sabato 29 settembre 2012

Dopo la Rivelazione si può ancora chiamare Dio sconosciuto?

Dopo il Concilio tutto è possibile.... evidentemente anche una "ateologia" da cortile. Proponiamo al proposito ai nostri lettori due riflessioni, la prima di Gnocchi e Palmaro e la seconda della Siccardi. E' stato ricordato che il cardinale Luigi Ciappi, teologo personale di quattro papi, tra i quali Giovanni Paolo II, un giorno mise tutti sull’avviso: "Nel Terzo Segreto [di Fatima] viene predetto, tra molte altre cose, che la grande apostasia nella Chiesa inizierà dall’alto"....
 


CON IL CORTILE DEI GENTILI,
AD ASSISI VA IN SCENA
LA “TEOLOGIA DEL DUBBIO 2.0”
di Alessandro Gnocchi – Mario Palmaro
“L’elenco dei partecipanti è impressionante”: così dice L’Espresso e, per una volta, non lo si può contraddire quando parla di questioni ecclesiali. Anzi, non si riuscirebbe trovare espressione più efficace di quella usata dal laicissimo settimanale romano per presentare la nuova iniziativa sorta sotto l’egida del Cortile dei Gentili guidato dal cardinale Gianfranco Ravasi.
Persino la gazzetta ufficiale dell’intellighenzia laica strabuzza gli occhi,anche se con compiacimento, e, a pagina 93 del numero 39, scrive proprio così: “L’elenco dei partecipanti è impressionante”. Non si può certo biasimare l’A.C.P. che sigla il pezzo, visto che poi spiega: “Da Susanna Camusso a Umberto Veronesi, da Massimiliano Fuksas a Gustavo Zagrebelsky, da Enzo Bianchi ad Alex Zanotelli. E poi Lucia Annunziata, Luigi Berlinguer, Franco Bernabè, Giancarlo Bosetti, Vincenzo Cerami, Ferruccio de Bortoli, Umberto Galimberti, Giulio Giorello, Ermanno Olmi, Ermete Realacci… Tutti riuniti ad Assisi, venerdì 5 e sabato 6 ottobre, per una nuova tappa del Cortile dei gentili, la serie di incontri per promuovere in tutto il mondo il dialogo tra cristiani e non credenti avviata dal cardinal Gianfranco Ravasi nel febbraio del 2011. Titolo della due giorni di Assisi ribattezzata “Cortile di Francesco”: Dio, questo sconosciuto”.
In effetti, il titolo pare azzeccatissimo. Tanto più se si scorre l’elenco dei partecipanti, di cui, a costo di infliggere una dura penitenza al lettore, conviene riportare la formazione al completo orgogliosamente fornita dal programma: “Eraldo Affinati, Lucia Annunziata, Luigi Berlinguer, Franco Bernabè, Enzo Bianchi, Giancarlo Bosetti, Luigino Bruni, John Borelli, Susanna Camusso, Aldo Cazzullo, Vincenzo Cerami, Lorenzo Chiuchiu’, Virman Cusenza, Ferruccio de Bortoli, Domenico De Masi, Massimiliano Fuksas, Umberto Galimberti, Stas’ Gawronski, Massimo Giannini, Giulio Giorello, Simon Hampton, Orazio La Rocca , Raffaele Luise, Monica Maggioni, Giuliana Martirani, Armando Matteo, Roberto Olla, Ermanno Olmi, Mario Orfeo, Moni Ovadia, Giuseppe Piemontese, Federico Rampini, Ermete Realacci, Giuseppe Virgilio, Umberto Veronesi, Gustavo Zagrebelsky, Alex Zanotelli”.
Uno splendido parterre che pare quasi l’elenco delle figurine di un gioco di società che potrebbe chiamarsi “Bravo chi trova il cattolico”. E invece è qualcosa di serio, di terribilmente serio. O “impressionante”, come si compiace L’Espresso. Tanto serio che la due giorni di Assisi si apre con un serissimo dialogo tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il cardinale Gianfranco Ravasi e si chiude con un dialogo tra il ministro Corrado Passera e, naturalmente, il cardinale Gianfranco Ravasi.
Si sarebbe tentati di eccepire subito sul piano dottrinale, sul piano ecclesiale, sul piano culturale, sul piano formale e su svariati altri piani. Ma prima bisogna concedersi una spruzzatina di sana demagogia, un puf di quel censurare che piace tanto alla Chiesa che piace e dovrebbe trovare orecchie sensibili tra organizzatori e partecipanti dell’evento in questione, visto che si apprestano ancora una volta ad abusare di Assisi e del nome del Poverello. Insomma, quanto costa questa faraonica kermesse, nel cui programma c’è di tutto, persino un laboratorio di scrittura creativa, tranne una Messa? Chi paga? Con i soldi di chi? Il presidente Napoletano viene a spese del contribuente italiano, del cattolico che versa l’otto per mille o a spese proprie? E il ministro Passera? Ed Eraldo Affinati? E Lucia Annunziata? E tutti gli altri, in ordine alfabetico, fino ad Alex Zanotelli?
