sabato 4 febbraio 2012

Mons. Fellay: "è nostro dovere andare sempre a Roma"

ESTRATTI della
 
Omelia di Mons. Bernard Fellay
Superiore Generale della Fraternità San Pio X
pronunciata il 2 febbraio 2012Festa della Purificazione della Beata Vergine Maria
al seminario di Winona, Stati Uniti

in cui parla della risposta al Preambolo dottrinale
consegnato alla Fraternità il 14 settembre 2011

L'omelia è stata pubblicata su DICI il 3 febbraio 2012

La Fraternità San Pio X è stata fondata per la Chiesa e nella Chiesa e noi affermiamo che essa continua ad esistere, malgrado vi sia la pretesa a negarne l’esistenza, col dire che è stata soppressa nel 1976 (in tutta evidenza senza alcun rispetto delle leggi della Chiesa).
Ed è per questo che noi andiamo avanti.
Il nostro venerato fondatore ha insistito a più riprese sull’importanza di questa esistenza della Fraternità (nella Chiesa). Così, mentre il tempo passa, io credo che è questo che noi dobbiamo tenere in mente, è molto importante che noi si conservi questo spirito cattolico.

Noi non siamo un’entità indipendente. Anche se ci battiamo con Roma, noi siamo, per così dire, ancora con Roma. Se volete, noi siamo ad un tempo in lotta contro Roma e con Roma. Così noi proclamiamo e continuiamo a dire che siamo cattolici. Noi vogliamo restare cattolici.
Tante volte ho detto a Roma: «voi cercate di spingerci fuori, e noi ci rendiamo conto che per noi sarebbe più facile essere fuori. Avremmo molti più vantaggi. Ci trattereste molto meglio!»
Guardiamo i protestanti, come aprono loro le chiese, e a noi le chiudono. Ma noi diciamo: «non ci preoccupiamo di questo». Noi agiamo sotto lo sguardo di Dio. Noi soffriamo della Chiesa, è ovvio. Questo non ci piace, sicuro. Ma dobbiamo restare là, nella verità. E dobbiamo continuare ad affermare che apparteniamo alla Chiesa. Noi siamo cattolici. Noi vogliamo essere e vogliamo restare cattolici; è importantissimo mantenere questo.

È ugualmente importante che noi non si pensi ad una Chiesa cattolica che sia solo il frutto della nostra immaginazione, che non sia più la Chiesa reale.
È con la Chiesa reale che noi abbiamo dei problemi. Ecco cosa rende le cose ancora più difficili: il fatto che è con essa che abbiamo dei problemi.
Questo non ci autorizza, per così dire, a sbattere la porta. Al contrario, è nostro dovere andare sempre a Roma, bussare alla porta e chiedere, non di entrare (poiché siamo già dentro), ma pregarli di convertirsi, di cambiare e di ritornare a ciò che fa la Chiesa.
È un grande mistero, non è una cosa semplice.
Perché al tempo stesso dobbiamo riconoscere questa Chiesa – è ciò che affermiamo nel Credo: «credo nella Chiesa cattolica» - e quindi riconosciamo che c’è un papa, che c’è una gerarchia. Noi riconosciamo tutto questo.
Ma nella pratica, a diversi livelli, noi siamo obbligati a dire: «no». Non perché le cose non piacciano a noi, ma perché la Chiesa si è già pronunciata su queste questioni, e molte di esse le ha perfino condannate.

È per questo che nei nostri colloqui dottrinali con Roma noi eravamo, per così dire, bloccati. In questi colloqui con Roma, la questione chiave era in definita quella del Magistero, dell’insegnamento della Chiesa.
Ci dicono: «noi siamo il Papa, noi siamo la Santa Sede», cosa che accettiamo.
E loro proseguono: «noi abbiamo il potere supremo», e noi l’ammettiamo.
E loro insistono: «noi siamo l’ultima istanza nell’insegnamento e siamo necessari» - Roma ci è necessaria per avere la fede, siamo d’accordo.
E loro ordinano: «allora, obbedite», e noi diciamo: «no».
Loro ci rimproverano di essere dei protestanti, perché poniamo la nostra ragione al di sopra del Magistero odierno. E allora noi rispondiamo: «voi siete dei modernisti, voi pretendete che l’insegnamento di oggi possa essere diverso da quello di ieri».
Noi diciamo che quando aderiamo a ciò che la Chiesa ha insegnato ieri, aderiamo necessariamente a ciò che la Chiesa insegna oggi. Poiché la verità non è legata al tempo. La verità è al di sopra del tempo. Ciò che è stato proclamato una volta, obbliga sempre. Ecco cos’è un dogma. Dio è così, al di sopra del tempo. E la fede consiste nell’aderire alla verità di Dio. Essa è al di sopra del tempo. È per questo che la Chiesa di oggi è legata alla Chiesa di ieri e dev’esserle simile, ma non solo simile.
Così, quando si sente il Papa attuale che dice che nella Chiesa dev’esserci continuità, noi diciamo: «certamente!». È quello che diciamo da sempre. Quando si parla della Tradizione è proprio questo che si intende dire.
Loro affermano che dev’esserci Tradizione, che dev’esserci continuità, e quindi vi è continuità. Il Vaticano II è stato fatto dalla Chiesa, nella Chiesa dev’esserci continuità, dunque il Vaticano II appartiene anche alla Tradizione. E noi subito: «scusate, cos’è che dite?»

