sabato 7 gennaio 2012

Dieu premier servi ! mobilitazione contro lo spettacolo blasfemo

All'assalto il nemico è debole!




DOPO
LA FRANCIA CATTOLICA

ANCHE
L'ITALIA CATTOLICA

SI MOBILITA CONTRO
LO SPETTACOLO BLASFEMO DI CASTELLUCCI
CHE ANDRA' IN SCENA A MILANO CON LA PRIMA
IL 24 GENNAIO 2012
Ci associamo all'iniziativa del Comitato San Carlo Borromeo,
che vi invitiamo a seguire,
per partecipare alla manifestazione fissata per


MARTEDI' 24 GENNAIO 2012
ALLE ORE 20,00
(scarica il volantino in formato pdf)

davanti al Teatro Franco Parenti
via Pier Lombardo, 14 Milano



contro la rappresentazione dello spettacolo blasfemo messo in scena da un tale Romeo Castellucci che, per fare soldi e conquistare un po' di fama moderna, ha pensato bene di usare il Volto di Cristo per imbrattarlo nel modo più volgare e schifoso possibile.



Quanti guai sta passando l'Italia, già culla del cattolicesimo!

Ci mancava solo un italiano a fare da agente del demonio contro la Chiesa e la Fede.
Crede forse costui che il suo ispiratore, il demonio, gli concederà chissà quali favori in quell'angolo dell'Inferno che gli ha promesso e riservato?

Povero illuso! L'unica cosa che otterrà è la misera e degradante fama in questo mondo che ha perso il ben dell'intelletto e corre sempre più velocemente verso la sua definitiva rovina.

Molti amici si sono mibilitati per esprimere pubblicamente la loro indignazione contro questa continua campagna di offese e di odio condotta dall'intero mondo laico contro Dio, contro Gesù Cristo, contro la Chiesa, contro i cattolici, contro ogni ordine e ogni giustizia e ogni ragionevolezza.


Il regno di Satana incombe, e percorre sempre più passi e sempre più speditamente!

Chi dice che tanto clamore alla fin fine non fa altro che amplificare l'attenzione per queste blasfemie che sempre più numerose vengono buttate in faccia al mondo cattolico, rispondiamo che il vero scopo di questi untori del male è di continuare indisturbati la loro opera di infezione morale e spirituale, al servizio delle mire del demonio.

Non si dimemtichi che il grande trucco del demonio è quello di cercare di far credere che non esista.
Il silenzio nei confronti di tanto fango montante contro Cristo e la Fede finisce col servire le mire del demonio, che si aggira famelico per divorare le nostre anime!

Occorre reagire
occorre ricordare a tutti che ci siamo anche noi cattolici
e che non intendiamo subire ancora in silenzio.

Dopo i cattolici francesi, ora tocca a noi!



Si ascolti la perorazione diffusa via internet dal Prof. Roberto de Mattei
http://www.corrispondenzaromana.it/roberto-de-mattei-contro-le-blasfemie-di-castellucci/

oppure

http://www.youtube.com/watch?v=CCZ35miAX24&feature=related

Si acceda ai diversi siti internet dell'area tradizionale e si comunichi la propria adesione alla manifestazione
http://www.unavox.it/link.htm#italiani

in particolare al sito del Comitato San Carlo Borromeo di Milano




ESPRIMIAMO LA NOSTRA INDIGNAZIONE AL MONDO LAICO

Teatro Parenti: Segreteria di Direzione, via Vasari, 15, 20135 Milano
tel.: 02.59995220 - martinamoretti@teatrofrancoparenti.it

Sindaco di Milano
: tel.: centralino unico 02.02.02- sindaco.pisapia@comune.milano.it

Ufficio Stampa del Comune di MIlano
. tel.: 02.88450150 - fax 02.88450568
posta elettronica: comunicazione.ufficiostampa@comune.milano.it

Dott. Roberto Formigoni, Presidente della Regione Lombardia: http://www.formigoni.it/

Consiglio Regionale della Lombardia
- Via Fabio Filzi, 22 - 20124 Milano - Tel. 02.67482.1



IMPORTANTE SOLLECITARE LA REAZIONE UFFICIALE
DEGLI ORGANI ISTITUZIONALI DELLA CHIESA CATTOLICA

DIOCESI DI MILANO (S. Em. Rev.ma Sig. Card. Angelo SCola)(Piazza Fontana, 2 -
Centralino: 02.85571 - posta elettronica: webmaster@chiesadimilano.it
Cancelleria: Tel.: 02/8556314-221 - Fax: 02/861396 - posta elettronica: Cancelleria@diocesi.milano.it)

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA,
Circonvallazione Aurelia, 50 - 00165 Roma - Tel. 06.663981
Card. Angelo Bagnasco: presidente@chiesacattolica.it
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SEGRETERIA DI STATO

(Palazzo Apostolico Vaticano, Citta del Vaticano 00120 - Tel.: 06.69.88.39.13 - Fax: 06.69.88.52.55)

PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA CULTURA
(00120 Città del Vaticano - Tel.: +39-06.698.93811 - Fax: +39-06.698.87368, 87165 - posta elettronica: cultura@cultura.va)
PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
(00193 Roma, Via della Conciliazione, 5 - Tel.: 06.69.86.95.00 - Fax: 06.69.86.95.21)

venerdì 6 gennaio 2012

Dio benedica l'Ungheria

Corona di Santo Stefano d'Ungheria

Una nazione fatta si e' data un nuovo governo e una nuova costituzione: non vuole essere succube dei banchieri. L'Ungheria e' uno degli stati a cui l'Italia e l'Europa intera dovrebbe guardare e seguire l'esempio. Eppure qualche fariseo si straccia le vesti....Ecco in che cosa consiste il preambolo della suddetta Costituzione entrata in vigore a partire dal 1 gennaio 2012: leggiamo e gustiamo. 