Davanti a queste semplici domande, ci sarà qualcuno così sprovvisto di pudore da gridare effettivamente alla demagogia.Ma chi di demagogia ferisce di demagogia perisce: non sarebbe stato meglio, in tempi di crisi come questi, impiegare in qualche opera di carità i soldi necessari per mettere su un simile simposio? Riesce onestamente difficile immaginare qualche professionista della rampogna alla Chiesa costantiniana trionfalista e collaterale al potere che questa volta si alzi in piedi e osi dire che no, con Napolitano non si può, che questo è meretricio perpetrato con il potere di turno, che è il momento della sobrietà. Lo farà, tanto per fare un esempio, il Priore-di-Bose-Enzo-Bianchi, così avvezzo a bacchettare la Chiesa di tutti i secoli tranne quella a sua immagine somiglianza? Lo farà Alex Zanotelli, l’icona del Vangelo ridotto a sociologismo? Trovandoli nell’elenco degli ospiti della kermesse, si direbbe proprio di no.
Ma, purtroppo, non è questo l’aspetto più inquietante della vicenda. Il problema è un altro, ed è che ad Assisi ci si appresta a mettere in scena una nuova versione riveduta e aggiornata di quella teologia del dubbio che tanto aveva avuto fortuna grazie al cardinale Martini con la Cattedra dei non credenti. E non è un caso che, alla regia, ora vi sia un cardinale cresciuto alla scuola del martinismo come Gianfranco Ravasi. La matrice è evidentissima sin dalla pagina del sito del Cortile dei Gentili in cui si presenta l’iniziativa: “In occasione dell’Anno della Fede, indetto da Papa Benedetto XVI, il Cortile dei Gentili vuole raccogliere e dare forma al grido spesso silenzioso e spezzato dell’uomo contemporaneo verso un Dio che per un numero crescente di persone rimane un ‘Dio sconosciuto’.
Il Cortile dei Gentili intende così proporsi come laboratorio di un dialogo di pari dignità tra atei e credenti che purifichi gli atteggiamenti profondi di entrambi nei confronti di Dio e della fede. Ci sostiene in questa impresa la nobile figura diFrancesco, il Poverello di Assisi, amato dai credenti di ogni confessione e dai ‘non credenti’, che ci indica sempre di nuovo le vie di questo dialogo attorno alla fede: il grido dei poveri e della Creazione, il grido della pace e della non-violenza, la sfida del dialogo interreligioso e interculturale, una nuova centralità della contemplazione attiva, il grido della bellezza contro la bruttezza e la bruttura”.
Una sublime versione 2.0 dell’invenzione martiniana che, una volta innescata, porta il cattolicesimo all’autodissoluzione.Fino a ridurre pastori, intellettuali e semplici fedeli a mendicare in casa d’altri una fugace visione di una verità provvisoria, come un’improbabile vista mare dalla camera d’angolo della pensione Mariuccia.
Ogni casa a cui si bussa è un approdo che durerà lo spazio necessario per incontrare un interlocutore e un pensiero più forte e prepotente del precedente. Ma ormai, se non si pone riparo, manca poco al termine del viaggio, poiché l’interlocutore attuale è il negatore della verità. Non a caso, il titolo della rassegna è un inquietante “Dio, questo sconosciuto”, così compiacente nei confronti dell’ateo da mostrare impudicamente tutto il timore e il tremore che il cattolico venuto su a pane, dialogo e Cattedra dei non credenti prova davanti al mondo. Tant’è vero che il clou dei clou dell’evento è l’incontro officiato da Giorgio Napolitano e dal cardinale Ravasi a cui farà da cerimoniere il direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli.
Non a caso si dice “officiato”, perché questi sono veri e propri riti attraverso i quali si celebra e si diffonde la nuova religione del dialogo. Cerimonie che replicano fin nelle pieghe più intime quelle che vanno di moda nel mondo, red carpet compreso. Naturalmente, la celebrazione dell’inchino davanti al mondo ha la sua massima solennità se viene officiata al cospetto del pontifex maximus della laicità, che in Italia è il presidente della Repubblica in quanto Garante-della-Costituzione. Nel caso presente, riesce difficile immaginare un suo sostanzioso contributo al tentativo, sempre che questo sia lo scopo della kermesse, di rendere Dio un po’ meno sconosciuto. A meno che non ci vada a ripensare pubblicamente quanto Napolitano ha fatto nel caso di Eluana Englaro: ma c’è da credere che questo il coofficiante Ravasi e il cerimoniere de Bortoli non glielo chiederanno.
