Omelia di S. Eminenza il Card. Carlo Caffarra
per il V° anniversario della elezione al Soglio Pontificio di Papa Benedetto XVI
Chiesa Cattedrale di Bologna - 19 aprile 2010
È intrinseco alla testimonianza cristiana lo scontro coi poteri di questo mondo. Quale è il “potere del mondo” con cui oggi si scontra la testimonianza che quotidianamente Benedetto XVI rende a Cristo? Prima ho parlato della “dittatura del relativismo”. Con questa espressione il S. Padre intende quel modo di pensare oggi così diffuso secondo il quale non esiste alcuna verità universalmente valida circa ciò che è bene o male; che «non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie».
Una tale posizione, sul piano etico, ha una potenza devastante smisurata. Vengono censurate non solo le norme morali del cristianesimo; ma ogni tentativo di mostrare che esistono norme morali che difendono “beni umani non negoziabili”, è rigettato in partenza. Mai l’uomo è stato esposto ad un pericolo più grave, dal momento che è stato privato del potere di riconoscere le prevaricazioni contro se stesso. Il “sistema spirituale immunitario” che lo difende da ogni attacco alla sua dignità – la convinzione che esistano beni umani non negoziabili – è stato annullato.
È su questo livello che lo scontro fra il S. Padre e il potere culturale del mondo è totale.
1. « In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati». È a persone che lo cercano [«voi mi cercate»], che Gesù si rivolge. Ma esse o limitano la misura del loro desiderio o non ne hanno la giusta comprensione: per loro il pane mangiato è solo pane, e non segno che rimanda ad un cibo «che dura per la vita eterna».
In questa pagina evangelica è posta chiaramente sia la domanda circa Gesù: chi è veramente Gesù di Nazareth?, sia la domanda circa la misura del desiderio dell’uomo: che cosa l’uomo ha il diritto di sperare, una vita eterna o solo «un cibo che perisce»?
Cari fratelli e sorelle, il dialogo evangelico fra Gesù e le folle ci fa capire profondamente il servizio petrino di Benedetto XVI. Esso è interamente teso a proporre la verità salvifica di Gesù al cuore dell’uomo del nostro tempo, e pertanto la questione della verità della fede cristiana è al centro del suo insegnamento. Non a caso nel suo stemma episcopale aveva scritto cooperatores veritatis.
Che cosa significa più esplicitamente tutto questo? Ritorniamo al testo evangelico. Gesù, come avete sentito, parla di un cibo «che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre ha messo il suo sigillo».
Cari fratelli, queste parole ci parlano di Dio, ce ne svelano il mistero. Nel suo servizio alla verità, il S. Padre ha costantemente insegnato il primo luogo la verità su Dio. L’affermazione con cui inizia il quarto Vangelo «in principio era il Verbo», costituisce «la parola conclusiva del concetto biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede biblica raggiungono la loro meta, trovano la loro sintesi» [Benedetto XVI, Discorso di Regensburg]. E pertanto la proposta cristiana interloquisce in primo luogo con la ragione dell’uomo, esibendosi come la religione vera.
Ma questo non è tutto. Il testo evangelico ci ha detto che Dio in Gesù dona all’uomo un pane «che dura per la vita eterna». Il Dio vero in cui crediamo, non è una realtà inaccessibile. È un Dio che ama l’uomo, fino a condividerne il destino mortale per poterlo nutrire con un pane «che dura per la vita eterna». La prima enciclica di Benedetto XVI, quella programmatica del suo pontificato, inizia così «Deus charitas est» [Dio è carità].
La verità circa Dio è di un Dio che è il Verbo - Logos e identicamente l’Amore - Agape. Egli è identicamente il Dio «che abita una luce inaccessibile» e il Dio che entra nella nostra storia tribolata e contraddittoria. L’impegno di rendere presente questo Dio nella vita degli uomini – lo ha detto il Santo Padre stesso – è l’impegno fondamentale di questo pontificato.
Ma un “tale Dio” può essere incontrato solo mediante un atto della persona che faccia uso e di una ragione che decida di andare oltre se stessa, e di una libertà che non si faccia imprigionare dalla ipnosi dei beni umbratili. In una parola: può essere incontrato dalla fede. «Gesù rispose: questa è l’opera di Dio: credere in colui che ha mandato». E qui troviamo l’altro grande centro del servizio petrino di Benedetto XVI: salvare la ragione e quindi la libertà dell’uomo. È un servizio che può esprimersi positivamente nella formula: allargare gli spazi della ragione; e negativamente: rifiutare la dittatura del relativismo. È su questo piano che lo scontro mite e coraggioso del S. Padre colla cultura egemone in Occidente è totale, ed ha assunto ormai un profilo drammatico.
Quando il S. Padre parla di “allargare gli spazi della ragione” intende dire che la nostra ragione non è capace di conoscere solo ciò che è scientificamente sperimentabile, e solo ciò che noi possiamo tecnicamente realizzare. È ciò che dice Gesù alle folle: non fermatevi al pane che ha soddisfatto la vostra fame; in questo pane vedete un “segno” di un cibo che è risposta ad un desiderio illimitato di vita. Trascendere il sensibile per salire fino a Dio è una capacità ed un atto ragionevole.
Può sembrare strano che un Papa si erga a difensore della ragione con tanta forza. Non è, il successore di Pietro, prima di tutto il testimone del Vangelo? Cari fratelli e sorelle: la separazione tra la fede e la ragione distrugge la fede cristiana perché finisce col ridurla ad un fatto emotivo e puramente soggettivo. Una “ragione debole” è incapace di una fede ragionevole.
2. Cari amici, la seconda lettura ci ha narrato lo scontro tra Stefano ed il potere religioso del suo tempo. È intrinseco alla testimonianza cristiana lo scontro coi poteri di questo mondo. Quale è il “potere del mondo” con cui oggi si scontra la testimonianza che quotidianamente Benedetto XVI rende a Cristo? Prima ho parlato della “dittatura del relativismo”. Con questa espressione il S. Padre intende quel modo di pensare oggi così diffuso secondo il quale non esiste alcuna verità universalmente valida circa ciò che è bene o male; che «non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie».
Una tale posizione, sul piano etico, ha una potenza devastante smisurata. Vengono censurate non solo le norme morali del cristianesimo; ma ogni tentativo di mostrare che esistono norme morali che difendono “beni umani non negoziabili”, è rigettato in partenza. Mai l’uomo è stato esposto ad un pericolo più grave, dal momento che è stato privato del potere di riconoscere le prevaricazioni contro se stesso. Il “sistema spirituale immunitario” che lo difende da ogni attacco alla sua dignità – la convinzione che esistano beni umani non negoziabili – è stato annullato.
È su questo livello che lo scontro fra il S. Padre e il potere culturale del mondo è totale.
«Siedono i potenti, mi calunniano, ma il tuo servo medita i tuoi decreti», abbiamo or ora pregato col Salmo. Ecco: questo sembra essere l’atteggiamento fondamentale del S. Padre.
Questo deve essere l’atteggiamento della Chiesa, anche della Chiesa di Dio in Bologna. La fede ha già vinto il mondo, poiché essa ci radica nella divina Verità e trova corrispondenza profonda nel cuore di ogni uomo, fatto per incontrarsi con Dio nel Cristo