Ma, carissimi fedeli, la cosa va ancora più in là. Ciò che ho appena descritto accadeva durante i colloqui, alla fine dei quali abbiamo ricevuto l’invito a Roma. In questo invito si trovava la proposta di una soluzione canonica per regolarizzare la nostra posizione. E posso affermare che ciò che ci è stato presentato oggi – che è diverso di ciò che ci fu presentato il 14 settembre 2011 – si può considerare come buono.
Loro soddisfano tutte le nostre condizioni, per così dire, a livello pratico. Non vi sono molti problemi su questo piano. Ma il problema resta ad un altro livello, al livello della dottrina. Tuttavia, anche nel dominio dottrinale si avanza molto speditamente, miei carissimi fratelli.
La chiave del problema è un principio (quello della coerenza con la Tradizione). Loro ci dicono: «dovete accettare che nel caso in cui vi siano delle difficoltà nei documenti del Concilio – certi punti ambigui che suscitano dibattito – questipunti, come l’ecumenismo, la libertà religiosa, devono essere interpretati in coerenza con l’insegnamento della Chiesa di sempre». E aggiungono: «così quando vi sia una ambiguità nel Concilio, voi dovete comprenderla come la Chiesa ha sempre insegnato».
Loro vanno ancora oltre e dicono: «si deve rigettare tutto ciò che si oppone all’insegnamento tradizionale della Chiesa».
Bene, è quello che noi abbiamo sempre detto.
È sorprendente, non è vero, che Roma ci imponga questo principio? Sorprendente.
E allora voi potreste chiedere: «perché non accettate?» Ebbene, cari fedeli, perché vi è ancora un problema.

Nel testo del Preambolo dottrinale, si danno due applicazioni del come noi dobbiamo comprendere questi principi. Si fanno gli esempi dell’ecumenismo e della libertà religiosa, così come sono descritti nel nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, il quale riprende esattamente i punti che noi rimproveriamo al Concilio.
In altri termini, Roma ci dice: «noi abbiamo sempre fatto questo. Noi siamo tradizionali, il Vaticano II è la Tradizione. La libertà religiosa, l’ecumenismo, sono la Tradizione. In perfetta coerenza con la Tradizione».
Vi chiederete: «dove ci porta tutto questo?» Quali parole troveremo per dire che siamo d’accordo o che non lo siamo?
Se loro accettano i principi che abbiamo sempre sostenuto, è perché questi principi per loro significano ciò che loro pensano, e che è in esatta contraddizione con ciò che affermiamo noi. Credo che non ci si possa spingere oltre nella confusione.
In altri termini, questo significa che loro danno un altro significato alla parola «Tradizione», e forse alla parola «coerenza». Ecco perché siamo stati obbligati a dire «no». Noi non andremo a firmare. Siamo d’accordo sul principio, ma ci rendiamo conto che la conclusione è contraria. Grande mistero!
Allora, che succederà adesso?

Noi abbiamo inviato la nostra risposta a Roma. Loro continuano a dire che ci rifletteranno, e questo significa che probabilmente sono imbarazzati. Al tempo stesso, io credo che adesso potremo vedere ciò che vogliono veramente.
Ci vogliono davvero nella Chiesa o no?
Noi abbiamo parlato loro molto chiaramente: «se ci accettate è senza cambiamenti. Senza l’obbligo di accettare queste cose; allora siamo pronti. Ma se volete farcele accettare, allora è no».
E non abbiamo fatto altro che citare Mons. Lefebvre, che l’aveva già detto nel 1987 – diverse volte prima, ma l’ultima volta che lo disse fu nel 1987.

In altri termini, carissimi fratelli, umanamente parlando è difficile dire ciò che ci riserva l’avvenire, ma noi sappiamo che quando trattiamo con la Chiesa, è con Dio che abbiamo a che fare, con la Divina Provvidenza, e noi sappiamo che questa Chiesa è la Sua Chiesa. Gli uomini possono disturbare, distruggere. Possono causare dell’agitazione, ma Dio è al di sopra di ciò, e Dio sa come dirigere la Sua Chiesa sulle linee diritte, malgrado tutti questi incidenti umani, tutte queste linee storte.
Questa prova finirà, non so quando. Talvolta questa fine sembra approssimarsi, tal’altra sembra allontanarsi. Dio conosce i tempi, ma, umanamente parlando, bisognerà attendere un bel po’ prima di cominciare a vedere che le cose migliorano – cinque, dieci anni.
Io sono convinto che fra dieci anni le cose saranno diverse, perché la generazione uscita dal Concilio sarà sparita e la generazione che la segue non intrattiene un legame simile col Concilio. E già adesso, carissimi fratelli, sentiamo diversi vescovi che ci dicono: «voi date troppo peso a questo Concilio; lasciatelo da parte. Sarebbe il modo migliore per la Chiesa per andare avanti. Lasciatelo da parte, dimenticatelo. Ritorniamo alla realtà, alla Tradizione».

Non è interessante sentire dei vescovi che dicono questo? È un linguaggio nuovo! Questo significa che vi è una nuova generazione che sa che nella Chiesa vi sono delle cose più serie del Vaticano II, e che noi dobbiamo ritornare a ciò che vi è di più serio, se mi permettete di parlare così.
Il Vaticano II è serio a causa dei guasti che ha prodotto, è veramente serio. Ma in quanto Concilio ha voluto essere pastorale, ed è già superato.
Noi sappiamo che qualcuno che lavora in Vaticano ha redatto una tesi universitaria sul magistero del Vaticano II. Lui stesso ci ha detto che nessuno nelle università romane voleva accettare il suo lavoro. Alla fine un professore l’ha fatto. Ora, la tesi è la seguente: l’autorità del magistero del Vaticano II è quella di un’omelia degli anni 60.
E questo candidato è stato ricevuto!
Si vedrà, miei carissimi fratelli.

Per noi è chiarissimo. Noi dobbiamo sempre sostenere la verità, professare la fede. Noi non facciamo marcia indietro, qualunque cosa accada.
Da parte di Roma, vi è adesso qualche minaccia, certo.
Si vedrà.
Noi lasciamo tutto questo nelle mani del Buon Dio e della Santissima Vergine. Oh!

