non si tornerà alla Misericordia vera, quella di Cristo, che accogliendoti in pianto per i tuoi peccati, ti perdona e ti dice “d'ora in poi non peccare più”.

  La misericordia di Dio, quella di Cristo, non può mai essere disgiunta dalla condanna ferma del peccato, di ogni peccato. Anzi, è proprio insegnando la gravità del peccato che la Chiesa ha sempre aperto i cuori alla vera misericordia di Dio.

  Il beato Cardinal Newman ha parole impressionanti proprio sulla necessità della condanna severa del peccato. Parlando del compito dottrinale della Chiesa così si esprime:

  “Anzitutto, la dottrina del maestro infallibile deve iniziare da una vibrata protesta contro lo stato attuale dell'umanità. L'uomo si è ribellato al suo Creatore. Questa ribellione ha provocato l'intervento divino; e la denunzia della ribellione dev'essere il primo atto del messaggio accreditato da Dio” (Apologia pro vita sua, cap. V).

  Non c'è che dire, il grande Cardinal Newman, spacciato troppe volte per anticipatore della confusione conciliare, su questo è chiaro: la ribellione dell'uomo a Dio va denunciata, e questa denuncia sta all'inizio del parlare della Chiesa, viene prima di tutto, con essa incomincia tutto!

  Ma continuiamo con Newman:
  “La Chiesa deve denunciare la ribellione come il più grave di tutti i mali possibili. Non può scendere a patti; se vuole essere fedele al suo Maestro, deve bandirla e anatemizzarla” (ibid.)

  Altro che la confusione che ci circonda e ci sommerge! Altro che questa confusione seguita al sinodo sulla famiglia, che ben ha preparato la confusione del giubileo.

 La mancanza della denuncia del peccato è di fatto un scendere a patti col peccato; così è percepita dai più. È colta come una tregua, come una rinuncia della Chiesa alla lotta contro il male e il demonio. È colta come un cambiamento di morale, come un depennare alcuni comandamenti dal decalogo, per far tregua con il mondo che non vuole cambiare.

  Sì, si rischia di intendere l'Anno Santo, con la sua misericordia “larga”, come una grande tregua al peccato, che prelude alla nascita di una nuova chiesa pacificata col mondo moderno, che di cambiare non ne ha proprio voglia: che illusione mortale!

  Illusione mortale, quella di pensare di conquistare il mondo con un perdono che non richiede il dolore del peccato e il proponimento di non commetterlo più! Illusione mortale, quella di pensare di riempire le chiese non chiedendo più niente alle anime. Illusione mortale, quella di pensare di spalancare le porte a tutti senza chiedere nulla: entreranno forse in molti, ma occuperanno una chiesa debole, che si trasformerà in loro; e dopo averla resa simile alla loro casa confusa da cui provenivano, la rigetteranno per l'ennesima volta come una chiesa inutile.

  Ma sì!: cosa se ne fanno gli uomini di una chiesa che benedice senza avere più la voglia di convertire? Cosa se ne faranno di una chiesa che ha rinunciato alla grande opera di Cristo, quella di salvare le anime, suscitando e consacrando con la Grazia la loro vera conversione? Cosa se ne faranno di una chiesa che, infedele al suo maestro, si vergogna di ripetere le sue parole sante: “Va, i tuoi peccati sono perdonati, e d'ora in poi non peccare più, perché non ti capiti qualcosa di peggio” ?

  Ma ascoltiamo ancora il grande Henry Newman:
  “La Chiesa cattolica pensa sia meglio che cadano il sole e la luna dal cielo, che la terra neghi il raccolto e tutti i suoi milioni di abitanti muoiano di fame nella più dura afflizione per quanto riguarda i patimenti temporali, piuttosto che una sola anima, non diciamo si perda, ma commetta un solo peccato veniale, dica una sola bugia volontaria o rubi senza motivo un solo misero centesimo” (ibid).

 È ancora così la nostra coscienza cattolica? È inteso ancora così il compito della Chiesa?

  Carissimi, il compito della Chiesa non può cambiare, perché Cristo non cambia. Non fidiamoci dei falsi maestri che scambiano il perdono, l'indulgenza plenaria, con una “tregua” dal sapore troppo umano che sa di diabolico.