Dio benedica l’Ungheria!
Noi, membri della Nazione ungherese, all’inizio del nuovo millennio, nella nostra responsabilità davanti a tutti gli Ungheresi, dichiariamo quanto segue:
Siamo fieri che il nostro re Stefano il Santo mille anni fa abbia fondato lo Stato ungherese su solide fondamenta e abbia reso la nostra patria parte dell’Europa cristiana.
Siamo fieri dei nostri antenati, che combatterono per la salvaguardia, la libertà e l’indipendenza della nostra patria.
Siamo fieri delle straordinarie opere spirituali degli uomini e delle donne ungheresi.
Siamo fieri che il nostro popolo abbia difeso per secoli l’Europa, combattendo per i suoi valori e accrescendoli con la propria dedizione e il proprio zelo.
Riconosciamo il Cristianesimo come forza che tiene insieme la nazione. Rispettiamo le diverse tradizioni religiose del nostro Paese.
Giuriamo di conservare l’unità spirituale e culturale della nostra nazione, più volte lacerata nelle tempeste del secolo appena concluso. (..)


Ed ecco due interessanti articoli di commento


Altro che Ungheria! In pericolo è la NOSTRA libertà !!!


Non mi piace (e mi preoccupa) l’andazzo del governo di Victor Orban, in Ungheria: penso che il Partito popolare europeo (di cui Orban è vicepresidente) dovrebbe discuterne subito.
Ma vedendo che Corriere della sera e Repubblica già lanciano la crociata contro il governo di Budapest, eletto da una maggioranza di due terzi, mi chiedo: siamo sicuri che noi italiani possiamo permetterci il lusso di dare lezioni all’Ungheria?
COMPAGNO NAPOLITANO
Temo che gli ungheresi possano dirci: cari signori italiani che volete insegnarci il liberalismo, voi avete eletto presidente della Repubblica, dunque simbolo morale di tutta la vostra nazione, e tutti i giorni incensate sui giornali (a cominciare da Corriere, Repubblica e Stampa), un uomo politico che fu dirigente del Partito comunista di Togliatti e di Stalin.
L’on. Napolitano, nel 1956, quando i carri armati sovietici schiacciarono nel sangue il nostro popolo che chiedeva libertà, si pronunciò così: “L’intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione ma alla pace nel mondo”.
Quell’invasione (“per la pace”) massacrò 2700 ungheresi, oltre alla libertà e all’indipendenza di quel Paese. Congelando un’evoluzione che poteva iniziare allora e non nell’89.
Noi replicheremo che Napolitano ha poi riconosciuto l’errore.
Ci mancherebbe! Volete che quarant’anni dopo, a comunismo crollato – ci diranno gli ungheresi – esaltasse ancora l’invasione?
Ma il passato conta e non può essere cancellato. Specie se uno non si ritira in pensione, ma diventa presidente della Repubblica. E specie se volete dar lezioni di libertà a noi.
D’altra parte, bisogna ammettere che se si legge l’ “autobiografia politica” di Napolitano intitolata “Dal Pci al socialismo europeo” (Laterza), uscita nel 2005, alla vigilia della sua elezione al Quirinale, la “revisione” sui fatti ungheresi sembra ancora il dibattito interno al Pci: dà ragione ad Antonio Giolitti e a Di Vittorio, riconosce che avevano ragione i dirigenti comunisti ungheresi che si opposero ai carri armati e furono spazzati via, ma non dà ragione agli anticomunisti.
Ed evita di fare i conti con tutta la verità storica.
RIVELAZIONI SU TOGLIATTI
Per esempio. Si era sempre scritto che il Pci avesse “solo” (sic!) applaudito sull’Unità i cingolati del tiranno e condannato gli operai che chiedevano pane e libertà come “controrivoluzionari”, “teppisti” e “spregevoli provocatori”.
Ma Togliatti non fece solo questo.  Lo si è scoperto alla fine del 1992, quando il presidente russo Eltsin consegnò al presidente ungherese i documenti riguardanti l’invasione dell’Ungheria che erano custoditi negli archivi segreti dell’ex Urss.
Da quella documentazione si è scoperto che il 30 ottobre 1956 il presidium del comitato centrale sovietico – in linea con la destalinizzazione di Kruscev – aveva deciso all’unanimità di evitare l’intervento armato in Ungheria. Invece il giorno dopo capovolse tutto e decise di “restaurare l’ordine in Ungheria”.
A cosa fu dovuta questa retromarcia?
Si è ipotizzato che a modificare la prima decisione sovietica – scrivono Zaslavskj ed Aga-Rossi – “contribuirono le prese di posizione di alcuni rappresentanti del blocco comunista a favore di un intervento. A questo proposito rimane da approfondire il ruolo avuto dal telegramma di Togliatti” dove costui “definì gli avvenimenti ungheresi ‘la rivolta controrivoluzionaria’ e sollecitò il governo sovietico a prendere una posizione chiara, per evitare che assumessero una ‘direzione reazionaria’ ”.
Questa è appunto la scoperta: una lettera (dura con gli ungheresi) di Togliatti spedita urgentemente, per telegramma, a Mosca proprio quel 30 ottobre tramite l’ambasciata sovietica.
Togliatti – essendo stato così vicino a Stalin – aveva allora un grosso peso nel mondo comunista internazionale, infatti “all’interno dell’Unione Sovietica la sua lettera fu utilizzata dall’apparato di propaganda per giustificare l’intervento” (Zaslavskj).
Dunque oggi si può dire che il ruolo del leader del Pci non fu solo quello di lodare i carri armati che invasero l’Ungheria per “sbarrare la strada al terrore bianco e schiacciare il fascismo nell’uovo”.
