sabato 20 marzo 2010

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Sacro Triduo Pasquale

secondo la forma tradizionale del rito romano

Orari delle funzioni del Triduo Pasquale
nella chiesa di Vocogno (VB)

GIOVEDÌ SANTO 1 aprile
ore 20.30 S. Messa in Cena Domini

VENERDÌ SANTO 2 aprile
ore 20.30 Liturgia della Passione

SABATO SANTO 3 aprile
ore 20.30 Solenne veglia Pasquale, prima S. Messa di Pasqua


DOMENICA DI PASQUA 4 aprile
ore 10.30 S. Messa cantata a Vocogno


°°°°
a Caddo
DOMENICA DI PASQUA
ore 10.30 S. Messa cantata

ai Cattolici d'Irlanda



LETTERA PASTORALE
DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
AI CATTOLICI DELL’IRLANDA


1. Cari fratelli e sorelle della Chiesa in Irlanda, è con grande preoccupazione che vi scrivo come Pastore della Chiesa universale. Come voi, sono stato profondamente turbato dalle notizie apparse circa l’abuso di ragazzi e giovani vulnerabili da parte di membri della Chiesa in Irlanda, in particolare da sacerdoti e da religiosi. Non posso che condividere lo sgomento e il senso di tradimento che molti di voi hanno sperimentato al venire a conoscenza di questi atti peccaminosi e criminali e del modo in cui le autorità della Chiesa in Irlanda li hanno affrontati.

Come sapete, ho recentemente invitato i vescovi irlandesi ad un incontro qui a Roma per riferire su come hanno affrontato queste questioni nel passato e indicare i passi che hanno preso per rispondere a questa grave situazione. Insieme con alcuni alti Prelati della Curia Romana ho ascoltato quanto avevano da dire, sia individualmente che come gruppo, mentre proponevano un’analisi degli errori compiuti e delle lezioni apprese, e una descrizione dei programmi e dei protocolli oggi in essere. Le nostre riflessioni sono state franche e costruttive. Nutro la fiducia che, come risultato, i vescovi si trovino ora in una posizione più forte per portare avanti il compito di riparare alle ingiustizie del passato e per affrontare le tematiche più ampie legate all’abuso dei minori secondo modalità conformi alle esigenze della giustizia e agli insegnamenti del Vangelo.

2. Da parte mia, considerando la gravità di queste colpe e la risposta spesso inadeguata ad esse riservata da parte delle autorità ecclesiastiche nel vostro Paese, ho deciso di scrivere questa Lettera Pastorale per esprimere la mia vicinanza a voi, e per proporvi un cammino di guarigione, di rinnovamento e di riparazione.
In realtà, come molti nel vostro Paese hanno rilevato, il problema dell’abuso dei minori non è specifico né dell’Irlanda né della Chiesa. Tuttavia il compito che ora vi sta dinnanzi è quello di affrontare il problema degli abusi verificatosi all’interno della comunità cattolica irlandese e di farlo con coraggio e determinazione. Nessuno si immagini che questa penosa situazione si risolverà in breve tempo. Positivi passi in avanti sono stati fatti, ma molto di più resta da fare. C’è bisogno di perseveranza e di preghiera, con grande fiducia nella forza risanatrice della grazia di Dio.

Al tempo stesso, devo anche esprimere la mia convinzione che, per riprendersi da questa dolorosa ferita, la Chiesa in Irlanda deve in primo luogo riconoscere davanti al Signore e davanti agli altri, i gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi. Una tale consapevolezza, accompagnata da sincero dolore per il danno arrecato alle vittime e alle loro famiglie, deve condurre ad uno sforzo concertato per assicurare la protezione dei ragazzi nei confronti di crimini simili in futuro.

Mentre affrontate le sfide di questo momento, vi chiedo di ricordarvi della “roccia da cui siete stati tagliati” (Is 51, 1). Riflettete sui contributi generosi, spesso eroici, offerti alla Chiesa e all’umanità come tale dalle passate generazioni di uomini e donne irlandesi, e lasciate che ciò generi slancio per un onesto auto-esame e un convinto programma di rinnovamento ecclesiale e individuale. La mia preghiera è che, assistita dall’intercessione dei suoi molti santi e purificata dalla penitenza, la Chiesa in Irlanda superi la presente crisi e ritorni ad essere un testimone convincente della verità e della bontà di Dio onnipotente, rese manifeste nel suo Figlio Gesù Cristo.

3. Storicamente i cattolici d’Irlanda si sono dimostrati una enorme forza di bene sia in patria che fuori. Monaci celtici come San Colombano diffusero il vangelo nell’Europa Occidentale gettando le fondamenta della cultura monastica medievale. Gli ideali di santità, di carità e di sapienza trascendente che derivano dalla fede cristiana, hanno trovato espressione nella costruzione di chiese e monasteri e nell’istituzione di scuole, biblioteche e ospedali che consolidarono l’identità spirituale dell’Europa. Quei missionari irlandesi trassero la loro forza e ispirazione dalla solida fede, dalla forte guida e dai retti comportamenti morali della Chiesa nella loro terra natìa.
Dal ’500 in poi, i cattolici in Irlanda subirono un lungo periodo di persecuzione, durante il quale lottarono per mantenere viva la fiamma della fede in circostanze pericolose e difficili. Sant’Oliver Plunkett, l’Arcivescovo martire di Armagh, è l’esempio più famoso di una schiera di coraggiosi figli e figlie dell’Irlanda disposti a dare la propria vita per la fedeltà al Vangelo. Dopo l’Emancipazione Cattolica, la Chiesa fu libera di crescere di nuovo. Famiglie e innumerevoli persone che avevano preservato la fede durante i tempi della prova divennero la scintilla di una grande rinascita del cattolicesimo irlandese nell’800. La Chiesa fornì scolarizzazione, specialmente ai poveri, e questo avrebbe apportato un grande contributo alla società irlandese. Tra i frutti delle nuove scuole cattoliche vi fu un aumento di vocazioni: generazioni di sacerdoti, suore e fratelli missionari lasciarono la patria per servire in ogni continente, specie nel mondo di lingua inglese. Furono ammirevoli non solo per la vastità del loro numero, ma anche per la robustezza della fede e la solidità del loro impegno pastorale. Molte diocesi, specialmente in Africa, America e Australia, hanno beneficiato della presenza di clero e religiosi irlandesi che predicarono il Vangelo e fondarono parrocchie, scuole e università, cliniche e ospedali, che servirono sia i cattolici, sia la società in genere, con particolare attenzione alle necessità dei poveri.
In quasi tutte le famiglie dell’Irlanda vi è stato qualcuno – un figlio o una figlia, una zia o uno zio – che ha dato la propria vita alla Chiesa. Giustamente le famiglie irlandesi hanno in grande stima ed affetto i loro cari, che hanno offerto la propria vita a Cristo, condividendo il dono della fede con altri e attualizzandola in un’amorevole servizio di Dio e del prossimo.

4. Negli ultimi decenni, tuttavia, la Chiesa nel vostro Paese ha dovuto confrontarsi con nuove e gravi sfide alla fede scaturite dalla rapida trasformazione e secolarizzazione della società irlandese. Si è verificato un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici. Molto sovente le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali, sono state disattese. Fu anche determinante in questo periodo la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo. Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano Secondo fu a volte frainteso e in verità, alla luce dei profondi cambiamenti sociali che si stavano verificando, era tutt’altro che facile valutare il modo migliore per portarlo avanti. In particolare, vi fu una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, ad evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari. È in questo contesto generale che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi, che ha contribuito in misura tutt’altro che piccola all’indebolimento della fede e alla perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti.

Solo esaminando con attenzione i molti elementi che diedero origine alla presente crisi è possibile intraprendere una chiara diagnosi delle sue cause e trovare rimedi efficaci. Certamente, tra i fattori che vi contribuirono possiamo enumerare: procedure inadeguate per determinare l’idoneità dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa; insufficiente formazione umana, morale, intellettuale e spirituale nei seminari e nei noviziati; una tendenza nella società a favorire il clero e altre figure in autorità e una preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare gli scandali, che hanno portato come risultato alla mancata applicazione delle pene canoniche in vigore e alla mancata tutela della dignità di ogni persona. Bisogna agire con urgenza per affrontare questi fattori, che hanno avuto conseguenze tanto tragiche per le vite delle vittime e delle loro famiglie e hanno oscurato la luce del Vangelo a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione.

5. In diverse occasioni sin dalla mia elezione alla Sede di Pietro, ho incontrato vittime di abusi sessuali, così come sono disponibile a farlo in futuro. Mi sono soffermato con loro, ho ascoltato le loro vicende, ho preso atto della loro sofferenza, ho pregato con e per loro. Precedentemente nel mio pontificato, nella preoccupazione di affrontare questo tema, chiesi ai Vescovi d’Irlanda, in occasione della visita ad Limina del 2006, di “stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte ad evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i princìpi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi” (Discorso ai Vescovi dell’Irlanda, 28 ottobre 2006).
Con questa Lettera, intendo esortare tutti voi, come popolo di Dio in Irlanda, a riflettere sulle ferite inferte al corpo di Cristo, sui rimedi, a volte dolorosi, necessari per fasciarle e guarirle, e sul bisogno di unità, di carità e di vicendevole aiuto nel lungo processo di ripresa e di rinnovamento ecclesiale. Mi rivolgo ora a voi con parole che mi vengono dal cuore, e desidero parlare a ciascuno di voi individualmente e a tutti voi come fratelli e sorelle nel Signore.