Si, noi dobbiamo continuare la nostra crociata del Rosario. Noi contiamo su di essa, noi contiamo su Dio. E ciò che deve accadere, accadrà.
Io non posso promettervi una bella primavera. Non so cosa accadrà in primavera. So solo che la battaglia per la fede continuerà, qualunque cosa accada. Sia che saremo riconosciuti, sia che non lo saremo.
Potete stare certi che i progressisti non saranno contenti. Essi continueranno, e noi continueremo a combatterli.

venerdì 3 febbraio 2012

schermaglie?

Lefebvriani, Fellay:

"Diciamo no alla proposta del Vaticano"

Il superiore dei lefebvriani, durante un'omelia tenuta in un seminario tradizionalista negli Stati Uniti, ha affermato che la congregazione non è obbligata a rispondere positivamente alla proposta della Santa Sede



Il superiore dei lefebvriani ha detto, durante un'omelia tenuta nel seminario tradizionalista San Tommaso d'Aquino a Winona, Minnesota, negli Stati Uniti, che la Società Sacerdotale San Pio X “è obbligata a dire no” alla proposta di riconciliazione arrivata dal Vaticano. L'omelia è stata pubblicata sul sito del seminario.
Monsignor Fellay spiega ai suoi confratelli che la Santa Sede “ha accettato tutte le nostre richieste” dal punto di vista organizzativo e pratico, migliorando l'offerta fatta il 14 settembre scorso, ma che rimane ancora una distanza profonda dal punto di vista dottrinale. La Pontificia Commissione Ecclesia Dei, incaricata dei rapporti con i gruppi tradizionalisti, secondo Fellay, chiede ai lefebvriani di accettare che “i punti controversi del Concilio (Vaticano II, ndr) – punti ambigui, su cui c'è contrasto – come l'ecumenismo e la libertà religiosa, devono essere letti in coerenza con la dottrina perpetua della Chiesa. Se quindi c'è qualcosa di ambiguo nel Concilio, dovete leggerlo come la Chiesa l'ha sempre insegnato nel corso della storia”.
Il problema, per il superiore lefebvriano, è che come esempio di continuità tra la dottrina tradizionale della Chiesa e gli insegnamenti del Concilio il Vaticano presenta proprio le questioni dell'ecumenismo e della libertà religiosa “così come vengono intepretati dal Catechismo della Chiesa cattolica, che sono esattamente i punti che noi  rimproveriamo al Concilio”.
La risposta lefebvriana è già stata inviata a Roma ed è ora all'esame della Commissione Ecclesia Dei: “Ci stanno ancora riflettendo, il che vuol dire che probabilmente sono imbarazzati”, commenta il superiore tradizionalista. “Abbiamo detto loro molto chiaramente – conclude – se ci accettate così come siamo, senza cambiamenti, senza costringerci ad accettare queste cose, siamo pronti. Ma se volete farci accettare queste cose, allora non lo siamo”.

“Penso che non ci potrebbe essere più confusione di così”, commenta il leader tradizionalista, che ironizza sul fatto che le parole “tradizione” e “coerenza” abbiano un significato diverso per la gerarchia cattolica rispetto a quello loro attribuito da lefebvriani. “E' per questo – tira le somme Fellay – che siamo obbligati a dire che non firmeremo. Siamo d'accordo sul principio ma vediamo che le conclusioni sono opposte”.
In assenza di commenti del Vaticano, dall'Austria, intanto, la agenzia stampa "Katholische Presseagentur" sostiene che "il Vaticano nelle prossime settimane darà una nuova risposta agli ultra-tradizionalisti", ma è poco chiaro se questa risposta conterrà una decisione definitiva o non piuttosto la richiesta di un ulteriore approfondimento.

Alessandro Speciale
Roma

(dal sito: http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/lefebvriani-lefebvrians-lefebvrianos-vaticano-vatican-12285/ )

giovedì 2 febbraio 2012

la parte migliore


preghiera di riparazione in piazzale Libia (sabato 28 gennaio u.s)

il Prof. Roberto de Mattei parla della manifestazione
promossa per difendere i diritti di Dio,
il Suo Nome, il Suo Volto gratuitamente offeso


Nel discorso ai vescovi americani del 19 gennaio 2012, Benedetto XVI ha rivendicato il diritto dei cattolici a manifestare pubblicamente la propria fede con queste parole: «Contrastare le correnti culturali che, sulla base di un individualismo estremo, cercano di promuovere concetti di libertà separati dalla verità naturale....


 

mercoledì 1 febbraio 2012

per Dio e per il Re!


(Naturalmente in Italia non lo vedremo mai n.d..R)


 

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Dio e il ReQuesto film è una lettera d'amore per il popolo vandeano, ed è stato prodotto per onorare la memoria di questi uomini e donne coraggiosi che volentieri hanno sacrificato la loro vita, "per Dio e il Re" (Regista). Esce questo mese.
Una società cinematografica americana chiamata Navis Pictures sta ultimando la produzione di un film intitolato, "La guerra della Vandea" (video di presentazione), i cui attori sono giovani amatori: il più giovane ha 2 mesi e il più vecchio ne ha 21.

La musica del film è stata realizzata dal compositore di Hollywood, Kevin Kaska.

Un aspetto interessante di Navis Pictures è la visione cattolica del suo regista, Jim Morlino, che spiega come un film può essere utile:

”Le arti costituiscono un elemento molto influente della nostra cultura. Se siamo in grado di ispirare un bambino a intraprendere una carriera in quelle arti, e di creare una bellezza tale che possa sollevare le anime degli uomini verso Dio e così facendo, di glorificarLo, avremo compiuto la nostra missione. A tale scopo stiamo creando un nuovo genere di film: il cinema dei bambini”.

