LA CHIESA POVERA
Pubblichiamo l'editoriale di Settembre 2016
di "Radicati nella fede"
LA CHIESA POVERA
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno IX n° 9 - Settembre 2016
Ogni tanto torna di moda parlare di chiesa povera, per i poveri.
Si
sa che, normalmente, quelli che amano parlare di chiesa povera sono i
ricchi, sono quelli che poveri non sono. Chi ha assaggiato la fatica
della povertà economica, non ama la povertà e non la augura a nessuno,
nemmeno alla chiesa.
Sono i borghesi che, per rifarsi
un'anima a buon prezzo, hanno bisogno di un fremito di commozione sulla
povertà altrui, e per un'invidia mista a un laicismo acido pretendono
che la chiesa sia economicamente povera.
Così dicendo
non vogliamo affermare che la povertà, non la miseria!, non sia un
valore; la povertà è uno dei consigli evangelici, che con la castità e
l'obbedienza segna il cammino di perfezione della vita religiosa. E per
tutti, anche per chi non è in convento, è da coltivare con estrema
attenzione: la sobrietà, la modestia e la morigeratezza quanto sono
necessarie alla vita cristiana di tutti!
Ma a che serve la povertà? A non sperare in se stessi, ma unicamente nella Grazia di Dio.
Questo
è il punto. La povertà, con anche il suo aspetto di sobrietà economica,
non serve in se stessa, serve perché rimette l'uomo nella posizione più
vera, quella della sua totale dipendenza da Dio. Ed è innegabile che
chi è in difficoltà economica, il povero, può capire di più cosa sia
questa dipendenza, questo dover sperare in un Altro; e Dio diventa per
lui più concretamente Provvidenza.
Ma questo non è mai
automatico; e lo è meno che mai nel mondo odierno post-comunista, che
ahimè comunista resta, che ha chiuso la povertà nella prigione della
lotta di classe e della lotta per i diritti personali, e così facendo ha
ucciso con l'ateismo la povertà; l’ha uccisa, non l'ha risolta!
Anche la Chiesa non può vivere la questione della povertà come il mondo post-comunista, che resta malato di comunismo.
Chiesa
povera vuol dire chiesa semplice, che non ha altra sicurezza che quella
che le viene dalla grazia di Cristo e dalla Divina Rivelazione.
I
poveri non hanno tempo da perdere, non hanno voglia di elucubrazioni
pseudo-intellettuali. Per loro la vita urge, devono arrivare al dunque e
presto, per mangiare e vivere.
E non è così anche del
cristiano, quando è seriamente impegnato con la vita? Quando si è
coscienti che la vita è una lotta drammatica, non si perde tempo, non ci
si intrattiene sull'inutile o sul futile, si vuole giungere subito alla
questione della salvezza, alla questione della grazia che salva.
Chiesa
povera è allora quella impegnata sul fronte della grazia, sul fronte
della salvezza delle anime, con gli strumenti dati da Dio: predicazione e
sacramenti.
Ma l'orizzonte si fa sempre più scuro:
dov'è questa Chiesa preoccupata della salvezza delle anime? Sembra che
la maggiore parte del clero e del laicato impegnato sia occupata nel
servizio al mondo. La predicazione ufficiale parla di pace del mondo, di
fraternità universale, di umanità consapevole... un linguaggio degno
del mondo massonico e della propaganda marxista di decenni fa.
No,
questa chiesa impegnata in qualcosa d'altro non è una chiesa povera,
anche se fa volontariato per i poveri. Non è una chiesa povera, anche se
apre a dismisura centri di accoglienza, perché ha perso la radice
della vera povertà, che è sperare solo in Dio.
“Non
possiedo né oro né argento, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù
Cristo alzati e cammina” (At 3,6) Nel nome di Gesù Cristo... così agisce
San Pietro con lo storpio alla porta del tempio, così agisce la Chiesa
di sempre difronte ai mali del mondo: dona la grazia che salva,
invitando alla conversione, quella vera.
Quando invece
la chiesa si imborghesisce parla dei poveri, ma non vive la povertà che
ha come cuore il miracolo della grazia. Parla dei poveri la chiesa
ammodernata, ma è borghese nel midollo, perché cerca i mezzi umani per
essere come gli altri club sociali. E anche quando parla di grazia di
Dio, ne parla come un cappello aggiunto al suo pelagiano impegno tutto
umano. Non è una chiesa povera, perché la grazia di Dio, quella che
discende dalla Croce di Cristo e dai sacramenti, non diventa mai il
principio di giudizio e di azione.
Eppure saremo salvi se accoglieremo la grazia di Dio, e vivremo di conseguenza.
Domandiamo
a Dio la grazia di vedere tornare la chiesa a questa nobile povertà.
Alla povertà coraggiosa che domanda ai peccatori di tornare a Cristo, e a
coloro che non lo conoscono ancora di convertirsi a lui, unico
Redentore.
E supplichiamo i pastori legittimi della
Chiesa perché ci lascino vivere così: non ci interessano i borghesi che
amano avere un po' di commozione per i poveri, no - non ci interessano
davvero. Vogliamo vivere da poveri, cioè integralmente cattolici,
credendo pienamente nell'efficacia della grazia di Dio; credendo
nell'assoluta necessità dei sacramenti; posando la vita sulla potenza
della preghiera vissuta e insegnata.
Ci interessa vivere di questo, e non di altre elucubrazioni pastorali.
La mia casa sarà casa di preghiera: ecco la chiesa povera.