6. Alle vittime di abuso e alle loro famiglie

Avete sofferto tremendamente e io ne sono veramente dispiaciuto. So che nulla può cancellare il male che avete sopportato. È stata tradita la vostra fiducia, e la vostra dignità è stata violata. Molti di voi avete sperimentato che, quando eravate sufficientemente coraggiosi per parlare di quanto vi era accaduto, nessuno vi ascoltava. Quelli di voi che avete subito abusi nei convitti dovete aver percepito che non vi era modo di fuggire dalle vostre sofferenze. È comprensibile che voi troviate difficile perdonare o essere riconciliati con la Chiesa. A suo nome esprimo apertamente la vergogna e il rimorso che tutti proviamo. Allo stesso tempo vi chiedo di non perdere la speranza. È nella comunione della Chiesa che incontriamo la persona di Gesù Cristo, egli stesso vittima di ingiustizia e di peccato. Come voi, egli porta ancora le ferite del suo ingiusto patire. Egli comprende la profondità della vostra pena e il persistere del suo effetto nelle vostre vite e nei vostri rapporti con altri, compresi i vostri rapporti con la Chiesa. So che alcuni di voi trovano difficile anche entrare in una chiesa dopo quanto è avvenuto. Tuttavia, le stesse ferite di Cristo, trasformate dalle sue sofferenze redentrici, sono gli strumenti grazie ai quali il potere del male è infranto e noi rinasciamo alla vita e alla speranza. Credo fermamente nel potere risanatore del suo amore sacrificale – anche nelle situazioni più buie e senza speranza – che porta la liberazione e la promessa di un nuovo inizio.
Rivolgendomi a voi come pastore, preoccupato per il bene di tutti i figli di Dio, vi chiedo con umiltà di riflettere su quanto vi ho detto. Prego che, avvicinandovi a Cristo e partecipando alla vita della sua Chiesa – una Chiesa purificata dalla penitenza e rinnovata nella carità pastorale – possiate arrivare a riscoprire l’infinito amore di Cristo per ciascuno di voi. Sono fiducioso che in questo modo sarete capaci di trovare riconciliazione, profonda guarigione interiore e pace.

7. Ai sacerdoti e ai religiosi che hanno abusato dei ragazzi

Avete tradito la fiducia riposta in voi da giovani innocenti e dai loro genitori. Dovete rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti. Avete perso la stima della gente dell’Irlanda e rovesciato vergogna e disonore sui vostri confratelli. Quelli di voi che siete sacerdoti avete violato la santità del sacramento dell’Ordine Sacro, in cui Cristo si rende presente in noi e nelle nostre azioni. Insieme al danno immenso causato alle vittime, un grande danno è stato perpetrato alla Chiesa e alla pubblica percezione del sacerdozio e della vita religiosa.
Vi esorto ad esaminare la vostra coscienza, ad assumervi la responsabilità dei peccati che avete commesso e ad esprimere con umiltà il vostro rincrescimento. Il pentimento sincero apre la porta al perdono di Dio e alla grazia del vero emendamento. Offrendo preghiere e penitenze per coloro che avete offeso, dovete cercare di fare personalmente ammenda per le vostre azioni. Il sacrificio redentore di Cristo ha il potere di perdonare persino il più grave dei peccati e di trarre il bene anche dal più terribile dei mali. Allo stesso tempo, la giustizia di Dio esige che rendiamo conto delle nostre azioni senza nascondere nulla. Riconoscete apertamente la vostra colpa, sottomettetevi alle esigenze della giustizia, ma non disperate della misericordia di Dio.

8. Ai genitori

Siete stati profondamente sconvolti nell’apprendere le cose terribili che ebbero luogo in quello che avrebbe dovuto essere l’ambiente più sicuro di tutti. Nel mondo di oggi non è facile costruire un focolare domestico ed educare i figli. Essi meritano di crescere in un ambiente sicuro, amati e desiderati, con un forte senso della loro identità e del loro valore. Hanno diritto ad essere educati ai valori morali autentici, radicati nella dignità della persona umana, ad essere ispirati dalla verità della nostra fede cattolica e ad apprendere modi di comportamento e di azione che li portino ad una sana stima di sé e alla felicità duratura. Questo compito nobile ed esigente è affidato in primo luogo a voi, loro genitori. Vi esorto a fare la vostra parte per assicurare la miglior cura possibile dei ragazzi, sia in casa che nella società in genere, mentre la Chiesa, da parte sua, continua a mettere in pratica le misure adottate negli ultimi anni per tutelare i giovani negli ambienti parrocchiali ed educativi. Mentre portate avanti le vostre importanti responsabilità, siate certi che sono vicino a voi e che vi porgo il sostegno della mia preghiera.

9. Ai ragazzi e ai giovani dell’Irlanda

Desidero offrirvi una particolare parola di incoraggiamento. La vostra esperienza di Chiesa è molto diversa da quella dei vostri genitori e dei vostri nonni. Il mondo è molto cambiato da quando essi avevano la vostra età. Nonostante ciò, tutti, in ogni generazione, sono chiamati a percorrere lo stesso cammino della vita, qualunque possano essere le circostanze. Siamo tutti scandalizzati per i peccati e i fallimenti di alcuni membri della Chiesa, particolarmente di coloro che furono scelti in modo speciale per guidare e servire i giovani. Ma è nella Chiesa che voi troverete Gesù Cristo che è lo stesso ieri, oggi e sempre (cfr Eb 13, 8). Egli vi ama e per voi ha offerto se stesso sulla croce. Cercate un rapporto personale con lui nella comunione della sua Chiesa, perché lui non tradirà mai la vostra fiducia! Lui solo può soddisfare le vostre attese più profonde e dare alle vostre vite il loro significato più pieno indirizzandole al servizio degli altri. Tenete gli occhi fissi su Gesù e sulla sua bontà e proteggete nel vostro cuore la fiamma della fede. Insieme con i vostri fratelli cattolici in Irlanda guardo a voi perché siate fedeli discepoli del nostro Dio e contribuiate con il vostro entusiasmo e il vostro idealismo tanto necessari alla ricostruzione e al rinnovamento della nostra amata Chiesa.

10. Ai sacerdoti e ai religiosi dell’Irlanda

Tutti noi stiamo soffrendo come conseguenza dei peccati di nostri confratelli che hanno tradito una consegna sacra o non hanno affrontato in modo giusto e responsabile le accuse di abuso. Di fronte all’oltraggio e all’indignazione che ciò ha provocato, non soltanto tra i laici ma anche tra voi e le vostre comunità religiose, molti di voi si sentono personalmente scoraggiati e anche abbandonati. Sono consapevole inoltre che agli occhi di alcuni apparite colpevoli per associazione, e siete visti come se foste in qualche modo responsabili dei misfatti di altri. In questo tempo di sofferenza, voglio darvi atto della dedizione della vostra vita di sacerdoti e religiosi e dei vostri apostolati, e vi invito a riaffermare la vostra fede in Cristo, il vostro amore verso la sua Chiesa e la vostra fiducia nella promessa di redenzione, di perdono e di rinnovamento interiore del Vangelo. In questo modo, dimostrerete a tutti che dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia (cfr Rm 5, 20).
So che molti di voi sono delusi, sconcertati e adirati per il modo in cui queste questioni sono state affrontate da alcuni vostri superiori. Ciononostante, è essenziale che collaboriate da vicino con coloro che sono in autorità e che vi adoperiate a far sì che le misure adottate per rispondere alla crisi siano veramente evangeliche, giuste ed efficaci. Soprattutto, vi esorto a diventare sempre più chiaramente uomini e donne di preghiera, seguendo con coraggio la via della conversione, della purificazione e della riconciliazione. In questo modo, la Chiesa in Irlanda trarrà nuova vita e vitalità dalla vostra testimonianza al potere redentore del Signore reso visibile nella vostra vita.