In un omaggio agli attori di "La guerra della Vandea", egli esclama:

”Questo film presenta una stupenda performance di oltre 250 giovani che ispireranno il pubblico di ogni età con temi senza tempo, di coraggio, fede e amore”.

Così descrive splendidamente il regista lo sfondo storico del film, la sua ispirazione e il suo oggetto:

”Nel 1793, dopo aver sopportato tre anni e mezzo di crescente persecuzione della Chiesa dagli architetti della Rivoluzione francese, un piccolo gruppo di fedeli contadini e di nobili iniziarono una "contro-rivoluzione" cattolica. Questa è la storia, in gran parte sconosciuta, di sei anni di lotta valorosa del popolo di una piccola parte della Francia occidentale, per restaurare la loro santa religione e il loro re. Formati dall'influenza di San Luigi di Montfort, e vestiti con i loro rosari e gli emblemi del Sacro Cuore, i loro sacrifici e innumerevoli martiri hanno finalmente permesso la restaurazione della libertà religiosa per tutta la Francia. Questo film è una lettera d'amore per il popolo vandeano, ed è stato prodotto per onorare la memoria di questi uomini e donne coraggiosi che volentieri hanno sacrificato la loro vita, "per Dio e il Re".”

Fonte: District of the United States


ma dov'è il Re? Eccolo!

Luigi XX, Erede del Trono di Francia, Duca d'Angiò (nato nel 1974 ) con la sua sposa Maria (nata nel 1983), Duchessa of Angiò e la loro erede Eugenia di Borbone (nata nel 2007)  



VIVE LE ROY !!

*****

Il genocidio della Vandea


Quei 100.000 km quadrati, quelle 770 parrocchie insorte, quegli 800.000 abitanti “non hanno alcuna caratteristica distintiva comune”. Appartengono a province diverse, obbediscono ad abitudini diverse, non hanno avuto una storia comune; la Vandea è, pertanto, nata da un rifiuto.

La rottura si consuma il 12 luglio 1790, con la proclamazione della Costituzione civile del clero, clero tenuto in grande stima dal popolo per la sua onestà ed il suo eroismo. La caduta di fiducia e il conseguente rifiuto di qualsiasi dialogo induce le autorità a degenerare in misure vessatorie, moleste, arbitrarie e talvolta violente.

L’insurrezione scoppia nel marzo 1793, in occasione di una nuova massiccia coscrizione obbligatoria, urgente per la pressione esterna di austriaci e prussiani. In un brevissimo spazio di tempo e in modo spontaneo la Vandea insorta è in grado si schierare un’armata efficace non solo in azioni di guerriglia, ma anche di inquadrarsi in campo aperto; un esercito che per lungo tempo ha il sopravvento sull’armata rivoluzionaria dell’ovest, suscitando l’ammirazione non solo di Napoleone ma anche di Tureau. Ma alla fine la sproporzione delle forze in campo ne ha ragione e tra ottobre e dicembre si consuma la disfatta. Eppure la Vandea vinta non è ancora “convertita”.

Il nuovo regime è consapevole di correre un grave pericolo e ad esso è proporzionata la repressione. Il 17 gennaio 1794 il generale Tureau ordina la distruzione totale della regione con le parole “Libertà, fraternità, uguaglianza, o morte”. Percorsa dalle “colonne infernali” la Vandea conosce così un terribile genocidio, che durerà fino al 27 luglio 1794.


Ci si trova di fronte al primo genocidio ideologico della storia.

Quando si studia la Rivoluzione Francese si nota subito un certo stridore tra il tono entusiasta e gioioso dei libri nel raccontare i fatti, e i fatti stessi; ci si chiede come fosse possibile parlare di giudizi sommari, teste mozzate, cadaveri ammucchiati e soprusi di ogni genere, come si fosse trattato di una grande festa nazionale in cui tutti si volevano un gran bene.
“E la violenza, le stragi, gli orrori”?

Mi si spiegò che si trattava di “cattivi”, gente che se lo meritava, traditori, mangiapane a tradimento nel migliore dei casi, persone da eliminare, insomma.Sconcertante.

Ed è ancor più sconcertante, a mio parere, che questo sia, in fondo, il pensiero che a tutt’oggi molti continuano ad avere nei confronti di un evento storico sì di fondamentale importanza per quella che sarebbe divenuta l’Europa moderna, ma al tempo stesso totalmente antitetico nei fatti e nella pratica a quei medesimi principi di libertà, uguaglianza e fraternità che propugnava, ma che per primo tradì, e nel peggiore dei modi.

Eppure questo non si dice quasi mai, o al massimo si sussurra con un certo timore, come se si trattasse di qualcosa di marginale o poco rilevante o addirittura necessario ad imporre le nuove idee.

Ecco il punto, imporre.

Quasi tutti gli uomini, le donne e persino i bambini ghigliottinati durante il Terrore, erano innocenti sulla cui testa non pendeva alcun reato, tranne quello di avere delle idee e di volerle osservare e perseguire anche se contrarie a quelle che si volevano loro imporre dall’alto.

Nessuno dei capi rivoluzionari cercò mai il dialogo o una parvenza di discussione con coloro che, ed erano tanti, non condividevano quei principi che avrebbero finito per cambiare il volto alla Francia e non solo, preferirono torturare, massacrare, eliminare senza distinzioni e senza pietà ogni “ostacolo”, usando valori sacrosanti e pienamente condivisibili a pretesto delle nefandezze perpetrate contro cittadini inermi e avversari politici.

