Editoriale di "Radicati nella fede" del mese di agosto
[Anno VI, agosto 2013, n° 8]
Non se ne può veramente più. Ad
ogni cambio di Papa, ad ogni cambio di Vescovo, si scatena tutta una corsa per
prevedere le mosse del nuovo pontefice o del nuovo prelato. Si scatena tutta
una corsa per classificarli tra i conservatori o i progressisti, cogliendo tra
le loro parole quella sfumatura che farebbe intuire la loro linea. E tra coloro
che così fanno, che sono i più, c'è poi una corsa ad adeguarsi meschinamente,
per poter essere annoverati tra coloro che piacciono al nuovo Papa o al nuovo
Vescovo. È la corsa della corte, dei “cicisbei” di corte, che devono adeguarsi
ai gusti del principe. Perdonateci questo linguaggio un po' duro, non vi sembri
irriverente verso l'autorità, non vuole esserlo. È solo per parlare chiaro di
fronte a questo adeguarsi umano, troppo umano, verso chi comanda; un adeguarsi
che non fa alcun onore all'Autorità
nella Chiesa.
Siamo in un clima asfissiante, fomentato dai
giornalisti, che il più delle volte non capiscono nulla della Chiesa e del suo
mistero.
Ma i giornalisti soffiano su un fuoco non
acceso da loro: è la crisi del Dogma che ha innescato l'incendio. In una Chiesa
non più preoccupata di custodire le verità di fede, che non mutano, non più
preoccupata a perpetuare l'insegnamento di sempre, per consegnarlo alla
generazione successiva, ci si mette nella condizione di dover rivoluzionare
tutto ad ogni cambio di Papa e di Vescovo... per piacere loro.
Ve la immaginate nei diciannove secoli passati
di storia della Chiesa questa frenesia di adattamento? Forse che ad ogni cambio
di Papa o di Vescovo i cattolici, preti e fedeli, si domandavano se era ancora
valido che Cristo sia l'unico redentore? O che il Battesimo è necessario alla
salvezza? O che fuori della Chiesa non ci sia salvezza? Ve lo immaginate nel
passato un riformare continuamente i riti della Messa secondo i gusti
dell'autorità? Certo che no! I Papi passavano, più o meno bravi, più o meno
capaci, più o meno coraggiosi, più o meno santi, ma tutti custodivano
semplicemente il deposito della fede, che Cristo ha loro affidato con tutta la
Chiesa; e i fedeli non attendevano nulla di nuovo su questo: attendevano anzi
che il Papa li difendesse di fronte ad ogni pericoloso cambiamento ereticale.
Così i Vescovi di tutti i secoli, affrontavano
il tratto di mare della storia preoccupati di custodire e favorire la fede e la
vita cristiana del loro gregge. Tutto qui.
Oggi no, il clima è cambiato: il Modernismo
terribile ha intaccato le verità di fede, le ha svuotate, le ha sottoposte a
continui nuovi significati, per cui non c'è più nulla di certo... se non
adattarsi ai gusti di chi comanda: che tristezza! Questa non è la Chiesa.
Una grande artista francese, convertitasi e
diventata monaca benedettina all'inizio del '900, madre Geneviève Gallois, così
si esprimeva sulla crisi modernista, parlando della sua vocazione religiosa:
“Cercavo avidamente di conoscere il dogma,
questa Roccia, questo Acciaio infrangibile, questo Assoluto, sul quale mi
sedevo con uno stupore meravigliato, perché non si piegava e non portava con esso, la necessità di cercare
altre cose. La verità era là, inflessibile e totale: due cose che non avevo mai
incontrato nelle opinioni fluttuanti nelle quali fluttuavo.
Erano i tempi del Modernismo, del Sillonismo,
del Femminismo, dell'Altruismo, del miglioramento del Proletariato, ecc...
Sotto il pretesto della fraternità si faceva (e si fa ancora) una insalata di
tutte le religioni, torturando il dogma per adattarlo a tutte le opinioni.
In ognuna di queste divagazioni vi è una
particella di verità, ma una particella staccata dal suo contesto e snaturata;
la Verità così cucinata è più perniciosa dell'errore evidente. Il Padre Besse
(il benedettino che la guidò nella conversione, ndr) mi diceva: “Il Modernismo
ha adottato la terminologia del cattolicesimo svuotandola della sua sostanza”.
La Religione non diventava che una sociologia,
una morale umana, tendente a stabilire in questo mondo il migliore Modus
vivendi possibile. Dio non sarebbe così che il distributore delle nostre
comodità e l'esecutore delle nostre concezioni. È mettere la religione con i
piedi in alto e la faccia a terra. Rimettiamola nella sua posizione normale: il
viso alzato verso Dio che è il nostro unico scopo.” (Realité unique et
éternelle, ed. Du cloitre 1980, pp.37-38)
Definizione più sintetica e precisa della
crisi Modernista, che spaventosamente perdura nella Chiesa, non si può avere.
“Cercavo avidamente di conoscere il dogma,
questa Roccia...”: è questo che l'autorità deve servire nella Chiesa, e per far
questo non deve “fluttuare in mezzo alle opinioni”.
Se non c'è questo sguardo mistico sulla verità
rivelata, questo sguardo che è il solo cattolico, si finisce schiavi dei flutti
menzonieri delle opinioni, condannati a scrutare quali novità porterà l'autorità
di turno. Se non c'è il dogma, se non c'è la stabilità della fede nelle verità
rivelate, la vita cristiana assomiglia alla vita di una corte che si adatta al
principe per piacergli: ed è la tragedia, ed è il ridicolo. Carissimi, viviamo
una vita stabilmente poggiata sulla roccia, sull'acciaio infrangile della
rivelazione, domandando all'Autorità della Chiesa che semplicemente ce la
custodisca.