11. Ai miei fratelli vescovi

Non si può negare che alcuni di voi e dei vostri predecessori avete mancato, a volte gravemente, nell’applicare le norme del diritto canonico codificate da lungo tempo circa i crimini di abusi di ragazzi. Seri errori furono commessi nel trattare le accuse. Capisco quanto era difficile afferrare l’estensione e la complessità del problema, ottenere informazioni affidabili e prendere decisioni giuste alla luce di consigli divergenti di esperti. Ciononostante, si deve ammettere che furono commessi gravi errori di giudizio e che si sono verificate mancanze di governo. Tutto questo ha seriamente minato la vostra credibilità ed efficacia. Apprezzo gli sforzi che avete fatto per porre rimedio agli errori del passato e per assicurare che non si ripetano. Oltre a mettere pienamente in atto le norme del diritto canonico nell’affrontare i casi di abuso dei ragazzi, continuate a cooperare con le autorità civili nell’ambito di loro competenza. Chiaramente, i superiori religiosi devono fare altrettanto. Anch’essi hanno partecipato a recenti incontri qui a Roma intesi a stabilire un approccio chiaro e coerente a queste questioni. È doveroso che le norme della Chiesa in Irlanda per la tutela dei ragazzi siano costantemente riviste ed aggiornate e che siano applicate in modo pieno ed imparziale in conformità con il diritto canonico.
Soltanto un’azione decisa portata avanti con piena onestà e trasparenza potrà ripristinare il rispetto e il benvolere degli Irlandesi verso la Chiesa alla quale abbiamo consacrato la nostra vita. Ciò deve scaturire, prima di tutto, dal vostro esame di voi stessi, dalla purificazione interiore e dal rinnovamento spirituale. La gente dell’Irlanda giustamente si attende che siate uomini di Dio, che siate santi, che viviate con semplicità, che ricerchiate ogni giorno la conversione personale. Per loro, secondo l’espressione di Sant’Agostino, siete vescovi; eppure con loro siete chiamati ad essere seguaci di Cristo (cfr Discorso 340, 1). Vi esorto dunque a rinnovare il vostro senso di responsabilità davanti a Dio, a crescere in solidarietà con la vostra gente e ad approfondire la vostra sollecitudine pastorale per tutti i membri del vostro gregge. In particolare, siate sensibili alla vita spirituale e morale di ciascuno dei vostri sacerdoti. Siate un esempio con le vostre stesse vite, siate loro vicini, prestate ascolto alle loro preoccupazioni, offrite loro incoraggiamento in questo tempo di difficoltà e alimentate la fiamma del loro amore per Cristo e il loro impegno nel servizio dei loro fratelli e sorelle.
Anche i laici devono essere incoraggiati a fare la loro parte nella vita della Chiesa. Fate in modo che siano formati in modo tale che possano dare ragione in modo articolato e convincente del Vangelo nella società moderna (cfr 1 Pt3, 15), e cooperino più pienamente alla vita e alla missione della Chiesa. Questo, a sua volta, vi aiuterà a ritornare ad essere guide e testimoni credibili della verità redentrice di Cristo.

12. A tutti i fedeli dell’Irlanda

L’esperienza che un giovane fa della Chiesa dovrebbe sempre portare frutto in un incontro personale e vivificante con Gesù Cristo in una comunità che ama e che offre nutrimento. In questo ambiente, i giovani devono essere incoraggiati a crescere fino alla loro piena statura umana e spirituale, ad aspirare ad alti ideali di santità, di carità e di verità e a trarre ispirazione dalle ricchezze di una grande tradizione religiosa e culturale. Nella nostra società sempre più secolarizzata, in cui anche noi cristiani sovente troviamo difficile parlare della dimensione trascendente della nostra esistenza, abbiamo bisogno di trovare nuove vie per trasmettere ai giovani la bellezza e la ricchezza dell’amicizia con Gesù Cristo nella comunione della sua Chiesa. Nell’affrontare la presente crisi, le misure per occuparsi in modo giusto dei singoli crimini sono essenziali, tuttavia da sole non sono sufficienti: vi è bisogno di una nuova visione per ispirare la generazione presente e quelle future a far tesoro del dono della nostra comune fede. Camminando sulla via indicata dal Vangelo, osservando i comandamenti e conformando la vostra vita in modo sempre più vicino alla persona di Gesù Cristo, farete esperienza del profondo rinnovamento di cui oggi vi è così urgente bisogno. Vi invito tutti a perseverare lungo questo cammino.

13. Cari fratelli e sorelle in Cristo, è con profonda preoccupazione verso voi tutti in questo tempo di dolore, nel quale la fragilità della condizione umana è stata così chiaramente rivelata, che ho desiderato offrirvi queste parole di incoraggiamento e di sostegno. Spero che le accoglierete come un segno della mia spirituale vicinanza e della mia fiducia nella vostra capacità di rispondere alle sfide dell’ora presente traendo rinnovata ispirazione e forza dalle nobili tradizioni dell’Irlanda di fedeltà al Vangelo, di perseveranza nella fede e di risolutezza nel conseguimento della santità. Insieme con tutti voi, prego con insistenza che, con la grazia di Dio, le ferite che hanno colpito molte persone e famiglie possano essere guarite e che la Chiesa in Irlanda possa sperimentare una stagione di rinascita e di rinnovamento spirituale.

14. Desidero proporvi alcune iniziative concrete per affrontare la situazione.

Al termine del mio incontro con i vescovi dell’Irlanda, ho chiesto che la quaresima di quest’anno sia considerata tempo di preghiera per una effusione della misericordia di Dio e dei doni di santità e di forza dello Spirito Santo sulla Chiesa nel vostro Paese. Invito ora voi tutti a dedicare le vostre penitenze del venerdì, per un intero anno, da ora fino alla Pasqua del 2011, per questa finalità. Vi chiedo di offrire il vostro digiuno, la vostra preghiera, la vostra lettura della Sacra Scrittura e le vostre opere di misericordia per ottenere la grazia della guarigione e del rinnovamento per la Chiesa in Irlanda. Vi incoraggio a riscoprire il sacramento della Riconciliazione e ad avvalervi con maggiore frequenza della forza trasformatrice della sua grazia.

Particolare attenzione dovrà anche essere riservata all’adorazione eucaristica, e in ogni diocesi vi dovranno essere chiese o cappelle specificamente riservate a questo fine. Chiedo che le parrocchie, i seminari, le case religiose e i monasteri organizzino tempi per l’adorazione eucaristica, in modo che tutti abbiano la possibilità di prendervi parte. Con la preghiera fervorosa di fronte alla reale presenza del Signore, potete compiere la riparazione per i peccati di abuso che hanno recato tanto danno, e al tempo stesso implorare la grazia di una rinnovata forza e di un più profondo senso della missione da parte di tutti i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli.
Sono fiducioso che questo programma porterà ad una rinascita della Chiesa in Irlanda nella pienezza della verità stessa di Dio, poiché è la verità che ci rende liberi (cfr Gv 8, 32).

Inoltre, dopo essermi consultato e aver pregato sulla questione, intendo indire una Visita Apostolica in alcune diocesi dell’Irlanda, come pure in seminari e congregazioni religiose. La Visita si propone di aiutare la Chiesa locale nel suo cammino di rinnovamento e sarà stabilita in cooperazione con i competenti uffici della Curia Romana e la Conferenza Episcopale Irlandese. I particolari saranno resi noti a suo tempo.

Propongo inoltre che si tenga una Missione a livello nazionale per tutti i vescovi, i sacerdoti e i religiosi. Nutro la speranza che, attingendo dalla competenza di esperti predicatori e organizzatori di ritiri sia dall’Irlanda che da altrove, e riesaminando i documenti conciliari, i riti liturgici dell’ordinazione e della professione e i recenti insegnamenti pontifici, giungiate ad un più profondo apprezzamento delle vostre rispettive vocazioni, in modo da riscoprire le radici della vostra fede in Gesù Cristo e da bere abbondantemente dalle sorgenti dell’acqua viva che egli vi offre attraverso la sua Chiesa.

In questo Anno dedicato ai Sacerdoti, vi do in consegna in modo del tutto particolare la figura di San Giovanni Maria Vianney, che ebbe una così ricca comprensione del mistero del sacerdozio. “Il sacerdote, scrisse, ha la chiave dei tesori del cielo: è lui che apre la porta, è lui il dispensiere del buon Dio, l’amministratore dei suoi beni”. Il Curato d’Ars ben comprese quanto grandemente benedetta è una comunità quando è servita da un sacerdote buono e santo: “Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio, è il tesoro più grande che il buon Dio può dare ad una parrocchia e uno dei doni più preziosi della divina misericordia”. Per intercessione di San Giovanni Maria Vianney possa il sacerdozio in Irlanda riprendere vita e possa l’intera Chiesa in Irlanda crescere nella stima del grande dono del ministero sacerdotale.

Colgo questa opportunità per ringraziare fin d’ora tutti coloro che saranno coinvolti nell’impegno di organizzare la Visita Apostolica e la Missione, come pure i molti uomini e donne che in tutta l’Irlanda stanno già adoperandosi per la tutela dei ragazzi negli ambienti ecclesiali. Fin da quando la gravità e l’estensione del problema degli abusi sessuali dei ragazzi in istituzioni cattoliche incominciò ad essere pienamente compreso, la Chiesa ha compiuto una grande mole di lavoro in molte parti del mondo, al fine di affrontarlo e di porvi rimedio. Mentre non si deve risparmiare alcuno sforzo per migliorare ed aggiornare procedure già esistenti, mi incoraggia il fatto che le prassi vigenti di tutela, fatte proprie dalle Chiese locali, sono considerate, in alcune parti del mondo, un modello da seguire per altre istituzioni.

Desidero concludere questa Lettera con una speciale Preghiera per la Chiesa in Irlanda, che vi invio con la cura che un padre ha per i suoi figli e con l’affetto di un cristiano come voi, scandalizzato e ferito per quanto è accaduto nella nostra amata Chiesa. Mentre utilizzerete questa preghiera nelle vostre famiglie, parrocchie e comunità, possa la Beata Vergine Maria proteggervi e guidarvi lungo la via che conduce ad una più stretta unione con il suo Figlio, crocifisso e risorto. Con grande affetto e ferma fiducia nelle promesse di Dio, di cuore imparto a tutti voi la mia Benedizione Apostolica come pegno di forza e pace nel Signore.

