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Se vi facessimo di questi discorsi, forse raduneremmo attorno a noi
folle più numerose; e, se pur ci fossero alcuni che si accorgessero come nel
nostro parlare diciamo delle cose inesatte, ci inimicheremmo questi pochi, ma
guadagneremmo il favore della stragrande maggioranza. Tuttavia, comportandoci in
questa maniera, vi annunzieremmo non le parole di Dio o di Cristo, ma le nostre
parole; e saremmo pastori che pascono se stessi, non le pecore.
[…] Pecore viziate si trovano infatti per ogni dove, mentre sono
pochissime le pecore sane e grasse, cioè nutrite del solido cibo della verità e
capaci, per dono di Dio, di cibarsi in buoni pascoli. Ora i cattivi pastori non
risparmiano nemmeno queste. Non basta loro trascurare le prime, cioè le malate,
le deboli, le fuorviate, le sperdute; per quanto sta in loro, essi ammazzano
anche le forti e le grasse. Eppure esse vivono: vivono per un dono della
misericordia di Dio, ma, per quel che dipende dai pastori cattivi, essi le
uccidono. In che modo, mi chiederai, le uccidono? Vivendo male, dando cattivo
esempio. […] Come giudicare allora quei pastori che, per timore di dispiacere a
chi li ascolta, non solo non premuniscono i fedeli contro le tentazioni che li
sovrastano ma anche promettono una felicità temporale che Dio in nessun modo ha
promessa allo stesso mondo?”
Sant'Agostino -
Sermone n. 46.