  La Chiesa è stata posta come baluardo per la salvezza delle anime dal male, dall'abisso del peccato.

  “All'intensità del male che si è impossessato del genere umano, è stato contrapposto un potere capace di fronteggiarlo; e il primo atto di questo potere istituito da Dio è ovviamente una sfida al nemico. Questo preambolo dà un senso alla posizione della Chiesa nel mondo, e dà una chiave per interpretare tutto il suo insegnamento e la sua condotta attraverso i secoli.(ibid).

  Ecco perché una Chiesa che intende la misericordia come “tregua” è un puro non senso, è la distruzione della Chiesa stessa. Una Chiesa così ridotta non avrà più una posizione nel mondo... anzi, non l'ha già più.

  Preghiamo il Signore e la Vergine Maria, perché ci concedano pastori secondo il cuore di Dio, che non temano di fronteggiare il peccato, di porsi come sfida al nemico.

  E a noi tutti dia l'intelligenza per riconoscere pastori così.

mercoledì 23 dicembre 2015

per quanto piccolo sia


domenica 13 dicembre 2015

Alla fin fine che male c’è? c'è ...c'è....


 “[…] MAI DUNQUE SUCCEDA CHE VENIAMO A DIRVI: "Vivete come vi pare! State tranquilli! Dio non condannerà nessuno: basta che conserviate la fede cristiana. Egli vi ha redenti, ha sparso per voi il sangue: quindi non vi dannerà. Che se vi viene la voglia d’andarvi a deliziare con gli spettacoli, andateci pure! Alla fin fine che male c’è? E queste feste che si celebrano nell’intera città, con grande tripudio di gente che banchetta e - come essa crede - si esilara, mentre in realtà si rovina, alle mense pubbliche... andateci pure, celebratele tranquilli: tanto la misericordia di Dio è senza limiti e tutto lascerà correre! Coronatevi di rose prima che marciscano (Cf. Sap 2, 8)! E anche dentro la casa del vostro Dio, quando ve ne venisse la voglia, banchettate pure! Rimpinzatevi di cibi e bevande insieme con i vostri amici. Queste creature, infatti, ci sono state date proprio affinché ne godiate. O che Dio le avrebbe mai date agli empi e ai pagani, negandole poi a voi?.

Se vi facessimo di questi discorsi, forse raduneremmo attorno a noi folle più numerose; e, se pur ci fossero alcuni che si accorgessero come nel nostro parlare diciamo delle cose inesatte, ci inimicheremmo questi pochi, ma guadagneremmo il favore della stragrande maggioranza. Tuttavia, comportandoci in questa maniera, vi annunzieremmo non le parole di Dio o di Cristo, ma le nostre parole; e saremmo pastori che pascono se stessi, non le pecore.

[…] Pecore viziate si trovano infatti per ogni dove, mentre sono pochissime le pecore sane e grasse, cioè nutrite del solido cibo della verità e capaci, per dono di Dio, di cibarsi in buoni pascoli. Ora i cattivi pastori non risparmiano nemmeno queste. Non basta loro trascurare le prime, cioè le malate, le deboli, le fuorviate, le sperdute; per quanto sta in loro, essi ammazzano anche le forti e le grasse. Eppure esse vivono: vivono per un dono della misericordia di Dio, ma, per quel che dipende dai pastori cattivi, essi le uccidono. In che modo, mi chiederai, le uccidono? Vivendo male, dando cattivo esempio. […] Come giudicare allora quei pastori che, per timore di dispiacere a chi li ascolta, non solo non premuniscono i fedeli contro le tentazioni che li sovrastano ma anche promettono una felicità temporale che Dio in nessun modo ha promessa allo stesso mondo?”

 Sant'Agostino - Sermone n. 46.

sabato 5 dicembre 2015

"Chi abbassa la salvezza – che, secondo la promessa profetica, ogni uomo vedrà (cf. Lc 3, 6) – a lavoro per tutti e armonia fra religioni tradisce Colui che per quella salvezza ha patito la morte di croce"