Dal Vaticano, 19 marzo 2010, Solennità di San Giuseppe

                                                                                                          BENEDICTUS PP. XVI

Preghiera per la Chiesa in Irlanda

Dio dei padri nostri, rinnovaci nella fede che è per noi vita e salvezza, nella speranza che promette perdono e rinnovamento interiore,nella carità che purifica ed apre i nostri cuori ad amare te, e in te, tutti i nostri fratelli e sorelle. Signore Gesù Cristo, possa la Chiesa in Irlanda rinnovare il suo millenario impegno alla formazione dei nostri giovani sulla via della verità, della bontà, della santità e del generoso servizio alla società. Spirito Santo, consolatore, avvocato e guida, ispira una nuova primavera di santità e di zelo apostolico per la Chiesa in Irlanda. Possano la nostra tristezza e le nostre lacrime, il nostro sforzo sincero di raddrizzare gli errori del passato, e il nostro fermo proposito di correzione, portare abbondanti frutti di grazia per l’approfondimento della fede nelle nostre famiglie, parrocchie, scuole e associazioni, per il progresso spirituale della società irlandese, e per la crescita della carità. della giustizia, della gioia e della pace, nell’intera famiglia umana.
A te, Trinità, con piena fiducia nell’amorosa protezione di Maria, Regina dell’Irlanda, Madre nostra,e  di San Patrizio, di Santa Brigida e di tutti i santi, affidiamo noi stessi, i nostri ragazzi, e le necessità della Chiesa in Irlanda. Amen.

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venerdì 19 marzo 2010

Padre Vincenzo Nuara o.p.: Mi auguro che la liturgia tradizionale acquisti pari dignità e la piena libertà nella vita ecclesiale

La liturgia tradizionale è viva
Intervista a P. Nuara a cura di Salvatore Russo

Padre Vincenzo Nuara, fondatore dell’Amicizia Sacerdotale Summorum Pontificum e del gruppo laicale Giovani e Tradizione, è stato l’organizzatore del convegno “Un grande dono per tutta la Chiesa”. Lo abbiamo intervistato sul valore della riscoperta del Rito Romano Antico.


Padre Nuara, l’anno scorso il convegno dedicato al Motu proprio Summorum Pontificum ha avuto una grande eco sui media. Questo significa che il tema della liturgia è più importante di quanto si potesse immaginare?

È sorprendente ma vero. Con la liturgia la Chiesa dice in cosa essa crede, cosa essa è e insegna come essere unita al suo Signore e Salvatore. L’interesse suscitato dalla liturgia tradizionale, soprattutto dopo il Motu proprio, è cresciuto considerevolmente, in quanto questa antica liturgia ha un richiamo molto pronunciato alla Bellezza, alla Sacralità e al Mistero. L’uomo di oggi, e in particolare i giovani, si sentono affascinati da una liturgia che ha attraversato i secoli della Cristianità, che è stata la gloria e la forza della Chiesa nei momenti difficili e di persecuzione, in quanto congiunge umano e divino in una sintesi splendida attraverso il linguaggio dei simboli, dei gesti rituali e delle formule sacre che sono l’espressione perfetta della fede della Chiesa, in un rapporto unico tra lex orandi, lex credendi.

A distanza di un anno, quali sono i segnali che fanno intendere che l’interesse continua a essere alto?

Le Messe aumentano, sono tanti i fedeli che richiedono questa liturgia ai loro pastori, il dibattiti: vivo a tutti i livelli, si organizzano dappertutto conferenze e convegni sul tema. Inoltre si comprende come i fedeli siano stanchi di una liturgia che vuole essere la ripetizione e la ripresentazione della vita quotidiana, la quale per farsi “comprendere” o per essere “partecipata” giunge alla sciatteria e alla banalità. L’uomo di tutti i tempi sa benissimo che c’è una linea di confine tra la terra e il Cielo, tra l’umane i il divino e questo confine va rispettato e fa la differenza … Tra l’altro questa liturgia esprime in pienezza ciò che è Vero, Buono e Bello e che la Chiesa annuncia da duemila anni.

Uno dei frutti del convegno dello scorso anneri stata la nascita del Sodalizio “Amicizia Sacerdotale Summorum Pontificum”. Ci può parlare dell’interesse sorto tra i sacerdoti per la Messa secondo il rito antico?

L’interesse dei sacerdoti, soprattutto giovani, è piuttosto alto. Il Sodalizio spirituale “Amicizia Sacerdotale Summorum Pontificum” si va diffondendo spontaneamente perché i sacerdoti sentono il bisogno di recuperare le radici della loro vocazione, la loro identità, di capire la loro vera missione.
I sacerdoti sono i primi a rendersi conto che una certa liturgia non ha funzionato ed è in piena crisi come la teologia che l’ha prodotta, in quanto ha fatto perdere al sacerdote stesso la propria identità e a molti fedeli ha reso “fluida” la fede cattolica.
Certa teologia, nell’accentuare esasperatamente il sacerdozio comune dei fedeli rispetto a quello ministeriale proprio del sacerdote, ha indebolito la forza di quest’ultimo, forza che sempre ha avuto nella Chiesa. Negli anni passati abbiamo assistito alla clericalizzazione dei laici e alla laicizzazione dei preti: è un prodotto di questo pensiero ampiamente diffuso.
Nella liturgia antica i sacerdoti ritrovano il loro posto cioè la loro identità, la chiarezza della fede, la loro vera missione, il senso profondo di essere per Dio, per la Chiesa, per gli uomini secondo la Traditio Ecclesiae. Inoltre i sacerdoti che iniziano a conoscere e a celebrare con questa liturgia si accostano con naturalezza ed entusiasmo allo studio del Dogma e del Magistero perenne della Chiesa, «avendo san Tommaso per maestro» (cf. O.T. 16) – che per molti è una novità assoluta – e ne scoprono la bellezza e la profondità che sazia l’intelligenza e lo spirito.

Pare che molti di questi sacerdoti siano molto giovani. Da cosa dipende questo fenomeno?

I giovani sono i primi a capire i mutamenti e le differenze e hanno desiderio di bellezza, di pace interiore, che non trovano nel mondo, e di radicalità evangelica. Molti si stanno avvicinando per curiosità, altri perché l’attuale liturgia non li soddisfa più, altri perché si rendono conto che c’è qualcosa che non funziona….
Altri, perché una cattiva campagna di opposizione alla liturgia tradizionale, nei loro ambienti di formazione, ha avuto un effetto contrario: vogliono vedere con i loro occhi e capire. Proibire, vietare solo per partito preso, per schieramento ideologico non produce mai buoni frutti e questi giovani vogliono conoscere la liturgia antica anche perché sentono il bisogno di radici.
La Chiesa vive da duemila anni, non è nata quarant’anni fa e le sue radici sono riconoscibilissime nella sua liturgia di sempre.

Che cosa ci può dire dei relatori del convegno di quest’anno?

La statura intellettuale e spirituale dei relatori di quest’anno è stata una grande forza per il convegno e per i frutti di grazia che, sono certo nella fede, verranno da esso per il bene della Chiesa.

La sua iniziativa si caratterizza per la stretta obbedienza al Papa e per il sostegno atta sua azione…

Ubi Petrus, ibi Ecclesia. Un cattolico non può lavorare nella Chiesa senza vivere della consapevolezza di questa verità cristiana. La Verità è nella Chiesa, non c’è Verità al di fuori di essa e non c’è Verità senza Tradizione.
Ma non c’è neppure Tradizione senza Comunione ecclesiale e questa va vissuta in primo luogo con il Vicario di Cristo, il Papa che guida la Chiesa in nome di Cristo stesso. Inoltre ogni servizio nella Chiesa richiede umiltà, docilità agli insegnamenti del Pontefice e obbedienza incondizionata: questa è la forza della Chiesa Cattolica da sempre.

Quali frutti si attende dal lavoro che sta facendo?

Mi attendo che gli sforzi di questi anni servano a raggiungere la pace, la concordia, l’unità nella Chiesa secondo il desiderio del Santo Padre, per una riforma ecclesiale che riparta dalla liturgia come centro della vita cristiana e per una nuova stagione di propagazione della Fede cattolica attraverso la liturgia antica. Mi auguro inoltre che la liturgia tradizionale acquisti pari dignità e la piena libertà nella vita ecclesiale senza più pregiudizi e rifiuti: la SS.ma Vergine ci aiuti.

Cosa mi dice della Messa Pontificale pubblica in San Pietro?

È stato un evento storico che preparerà, speriamo, la strada a un altro evento. Dopo quarant’anni, è stata celebrata per la prima volta in San Pietro una Solenne Messa Pontificale in Rito Romano Antico da un arcivescovo, il Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica S E. mons. R. L. Burke: è una grazia di Dio immensa, è il segno di una nuova stagione, è un motivo di consolazione e di grande speanza. La liturgia tradizionale è viva più che mai, la Chiesa non l’ha dimenticata.