Di tutto questo Victor Zaslavskj ha scritto in due volumi del 1997 e del 2004, ma Napolitano nel suo libro del 2005 non ne fa alcuna menzione. E continua a sostenere che l’errore del Pci fu solo “la giustificazione del sanguinoso intervento”.  
E’ ANCORA COMUNISTA?
Del resto tutta la revisione di Napolitano appare indulgente e “continuista”. Mai una vera rottura.
Pur essendo approdato, come dice il titolo del libro, al “socialismo europeo”, da nessuna parte egli scrive che avevano ragione gli anticomunisti (come il cardinale Mindszenty o come Luigi Gedda e Pio XII).
Non mi pare che scriva che fosse immorale e ingiustificabile sostenere le disumane tirannie comuniste e propagarne le stomachevoli menzogne.  
Anzi. Si legge talora una sorprendete apologia del Pci degli anni Quaranta, proprio il periodo di Stalin. Ci si aspettava che almeno nel 2005 Napolitano riconoscesse l’enorme merito storico della Dc, di avere letteralmente salvato la libertà e l’indipendenza dell’Italia dalla minaccia (anche militare) comunista.
E invece scrive testualmente che “dopo le elezioni del 18 aprile 1948, la Democrazia cristiana (…) intraprese coi suoi alleati di governo una politica che risultò oscurantista e perfino liberticida rispetto ai valori della laicità dello Stato, ai diritti costituzionali dell’opposizione, alle espressioni culturali e artistiche non gradite”.
Poi sottolinea quanto fosse “persuasiva la strategia di opposizione del Pci” elogiando “il successo di una vigorosa e ben motivata azione politica del Pci, che lo qualificò come partito difensore della Costituzione repubblicana e della libertà della cultura, e che fu certamente benefica per il paese, per la democrazia italiana” (pagg. 16-17).
Dunque il Pci di Togliatti e di Stalin fu il salvatore della democrazia e della libertà, mentre la Dc di De Gasperi fu “liberticida” e “oscurantista”. Scritto nel 2005, alla vigilia dell’elezione al Colle.
Vogliamo oggi dar lezioni all’Ungheria?
NOI NON SIAMO PIU’ LIBERI
Bisognerebbe essere stati sempre liberaldemocratici e anticomunisti, come pure antifascisti (teniamo conto che questo Orban fu un oppositore del regime comunista ungherese). Ma in Italia pochi lo sono stati.
Fa bene il “Corriere” ad attaccare Orban  perché “la nuova Carta rende retroattivamente ‘responsabili dei crimini comunisti’ commessi fino al 1989 i dirigenti dell’attuale partito socialista (ex comunista)”, ma noi siamo stati sempre netti nella condanna del comunismo, senza amnesie e reticenze?
E’ sacrosanto criticare le decisioni del governo ungherese se limitano la libertà di stampa o altre libertà o i diritti delle minoranze. Ma perché condannare il riferimento a Dio nella Costituzione (“Dio benedica gli ungheresi”), un motto uguale a quello delle istituzioni americane o inglesi?
Il Corriere pone fra i capi di imputazione il fatto che la nuova Costituzione “stabilisce che l’embrione è un essere umano sin dall’inizio”.
E’ forse un crimine? Li condanniamo dall’alto di milioni di aborti legalizzati in Europa? Magari mentre digeriamo senza proteste la legge sugli aborti forzati in Cina che fa milioni di vittime?
Repubblica imputa a Orban di aver varato “una legge che toglie autonomia alla banca centrale, sfidando Bce e Fmi”. Ma la sovranità spetta ai popoli o a Bce e Fmi?
Siamo più liberi e liberali noi italiani che abbiamo consegnato la nostra sovranità a un ente privato come la Bce o alla Bundesbank, facendoci dettare da loro il programma di governo e il nuovo governo?
Siamo più liberi noi, ormai costretti a lavorare gratis per lo stato fino ad agosto e a consegnare alle banche i nostri stipendi, senza più neanche il diritto di prelevare liberamente i nostri soldi dovendo giustificare prima allo stato come intendiamo spenderli? Sarebbe questa la libertà che vogliamo insegnare all’Ungheria?
Antonio Socci
Da “Libero”, 5 gennaio 2012
Dittatura Europea. In Ungheria sono iniziate le manovre per eliminare un governo voluto dal popolo
(di Paolo Deotto su Riscossa Cristiana del 05/01/2012) Se qualche anima bella non ha ancora ben chiaro cosa succede in Europa, e cosa è appena successo in casa nostra, dove la burocrazia bancaria e massonica della UE è al comando, tramite il governo killer di Monti, andiamo a guardare cosa sta accadendo in questi giorni in Ungheria.
È bene premettere che in Ungheria nel 2010 è accaduto un fatto terribile: ci sono state le elezioni politiche e ha vinto, ampiamente, il partito Fidesz, guidato da Viktor Orban, che è così divenuto, per la seconda volta, Primo Ministro.
Il 18 aprile dello scorso anno il Parlamento ungherese, dove la maggioranza detiene i 2/3 dei seggi, ha approvato il testo della nuova Costituzione dell’Ungheria.
Fin qui, potremmo dire, che c’è di strano? Uno Stato sovrano – l’Ungheria – porta al Governo, con libere elezioni, chi più gli aggrada. Finché vogliamo continuare a parlare di democrazia, dobbiamo accettare che il popolo possa liberamente decidere il proprio destino.
Già, ma parlavamo di fatto terribile non a caso. Perché questa fantastica Unione Europea (proprio in questi giorni “celebriamo” il decennale dell’euro, che ci ha premesso di vivere tutti molto peggio di prima…) non si limita ad essere una potente organizzazione bancaria e finanziaria, ma si è anche autonominata custode delle coscienze e insindacabile giudice del Vero e del Falso, del Bene e del Male.