I capi rivoluzionari non erano affatto filantropi, ma astuti, ambiziosi e sanguinari despoti, abilissimi nello sfruttare il legittimo malcontento popolare per fini non solo puliti e non solo universali; gli oppositori, i nemici, i “cattivi” da togliere di mezzo erano, in fondo, tutti coloro che stavano dall’altra parte, quelli che osavano dissentire, uomini e donne di idee diverse, magari antitetiche, ma non per questo senza ragione di esistere.

Ho sempre pensato che l’orrore, l’arbitrio e il sopruso non abbiano colore politico, e purtroppo non esiste schieramento, bandiera, ideologia o istituzione che, nel corso della Storia, non si sia macchiata di gravi crimini. Compresi i rivoluzionari francesi.

La Vandea era una regione occidentale in cui vigeva una società prettamente contadina, cristiana e realista; la miccia che portò allo scoppio della guerra civile fu la ribellione dei vandeani nei confronti di uno Stato che aveva continuamente bisogno di reclutare dalle campagne giovani da mandare al fronte, che così venivano tolti alle famiglie e al lavoro dei campi, messo già a dura prova da tasse inique e continue carestie.

Combattendo sotto l’insegna del Sacro Cuore, i vandeani, coraggiosi e idealisti ma inferiori per numero ed equipaggiamento, furono letteralmente massacrati dalle “fraterne” truppe parigine, finché non ne rimasero stramazzati al suolo oltre 117.000.

A colpire non è solo il numero impressionante di vittime, ma anche i metodi di sofisticata e inaudita crudeltà usati per uccidere: gruppi di persone vennero legate e imbarcate su zattere fatte in seguito affondare, altri furono gettati dalla sommità delle mura cittadine.Roba da fare invidia ai peggiori nazisti.

L'eccidio dei Vandeani. Il Film "La storia della Vandea Francese".
Le vittime della Rivoluzione Francese, della nascente Repubblica liberale . Liberta' per tutti , tranne per i Cattolici, sterminati, assassinati.La loro colpa aver deciso , scelto la propria liberta' contro il seme di tutte le dittature che hanno sconvolto il mondo.





Il Professor Pierre Chaunu, una delle autorità per la storia moderna, membro dell'Institut de France cosi' riassume gli avvenimenti

Il popolo si ribellò per difendere la sua fede. Il Direttorio voleva imporre la coscrizione militare obbligatoria (è una loro invenzione perché fino ad allora solo i nobili andavano a far la guerra e per il tributo del sangue erano esonerati dalle tasse). Nello stesso giorno chiudono tutte le, loro chiese. I contadini vandeani si sono ribellati: allora tanto vale morire per difendere la nostra libertà. Hanno imposto ai nobili, assai refrattari, di mettersi al comando dell'esercito cattolico di Vandea e sono andati al massacro, perché sproporzionata era la loro preparazione al confronto di quella dell'esercito di Clébert. Così la Vandea è stata schiacciata senza pietà. Ma vorrei ricordare che sotto le insegne del Sacro Cuore combatterono anche dei battaglioni dei paesi protestanti della Vandea. Cattolici, protestanti ed ebrei affrontarono insieme la ghigliottina, per esempio a Montpellier, per difendere la libertà.

Questo è il capitolo più orrendo. Nel di cembre 1793 il governo rivoluzionario d ordine di sterminare la popolazione dell 778 parrocchie: “Bisogna massacrare le donne perché non riproducano e i bambini perché sarebbero i futuri briganti. Questo scrissero. Firmato dal ministro della Guerra del tempo Lazare Carnot. Il generale Clébert si è rifiutato di eseguire quell'ordine: “Ma per chi mi prendete? Io sono un soldato non un macellaio. Allora hanno mandato Turreau, un alcolizzato, con un'armata di vigliacchi.

Nove mesi dopo il generale Hoche, nominato comandante, arrivò in Vandea. Restò inorridito. Scrisse una lettera memorabile e ammirabile al governo della Convenzione: “Non ho mai visto nulla di così atroce. Avete disonorato la Repubblica! Avete disonorato la Rivoluzione! Io porto alla vostra conoscenza che a partire da oggi farò fucilare tutti quelli che obbediranno ai vostri ordini.... Cosa aveva visto? 250.000 massacrati su una popolazione di 600.000 abitanti, paesi e città rase al suolo e bruciate, donne e bambini orrendamente straziati. A Evreux e a Les Mains si ghigliottinavano a decine colpevoli solo di essere nati a Fontaine au Campte.

Questo fu il genocidio vandeano.

il rito proibito



“Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo,
dipende in gran parte dal crollo della liturgia”
                                                                        
                                                                       Card. J. Ratzinger

"Poichè la crisi della Chiesa di oggi è soprattutto una crisi della liturgia, è necessario iniziare il rinnovamento della Chiesa oggi con un rinnovamento della Liturgia"
                                                                                                                  
                                                                                                                    Card. K. Koch

martedì 31 gennaio 2012

arrivederci ragazzi


Comunicato stampa - Manifestazione del 28 gennaio a Milano

 
Comitato San Carlo Borromeo«Eran trecento, eran giovani e forti...»
Fortunatamente, le analogie con la poesia di Luigi Mercantini finiscono qui: i partecipanti alla manifestazione organizzata dal Comitato san Carlo Borromeo erano trecento, erano giovani (chi più chi meno, ma questo è il bello della Tradizione), forti e determinati a far valere i diritti di Nostro Signore. Dobbiamo però scusarci, dati i tempi che corrono: non volevamo essere trecento, come gli Spartani di Leonida, e abbiamo fatto il possibile per diventare trecentouno o duecentonovantanove, ma proprio non ce l'abbiamo fatta (questo nel caso in cui qualche giornalista avesse scritto che, essendo trecento come gli Spartani, il nostro sarebbe stato un tentativo di rievocare un mondo reazionario-fascista-negazionista-e-chi-più-ne-ha-più-ne-metta).