A tanta grazia, altrettanto zelo
 
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri (Lc 3, 4).
Dio ci guardi dal pensare di poterlo costringere a venire a noi per le nostre strade tortuose. Certo, la Provvidenza scrive diritto sulle nostre righe storte, come si ripete proverbialmente, ma solo perché, nella Sua infinita condiscendenza, non ci lascia andare in malora a causa dei nostri molteplici errori e peccati. Certo, la Sapienza divina è capace di trarre un bene persino dalle nostre colpe, ma questo non significa che le approvi o le trascuri, visto che ci fanno rischiare la dannazione eterna. Certo, la Sua misericordia è pronta a coprire qualsiasi delitto, ma non è un abbonamento gratuito e senza scadenza: essa esige infatti con urgenza un pentimento sincero e una ferma determinazione di non più peccare, dato che ignoriamo il momento in cui dovremo rendere conto della nostra vita. Il buon Pastore è sì disceso nel burrone in cui la pecorella smarrita era precipitata, ma per tirarla fuori.
Se vogliamo veramente incontrare il Giudice clemente, tocca a noi raddrizzare ciò che è storto. Se questo ci sembra impossibile, è per insufficiente fede in Lui: «Tutto è possibile a chi crede» (Mc 9, 23), con l’aiuto della grazia divina. Anche un’anima spiritualmente morta in seguito a un peccato mortale è assistita dalla grazia preveniente, senza la quale non potrebbe mai pentirsi né sperare il perdono onde poter essere ristabilita, con la Confessione, nella grazia santificante. Anche chi è caduto in fondo al baratro dei peccati più turpi e ignominiosi non deve far altro che lanciare un grido verso il Cielo con la volontà di cambiare vita, e schiere di angeli scendono a confortarlo, raccogliendo la sua preghiera per presentarla al trono dell’Altissimo, perfezionata e impreziosita dall’intercessione della Madre di Dio.
Potrebbe esserci misericordia più grande e sollecita? Il Paradiso intero si muove per la conversione di un peccatore: «C’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte…» (Lc 15, 10). Ma quest’ultimo deve necessariamente riconoscere i propri peccati e, con l’aiuto di Dio, correggersi. Non cambia nulla illuderlo che i suoi atti non siano poi così deprecabili o che siano meno gravi di altri, come se un ammalato potesse consolarsi per il fatto che sta morendo di epatite piuttosto che di leucemia… Perdere la vita dell’anima per un’ingiustizia sociale non è più grave che perderla per un peccato sessuale; l’impurità contro natura grida vendetta verso Dio tanto quanto frodare il salario agli operai. La crescita della carità, oltretutto, è impossibile soltanto in un settore e non in un altro; le diverse virtù, a cominciare dalla castità, devono crescere di pari passo.

«Quelli che vogliono conoscere la via del Signore cominciano anzitutto con l’abiurare l’errore profano e inveterato; altrimenti non avrebbe senso in noi la ricerca del meglio senza la rinuncia al passato. E chi era il maestro dei popoli? Chi li condusse alla conoscenza della verità e li persuase a considerare ridicole le loro credenze precedenti e ad abbracciare la fede nuova? Non era forse Dio? Egli illuminò le menti e i cuori e li condusse a dire e a credere: “Da Sion esce la legge e da Gerusalemme la parola del Signore” (cf. Is 2, 3). […] Dio, Re e Signore dell’universo, giudicherà le genti, cioè eserciterà la giustizia e il giudizio su tutti i popoli. È prevalsa l’ingiustizia, perché i popoli si distruggono a vicenda, introducendo ogni genere di ferocia e di dissolutezza. Tolte di mezzo queste cose, Dio dona la giustizia e la rettitudine».

Una vera conversione presuppone la conoscenza della verità e la sua incondizionata accoglienza, che a sua volta richiede l’abbandono dell’errore per adesione alla Legge divina. Quanti battezzati, per ignoranza di essa, sono regrediti in ridicole credenze o hanno abbracciato dottrine aberranti? La misericordia nei loro confronti impone quindi ai Pastori di istruirli in proposito, in modo che possano rendersi conto di aver preso la strada sbagliata e invertire la rotta. Per fare questo, non si può aspettare che ogni uomo al mondo abbia da mangiare e da coprirsi; così non cambierà mai nulla, anche perché il Signore – come appena ricordatoci da san Cirillo Alessandrino – concede giustizia e rettitudine a chi si decide a togliere di mezzo ferocia e dissolutezza. È la dignità stessa dell’uomo, creatura cosciente e libera, che esige questo da lui.