La UE insorse già nello scorso aprile, perché la nuova Costituzione ungherese diceva cose terribili e spaventose. A questo proposito pubblicammo un articolo dal titolo “Orrore, orrore. La nuova costituzione ungherese parla di Dio”. In questo articolo (che potete rileggere cliccando sul titolo) facevamo un’elementare previsione: “Non dubitiamo che le forze sane, laiche e democratiche, scenderanno al più presto in lotta. Però, per ora, sono annichilite dall’orrore, vetrificate dallo sdegno”.
Le novità introdotte in Ungheria dalla nuova Costituzione non rappresentano che il ritorno a una razionalità elementare, nonché il riconoscimento che la Nazione ungherese è una nazione cristiana, e altri particolari che potrete leggere nel comunicato stampa di Nino Sala, segretario del Partito Tradizional Popolare, pubblicato oggi anche su Riscossa Cristiana.
In particolare vorremmo sottolineare che in Ungheria viene introdotto (o meglio, ripristinato) il controllo statale sull’attività della Banca Centrale. Attenzione, signor Orban, in questo modo Lei rischia la pelle, perché tocca interessi enormi!
Ebbene, le forze sane laiche democratiche eccetera hanno iniziato a scendere in campo con manifestazioni di piazza, e col viatico eccellente della signora Clinton, segretario di Stato del Paese guidato dal bombarolo Obama. I commissari europei hanno gridato forte e alto il loro sdegno, e l’Ungheria ora rischia di subire sanzioni.
Salvo errore, non si è ancora pronunciato il vecchio comunista Napolitano (forse causa le festività natalizie), che in genere rilascia dichiarazioni su tutto per otto giorni alla settimana. Attendiamo, anche perché lui è un esperto su come rimettere in riga gli ungheresi che vogliano essere liberi e indipendenti.
Dunque la piazza ungherese è in agitazione. Vedremo il seguito. Vedremo se il signor Orban, che non ha ancora cinquant’anni, verrà a breve accusato di scandalosa vita (pro memoria: attualmente in Europa si parla di scandalo se a un uomo piacciono le donne. Se siete omosessuali, transessuali, chissacosasessuali andate tranquilli, non rischiate nulla). Non sappiamo se Viktor Orban sia ricco o povero, se abbia conflitti di interesse, o che altro. Ma sono dettagli. Le accuse si trovano sempre, basta inventarle. Possiamo solo augurarci, per il bene e la libertà dell’Ungheria, che in quel Paese ci sia una magistratura seria.
La piazza si agita, e anche un bambino scemo sa che le piazze si agitano quando sono ben organizzate e orchestrate. Nella fattispecie la “solidarietà” americana e UE è così smaccata da rendere superfluo ogni commento.
In casa nostra i mezzi di informazione (fatte sempre le solite debite, ma purtroppo scarse, eccezioni) si accodano disciplinatamente.
Il Corrierone ci informa che in piazza sono scesi ben 70.000 ungheresi, e forse si fa prendere un po’ la mano, visto che un altro foglio di regime, il “Fatto” parla di trentamila (ed evoca anche, chissà perché, lo spettro dell’antisemitismo…). Ma ecco che un altro giornale allineato, L’Unità, ci informa di un fatto terribile, agghiacciante, degno di una cooperativa tra Dario Argento ed Edgar Allan Poe: Viktor Orban è amico di Berlusconi!
Morale della favola: gli ungheresi si sono dati il Governo che hanno voluto, le elezioni politiche si sono tenute regolarmente, nessuno a suo tempo ha parlato di brogli elettorali, o simili faccende. A questo punto accade che la maggioranza nata dalle elezioni faccia il suo mestiere, ossia pretenda di governare il Paese.
Ma c’è un particolare: la democrazia in Europa è ormai in fase terminale. La volontà popolare non ha alcun peso. Se un Governo regolarmente eletto adotta una politica che non è ossequiente verso quel mix diabolico di banche, poteri forti, interessi finanziari, in buona parte tra loro legati dal comune grembiulino, quel governo è destinato a morire. Se poi, nel caso specifico dell’Ungheria, quel governo pretende al contempo di ricordare le radici cristiane del Paese e di limitare lo strapotere della grande finanza, riportando sotto il controllo statale l’attività della Banca Centrale, la catastrofe è totale.
Sono, purtroppo, prevedibili giorni molto duri per l’Ungheria. Il fuoco di artiglieria mediatico è già iniziato. Gli ungheresi, quella gran maggioranza che ha portato Orban al Governo, non i 30 o 70.000 che ora vengono inquadrati in piazza a urlare, saranno attaccati impietosamente, né sappiamo se potranno continuare ad avere il Governo che, lo ripetiamo, hanno liberamente scelto.
Ma le libere scelte dei popoli, i fatti lo dimostrano, non valgono nulla per il megapotere europeo.
QUESTO NUOVO SCHIFO DOVREBBE FARCI RIFLETTERE SU UN FATTO ELEMENTARE: E’ URGENTE USCIRE DA QUESTA CAMERA A GAS CHE SI CHIAMA “UE”. OGNI GIORNO E’ SEMPRE PIU’ CHIARO CHE SI MARCIA SULLA STRADA DEL “SUPERSTATO”, SULLA CANCELLAZIONE DELLE IDENTITA’ NAZIONALI, SULLA CREAZIONE DI UNA EUROPA FATTA DI DISCIPLINATI CONSUMATORI CHE, ZITTI ZITTI, DOVRANNO OBBEDIRE A UNA CASTA DI BUROCRATI CHE NON RAPPRESENTANO ALTRO CHE SE’ STESSI E GLI INTERESSI DEI GRUPPI PER CUI LAVORANO. IL GRANDE STATO EUROPEO: PRIMA TAPPA PER REALIZZARE IL GRANDE STATO MONDIALE VAGHEGGIATO DALLA MASSONERIA.
Dio aiuti l’Ungheria. E anche l’Italia

