Finiti i trent'anni della vita nascosta, Gesù usci da
Nazareth e si presentò al mondo: Giovanni il Battista gli rese testimonianza e
gli mando il primo nucleo di discepoli. Questi diventano subito i testimoni del
primo miracolo che premia e consolida il fervore della loro scelta.
Tre giorni dopo eranvi
nozze in Cana di Galilea. C 'era la madre di Gesù, e anche Gesù co' suoi
discepoli vi venne invitato. ….
Fu dunque questo il primo miracolo: le fantasie degli scritti
apocrifi sui miracoli a catena di Gesù bambino, di Gesù operaio... sono opera
di eretici che non si vollero rassegnare al mistero di annientamento del Verbo incarnato
quale ci è presentato nel S. Vangelo. Trent'anni di silenzio quando si eterno, trent'anni di oblio e di umile
lavoro artigiano quando si a l'Onnipotente che tutto ha creato e a tutto
comunica l'essere e la vita...: questa presenza apparentemente inutile del
Figlio di Dio, a insopportabile per l'egoismo umano che si plasma la divinità
col proprio metro. E veramente trent'anni di completo nascondimento, su appena
trentatré anni di vita, sembrano uno spreco: in ogni modo ci fanno ansiosamente
curiosi della vita nascosta di Gesù ch’è il rifugio e il modello delle anime
che la Provvidenza chiama alle grandi opere nella vita dello Spirito. Questo
bisogno di ritirarsi dal chiasso della vita, questa fame di silenzio, di star
soli a colloquio coll'Eterno e di riprendersi dalla dispersione dell'azione, di
riavere l'abitazione della propria anima, e il segno che si a chiamati dallo
Spirito. L'esempio del silenzio trentennale del Figlio di Dio non e tuttavia la
condanna dell'azione, ma il monito contro il disordine dell'attivismo cioè del
predominio dell'azione ovvero di mettere nell'azione il senso e il valore della
vita. Il Cristianesimo none apatia, non e un sistema, anzi e fervore, attuosità,
avvertenza dell'attimo che fugge c responsabilità del tempo che incombe. Gesù
stesso ci ha detto di operare fin quando è giorno, prima che ci sorprenda la
notte nella quale nessuno può operare e ci propose l'esempio di se e del Padre: «il Padre mio opera anche al
presente e anch'io opero». Forse per questo il Cristianesimo, nato
nell'Oriente, ebbe il suo centro e il suo sviluppo definitivo nell'Occidente
fra i popoli dell'azione, mentre l'Oriente languì nel torpore del vuoto
contemplare e della sterile sofistica. Ma l'esempio di Cristo resta la regola
di ogni vita veramente spirituale: soltanto dal prolungato ritiro dedito al
colloquio con Dio solo, nel frequente ritorno a se stessi dal chiasso della
vita per ricomporsi nelle cose celesti che ritemprano le energie dell'anima,
nasce l'autentica azione che è la comunicazione della verità e del bene. Nel
nostro secolo della tecnica, del dominio dei pia potenti mezzi di produzione,
dell'organizzazione pia attrezzata della propaganda... questi trent'anni che
Cristo ha passati a Nazareth, intento al desco di falegname, sono un assurdo e
suonano scandalo per questi, chissà, anche in buona fede, gridano alla necessità
di aggiornamento ad oltranza da parte della Chiesa. Ed è ben questo il più gran
male del nostro secolo: di non gustare il fascino del silenzio, di aver rotto
il tramite con Dio così da non sentire più salire dall'anima il respiro della
preghiera che ci congiunge a Dio e ci fa eloquenti e potenti al momento
opportuno, quando suona l'ora di Dio.
(P. Cornelio Fabro, Vangeli delle Domeniche, Editrice del Vervo Incarnato, II Domenica dopo l'Epifania, p. 53-54)