Ancora una volta, abusando di Assisi e di San Francesco, grazie a un’iniziativa cattolica verranno celebrati i fasti della laicità. Laicità “sana”, sia ben chiaro, perché quella malata magari mette qualche brivido persino ai teologi del dubbio, in quanto esige di scegliere subito e una volta per sempre, mentre loro preferiscono rimandare e dialogare all’infinito.
È persino tenera l’ingenuità dei cultori del dubbio, i quali fingono di non capire che, sana o malata, la laicità è sempre laicità e il suo scopo è quello portare il cattolico a praticare un’altra religione. È grazie alla “sana laicità”, la cui espressione massima si trova nel culto della legalità, che oggi i cattolici considerano peccato ciò che offende il mondo invece di ciò che offende Dio, transigono su qualsiasi eresia ma guai a passare col rosso a non chiedere lo scontrino del caffè. Poveri fedeli e poverissimi pastori che, a forza di dialogare e mettere tra parentesi la propria fede, hanno finito per camminare capovolti. Fino all’assurdo di sacerdoti intimamente scandalizzati davanti ai mafiosi che dicono di credere in Dio invece che davanti a quelle personcine perbene che praticano l’aborto, aspirano all’eutanasia e di Dio non vogliono neppur sentire parlare. Sacerdoti che gridano pubblicamente allo scandalo davanti all’atto di fede di un peccatore invece che davanti alla negazione di Dio di un benpensante. E poi rimproverano la Chiesa di aver smarrito la strada autentica del Vangelo.
L’evento di Assisi pare proprio la celebrazione di questo cristianesimo derubricato ad happening culturale, dove tutto si equivale a tutto, ma il Vangelo cede il passo alla Costituzione. Basta che si faccia cultura e si parli, si parli, si parli tanto fino a mescolare le parole e produrre l’illusione di diventare tutti più colti, di saperne di più su Dio ma senza provarne, in fondo, troppo interesse. Ben diversa è la via tracciata in quell’aureo vademecum che è L’imitazione di Cristo, un testo che non verrà certo distribuito il 5 e 6 ottobre ad Assisi: “Coloro che sanno desiderano apparire ed essere chiamati sapienti. Ma vi sono molte cose, la cui conoscenza giova ben poco, o non giova affatto, all’anima. Ed è tutt’altro che sapiente colui che attende a cose diverse da quelle che servono alla sua salvezza. I molti discorsi non appagano l’anima; invece una vita buona rinfresca la mente e una coscienza pura dà grande fiducia in Dio. (…)
Non volerti gonfiare, dunque, per alcuna arte o scienza, che tu possegga, ma piuttosto abbi timore del sapere che ti è dato.Anche se ti pare di sapere molte cose; anche se hai buona intelligenza, ricordati che sono molte di più le cose che non sai. Non voler apparire profondo (Rm 11,20;12,16); manifesta piuttosto la tua ignoranza. Perché vuoi porti avanti ad altri, mentre se ne trovano molti più dotti di te, e più esperti nei testi sacri? Se vuoi imparare e conoscere qualcosa, in modo spiritualmente utile, cerca di essere ignorato e di essere considerato un nulla. E’ questo l’insegnamento più profondo e più utile, conoscersi veramente e disprezzarsi. Non tenere se stessi in alcun conto e avere sempre buona e alta considerazione degli altri; in questo sta grande sapienza e perfezione”.
Si obietterà che il Cortile dei Gentili “l’ha voluto il Papa”. Nell’home page dell’apposito sito, viene spiegato fin dalle prime righe: “Il Cortile dei Gentili è un suggerimento di Papa Benedetto XVI poi sviluppato dal Cardinale Ravasi, con lo scopo di creare uno spazio neutrale d’incontro tra credenti e non credenti”.
Ma il punto è proprio questo: circa le ragioni ultime del credere, lo spazio neutrale non esiste. A meno che non si pensi che qualunque opinione su Dio sia equivalente alle altre. Ma questo, in fondo, non lo pensa neanche un ateo.
 