Dieu premier servi !

600° anniversario della nascita 
di Santa Giovanna d'Arco
(6 gennaio 1412)


Omaggio alla Francia, figlia primogenita della Chiesa







S. GIOVANNA D'ARCO (1412 - 1431)


VICINO A LEI SI PROVAVA GRANDE GIOIA


Immaginiamo la scena. Il processo si celebra in un’ampia sala, disadorna, fredda e poco illuminata. L’atmosfera generale non è di festa, ma tesa. I protagonisti? Molto semplice. Da una parte una cinquantina di uomini, tra i più dotti di Francia (c’erano anche inglesi), molti dei quali provenienti dalla università di Parigi. Uomini, ecclesiastici e laici, rotti alle fatiche sui libri, esperti nella ricerca teologica, temprati da innumerevoli dibattiti, confronti e lunghe discussioni, sempre accademiche mai banali. La teologia e la filosofia era il loro pane quotidiano.

Si sentivano forti, preparati, pronti a difendere la verità contro chiunque. E chi avevano davanti da interrogare? Quasi si vergognavano a guardarla. Non era certo pane per i loro denti teologicamente agguerriti: una semplice ragazza appena diciannovenne, che non sapeva né leggere né scrivere, nata a Domreny. Si chiamava Giovanna. Una delle domande: “Che aspetto aveva san Michele quando ti è apparso?”. Giovanna: “Non gli vidi in capo alcuna corona. Dei vestiti non so nulla”. Replica, con un pizzico di malizia: “Era nudo?”. Semplice la risposta: “Credete che Nostro Signore non abbia di che vestirlo?”. Il giudice rimane spiazzato. Ancora una domanda più subdola, fatta proprio per farla cadere nel tranello. L’inquisitore le chiede quale è la differenza tra chiesa militante e chiesa trionfante.
La risposta di Giovanna non è dettata dai grossi libri di teologia ma dal suo buon senso di semplice cristiana battezzata che frequentava la chiesa, che si confessava, che andava tutte le volte che poteva a messa: “Dato che tutta la chiesa è di Dio, la differenza non deve essere poi molto importante”. Tutte risposte giuste (cioè non eretiche) non certo adatte a risvegliare la dialettica super addestrata e ben collaudata di quegli uomini. I quali tuttavia non si danno per vinti. Vogliono incastrarla. È una questione... politica.
Quando per estorcere prove di una sua presunta disubbidienza alla chiesa, le chiede se non è doveroso obbedire al papa, ai vescovi, ai cardinali, Giovanna risponde: “Sì, Dio servito per primo”. È la volta poi di un alto prelato accademico, una personalità dell’università di Parigi. Le chiede se pensa di essere in grazia di Dio. Risposta: “Se ci sono, Iddio mi ci custodisca; se non ci sono, Iddio voglia collocarmici, perché preferirei morire che non essere nell’amore di Dio”. Non è una risposta che solletichi la vis dialettica ed erudita dell’interlocutore e dei suoi compari accademici. Quelle “volpi scolastiche” (Bernanos) tuttavia non si danno per vinte. La politica, quella peggiore (la storia ce lo insegna) un cavillo o un “vizio di forma” lo trova sempre (o lo inventa).
“Dolcissimo Dio, 

in nome della vostra santissima passione...”

Davanti a tanta intelligenza e preparazione teologica, Giovanna opponeva una fede semplice e tanta umiltà. I verbali del processo riferiscono anche questa sua preghiera: “Dolcissimo Dio, in nome della vostra santissima passione, vi chiedo, se voi mi amate, di rivelarmi che cosa devo rispondere a questi uomini di Chiesa”. Ha scritto Regine Pernoud, una studiosa di Giovanna d’Arco: “Parole di dolorosa intimità. Esprimono tutto ciò di cui ella ha bisogno in quel preciso istante. Nulla di più. È la preghiera del cristiano, che sa che ogni grazia è la grazia del momento presente”.
Molto toccanti anche le ultime scene del recente film su Giovanna d’Arco (di Luc Besson). Giovanna, condannata ingiustamente di stregoneria, si rivolge a Gesù Cristo, dicendogli: “Stammi vicino, per favore. È questo quello che Tu vuoi? Non abbandonarmi, per favore”. Giovanna morì sul rogo, all’età di diciannove anni, guardando una croce, e mormorando il nome di Gesù. Era il 30 maggio del 1431. Un giorno di primavera.
In questi ultimi anni si è rifatto il “processo al processo” di questa condanna. È certamente una pagina nera nella storia in generale. Giovanna d’Arco fu una delle tante vittime innocenti della storia, vittima di certi uomini di chiesa del tempo e della politica, o meglio della ragion di stato, invocata e perseguita, anche nella palese ingiustizia dagli inglesi invasori della Francia. Ella fu vittima di un doppio gioco “ecclesiastico” e politico. La ragazza analfabeta di Domremy, senza saperlo si era messa di traverso a quella potente lobby ecclesiastica (teologi, professori di università, vescovi prezzolati, come il vescovo Pierre Cauchon, ex professore a Parigi, che condusse il processo) che supportava con raffinati 

argomenti teologici le istanze del potere che sembrava vincente.