E del saluto all’Angelus del Santo Padre?

Il Santo Padre con il suo saluto ai partecipanti al convegno ha dato il suggello alla grazia di quei giorni, al grande impegno e lavoro svolto. In mezzo a un silenzio quasi assoluto dei media, la voce del Santo Padre è venuta dal cielo come conferma: di questo ne siamo stati tutti profondamente convinti e lo ringraziamo infinitamente, assicurandoGli che non lo lasceremo solo in questa mirabile opera.

Fonte Radici Cristiane n. 50, dicembre 2009.

Preghiera a San Giuseppe: "allontana da noi, o Padre amantissimo, la peste di errori e di vizi che ammorba il mondo"


Ad te, beate Ioseph, in tribulatione nostra confugimus, atque, implorato Sponsae tuae sanctissimae auxilio, patrocinium quoque tuum fidenter exposcimus. Per eam, quaesumus, quae te cum immaculata Virgine Dei Genitrice coniunxit, caritatem, perque paternum, quo Puerum Iesum amplexus es, amorem, supplices deprecamur, ut ad hereditatem, quam Iesus Christus acquisivit Sanguine suo, benignus respicias, ac necessitatibus nostris tua virtute et ope succurras. Tuere, o Custos providentissime divinae Familiae, Iesu Christi sobolem electam; prohibe a nobis, amantissime Pater, omnem errorum ac corruptelarum luem; propitius nobis, sospitator noster fortissime, in hoc cum potestate tenebrarum certamine e caelo adesto; et sicut olim Puerum Iesum e summo eripuisti vitae discrimine, ita nunc Ecclesiam sanctam Dei ab hostilibus insidiis atque ab omni adversitate defende: nosque singulos perpetuo tege patrocinio, ut ad tui exemplar et ope tua suffulti, sancte vivere, pie emori, sempiternamque in caelis beatitudinem assequi possimus. Amen.

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua Santissima Sposa. Per quel sacro vincolo di carità che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, guarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni. Proteggi, o provvido Custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo; allontana da noi, o Padre amantissimo, la peste di errori e di vizi che ammorba il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta contro il potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità: e stendi ognora sopra ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché sul tuo esempio, e mediante il tuo soccorso, possiamo vivere virtuosamente, piamente morire, e conseguire l’eterna beatitudine in cielo. Così sia.

giovedì 18 marzo 2010

Leone XIII: "le difficoltà sono superiori a quanto possono fare le forze dell'uomo" "è quanto mai opportuno che il popolo cristiano prenda l'abitudine di implorare ... san Giuseppe"



Lettera enciclica QUAMQUAM PLURIES

Abbiamo già più volte ordinato che si facessero in tutto il mondo speciali preghiere e si raccomandassero sempre più insistentemente a Dio gli interessi della Chiesa cattolica, ma a nessuno deve far meraviglia se riteniamo di dover ancora insistere nel ricordare a tutti questo dovere.

Nelle difficoltà, soprattutto quando sembra che il potere delle tenebre possa usare ogni mezzo contro il cristianesimo, la Chiesa è solita invocare con suppliche Dio, (che l'ha voluta e la difende), con fervore e perseveranza sempre maggiore, ricorrendo anche all’intercessione dei santi, soprattutto dell'augusta Vergine Madre di Dio, nel patrocinio dei quali spera di trovare aiuto. Il frutto delle devote preghiere e della fiducia riposta nella bontà divina prima o poi si manifesta.

Venerabili Fratelli, conoscete bene i tempi che corrono: non sono certo meno drammatici di quelli che il cristianesimo ha dovuto affrontare in passato. Infatti vediamo che la fede, principio di tutte le virtù cristiane, è morta in moltissimi uomini; la carità è venuta meno; la gioventù cresce con idee e costumi depravati; la Chiesa di Cristo è combattuta da ogni parte con violenza e perfidia; contro l'azione del Papa si fa un'opposizione feroce; le stesse fondamenta della religione sono corrose con sfrontatezza sempre maggiore. Non occorre denunciare a parole, tanto è chiaro, fino a che punto si sia scivolati in basso in questi ultimi tempi e quanto si stia ancora facendo su questa linea.

In questa situazione pericolosa e miserevole, le difficoltà sono superiori a quanto possono fare le forze dell'uomo. Non resta quindi che implorare la potenza di Dio per superarle. Per questo motivo abbiamo ritenuto necessario esortare la pietà del popolo cristiano perché si implori con maggiore fervore e costanza l'aiuto di Dio onnipotente. In occasione del mese di ottobre, che abbiamo già dedicato alla Vergine del Rosario, vi esortiamo vivamente a celebrare quest'anno tutto il mese con la massima devozione, pietà e frequenza. Sappiamo che Dio ci ha preparato un rifugio sicuro nella materna bontà della Vergine e siamo certi che le speranze riposte in lei non saranno deluse. La Vergine ha protetto la Chiesa innumerevoli volte, in circostanze drammatiche: dobbiamo avere fiducia che interverrà anche ora dimostrando la sua potenza e la sua grazia, a patto che ricorriamo a lei con preghiere umili e costanti. E se dovremo pregare più a lungo, siamo anche certi che ci assisterà in modo ancora più straordinario.

Ma abbiamo anche, venerabili Fratelli, un’altra intenzione, che speriamo ci aiutiate a realizzare diligentemente, come siete soliti fare. Crediamo che Dio si mostri più favorevole alle preghiere e venga in aiuto alla sua Chiesa più prontamente e con maggiore larghezza quanto più numerosi sono quelli che lo pregano. Siamo quindi convinti che è quanto mai opportuno che il popolo cristiano prenda l'abitudine di implorare con devozione particolare e con animo fiducioso, insieme alla Vergine Madre di Dio anche il suo castissimo sposo san Giuseppe. Abbiamo anche buoni motivi di pensare che ciò sia molto gradito alla stessa Vergine.

È la prima volta che affrontiamo pubblicamente questo argomento. Sappiamo però che la pietà popolare non solo è favorevole al culto di s. Giuseppe, ma lo ha sviluppato per conto proprio. I romani Pontefici in passato si erano già impegnati a promuoverlo ed estenderlo gradatamente, fino a fargli raggiungere lo sviluppo notevole che riscontriamo in questi ultimi anni, soprattutto dopo che il nostro predecessore di felice memoria, Pio IX, sollecitato da moltissimi Vescovi, ha dichiarato il Santissimo Patriarca patrono della Chiesa cattolica.

Ma è assai importante che il culto di s. Giuseppe metta radici profonde nel costume cattolico e nelle istituzioni; per questo vogliamo incoraggiare il popolo cristiano anche con la nostra voce e con la nostra autorità. Le ragioni per le quali san Giuseppe è stato nominato patrono speciale della Chiesa e per le quali la Chiesa, a sua volta, si aspetta moltissimo dalla sua protezione, vanno indicate nel fatto che egli fu sposo di Maria e fu ritenuto padre di Gesù Cristo. Da qui derivò a lui tutta la grandezza, la grazia, la santità e la gloria. Certamente, la dignità di Madre di Dio è tanto sublime che nulla vi può essere di più grande. Ma poiché Giuseppe e Maria furono legati da un vincolo coniugale, non c'è dubbio che egli si avvicinò come nessun altro a quell'altissima dignità che rende la Madre di Dio tanto superiore a tutte le creature. La vita coniugale è l'unione e la forma di amicizia superiore ad ogni altra, poiché per propria natura comporta lo scambio dei beni; perciò se Dio ha dato Giuseppe come sposo alla Vergine, non solo glielo ha dato come compagno di vita, testimone della sua verginità, garante della sua onestà, ma lo ha reso anche partecipe della sua eccelsa grandezza in forza del patto coniugale.

Così, tra tutti i santi, Giuseppe occupa un posto unico anche per la straordinaria dignità che Dio gli ha conferito di essere il custode del figlio suo e di esserne da tutti ritenuto il padre. In conseguenza di questa sua posizione, il Verbo di Dio si sottomise umilmente a Giuseppe, obbedì alle sue parole e gli rese quell’onore che i figli sono tenuti a dare al proprio padre. Da questa duplice dignità derivavano quei doveri che per natura incombono ai padri di famiglia. In quanto capo della sacra famiglia, Giuseppe ne fu anche il custode e il difensore legittimo e naturale. Per tutta la sua vita egli si mantenne fedele ai doveri e alle incombenze che Dio gli aveva affidato.

Giuseppe si impegnò a proteggere con sommo amore e con vigilanza quotidiana la sposa e il figlio divino. Con il proprio lavoro procurò loro ogni giorno il cibo e il necessario alla vita. Quando la loro vita fu in pericolo a causa dell'invidia del re Erode, li salvò portandoli in un rifugio sicuro. Fu compagno inseparabile della Vergine e di Gesù, assistendoli col suo aiuto nei disagi dei viaggi e nelle difficoltà dell'esilio. Ma la casa divina, che Giuseppe dirigeva con l'autorità di un vero padre, era la culla della Chiesa nascente. La Vergine santissima, in quanto madre di Gesù Cristo, è anche madre di tutti i cristiani, poiché li ha come generati in mezzo ai dolori atroci del Redentore sul Calvario. Gesù Cristo stesso è come il primogenito dei cristiani, che sono diventati suoi fratelli per adozione e per redenzione.