cdg
 
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IL “CORTILE DEI GENTILI” AD ASSISI IMPEGNA QUARANTA RELATORI. MA PER PARLARE DI CHI E DI CHE COSA?
  di Cristina Siccardi
 
Il Cardinale Carlo Maria Martini ha fatto scuola. Fu lui, Vescovo e Cardinale, a ideare la «Cattedra dei non credenti», una formula che si è trasferita nel cosiddetto «Cortile dei gentili», incontri che dal 2011 si svolgono un po’ ovunque per promuovere in tutto il mondo il dialogo tra cristiani e non credenti; un’iniziativa ideata dal Cardinale Gianfranco Ravasi, dal 2007 presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.
Fra alcuni giorni, il 5-6 ottobre, avremo il «“Cortile di Francesco”: Dio, questo sconosciuto”». Cortile di Francesco? Ma san Francesco non ha nulla a che vedere con questa iniziativa laicissima e relativista, all’insegna della religione-non religione. Dio, per san Francesco, non era affatto sconosciuto, visto che per Cristo ha giocato tutta la sua vita e lasciò il mondo per abbracciare la Croce e l’abbracciò così tanto e così forte da meritare le stigmate.
Tanti nomi di successo, tanti volti di potere, quello statale, governativo, economico, culturale, giornalistico... Tante parole, un oceano di parole: nove incontri sparsi nella città del cattolicissimo san Francesco. Qui i riflettori saranno puntati su tutto e di più, tranne che sull’unica Verità rivelata da Gesù Cristo e custodita da Santa Romana Chiesa; qui troveremo il soggettivismo più smodato, quello che tanto spaventava e allarmava il Cardinale Newman, il quale rimase solo, nell’anglicana Inghilterra (molto più anglicana di oggi) a difendere quella Verità che tanto aveva bramato. Qui non troveremo neppure la testimonianza dei martiri, che per la Fede hanno immolato la loro esistenza, che per amore del Crocifisso hanno offerto sull’altare se stessi.
Ben quaranta relatori si succederanno, ma per parlare di chi e di che cosa?
La kermesse si aprirà con Gianfranco Ravasi e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e si chiuderà con Ravasi e il ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e Trasporti del governo Monti, un governo tecnocratico dalle idee decisamente relativiste, immanentiste, globaliste e, in pratica, a favore della dissoluzione delle radici cristiane.
Ecco gli altri nomi nomi: Eraldo Affinati, Lucia Annunziata, Luigi Berlinguer, Franco Bernabè, Enzo Bianchi, Giancarlo Bosetti, Luigino Bruni, John Borelli, Susanna Camusso, Aldo Cazzullo, Vincenzo Cerami, Lorenzo Chiuchiu', Virman Cusenza, Ferruccio de Bortoli, Domenico De Masi, Massimiliano Fuksas, Umberto Galimberti, Stas' Gawronski, Massimo Giannini, Giulio Giorello, Simon Hampton, Orazio La Rocca, Raffaele Luise, Monica Maggioni, Giuliana Martirani, Armando Matteo, Roberto Olla, Ermanno Olmi, Mario Orfeo, Moni Ovadia, Giuseppe Piemontese, Federico Rampini, Ermete Realacci, Giuseppe Virgilio, Umberto Veronesi, Gustavo Zagrebelsky, Alex Zanotelli.
Ecco i temi trattati: «il grido dei poveri e il grido della terra», la fede, il lavoro, il dialogo interreligioso e interculturale, i giovani e il rapporto tra l’arte e il sacro.
Insomma, ci saranno due protagonisti in scena: il dubbio e l’esperienza. Lui provocherà ancora più squilibrio in una società profondamente schizofrenica. Lei produrrà un caleidoscopio di idee “tarlanti” che si insinueranno nelle menti già più che sufficientemente confuse.
A chi, infine, questo simposio parlerà? La risposta è semplice: alle decine, forse centinaia di giornalisti che accorreranno ad Assisi e che faranno in modo che l’evento «sia stato un enorme successo». Certamente gli applausi arriveranno e saranno dettati dai nomi presenti, non dalle idee esposte. Aleggerà su Assisi una cappa protestante, liberista, atea, che trarrà alimento anche dalle idee socialiste e comuniste che continuano a vivere nel metabolismo di una civiltà malata, che ha deciso, scientemente, di aggravare il suo stato di salute spirituale e civile. Il linguaggio utilizzato sarà di carattere sociologico, demagogico, emotivo.
Dunque questo convegno della città che oggi è costretta ad ospitare eventi anti-cattolici non parlerà assolutamente alle anime assetate di certezze, di sicurezze, di trascendenza, di ancore a cui aggrapparsi, di pilastri a cui sostenersi, a quelle anime che a dispetto di tutto e di tutti accorrono ancora alle roccaforti dello spirito, ovvero ai Santuari o alle urne dei santi, come quella del cappuccino Pio da Pietrelcina, un altro figlio di san Francesco, che, anche lui, ricevette il dono delle stigmate. E non parlerà neppure a quelle anime che disperatamente vanno in cerca di pastori e maestri della Chiesa di Cristo e non di vip e narcisi, che amano se stessi e le passerelle del mondo.
Leggiamo nella prima lettera di san Giovanni:
«Carissimi, non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono comparsi nel mondo. Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell'anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo. Voi siete da Dio, figlioli, e avete vinto questi falsi profeti, perché colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo. Costoro sono del mondo, perciò insegnano cose del mondo e il mondo li ascolta. Noi siamo da Dio. Chi conosce Dio ascolta noi; chi non è da Dio non ci ascolta. Da ciò noi distinguiamo lo spirito della verità e lo spirito dell’errore» (1 Giov 4, 1-6).
Il 4 ottobre sarà la festa di san Francesco e il 7 ottobre Benedetto XVI proclamerà Dottore della Chiesa santa Ildegarda di Bingen: in mezzo a queste nobili date assisteremo a ciò che non vorremmo mai e poi mai si realizzasse. Ma sappiamo che la Passione della Chiesa è in atto, con tutte le sue dolorose conseguenze e la Fede, che per lei sarà dedicato un anno intero di riflessione e di preghiera (a partire dall’11 ottobre), subisce colpi spaventosi. Ci consoli il fatto che né san Francesco, né santa Ildegarda sarebbero stati invitati come relatori e neppure avrebbero partecipato, come spettatori, a questo triste e inquietante spettacolo.