Chi invece lo giustifica come un essere, tutto sommato, incapace di ragionare e di volere lo riduce, di fatto, a un minus habens.  È a Lui che bisogna spianare la strada nei cuori degli uomini, aiutandoli a raddrizzare i sentieri che stanno percorrendo, a riempire i burroni in cui spesso è franata la loro vita e ad abbassare i monti della loro presunzione. Certo, è un’impresa impegnativa; è molto più facile dispensare pacche sulle spalle e consolazioni fasulle. Ci si può perfino far odiare, specie se si urtano le orecchie dei potenti; san Giovanni Battista ci rimise la testa, ma la Parola di Dio, che, scesa su di lui, fu da lui annunciata senza rispetto umano, non rimase senza frutto: come era stato predetto dall’Angelo (cf. Lc 1, 17), grazie a lui il Messia trovò un popolo ben disposto che, mediante le Sue sofferenze redentrici, diventò la Chiesa.

In Colei che Lo concepì per opera dello Spirito Santo, il Figlio di Dio non trovò nulla da correggere: in Lei si aprì, per incarnarsi, una strada assolutamente diritta e piana. Fu così per una grazia del tutto singolare che La preservò dal peccato originale in vista dei meriti di Colui che avrebbe messo al mondo perché potesse redimere anche Lei; ma fu così anche perché Lei stessa corrispose sempre, in modo indefettibile, all’amore inconcepibile che il Padre aveva riversato su di Lei fin dal primo istante della Sua esistenza. Chiediamole di insegnarci a cooperare con la grazia per raddrizzare ciò che in noi è storto, così da poter offrire al Salvatore una via su cui possa raggiungere il nostro cuore e la nostra vita con soavità e dolcezza, prima di essere costretto a rimproverarci, nell’ultimo giorno, l’indifferenza e la chiusura all’impagabile misericordia con la quale ha dischiuso ai peccatori quella dimora gloriosa in cui vive e regna, Dio, nei secoli dei secoli. Amen.
 

mercoledì 2 dicembre 2015

parallelismi?


Il Sacco di Roma: un castigo misericordioso

di Roberto de Mattei

La Chiesa vive un’epoca di sbandamento dottrinale e morale. Lo scisma è deflagrato in Germania, ma il Papa non sembra rendersi conto della portata del dramma. Un gruppo di cardinali e di vescovi propugna la necessità di un accordo con gli eretici. Come sempre accade nelle ore più gravi della storia, gli eventi si succedono con estrema rapidità. Domenica 5 maggio 1527, un esercito calato dalla Lombardia giunse sul Gianicolo.

L’imperatore Carlo V, irato per l’alleanza politica del papa Clemente VII con il suo avversario, il re di Francia Francesco I, aveva mosso un esercito contro la capitale della Cristianità. Quella sera il sole tramontò per l’ultima volta sulle bellezze abbaglianti della Roma rinascimentale. Circa 20 mila uomini, italiani, spagnoli e tedeschi, tra i quali i mercenari Lanzichenecchi, di fede luterana, si apprestavano a dare l’attacco alla Città Eterna. Il loro comandante aveva concesso loro licenza di saccheggio.

lunedì 30 novembre 2015

La Grazia e non la Rivoluzione - Editoriale di "Radicati nella fede", Dicembre 2015



LA GRAZIA E NON LA RIVOLUZIONE

Pubblichiamo l'editoriale del numero di Dicembre 2015


LA GRAZIA E NON LA RIVOLUZIONE
Editoriale "Radicati nella fede" - Anno VIII n° 12 - Dicembre 2015

  Il Natale cristiano pone il principio della grazia. Dio viene sulla terra, si fa uomo, per caricarsi del peccato degli uomini e pagare sulla Croce il prezzo del nostro riscatto.


 La redenzione è opera di Gesù Cristo, Dio fatto uomo; è opera del suo sacrificio, della sua Croce, che continua nel tempo con il sacrificio propiziatorio che è la Messa cattolica.

 Non ci possiamo salvare con le nostre forze, nessuno può riscattare se stesso; nessuno può, con la propria azione, darsi la vita eterna. Tutto il nostro desiderio di bene, fosse anche in noi sincero e puro, non ci salverà senza la grazia di Cristo, senza la grazia di Dio.

domenica 29 novembre 2015

presepe proscritto