Questi “dietro l’ideologia architetta – la duplice monarchia – avevano anche elaborato un loro sistema affinché l’Università fosse considerata come la vera custode delle «chiavi della cristianità», sostituendosi al romano pontefice, di cui avrebbero presto cercato di sbarazzarsi nel corso di due concili burrascosi, quello di Basilea e quello di Costanza” (Regine Pernoud). I dotti che stavano davanti a Giovanna come accusatori e giudici si credevano già detentori di questo super primato della cultura sulla tradizione storica e biblica del primato del papa di Roma. Quando infatti Giovanna chiese che il suo caso fosse rimesso alla sede apostolica la sua richiesta incontrò sorde orecchie da mercante.
Il secondo grande ruolo, e purtroppo decisivo, fu giocato dalla politica degli inglesi. Sotto lo slogan della doppia monarchia c’era un progetto ambizioso: riunire in una sola corona, quella del re inglese naturalmente, anche il regno di Francia. Davanti a questo disegno mal si sopportava che ci fosse di mezzo una semplice ragazza analfabeta, che diceva di avere delle visioni e di udire voci, di agire in nome di Dio, e che era stata la causa principale della loro sconfitta nell’assedio di Orleans. Il fine giustificava i mezzi (anche già prima di Niccolò Macchiavelli). In questo caso un rogo, con una innocente bruciata perché accusata (senza prove) di stregoneria.
“Bisogna dare battaglia,

perché Dio conceda la vittoria”

Giovanna nacque a Domremy, nella Lorena in Francia, il 6 gennaio del 1412 da Jacques e Isabelle. Lo straordinario nella sua vita fino a tredici anni fu l’assoluta normalità. I suoi compaesani nelle testimonianze ripeteranno fino alla monotonia che Jannette era una come le altre. Le sue occupazioni erano le solite, molto banali, e ordinarie: aiutava il padre nella campagna all’aratro, qualche volta governava gli animali nei campi, faceva tutti i lavori femminili comuni. La sua istruzione religiosa le venne dalla madre. Lei stessa affermò: “Mia madre mi ha insegnato il Pater Noster, l’Ave Maria, il Credo.
Nessun altro, all’infuori di mia madre mi ha insegnato la mia fede”. Anche questo nella norma.

Io stesso debbo confessare la mia ignoranza e una certa pregiudiziale nei confronti di questa santa. Prima di documentarmi pensavo erroneamente che Giovanna d’Arco fosse santa solo per... pressioni e fini politici francesi. È un’eroina nella storia francese (“Non c’è storia più francese della sua” ha scritto il card. Etchegaray di Parigi), vittima della politica imperialista degli inglesi. Se la fanno dichiarare anche santa il suo richiamo patriottico diventerà più grande. Niente di questo. Ha scritto ancora il card. Etchegaray: “Se è vero che Giovanna d’Arco è santa non è certo perché ha salvato la Francia, né tantomeno perché è salita sul rogo, che la Chiesa non ha mai riconosciuto come martirio, ma semplicemente perché tutta la sua vita sembra essere in perfetta adesione a quella che lei afferma essere la volontà di Dio. Quello che lei fa, è ciò che Dio vuole e unicamente questo. “Poiché era Dio ad ordinarlo” ha dichiarato con forza, “anche se avessi avuto cento padri e cento madri anche se fossi stata figlia di re, sarei partita”.