venerdì 28 settembre 2012

TERZA GIORNATA DELLA TRADIZIONE A VERBANIA

 

Domenica 14 ottobre 2012
si terrà
TERZA GIORNATA DELLA TRADIZIONE

presso il "Chiostro Hotel" di Verbania



Organizzata dalla chiesa di VOCOGNO
e dalla cappella dell'Ospedale di Domodossola
dove si celebra la Messa Tradizionale

mercoledì 26 settembre 2012

Sunt fausta tibi cuncta, si Deus est pro te: la musica di Haydn e la sapienza di Sant'Alfonso come promemoria per i nostri governanti



Insanae et vanae curae invadunt mentes nostras,
saepe furore replent corda, privata spe,
Quid prodest
O mortalis conari pro mundanis,
si coelos negligas,
...

Sunt fausta tibi cuncta, si Deus est pro te.

Vane e folli preoccupazioni invadono la nostra mente
la pazzia ci riempie il cuore e ci deruba della speranza
O mortale, quale profitto dal mondo
se trascuri i cieli,
Se Dio è con te, ogni cosa ti sarà favorevole.

 
 
PROMEMORIA PER I NOSTRI GOVERNANTI TRATTO
da un brano di Sant'Alfonso Maria de Liguori, tratto dal volumetto
 ”La fedeltà de' vassalli”.
 
I re, se vogliono che i sudditi siano loro ubbidienti, devono procurare di renderli ubbidienti a Dio; e si prova.