È per questi motivi che il beatissimo Patriarca considera come affidata a sé in modo speciale la moltitudine dei cristiani, dai quali è costituita la Chiesa; questa famiglia numerosissima sparsa in tutto il mondo sulla quale egli gode di un'autorità quasi paterna in quanto sposo di Maria e padre di Gesù Cristo. È dunque sommamente conveniente e degno di san Giuseppe che egli oggi difende e protegge la Chiesa di Cristo col suo celeste patrocinio, come era solito fare durante la vita con la sua santità nei confronti della famiglia di Nazaret, in ogni circostanza.

Queste affermazioni, Venerabili Fratelli, trovano una conferma, come ben sapete, nell’opinione di non pochi Padri della Chiesa. In accordo con la sacra liturgia, essi hanno letto nell’antico Giuseppe, figlio del patriarca Giacobbe, l’anticipazione della persona e della missione affidata al nostro Santo, e negli onori che quello ricevette, hanno visto la grandezza del futuro custode della divina famiglia. Entrambi hanno ricevuto lo stesso nome, ricco di significati, ma sapete bene che tra loro vi sono ancora altri punti di contatto molto rilevanti. In primo luogo, l'antico Giuseppe si guadagnò la benevolenza singolare e la stima del suo padrone. Grazie a Giuseppe, al quale era stata affidata il governo della casa, tutti gli affari del padrone riuscivano nel migliore dei modi. Per ordine del faraone inoltre, governò su tutto il regno con poteri assoluti. E quando la cattiva stagione causò raccolti scarsi e carestia, egli provvide alle necessità degli Egiziani e dei popoli vicini con tanta intelligenza che il faraone ordinò di chiamarlo salvatore del mondo.

Così nell’antico Patriarca possiamo scorgere la figura del nostro santo. Il primo fu motivo di prosperità e di benessere per la casa del suo padrone e poi per tutto il regno; il secondo, che è stato destinato a custodire il popolo cristiano, deve essere ritenuto difensore e protettore della Chiesa, che costituisce la vera casa del Signore e il regno di Dio sulla terra.
Tutti i cristiani, di qualunque condizione o stato, hanno un buon motivo di affidarsi completamente all’amorosa protezione di san Giuseppe. I padri di famiglia trovano in Giuseppe il più sublime modello di vigilanza e attenzione paterna; i coniugi trovano in lui un perfetto esemplare di amore, di concordia e di fedeltà coniugale; i vergini hanno in lui un esempio e una protezione dell'integrità verginale. I nati da famiglie nobili, guardando la figura di Giuseppe, imparino a mantenere la loro dignità anche se sono decaduti. I ricchi cerchino di capire quali sono i beni che devono essere desiderati e raccolti.

I proletari, gli operai, coloro che non hanno ricchezze, devono ricorrere a Giuseppe quasi per un diritto loro proprio e imparare da lui quello che devono imitare. Egli, infatti, sebbene di sangue reale, unito in matrimonio con la più santa e straordinaria delle donne, ritenuto padre del figlio di Dio, tuttavia passò la sua esistenza nel lavoro e con le mani e le capacità di un buon artigiano procurò il necessario alla vita per i suoi familiari.
Dobbiamo dunque riconoscere che non è vergognosa la condizione di vita di quelli che socialmente non contano nulla. Nessun lavoro, anche manuale, è indecoroso. Anzi, può diventare titolo di nobiltà, se esercitato con dignità.

Giuseppe, accontentandosi del poco che aveva, sopportò con animo tranquillo e forte le privazioni legate inseparabilmente a un modo di vita molto modesto. Imitava in ciò l’esempio di suo figlio, che pur essendo il padrone di tutte le cose accettò di presentarsi come uno schiavo e scelse volontariamente di vivere in povertà estrema. Animati da queste riflessioni, i poveri e quelli che si guadagnano da vivere con il lavoro delle proprie mani, devono sentirsi incoraggiati e spinti a valutare rettamente le cose. Non va contro la giustizia che essi possano sollevarsi dall’indigenza e migliorare il proprio tenore di vita; ma non è ragionevole né giusto sovvertire un ordine stabilito dalla provvidenza di Dio. Usare poi la violenza e tentare di cambiare le cose mediante sommosse e tumulti di piazza è un progetto pazzesco che quasi sempre produce danni più gravi di quelli che voleva eliminare. Perciò i più deboli socialmente, se hanno intelligenza, non si fidino delle promesse di gente che li spinge alla rivolta; ma si rivolgano agli esempi e alla protezione, di san Giuseppe, come anche alla materna carità della Chiesa, che si prende cura della loro condizione con interessamento sempre crescente.

Venerabili Fratelli, Noi ci attendiamo moltissimo dalla vostra autorità e dal vostro zelo di vescovi. Siamo anche sicuri che le persone buone e pie faranno spontaneamente molto più di quanto Noi abbiamo comandato. Pertanto decretiamo che durante tutto il mese di Ottobre alla recita del Rosario, che abbiamo già prescritta altre volte, si aggiunga la preghiera a san Giuseppe, che vi viene spedita insieme a questa Enciclica. Questa predica deve essere osservata ogni anno, in perpetuo. A coloro che reciteranno devotamente la preghiera alla quale abbiamo fatto cenno, concediamo ogni volta l’indulgenza di sette anni e di altrettante quarantene.

È anche utile e molto lodevole, consacrare il mese di Marzo in onore del santo Patriarca con pratiche di pietà quotidiane, come si usa già fare in molti luoghi. Dove non si può introdurre facilmente questa pratica, è auspicabile che prima della sua festa si celebri almeno un triduo di preghiere nella chiesa principale di ogni città.

Nei paesi dove il 19 marzo, giorno consacrato a San Giuseppe, non è considerato festa di precetto, raccomandiamo a tutti i fedeli di fare il possibile per santificarlo almeno privatamente, come se fosse un giorno festivo, in onore del celeste Patrono.

E intanto, Venerabili Fratelli, a Voi, al Clero e al vostro popolo, di tutto cuore impartiamo nel Signore l’Apostolica Benedizione, come auspicio dei doni celesti e segno della Nostra benevolenza.

Dato in Roma presso S. Pietro il giorno 15 agosto del 1889, anno duodecimo del Nostro Pontificato.

                                                                                                                            Leone PP. XIII

Se la storia si ripete…


Il Card. Fauhaber ordina sacerdote il diacono Joseph Ratzinger
Nessuno dubita che chi commette atti turpi e si macchia di crimini particolarmente gravi, come quelli di cui si discorre in questi giorni, si esponga al rischio della riprovazione e della condanna eterna, meriti le più severe sanzioni ecclesiastiche e civili; inoltre è chiaro che se costui è chierico o religioso. egli rinnega anche impegni e i suoi voti pubblici e solenni, contraddice gravemente il suo servizio alla Chiesa e la sua fede; ma se è vero che la storia talvolta si ripete, è anche vero che la Chiesa, nel caso si opponga al regime ideologico dominante, rischia di subire da esso una vera e propria persecuzione. Il paragone con il nazismo non è dunque così peregrino. Ecco al proposito un articolo da leggere e da meditare, come si suol dire, per non dimenticare....

« Il vescovo di Ratisbona, monsignor Gerhard Ludwig Müller, la scorsa settimana ha ricordato, nella sua lettera sul tema delle accuse di pedofilia ad alcuni sacerdoti della diocesi, “il sinistro discorso tenuto nel 1937 a Berlino dal maestro della sobillazione popolare”. Si tratta del discorso – recentemente citato anche dal quotidiano Süddeutsche Zeitung – che fu pronunciato il 28 maggio del 1937 dal ministro per la propaganda hitleriana, Joseph Goebbels, e che si inquadra nella campagna di linciaggio alla quale i preti cattolici furono sottoposti nei primi anni del regime di Hitler. Una storia che in Germania è stata raccontata in un libro molto dettagliato e illuminante, uscito nel 1971. Il libro si intitola “I processi dal 1936 al 1937 per reati contro la morale pubblica a membri di confraternite e preti”, e lo ha scritto lo storico Hans Günter Hockerts, docente a Monaco.

L’autore racconta come il nazismo usò gli scandali avvenuti nella congregazione di Waldbreitbach per fare la guerra ai preti cattolici, i quali avevano assunto un atteggiamento apertamente critico verso il regime. Goebbels aveva ordinato che tutti i giornali del Reich (circa quattordici milioni di copie al giorno) riferissero minuziosamente di ogni singolo processo. Titolazione, sommario, attacco e taglio dell’articolo venivano discussi quotidianamente nella conferenza stampa e poi trasmessi alle redazioni. Braccio destro del ministro in questa operazione era il capo del suo ufficio, Alfred-Ingemar Berndt, incaricato di formulare tutti i giorni nuove frasi di scherno e di diffamazione. Slogan del tipo: “Le sacrestie si sono trasformate in bordelli”, “I conventi sono diventati covi di omosessuali” diventavano titoli a effetto. Il grande raduno ordinato da Goebbels, e tenutosi il 28 maggio del 1937 alla Deutschlandhalle di Berlino, doveva servire a rafforzare la campagna di denigrazione contro il clero cattolico. Vi parteciparono ventimila persone, e non mancavano le SA, le squadre d’assalto hitleriane. Goebbels esordì dicendo che “il governo del Reich avrebbe volentieri evitato di spendere parole su questi fatti, ma l’impertinenza dei cattolici non ci permette di tacere”.