La sua vita spirituale si nutriva dei “soliti mezzi” predicati dalla Chiesa in tanti secoli: pregava, andava in chiesa per la messa alla domenica, si confessava spesso, e faceva il proprio dovere bene e volentieri, nell’amore di Dio. C’è un altro elemento speciale nella santità di Giovanna: una parolina che torna insistente nelle testimonianze delle persone che le hanno vissuto vicino per anni. È l’avverbio “libenter” cioè “volentieri”, che il cancelliere incaricato di redigere i verbali riferì spesso. Tutto quello che Giovanna faceva, dissero i compaesani, lo faceva “volentieri”: volentieri filava, volentieri cuciva, volentieri faceva gli altri lavori di casa. Non solo, volentieri si recava in chiesa a pregare, quando suonavano le campane, e trovava così conforto nella confessione e nella Eucarestia. Così ha commentato Regine Pernoud: “Con questa tanto semplice «libenter», quella povera gente ci ha forse messo nelle mani i lineamenti più preziosi di Giovanna”. In lei si aveva quindi, nelle azioni quotidiane, il riverbero della sua fede semplice, ma che produceva la santità.
A tredici anni raccontò ai genitori: “Spesso sento voci di santi: Michele Arcangelo, Caterina di Alessandria, Margherita di Antiochia...”. Jacques e Isabelle non ci badarono più di tanto. Le solite e sincere esortazioni. Invece a 17 anni c’è molto di più: “Le «voci» mi comandano di liberare la Francia”. Il padre non solo non le credette ma si infuriò. Giovanna scappò di casa, passando per matta. Ma quando predisse esattamente una sconfitta francese, i nobili della zona le credettero e la condussero dal re Carlo VII, debole e incerto. Finalmente fu creduta, e marciò con un esercito (sul quale si impose, e questo sì fu un vero miracolo) contro gli inglesi liberando Orleans dall’assedio in soli otto giorni.
Un evento inspiegabile dal punto di vista militare, diranno. Nel 1429 Giovanna trascinò il riluttante giovane re fino a Reims per farlo coronare re di Francia. È il massimo del prestigio “politico” di Giovanna. Ella si riconoscerà solo e sempre un umile strumento nelle mani di Dio. Così infatti risponderà ad uno dei giudici: “Senza il comando di Dio io non saprei fare nulla... Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per comando di Dio. Io non faccio niente di testa mia”. Anche questa è santità: non approfittare dei doni di Dio per la propria gloria e prestigio. Giovanna fece proprio così. Ma la sua parabola volgeva alla fine. Fu ferita davanti a Parigi, e poi catturata a Compiegne dai borgognoni, alleati degli inglesi, e “venduta” loro (c’è sempre un giuda in ogni storia). Questi imbastirono un processo farsa con i loro amici accademici ed ecclesiastici, fino a mandarla sul rogo con l’accusa di stregoneria. Una ragazza, Giovanna, la grande nemica fu sacrificata sull’altare del nascente imperialismo inglese. Ma rimase anche una pagina nera nella storia militare di questo popolo.
Ancora due piccole considerazioni. Forse il più bello elogio della santità di Giovanna lo ha fatto un borghese di Orleans: “Stando insieme a lei si provava grande gioia”.

La seconda viene dalla risposta che diede ad un giudice, quando le chiese perché Dio doveva servirsi del “suo” aiuto per vincere, visto che è Onnipotente, ella rispose: “Bisogna dare battaglia, perché Dio conceda la vittoria”. È un pensiero profondo: la nostra fede in Dio non ci dispensa mai dal fare il nostro dovere, in termini di lavoro, di sacrificio e di rischio. Dio ha deciso di non fare tutto da solo, e questo significa un grande atto di fiducia in noi. Che costa sacrificio. Come per Giovanna d’Arco.
                                                                                            
MARIO SCUDU SDB


testo tratto da: 
http://www.donbosco-torino.it/ita/Kairos/Santo_del_mese/05-Maggio/Santa_Giovanna_D'_Arco.html


de Mattei vs. Castellucci

Il Prof. de Mattei parla chiaro contro la blasfemia di Castellucci




attendiamo la parola dei nostri Vescovi (almeno uno!)

giovedì 5 gennaio 2012

circa i sacerdoti che non protestano contro i peccati del popolo

Fra Cristoforo ammonisce don Rodrigo

Un sacerdote non può farsi sopraffare dallo spirito del mondo; ogni dedizione al mondo lo rende idolatra delle creature ed infedele alla missione ricevuta da Dio. Se il sacerdote, indulge al male stesso e lascia correre ogni disordine senza protestare, è reo innanzi a Dio di tutti i peccati che quel popolo commette.



[Brano tratto dal libro “La Sacra Scrittura”, volume II, Esodo - Levitico, Don Dolindo Ruotolo, Apostolato Stampa]

mercoledì 4 gennaio 2012

FERMIAMO URGENTEMENTE LO SPETTACOLO BLASFEMO DI MILANO, IN PROGRAMMA IL 24 GENNAIO 2012...

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Tutto per aderire alla mobilitazione per fermare il blasfemo spettacolo contro Nostro Signore Gesu Cristo in programma a Milano il 24 Gennaio 2012...

Sottoscrivi la petizione!

APPELLO URGENTE PER OGNI CRISTIANO...




Appello contro la cristianofobia!

Negli scorsi mesi sono stati rappresentati in Francia alcuni spettacoli blasfemi – Sul concetto di Volto nel Figlio di Dio e Gogota pic-nic – che hanno destato l’indignazione e la protesta del mondo cattolico. Questi spettacoli stanno arrivando anche in Italia (Sul concetto di Volto nel Figlio di Dio sarà in scena al teatro Parenti dal 24 al 28 gennaio 2012) ed è quindi nostra intenzione cercare, nei limiti delle nostre possibilità, di creare un’opposizione forte e pacifica. Per comprendere i motivi della protesta, presentiamo – in breve – il contenuto di questo spettacolo.
Sul concetto di Volto nel Figlio di Dio

La rappresentazione teatrale ruota attorno allo sfondo che la accompagna: il Volto di Gesù dipinto da Antonello da Messina. Davanti al Volto di Cristo, però, si svolgono delle scene ambigue, morbose e disgustose: si mostra il rapporto tra un padre anziano e suo figlio che svolge le mansioni di infermiere e di domestico. L’odio anticristiano si rivela nel momento in cui entrano in scena alcuni bambini che cominciano a lanciare granate contro il volto di Gesù. Verso la fine della rappresentazione, l’uomo anziano va dietro l’immagine di Cristo e, mentre il Volto viene deformato, l’anziano copre l’immagine di un liquido nero, simbolo degli escrementi dell’anziano (tanto che in qualche passata rappresentazione – a questo punto – un odore nauseabondo ha invaso la sala). La conclusione della rappresentazione è di inequivocabile rifiuto di Cristo: «Tu non sei il mio Pastore».
Le reazioni del mondo cattolico francese