1. Col promuovere i buoni costumi si promuove anche la pace comune dei cittadini e per conseguenza il bene di tutto lo stato. Questa è una verità così evidente che si prova da per tutto con l'esperienza: quei sudditi che sono ubbidienti ai precetti di Dio sono necessariamente ubbidienti anche alle leggi dei principi. La stessa fedeltà che conservano i vassalli verso Dio li rende fedeli ai loro sovrani. La ragione è chiara: quando i sudditi sono ubbidienti ai divini comandamenti, cessano le insolenze, i furti, le frodi, gli adulteri, gli omicidi; e così fiorisce lo stato, si conserva la sottomissione al sovrano e la pace tra le famiglie. Insomma coloro che stabiliscono di condurre una vita morigerata, stabiliscono anche di osservare i propri doveri; poiché allora si dedicano a reprimer le loro passioni e così vivono in pace con se stessi e con gli altri.

2. Ma a ciò bastano le leggi dei principi ed i supplizi destinati ai delinquenti. No (si risponde) non bastano; né le leggi né i supplizi umani bastano a frenar l'audacia e le passioni disordinate dei malvagi che ad altro non si dedicano che a migliorare i loro interessi ed a soddisfare i loro appetiti: e perciò quando si presenta loro l'occasione di disprezzare le leggi ed i castighi divini, facilmente disprezzano anche le leggi ed i castighi minacciati dai sovrani.

3. Giovano bensì le leggi umane a conservare i buoni costumi nei sudditi morigerati, ma non già ad ingerirli nei sudditi cattivi; la sola religione ingerisce e forma i santi costumi nelle anime, e così ella fa si che le leggi siano osservate. Se non vi fosse la religione, la quale insegna esservi un Giudice supremo che tutto vede e ben sa vendicare le malvagità degli empi, rare volte gli uomini si farebbero forza a soddisfare i loro doveri; e senza questo timore dei divini flagelli che tiene gli uomini a freno, gli empi dappertutto crescerebbero in eccesso.

4. La sola religione poi rende i vassalli veri ubbidienti ai loro principi, facendo ad essi intendere che son tenuti ad ubbidire ai sovrani, non solo per evitar le pene imposte ai trasgressori, ma anche per ubbidire a Dio e tenere in pace le loro coscienze [...].

5. Non bastano dunque le leggi né bastano i supplizi minacciati dalle leggi a reprimere le insolenze dei malvagi che poi disturbano la pubblica pace: poiché spesso i delitti restano impuniti, o perché restano occulti i delinquenti, o perché mancano le prove bastanti a poterli castigare; e non di rado, quantunque siano provati i delitti, i colpevoli con la fuga si sottraggono alla pena. [...].

6. Essendo poi vero che i re sono ministri di Dio e suoi luogotenenti, siccome i vassalli son tenuti anche per obbligo di coscienza di ubbidire ai loro monarchi; così i monarchi son tenuti di vigilare su i loro vassalli affinché essi obbediscano a Dio. Ad un uomo privato basta che osservi la divina legge per salvarsi; ma ad un re non basta: c'è bisogno che si adoperi quanto può, affinché i suoi sudditi osservino la divina legge, procurando di riformare i cattivi costumi e di estirpare gli scandali.

7. E quando si tratta dell'onore di Dio, devono i principi aver coraggio e non tralasciare il loro dovere per timore di qualche avversità o contraddizione che possa esser loro fatta; mentre ogni re che adempie il suo obbligo, ha Dio che l'assiste con modo speciale; come Dio stesso disse a Giosuè allorché gli affidò il governo del popolo [...].

8. Pertanto il fine principale dei principi nel loro governo non dev'essere la gloria propria, ma la gloria di Dio. I principi che per la gloria propria trascurano quella di Dio vedranno perduta l'una e l'altra. Deve persuadersi ogni regnante, non esser possibile in questo mondo, pieno di uomini malvagi ed ignoranti, meritare coi suoi portamenti (per giusti e santi che siano) le lodi e l'applauso di tutti i suoi vassalli: se egli esercita la liberalità coi buoni e coi poveri lo chiamano prodigo: se poi fa eseguir la giustizia coi malvagi lo chiamano tiranno. Pertanto i re devono principalmente impegnarsi a piacere a Dio più che agli uomini; poiché allora, se non saranno lodati dai cattivi, ben saranno lodati dai buoni, e soprattutto da Dio che saprà rimunerarli in questa e nell'altra vita.
 

martedì 25 settembre 2012

Pellegrinaggio del Coordinamento Toscano al santuario di Montenero


Resoconto del Pellegrina​ggio a Montenero e foto del Pontifical​e

a cura del Coordinamento Toscano Benedetto XVI


Sabato scorso, 22 settembre 2012, si è finalmente svolta la quinta edizione del pellegrinaggio regionale dei gruppi toscani sorti per l’applicazione del motu proprio Summorum Pontificum e dei centri di Messa in rito antico, organizzata dal Coordinamento toscano ‘Benedetto XVI’, quest’anno posticipata rispetto al consueto periodo di fine maggio.