Eppure, nonostante i durissimi attacchi, l’esito non fu quello sperato da Goebbels. I fedeli non voltarono la schiena alla chiesa cattolica. Anzi, mai come in quei due anni le chiese si sono riempite di fedeli, mentre i sacerdoti si difendevano dal pulpito e mettevano in guardia dalla lettura dei giornali. Poi, come scrive Hockerts nel suo libro, fu Hitler stesso a smorzare, a seconda della convenienza, l’ira strumentale di Goebbels. Successe, per esempio, nel marzo del 1936, quando ordinò alla Wehrmacht di entrare in Renania: di lì a poco si sarebbe tenuto nel Land un referendum per il quale aveva bisogno anche del voto dei cattolici. I dibattimenti ripresero in aprile, ma già qualche mese dopo, in agosto, furono di nuovo interrotti: c’erano le Olimpiadi. Hitler provò a portare dalla sua parte anche il cardinale di Monaco, Michael von Faulhaber, promettendogli in cambio la fine di ogni processo. I vescovi tedeschi cercarono di guadagnare tempo, ma quando nel marzo del 1937 Pio XI pubblicò l’enciclica “Mit brennender Sorge” (“Con viva ansia”) nella quale denunciava il regime nazista, Hitler ordinò la ripresa immediata della campagna contro i sacerdoti cattolici. La vicenda, come si ricordava all’inizio, è stata rievocata da monsignor Müller nella sua missiva ai fedeli, che si apre con una netta condanna verso qualsiasi abuso sessuale e che sostiene l’assoluta necessità, non solo di combatterlo ma di punire chiunque se ne sia macchiato. Il vescovo di Ratisbona si oppone però in modo altrettanto deciso alla stigmatizzazione della chiesa cattolica nel suo insieme, e al veder trasformato qualsiasi prete in un potenziale reo di abusi sessuali verso minori. Ricorda quindi come il nazismo cercò “di esporre il clero cattolico alla pubblica vendetta. Il mezzo per arrivarci era la ‘Sippenhaft’ (letteralmente: responsabilità del clan). Non era più il vero colpevole o il colpevole accusato a torto, il signor XY, a essere responsabile delle proprie azioni, ma l’intero clero al quale il colpevole apparteneva, o meglio ancora la chiesa come ‘sistema’».

Andrea Affaticati
su Il Foglio del 16 marzo 2010

Pio XI: una parola paterna ai sacerdoti

«Ed ora a voi, diletti Figli, rivolgiamo direttamente la Nostra paterna parola, quanti siete sacerdoti dell'Altissimo, dell'uno e dell'altro clero, sparsi per tutto l'orbe cattolico; a voi " gloria Nostra e Nostro gaudio " (1 Ts 2,20), che portate con tanta generosità il " peso e l'ardore della giornata " (Mt 20,12) e così validamente aiutate Noi e i Nostri Fratelli nell'episcopato, nell'adempimento del dovere di pascere il gregge di Cristo, giunga il Nostro paterno ringraziamento e il Nostro fervido incoraggiamento insieme con l'accorato appello che, pur conoscendo ed apprezzando il vostro encomiabile zelo, vi rivolgiamo nei bisogni dell'ora presente. Quanto più questi si vanno aggravando, tanto più deve crescere ed intensificarsi l'opera vostra redentrice; poiché " voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo " (cf Mt 5,13-14).

Ma perché l'opera vostra sia davvero benedetta da Dio e copiosi ne siano i frutti, è necessario ch'essa sia fondata nella santità della vita. Questa è, come abbiamo dichiarato di sopra, la prima e più importante dote del sacerdote cattolico: senza questa, le altre doti poco valgono; con questa, anche se le altre doti non sono in grado eminente, si possono compiere meraviglie, come avvenne (per citare solo qualche esempio) in San Giuseppe da Copertino, e, in tempi a noi più vicini, in quell'umile Curato d'Ars, San Giovanni Maria Vianney, già ricordato, che Noi volemmo assegnare a tutti i Parroci come modello e celeste Patrono. Pertanto, " considerate - vi diremo con l'Apostolo delle Genti - considerate la vostra vocazione " (1 Cor 1,26); e questa considerazione non potrà non farvi apprezzare sempre più quella grazia, che vi fu data nella sacra ordinazione, e non spronarvi " a diportarvi in modo degno della chiamata che vi fu fatta " (Ef 4,1).
A ciò vi gioverà immensamente quel mezzo, che il Nostro predecessore di santa memoria Pio X nella sua così pia e così affettuosa Exhortatio ad Clerum catholicum, la cui assidua lettura caldamente vi raccomandiamo, pone in primo luogo tra i più validi aiuti per custodire ed accrescere la grazia sacerdotale; quel mezzo che Noi stessi più volte, e soprattutto con la Nostra Lettera Enciclica Mens Nostra, abbiamo paternamente e solennemente inculcato a tutti i Nostri figli, ma più specialmente ai sacerdoti; cioè l'uso frequente degli Esercizi spirituali. E come al chiudersi del Nostro giubileo sacerdotale non abbiamo creduto di poter dare ai Nostri figli un migliore e più salutare ricordo di quella fausta ricorrenza, che con l'invitarli per mezzo della ricordata Lettera ad attingere più largamente l'acqua viva che sale alla vita eterna (cf Gv 4,14), a questa fonte perenne aperta da Dio provvidenzialmente nella sua Chiesa, così ora a voi, diletti figli, che più ci siete cari, perché più direttamente lavorate con Noi all'avvento del Regno di Cristo sulla terra, non crediamo di poter meglio mostrare il Nostro paterno affetto che con l'esortarvi vivamente a valervi di questo stesso mezzo di santificazione, nel miglior modo possibile, secondo i principi e le norme da Noi esposte nella memorata Enciclica, chiudendovi nel sacro ritiro degli Esercizi spirituali, non solo nei tempi e nella misura strettamente prescritta dalle leggi ecclesiastiche, ma anche più spesso e più a lungo che vi sarà concesso, prendendovi poi ogni mese un giorno per consacrarlo ad una più fervida orazione, ad un maggior raccoglimento, come hanno sempre usato i più zelanti sacerdoti.

Nel ritiro e nel raccoglimento potrà pure " ravvivare la grazia di Dio " (cf 2 Tm 1,6) chi mai fosse entrato " nell'eredità del Signore " non per la via diritta della vera vocazione, ma per fini terreni o meno nobili; poiché, essendo anch'esso ormai indissolubilmente legato a Dio e alla Chiesa, non gli rimane che di seguire il consiglio di San Bernardo: " Procura d'ora in avanti di rendere buone le tue vie e i tuoi affetti, e santo il tuo ministero; e così se la santità della vita non è preceduta, che almeno essa segua ". La grazia di Dio, e segnatamente quella che è propria del sacramento dell'Ordine, non mancherà di aiutarlo, se sinceramente lo desidera, a correggere quello che allora vi fu di difettoso nelle disposizioni personali, e a compiere tutti i doveri del proprio stato, comunque ci sia entrato.

Tutti poi dal raccoglimento e dalla preghiera uscirete rinfrancati contro le insidie del mondo, pieni di santo zelo per la salute delle anime, tutti infiammati d'amore in Dio, quali devono essere i sacerdoti, più che mai in questi tempi, nei quali, accanto a tanta corruzione e diabolica perversità, si sente in tutte le parti del mondo, un potente risveglio religioso nelle anime, un soffio dello Spirito Santo che pervade il mondo per santificarlo e per rinnovare con la sua forza creatrice la faccia della terra (cf Sal 103,30). Pieni di questo Spirito Santo, comunicherete questo amor di Dio come sacro incendio a quanti vi si accosteranno, diventando davvero portatori di Cristo in mezzo alla società così sconvolta, la quale solo da Gesù Cristo può sperare salvezza perché egli solo e sempre è " veramente il Salvatore del mondo " (Gv 4,42).