Queste rappresentazioni teatrali hanno spinto diversi movimenti cattolici ad organizzare manifestazioni pacifiche davanti ai teatri dove andava in scena Sul concetto di Volto nel Figlio di Dio. Quando lo spettacolo di Castellucci, per esempio, fu portato al Théatre de la Ville a Parigi, ogni rappresentazione fu ritardata o interrotta da azioni spontanee di giovani cattolici. Tra le manifestazioni più importanti si possono ricordare quella del 29 ottobre a Parigi, che ha visto la presenza di quasi 5000 persone; quella del 10 novembre a Rennes e quella del 19 novembre a Toulouse, che contava 2000 persone. Queste reazioni hanno avuto una risonanza enorme grazie anche ai mezzi di comunicazione e voci autorevoli dell’episcopato hanno difeso i “cattolici indignati” e hanno protestato a loro volta. Mons. Brincard, vescovo di Puy-en-Velay, per esempio, ha giudicato l’opera di Castellucci “violenta, penosa e inutilmente provocatoria”.


L’opposizione del mondo politico

Infine, anche il mondo politico si è mosso: nel mese di dicembre 58 deputati dell’Assemblea nazionale francese hanno appoggiato l’iniziativa di Jacques Remiller (deputato dell’Unione per un Movimento Popolare) e firmato la sua dichiarazione contro le persecuzioni dei cristiani nel mondo e, in particolare, contro gli spettacoli blasfemi promossi, addirittura, dalle istituzioni pubbliche. La dichiarazione sottolinea che: “oltre al fatto che nessuna religione accetterebbe di essere trattata in questo modo, ci si può interrogare sul “bisogno” che gli “artisti” hanno di scatenarsi contro il cristianesimo tramite lo scherno, il cinismo, l’ironia (…). Molti esprimono la loro legittima indignazione manifestando pubblicamente davanti ai teatri e alle mostre. Alcune possono sembrare eccessive, ma molti non sopportano più questo diluvio di cristianofobia e hanno il merito di risvegliare una certa apatia tra i nostri concittadini che, sebbene siano d’accordo con loro, non hanno il coraggio di reagire, perché terrorizzati dai media del servizio pubblico che parlano di “fondamentalisti cristiani”. Come possiamo accettare che i soldi pubblici sovvenzionino generosamente delle opere così discutibili?”


È necessario reagire

Un’offesa pubblica richiede una reazione proporzionata, cioè una pacifica protesta pubblica:
  • Un’offesa pubblica a Dio è la maggiore offesa che si possa perpetrare poiché ha come oggetto la persona più eccellente e più degna di rispetto. Nessuno consentirebbe di vedere l’immagine del proprio padre o di una persona cara pubblicamente ricoperta da escrementi o diventare bersaglio di artefatti esplosivi. A maggior ragione, non si può tollerare che questo sia fatto alla persona più amata da milioni di fedeli molti dei quali sacrificano anche tutta la loro vita per amore di questa.
  • Nel momento in cui si offende un’immagine sacra – che è importante per molti – non si offende solo l’immagine o la persona rappresentata, ma anche coloro per i quali essa è importante. Si realizza così un atto violento e si nega il rispetto richiesto dalla più elementare convivenza sociale.
  • L’indifferenza e il silenzio dei cattolici sono la miglior arma nelle mani dei laicisti. Davanti a tanti sacrilegi che si commettono, a tante offese contro Dio, i suoi ministri e gli oggetti sacri, l’inerzia del mondo cattolico può essere una complicità col male e diventa essa stessa un’offesa.
  • La libertà di espressione, anche artistica, non può essere un principio assoluto: incontra i limiti del bene comune e dei diritti altrui. La stessa Repubblica Italiana riconosce dei limiti alla libertá di espressione e tutela il “sentimento religioso”. In particolare l’art. 21 della Costituzione vieta “gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume”, e il codice penale contempla i reati di offesa a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose (art. 404 modificato dall’art. 8, L. 85/2006) o mediante vilipendio di persone (art. 403) e il reato di bestemmia pubblica (art. 724).
Facciamo da subito appello a tutti gli uomini di buona volontà affinché si mobilitino contro questi spettacoli, affinché si riuniscano per protestare pubblicamente e non esitino ad entrare in contatto con le autorità ecclesiastiche e civili competenti al fine di impedire, essendo ancora possibile, lo svolgimento di questo spettacolo.

È possibile inviare la propria protesta ai seguenti indirizzi:

1- Teatro Parenti
Sede degli spettacoli
via Pier Lombardo 14 - 20135 Milano
Sede degli uffici
via Vasari 15 - 20135 Milano
Segreteria di Direzione
tel 02/59995220
Ufficio stampa
tel 02/59995217
studi@teatrofrancoparenti.it

2- sindaco di Milano
centralino unico 02.02.02
sindaco.pisapia@comune.milano.it

3- arcivescovo di Milano, Cardinal Angelo Scola
Piazza Fontana 2 - 20122 Milano
Telefono: 02/85561 webmaster@chiesadimilano.it


Deus non irridetur (Galati VI, 7)

Chi dunque mi avrà confessato davanti agli uomini, anch'io lo confesserò davanti al Padre mio, che è nei cieli (Matteo X, 32)

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[1] Lettera di Mons. Henri Brincard, vescovo di Puy-en-Velay.
[2] Dal communicato stampa del 14.11.2011 di Alain Escada, Segretario generale dell’Istituto Civitas
 
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