«...'l tacere è bello» (Dante, Inferno IV, v. 104)

Questa mattina, come ormai facciamo da un mese a questa parte, cerchiamo su Google: “Castellucci” e “Comitato san Carlo Borromeo”, per vedere cosa si dice di noi e come i media raccontano la manifestazione di ieri. Risultato? Solo un articolo de La stampa, uno – davvero onesto e sincero – di Paolo Deotto (che ringraziamo) su Riscossa cristiana e poco altro. Perché? La risposta la troviamo nelle parole di un giornalista – della fazione esattamente opposta alla nostra – che ieri sera ci ha detto: “si vede che qui c'è qualcosa di diverso rispetto alla manifestazione del 24 gennaio...” E cos'è questo qualcosa di diverso? L'ordine e la disciplina che caratterizzano i fedeli: nessun protagonismo e nessun fanatismo. Solo amore sincero nei confronti di Colui che è morto sulla Croce per salvarci. Colui che ha versato per molti, anche per Castellucci, quel Sangue, «di cui una sola goccia può salvare il mondo intero da ogni peccato».
Una Croce al centro e gli stendardi raffiguranti Maria Santissima e Nostro Signore, per ricordare a tutti che noi siamo semplicemente cattolici: rifiutiamo qualsiasi altra etichetta, perché la nostra unica bandiera è la Croce.
Perché, quindi, la stampa tace? Perché si è svelata davvero la Chiesa. Come è o, meglio, come dovrebbe essere: fatta di persone ricche di Fede, di Speranza e di Carità. Non i soliti “musoni”, che la stampa presenta, ma un popolo felice. Ricco di quella felicità che si può avere solo quando si assaggia ogni giorno un pezzettino di Paradiso con la preghiera, con il Rosario e i Sacramenti. Aveva ragione Bernanos a scrivere, ne Il diario di un curato di campagna, che «il contrario di un popolo cristiano è un popolo triste».
È stata scardinata l'immagine che il mondo aveva della Chiesa e dei cattolici. Per questo oggi è calato il silenzio.

«Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede» (San Paolo)
Che dire, allora, come conclusione di questo mese di telefonate, di mail ricevute e spedite con ritmo esponenziale? Che, innanzitutto, l'amicizia in Cristo dà dei frutti che l'uomo non può nemmeno immaginare. Dà la capacità di discutere, di scontrarsi e di crescere assieme. Tutto per la maggior Gloria di Dio. Dà la possibilità di capire che le azioni, se non sono sorrette dalla preghiera e dalla meditazione, non portano da nessuna parte. Dà l'occasione di ringraziare quei sacerdoti che ci hanno aiutati e che, ogni domenica, ci offrono la possibilità – attraverso la Santa Messa – di ricevere «il pane degli Angeli, il Re dei re, il Signore dei dominanti» (San Tommaso).
Ringraziamenti
Ringraziamo le circa quaranta unità delle forze dell'ordine, che ci hanno tenuto compagnia per tutta la serata: forse si saranno annoiate a sentire centocinquanta “Ave, Maria” e tanti canti cattolici. Forse avrebbero voluto una serata più movimentata, ma – come abbiamo testimoniato – non è nel nostro “stile”.
Infine, un grazie di cuore a tutti i cattolici accorsi: che Dio ve ne renda merito! Da lassù saprà ricompensare il vostro sacrificio!
Ad majora

Comitato "San Carlo Borromeo"





lunedì 30 gennaio 2012

Sul Concetto di Libertà nel Mondo Moderno: "non esiste crimine o delitto in cui la libertà non precipiti se usata male"

PRO MEMORIA PER I CATTOLICI LIBERALI CHE HANNO DIFESO
LA LIBERTA' DI OLTRAGGIARE NOSTRO SIGNORE GESU' CRISTO


"Il Liberalismo, sia individuale che sociale, è un errore nella fede, poiché vuole emancipare l’uomo e la Società da Dio, come se quest’ultimo non esistesse, fondandosi sul postulato della libertà umana come valore infinito e assoluto. Ma il principio fondamentale del Liberalismo è assurdo e contraddittorio. Infatti la libertà assoluta non può essere, come dicono i liberali, un fine ultimo, poiché essa è una facoltà o potenza di agire in vista di un fine. Quindi la libertà è mezzo per raggiungere il fine (ea quae sunt ad finem). Essa, inoltre, deve avere dei limiti, e non può essere assoluta o illimitata, come insegna la scuola liberale. In effetti, non esiste crimine o delitto in cui la libertà non precipiti se usata male; quindi essa deve essere ritenuta da freni potenti ed efficaci perché non si getti in un burrone. Ma, se si ammette il principio fondamentale del Liberalismo e si nega questa conclusione, allora si cadrà necessariamente in una delle due assurdità: o si pretenderà che la libertà sia infallibile e non possa cadere in nessun difetto, oppure si ammetterà che la libertà può fallire, ma che ciò è un bene, e l’uso della libertà deficiente deve essere comunque rispettato, e questa è pura demenza"

sulle righe storte

Il tormentone è, almeno per ora, passato, lo spettacolo, oggettivamente blasfemo, del regista romagnolo Romeo Castellucci, è andato regolarmente in scena e i cattolici italiani hanno messo in campo le loro forze per manifestare il proprio sdegno e riparare pubblicamente all'offesa portata al S. Volto di Gesù Cristo.
A questo punto, a posteriori, possiamo legittimamente tentare un'analisi, sia pur sommaria,  dei fatti e delle posizioni emerse.