E prima di terminare, a voi, o giovani chierici, che vi educate al sacerdozio, rivolgiamo con una tenerezza tutta particolare il Nostro pensiero e la Nostra parola, e dall'intimo del cuore vi raccomandiamo di prepararvi con ogni impegno alla grande missione, a cui Dio vi chiama. Voi siete le speranze della Chiesa e dei popoli, che molto, tutto anzi aspettano da voi, perché da voi aspettano quella attiva e vivificante cognizione di Dio e di Gesù Cristo, in cui consiste la vita eterna (cf Gv 17,3). Cercate dunque nella pietà, nella purezza, nell'umiltà, nell'obbedienza, nella disciplina e nello studio, di formarvi sacerdoti davvero secondo il Cuore di Dio; persuadetevi che la diligenza, con cui attenderete a questa vostra solida formazione, per quanto accurata e solerte, non sarà mai eccessiva, perché da essa in gran parte dipende tutta la vostra futura attività apostolica. Fate che la Chiesa, nel giorno della vostra sacerdotale ordinazione, possa trovarvi davvero quali vi vuole, che cioè " una sapienza celeste, costumi illibati e una diuturna osservanza della giustizia vi renda commendevoli ", affinché poi " il profumo della vostra vita sia di consolazione alla Chiesa di Cristo, perché con la predicazione e con l'esempio abbiate ad edificare la casa, cioè la famiglia di Dio ". Solo così potrete continuare le gloriose tradizioni del sacerdozio cattolico e affrettare l'ora auspicatissima in cui sarà dato all'umanità di godere i frutti della Pace di Cristo nel Regno di Cristo»

Dall'Enciclica Ad catholici Sacerdotii di S.S. il Papa Pio XI (20 dicembre 1935)

LETTERA DEL BEATO DON EDOARDO POPPE AI SACERDOTI (2)

FIDUCIA E ABBANDONO IN DIO

Fratelli, questo timore non è senza fondamento; l’ideale è alto, le esigenze innumerevoli, non meno numerosi gli ostacoli. Tuttavia, dopo molto soffrire e sospirare sulla stretta via della perfezione, è pur certo che arriverete alla méta: è fuor di dubbio: perché voi volete arrivarci, perché è evidente che prendete sul serio la santità. Voi lo volete, e Dio lo vuole. Che manca dunque ancora? Sapete bene che la Sua grazia non s’arresta davanti a nulla e che non la dà mai vinta, solo che noi le prestiamo il nostro concorso. E sapete altrettanto bene che le difficoltà e gli ostacoli, sotto l’azione meravigliosa della grazia, si cambiano talvolta in aiuti e cooperano mirabilmente al bene. Perché: «Diligentibus Deum omnia cooperantur in bonum» (Rm. VIII, 28).

Che dobbiamo ancora temere? La grazia di Dio rimane con noi; la grazia è Dio con noi, Dio in noi. «Si Deus pro nobis, quis contra nos?» (Rm. VIII, 31). Se Dio si mette al nostro fianco, che cosa si può ancora chiamare ostacolo? «An tribulatio? an angustia? an fames? an nuditas? an periculum? an persecutio? an gla dius?» (Rm. VIII, 37). Già, forse la spada o la morte che abbiamo ancora a temere? «Sed in his omnibus superamus propter Eum, qui dilexit nos» (Rm. VIlI, 37): supereremo tutto, grazie a Colui che ci ama.

OMNIA VINCIT AMOR

No, Fratelli, possiamo considerare ad una ad una tutte le persone, le abitudini, le cose che ci si presentano come ostacoli sul cammino della santità. «Certus sum»: potete dire con San Paolo; io sono sicuro che nessuna creatura al mondo ha il potere di allontanarmi dal cammino della santità, la quale è chiamata dall’Apostolo: «Charitas Dei quae est in Christo Iesu Domino nostro». No, Fratelli: la vita attiva non è una notte ove si spegne il lume dell’ideale: essa è, invece, un’aurora che innalzerà questo lume e lo farà risplendere in mezzo alle nubi. La vita attiva, piena di triboli e spine, diviene un terreno fertile per coloro che non temono di praticarla energicamente e di irrorarla di sudore e di sangue. La vita attiva non presenta solamente la lotta, ma offre pure la vittoria e la consolazione. Se alcuni dei migliori vi hanno perduto il loro ideale, abbiate più fiducia di quella che essi hanno avuto, umiliatevi più profondamente per la vostra debolezza, e una grazia più abbondante vi condurrà senza dubbio a un felice successo.

FILIALE RICORSO A MARIA

Cari Fratelli, c’è un segno per voi, il quale vi presagisce in modo sicuro che non vi affaticherete invano, un segno il quale vi dà la certezza che le vostre sante aspirazioni raggiungeranno la méta: voi siete «schiavi di Maria». Fratelli, voi le appartenete, siete sua proprietà, suo tesoro: Maria ha preso la vostra causa nelle sue sante mani. Quand’anche i vostri difetti abituali fossero il doppio di quel che sono, quando pure si moltiplicassero per dieci e per cento i confratelli che, intrapreso il cammino della santità, cadono e si arrendono miseramente: «cadent mille a dextris et decem miliaa sinistris… ad te autem non appropinquabit» (Sai. XC, 7); da voi, vi assicura Maria, il flagello rimarrà lontano.

Ne farete l’esperienza se resterete gli umili e zelanti piccoli schiavi di Maria. La Vergine potente «scapu!ís suis obumbrabit tibi, et sub pennis eius sperabis» (Sal. XC, 4): Ella vi coprirà della sua ombra, e voi ve ne starete calmi e fiduciosi sotto le sue ali. Ella si porrà in cammino al vostro fianco e vi condurrà per delle scorciatoie segrete. La sofferenza non vi risparmierà, ma Ella giungerà a farvene sentir la fame, come di alimento di cui non potete fare a meno. O Maria! Maria! Questo nome sarà come miele e balsamo sulle vostre labbra. Maria! Maria! Maria! Ave Maria! Chi può resistere a questo nome? Chi dunque – ditemi – chi dunque si perderà col nome di Ma ria sulle labbra? Maria! Maria! La Madre dei piccoli, la forza dei deboli, la stella nella tempesta… Maria! Maria! Vi sentite privi di aiuto? Ave Maria! Avete perso il coraggio? Ave Maria! Soffrite di aridità spirituale? Ave Maria! Siete in pena, vi sentite in pericolo? Ava Maria! Ave Maria!

Ah, questa parola incantevole, questo dolce canto… questa potente in vocazione: Ave Maria! Consolazione degli oppressi, coraggio dei piccoli, forza dei deboli, Ave Maria! Quando pronuncio il tuo nome, il mio cuore è tutto infiammato “Ave Maria!” Allegrezza degli angeli, nutrimento delle anime, Ave Maria! Fratelli, non ho altro da aggiungere; voi sapete già tutto: amate Maria! Che debbo ancora insegnarvi? Voi conoscete il segreto, il segreto di Maria. Siete sulla strada buona, la strada più breve, più sicura, più facile: restare i piccoli schiavi, i piccoli, i coraggiosi schiavi di Maria.

Ah, Maria! Potessimo vederli, per prenderli a modello, questi Sacerdoti di Maria! Maria, abbi pietà di noi, pietà delle anime, pietà della tua Chiesa! Maria! Maria! L’empietà e la corruzione invadono la città, il flagello del peccato penetra, passando per la parte dei poveri e dei ricchi, in milioni di anime; odio e in giustizia regnano su tutti i popoli; tutto ciò che i secoli avevano sino ad oggi risparmiato, oggi si sfascia e crolla miseramente.

PER LA SALVEZZA DEL MONDO

Maria! Maria!… II demonio sta per impadronirsi della piazza, sta per en trare nei nostri villaggi, nella scuole, nelle famiglie.

Potrà forse espellere il Vangelo del tuo Figliuolo, cacciarlo dalla società e dal cuore degli stessi cristiani? Riuscirà forse a far adorare Mammona al posto della Croce? Maria! Maria!… Madre di misericordia, il mondo sta subendo la sua punizione. Solo Tu puoi formare le anime capaci, di arrestare il braccio di Dio; forma dunque dei Sacerdoti nuovi, dal cuore di fuoco, per incendiare questo mondo freddo e arido; e dona a questi apostoli una lingua nuova, che vada diritta ai cuori e scuota anche le anime più indurite. Forma dei Sacerdoti, dei Sacerdoti santi, che secondino la grazia e volino al suo minimo cenno. Forma dei Sacerdoti semplici e umili, dei Sacerdoti come gli Apostoli, che facciano rivivere fra i pastori e le pecorelle il fervore della perfezione evangelica.

O Maria! O Maria! Non ti chiediamo onori, gloria; ti domandiamo solo di essere tuoi veri schiavi, di cui nessuno parli, nessuno sappia niente, ignorati, disprezzati, piccoli di dentro e di fuori, ma interamente devoti e asserviti a Te per la salvezza delle anime! «Mites et umiles», dolci e umili come Te, come Gesù, ma fedeli e intrepidi, senza debolezza e senza rispetto umano.

CONCLUSIONE

Maria, onnipotente mediatrice, apri infine il tuo cuore colmo d’amore e le tue benefiche mani. Fa’ piovere sulle nostre povere anime questa grazia tanto attesa! Eccoci davanti a Te, vergognosi per la nostra indegnità, dubitosi per la nostra debolezza e miseria: fa’ di noi dei tuoi veri schiavi. Per amore dei peccatori, o Maria! Per amore della santa Chiesa! O Maria, o Maria, per amo re di Gesù…

Quando riaprirà gli occhi questo povero mondo? Quando si sveglierà per riconoscere che le sue gioie sono solamente delle catene? Quando dunque, o Maria, quando si risolleve rà questo povero mondo per ritornare ai piedi di Gesù singhiozzando: «Peccavi»? Quando schiaccerai di nuovo e per sempre la testa al serpente? Quando finalmente Gesù regnerà come merita? Quando il povero mondo ripeterà di nuovo le tue lodi con quelle di Gesù: «Laudetur lesus et Maria»?