Dalla prima avventurosa edizione, organizzata da tre soli gruppi (l'associazione livornese, il Comitato San Pio V di Pisa e la Militia Templi di Poggibonsi) e che si dovette effettuare presso la Chiesa dell’Apparizione, a Montenero Basso e dunque senza la processione in salita verso il Santuario, sono passati solo cinque anni, ma per quel centinaio scarso di persone che ebbero modo di assistere al pur toccante e intenso evento del 2008 sembrano trascorsi decenni.

 Sabato scorso, alle 9.30, al ritrovo in piazza delle Carrozze, a Montenero basso si radunavano gruppi di pellegrini giunti da tutta la regione, ognuno colle proprie bandiere e i propri stendardi. Non c’erano i soli membri dei gruppi costituiti e in formazione aderenti al Coordinamento toscano, ma anche parroci di diverse diocesi toscane, alcuni dei quali con un nutrito seguito di fedeli, sempre più organizzati per raggiungere il luogo del pellegrinaggio. Erano presenti sacerdoti e seminaristi dell’Istituto Cristo Re di Gricigliano, postulanti e frati francescani dell’Immacolata.

Recitando il Santo Rosario e cantando inni e laudi alla Vergine Maria, più di 150 fedeli hanno salito il colle di Montenero al seguito dei sacerdoti e dei seminaristi e, raggiunta la basilica, hanno avuto il piacere di assistere all’arrivo di Sua Eminenza il Cardinale Raymond Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, giunto da Roma per celebrare il Pontificale e già atteso da un’altra folla di pellegrini arrivati direttamente al Santuario.
 
Tutti si sono dunque accodati alla processione d’ingresso nel Santuario dietro a Sua Eminenza. Il numero dei fedeli era così cospicuo che più di una cinquantina di essi ha dovuto assistere alla celebrazione in piedi per tutta la durata del solenne Pontificale. Nel complesso, si sono contate più di 400 persone. Anche quest’anno alla cerimonia hanno preso parte significative rappresentanze dei maggiori ordini cavallereschi (Ordine di Malta, Ordine del Santo Sepolcro, Ordine Costantiniano).

 La solenne liturgia è stata impreziosita, ad majorem Dei gloriam, dai canti della corale ‘Savio’ di Livorno, che ha eseguito la Missa brevis di Palestrina ed altri mottetti.

L’omelia del Cardinale si è aperta con queste parole: "La Madre di Dio ci ha attirato in questo luogo dedicato al mistero della Sua maternità divina, per la quale Lei è Mediatrice di ogni grazia che viene dal Suo divino Figlio. La Madonna ci ha portati qui per manifestarci il Suo Figlio divino, come ha fatto per tutti i pellegrini sin dal tempo in cui un povero pastore trovò la Sua miracolosa immagine e la portò sul colle di Montenero, trasformandolo da Monte del Diavolo o Monte Nero, in Monte della Madonna, che ci conduce sempre al Suo Figlio, il nostro divino Salvatore. Non più Monte Nero, ma Monte Luminoso". La Madonna, Mediatrice della Grazia di Dio, secondo l'insegnamento del Cardinale, è infatti unita, nel suo Cuore Immacolato, al Cuore Divino di Gesù, che è anche il cuore stesso pulsante della Chiesa. L'amore per la Madonna, dunque, unisce ancor più i fedeli alla Chiesa, di modo che la devozione dei singoli fedeli non può mai chiudersi nell'ambito privato, ma si apre sempre alla preghiera e al culto della Chiesa universale.

Prima della S. Comunione, abbiamo avuto il graditissimo ingresso nel Santuario di S. Ecc. Rev.ma Mons. Simone Giusti, Vescovo di Livorno, che già l’anno scorso aveva assistito in abito corale alla funzione. Mons. Giusti ha anche tenuto a rivolgere un saluto ai fedeli, al termine della S. Messa, esprimendo peraltro l’importanza della liturgia nella fede cattolica e di un culto in cui si rispecchi il Santo Sacrificio di Cristo, che si rinnova in modo incruento in ogni celebrazione eucaristica.

