Una riflessione sulla testimonianza dell'arcivescovo Carlo Maria Viganò
Scritto da Mons. Athanasius Schneider
Scritto da Mons. Athanasius Schneider
È un fatto raro ed estremamente grave nella storia della Chiesa che un vescovo accusi pubblicamente e specificamente un Papa regnante. In un documento recentemente pubblicato (22 agosto 2018) l'arcivescovo Carlo Maria Viganò testimonia che da cinque anni papa Francesco era venuto a conoscenza di due fatti: che il cardinale Theodor McCarrick aveva commesso reati sessuali contro i seminaristi e contro suoi subordinati, e che esistono sanzioni impostegli da Papa Benedetto XVI. Inoltre, l'arcivescovo Viganò ha confermato la sua affermazione con un sacro giuramento che invoca il nome di Dio. Pertanto non c'è alcun motivo ragionevole né plausibile di dubitare sulla veridicità del contenuto del documento dell'Arcivescovo Carlo Maria Viganò.
I cattolici di tutto il mondo, i semplici fedeli, i "piccoli", sono profondamente scioccati e scandalizzati per casi gravi recentemente divulgati in cui le autorità ecclesiastiche hanno coperto e protetto i chierici resisi responsabili di reati sessuali contro minori e contro i loro stessi subordinati. Tale situazione storica, che la Chiesa sta vivendo ai nostri giorni, richiede una trasparenza assoluta a tutti i livelli della gerarchia della Chiesa, e in primo luogo evidentemente a nome del Papa.
È del tutto insufficiente e poco convincente che le autorità ecclesiastiche continuino a formulare appelli generali per una tolleranza zero nei casi di abusi sessuali da parte del clero e per porre fine alla copertura di casi del genere. Allo stesso modo insufficienti sono le suppliche stereotipate di richiesta di perdono da parte delle autorità della Chiesa. Tali appelli per la tolleranza zero e le richieste di perdono diventeranno credibili solo se le autorità della Curia Romana metteranno le carte sul tavolo, indicando nome e cognome di tutti gli appartenenti alla Curia Romana - indipendentemente dal loro rango e titolo - che hanno coperto i casi di abuso sessuale nei confronti di minori e di subordinati.
Dal documento dell'Arcivescovo Viganò si possono trarre le seguenti conclusioni:
- Che la Santa Sede e il Papa stesso debbano iniziare a ripulire senza compromessi la Curia romana e l'episcopato da vincoli e reti omosessuali.
- Che il Papa debba proclamare in modo inequivocabile la dottrina divina sul carattere gravemente peccaminoso degli atti omosessuali.
- Che debbano essere emanate norme perentorie e dettagliate, che impediscano l'ordinazione di uomini con tendenze omosessuali.
- Che il Papa ripristini, nell'insegnamento e nella predicazione, la purezza e la certezza (in totale assenza di ambiguità) di tutta la dottrina cattolica.
- Che nella Chiesa sia restaurata, mediante l'insegnamento papale ed episcopale e la relativa prassi, l'ascesi cristiana sempre valida: le pratiche del digiuno, della penitenza corporale, di sacrifici.
- Che nella Chiesa siano restaurati lo spirito e la prassi della riparazione e dell'espiazione per i peccati commessi.
- Che nella Chiesa inizi un processo di selezione sicura e garantita dei candidati all'episcopato, che siano palesemente autentici uomini di Dio; e che sarebbe preferibile lasciare le diocesi diversi anni senza un vescovo, piuttosto che nominare un candidato che non sia un vero uomo di Dio nella preghiera, nella dottrina e nella vita morale.
- Che inizi nella Chiesa un movimento, specialmente tra cardinali vescovi e sacerdoti, di rinuncia a qualsiasi compromesso e ad ogni vagheggiamento (flirt) con il mondo.
Non desterebbe meraviglia il fatto che i principali media internazionali dominanti, che promuovono l'omosessualità e la depravazione morale, inizino a denigrare la persona dell'arcivescovo Viganò e a insabbiare la questione cruciale del suo documento.
In mezzo alla diffusione dell'eresia di Lutero e della profonda crisi morale di una parte considerevole del clero e specialmente della Curia romana, Papa Adriano VI scrisse le seguenti parole straordinariamente sincere, indirizzate alla Dieta Imperiale di Norimberga nel 1522:
"Sappiamo che da qualche tempo nella Santa Sede si sono compiute molte abominazioni, abusi nelle cose spirituali e prevaricazioni e tutto è stato pervertito e volto al peggio. Dalla testa la corruzione è passata alle membra, dal Papa ai prelati: abbiamo mancato tutti, non c'è nessuno che faccia il bene, no, neppure uno".
Fermezza e trasparenza nel rilevare e nel confessare i mali nella vita della Chiesa contribuiranno ad avviare un efficiente processo di purificazione e rinnovamento spirituale e morale. Prima di condannare gli altri, nella Chiesa, ogni ecclesiastico, indipendentemente dal grado e dal titolo, dovrebbe chiedersi alla presenza di Dio, se lui stesso abbia in qualche modo coperto abusi sessuali. Se dovesse scoprirsi colpevole, dovrebbe dichiararlo pubblicamente, perché la Parola di Dio lo ammonisce: "Non vergognarti di riconoscere la tua colpevolezza" (Sir 4:26). Perché, come san Pietro, il primo Papa, scrisse, "è giunto il momento in cui inizia il giudizio, a partire dalla casa di Dio (la Chiesa) " (1 Pietro 4:17).
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
tratto da: http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2018/08/una-riflessione-sulla-testimonianza_28.html