Il primo pensiero che si impone riguarda l'inevitabile e crudele raffronto fra l'Italia e la Francia.
Scorrendo i numerosi filmati disponibili sulle manifestazioni transalpine verrebbe proprio da dire: ma dove vogliamo andare! Questa è davvero la terra che ha l'onore di ospitare il Vicario di Nostro Signore? Oh, se i Papi fossero rimasti ad Avignone...
Ciò premesso tuttavia, battute a parte, possiamo notare anche qualche segno di vitalità del sonnolento cattolicesimo nostrano, sempre purtroppo, in netta prevalenza, più "democristiano" che cristiano tout-court.
Dalla gerarchia, tranne le sparute eccezioni di mons. Negri e del Vescovo di Vigevano, ...elettroencefalogramma piatto su tutta la linea; in realtà il risultato non è stato molto diverso rispetto alla Francia,  se non chè le dimensioni assai maggiori delle proteste popolari hanno, di fatto, costretto colà alcuni pastori a salvarsi in corner, almeno in extremis.
Fra i risultati ottenuti, su questo piano, va comunque annoverata la nota, privata finchè si vuole ma certo autentica, della Segreteria di Stato vaticana. Di ciò dobbiamo essere riconoscenti a padre Giovanni Cavalcoli O.P.
Più incisiva è apparsa invece la reazione dei siti e dei blog che, certo impropriamente, potremmo definire "di base" dove questo termine non va però inteso in senso progressista. I cattolici "identitari" dunque, non potendosi esprimere sui giornali controllati dalla C.E.I., e lo sappiamo bene, anche per quanto riguarda altri argomenti come il "tabù" liturgia, si sono da tempo organizzati in rete riuscendo, non di rado, a "bucare" la coltre di silenzio che li avvolge.  
In tale ambito, ma anche, bisogna ammetterlo, su giornali rigorosamente "laici" come Libero o Il Foglio, si sono potute leggere prese di posizione piuttosto ben orientate. Anche su "La Bussola", nonostante alcune inevitabili derive "democristiane" come quella di chi osannava la Messa "normale", detta da un parroco "normale" e in una parrocchia "normale", mentre in piazza si radunavano solo gruppi "folkloristici" ed eterogenei, non sono mancati articoli virili e coraggiosi, quello di Francesco Agnoli in testa.
Per quanto concerne le S. Messe ed i Rosari di riparazione, dagli ultimi aggiornamenti pubblicati, sembra che il loro numero sia stato complessivamente piuttosto cospicuo. Sono certo mancati i grandi movimenti come CL, Rinnovamento nello Spirito, Neocat, Focolarini, Opus Dei ecc. Fra gli ordini religiosi però, e la cosa assume davvero un'importanza notevolissima, si sono distinti per il numero delle celebrazioni riparatorie, i Francescani dell'Immacolata. Loro sono in "piena comunione", nessuno lo può mettere in dubbio, ma non hanno avuto paura di affiancarsi a chi voleva esprimere il medesimo sdegno per l'oltraggio inferto al Volto di Nostro  Signore.
Altro elemento da considerare e che la stragrande maggioranza delle S. Messe di riparazione è stata celebrata secondo il Rito Tradizionale: è questo il rito del resto che evidenzia più chiaramente il significato propiziatorio e riparatorio del S. Sacrificio del Calvario. 
Venendo infine alle manifestazioni, è doveroso sottolineare la bellezza, la compostezza e la dignità di quanto avvenuto sabato pomeriggio in piazzale Libia a Milano. I numeri rimangono ovviamente quelli italiani, ben lontani dalle mobilitazioni d'oltralpe, ma il clima spirituale, l'intensità della preghiera, il coraggio della testimonianza, non appaiono diversi e lasciano indubbiamente ben sperare per il futuro. 
Trecento fedeli fermi in preghiera, per circa due ore e mezzo, sotto la pioggia e al freddo. Tutti sereni e sorridenti, nessuna intemperanza ma indubbiamente molta coscienza di compiere un gesto importante, davanti a Dio ed agli uomini.
Anche il drappello di militanti della Lega Nord, guidati dall'europarlamentare Borghezio, hanno accettato di ripiegare ogni insegna politica per unirsi alla preghiera ed alle profonde meditazioni pronunciate dai sacerdoti presenti.
Regista di questa toccante manifestazione, assieme al comitato San Carlo, la FSSPX che si conferma quindi, per maturità e consistenza, la realtà più solida, anche in Italia, in grado di mettersi alla testa di un vero movimento di riscossa cristiana nel nostro paese. 
Unico errore strategico: essersi fatti "fregare" la piazza nella prima giornata di martedì, quando erano presenti i giornalisti e le TV. Forse, in una situazione come quella di sabato,  sarebbe stato più difficile ironizzare per i soliti pennivendoli.
La FSSPX insomma  è certamente candida come colomba, ma, per il momento, non ancora abbastanza astuta come gli evangelici  serpenti!
In ogni caso, tuttavia, i cattolici "identitari", dopo anni di oblio, hanno avuto la forza, in qualche modo, di riproporsi pubblicamente, in una piazza e non soltanto nel chiuso di qualche chiesa o cappella. Sono ancora pochi, divisi, sfrangiati, a volte si guardano ancora con troppa diffidenza reciproca, ma ci sono e da questa esperienza forse potrà nascere qualcosa di nuovo che probabilmente  il povero Romeo Castellucci non si sarebbe mai immaginato di poter suscitare. E' proprio vero che Dio può scrivere dritto anche sulle righe storte.
 Marco BONGI 

domenica 29 gennaio 2012

in 300 alle Termopili di piazzale Libia


LO SPETTACOLO BLASFEMO DI CASTELLUCCI.

LA SERATA DI PREGHIERA DEL 28 GENNAIO  


di Paolo Deotto

rosarioChe ne dite? Cosa spinge trecento persone, di tutte le età, a passare una serata – quasi tre ore, dalle 19 fin oltre le 21.30 – a prender freddo e pioggia in piazzale Libia a Milano? E tanti di loro ne hanno fatta di strada: chi viene da Bergamo, da Lecco, altri da Vicenza, o da Rimini, da Terni, e da altre città ancora. Tutti lì, in mezzo al piazzale, molti con una candelina accesa in mano, a recitare il Rosario, guidati da alcuni sacerdoti.
Stasera gli agenti di Polizia e i Carabinieri sono pochi in confronto alla serata di martedì scorso. Nel piazzale saranno una quarantina, altrettanti vicino al Teatro. È una serata diversa anche per loro, abituati a controllare facinorosi, o a ricevere dagli stessi sputi e sassate, e a poterli contrastare o meno, a seconda della collocazione politica dei facinorosi. No, stasera sono lì a controllare centinaia di fedeli che pregano.
È una serata diversa per tutti, anche per un uomo triste e superbo, che pretende di contrabbandare per arte l'oltraggio a Nostro Signore Gesù Cristo, che si è fatto inchiodare in croce anche per lui. Ma quell'uomo triste e superbo non lo ricorda, almeno per ora. Si prega anche per lui, perché scenda dal suo piedistallo di sabbia e inizi a usare realmente la ragione.
Ma si prega soprattutto per riparazione a quell'offesa che, qualunque possa essere la ragione più o meno recondita che l'ha causata (e ammesso che quella ragione esista) resta sempre un'offesa inaccettabile, una bestemmia, l'oltraggio inconcepibile al Verbo incarnato, all'Amore infinito che ha salvato l'umanità dall'angoscia in cui l'umanità stessa sembra voler di continuo ricadere.
Cosa spinge trecento persone a prendere freddo e pioggia in una piazza milanese? Le spinge l'insopportabilità dell'oltraggio a quanto di più caro abbiamo nella vita, quel Volto dolcissimo in cui leggiamo la speranza della redenzione dell'uomo, quel Volto dolcissimo che da un senso alla vita, anche al dolore, alla malattia, che darebbe un senso anche al dolore del personaggio immaginato da quell'autore e regista triste e superbo, che invece riserva al suo personaggio solo l'annichilimento nella disperazione. Inevitabile, del resto, perché come ci si salva se si rifiuta il Salvatore?
Freddo e pioggerella insistenti, ma la preghiera prosegue, e i passanti si fermano, qualcuno chiede spiegazioni, nessuno disturba, eccettuato un cretino isolato che passando di lì si sente in dovere di urlare “andate a casa”. Nessuno gli bada.
Dove sono i giornalisti che nella manifestazione di martedì scorso restarono delusi perché non accadde alcun incidente? Forse ce ne sono, ma di sicuro si nascondono bene. Cosa scriveranno domani? Chissà, magari non scriveranno proprio nulla, oppure come pappagalli diranno ancora le paroline magiche: “integralisti”, “ultrà”. Domattina, ci toglieremo la curiosità. Dove sono i professoroni e gli “intellettuali”, gli “opinionisti” che hanno dato rari esempi di onanismo mentale elucubrando su escrementi e “messaggi”, o parlando di qualche “vecchietta” che pregava? Forse ce ne sono, ma anche loro si nascondono bene.
Peccato. Avrebbe fatto bene anche a loro questa serata. Avrebbe fatto bene pregare, fa sempre bene, e avrebbero avuto giovamento anche salutando alla fine un po' dei partecipanti. Si sarebbero accorti di un fatto insolito, in questa società di immusoniti conformisti: che c'erano visi lieti, occhi vispi, sorrisi.
Mi rivolgo a due suore, molto giovani, una è negra. “Da dove venite?”. “Da Terni”. Ovvero, 425 chilometri da Milano. Quando saranno di nuovo nel loro convento, la mezzanotte sarà passata da un pezzo. Altri sono venuti da Rimini, ovvero 340 chilometri da Milano, e ora ripartono. Sorridono, con gli occhi sereni di chi sa di non esser solo.
Poco più in là, sì e no duecento metri, il messaggio della disperazione, del degrado, dell'impossibilità di trarre l'uomo dalla sua miseria, viene venduto al botteghino e finanziato con quegli stessi soldi pubblici con cui si potrebbe far del bene. Ma tant'è, ci hanno detto che questa è “cultura”, e, si sa, la cultura è merce preziosa, che fa progredire l'umanità. Per arrivare dove?
Questo è stato davvero il modo migliore per concludere tutta la vergognosa vicenda dello spettacolo teatrale di Romeo Castellucci. Stasera in piazzale Libia si è contrapposta la speranza e la serenità al degrado e alla disperazione. Si è contrapposta la Vita alla morte. Lo si è fatto nell'unico modo possibile, nell'unico modo realmente razionale: invocando Colui che ha dato la Vita, che ha dato la speranza, che ha insegnato l'Amore infinito, e invocando la Madonna, Madre dolcissima, esempio della vera unica genialità, quel “sì” incondizionato alla volontà di Dio, che ha salvato l'umanità.
Cosa scriveranno domani i pennivendoli e gli intellettuali a tassametro? Ma chi se ne frega!
Questa sera in piazzale Libia, trecento persone, in comunione con altre centinaia di fedeli che facevano la stessa cosa in tante Chiese in tante città italiane, hanno dato la più forte risposta alla bestemmia e alla disperazione, invocando il nome dolcissimo della Mamma di Gesù.
Faceva freddo e pioveva, ma questo non ha tolto a nessuno il calore del sorriso. Ringraziamo il Signore per questa serata, perché ci ha aiutato a fare del bene. A tutti, a noi, poveri peccatori, a quanti (troppi) sono stati alla finestra, e anche a teatranti tristi e superbi ai quali forse, Dio lo voglia, è arrivata un'eco di un Ave Maria, e ha accarezzato anche il loro cuore.