Nell’occasione, i fedeli hanno potuto lucrare l’indulgenza plenaria, che il Santo Padre ha concesso ai partecipanti alle consuete condizioni, e ricevere la benedizione papale, impartita dal Cardinale, dopo la lettura integrale del decreto della Penitenzieria Apostolica. E, come oramai di prassi, la giornata si è conclusa con un pranzo conviviale presso la foresteria del Santuario.

lunedì 24 settembre 2012

Le conseguenze gravissime delle ingiustificate offese e provocazioni alla Fede non sono solo evidenti per le reazioni che suscitano nei credenti ora ma lo saranno anche per i castighi che attireranno prima o poi su di noi

L'oltraggio di Venezia e il Crocifisso di Vienna


di Roberto De Mattei
 
E’ difficile immaginare un oltraggio contro la fede cristiana più blasfemo e provocatorio di quello che si è avuto al Festival del Cinema di Venezia il 31 agosto con la proiezione del film Paradise Faith, Fede nel Paradiso, di Ulrich Seidl, film che ha il suo punto culminante in una sequenza in cui la protagonista, l’attrice Maria Hoffstatter, si dedica all’autoerotismo utilizzando come strumento un crocifisso. E’ inutile entrare nei particolari, che sono raccapriccianti, ma sarà bene ricordare che per un cristiano non c’è simbolo più sacro del Crocifisso, che rappresenta Gesù Cristo, l’uomo-Dio, morto sulla Croce per redimere i peccati degli uomini. Tutta la fede cristiana si riassume nella predicazione di Cristo crocifisso.
Lo scandalo di Venezia non è un episodio isolato, ma si inserisce in un quadro di cristianofobia dilagante. Lo spettacolo teatrale di Romeo Castellucci Sul concetto di Volto di Dio, messo in scena a Milano a gennaio, ha aperto quest’anno le danze. Il Festival di Venezia però è una ben più ampia cassa di risonanza, una vetrina internazionale, che ha visto accorrere giornalisti di tutto il mondo, per riferire senza alcuna indignazione della proiezione del film blasfemo, che ha avuto il premio speciale dalla Giuria.
La Santa Sede, il 12 settembre è intervenuta con un comunicato dal tono fermo: “Il rispetto profondo per le credenze, i testi, i grandi personaggi e i simboli delle diverse religioni è una premessa essenziale della convivenza pacifica dei popoli.” A dichiararlo è stato padre Federico Lombardi, portavoce della Sala Stampa Vaticana, che non si è riferito però alla blasfemia di Venezia, ma ad un altro film, Innocence of muslims, prodotto in America e considerato alle origini delle violente manifestazioni in Libia ed in altri paesi arabi.
“Le conseguenze gravissime delle ingiustificate offese e provocazioni alla sensibilità dei credenti musulmani - ha scritto in una nota padre Lombardi – sono ancora una volta evidenti in questi giorni, per le reazioni che suscitano, anche con risultati tragici, che a loro volta approfondiscono tensione ed odio, scatenando una violenza del tutto inaccettabile“. Quanto è accaduto in Libia non sarebbe stato pianificato da mesi da Al Qaida in odio all’Occidente, ma sarebbe stato l’inevitabile conseguenza di “ingiustificate offese e provocazioni alla sensibilità dei credenti musulmani”. Ma perché non vengono definite “ingiustificate” le offese e le provocazioni alla sensibilità dei credenti cattolici come quelle del Festival di Venezia? Solo perché non provocano conseguenze, né gravissime, e neppure modestissime?
Ben pochi hanno ricordato che quanto è accaduto, nella città di Bengasi, è la conseguenza non dell’insulso film anti-Maometto, ma della politica franco-americana di cessione del Medio Oriente all’Islam, che, per nemesi storica, ha avuto il suo momento principale proprio nel sostegno dato dalla Nato ai fondamentalisti di Bengasi contro Gheddafi. E se tutto il mondo ha protestato contro il film anti-islamico, che per ora è semi-clandestino, e presumibilmente non sarà mai proiettato, nessuno ha protestato contro il film anticattolico, che ha avuto tutte le luci della ribalta ed è destinato a larga circolazione, senza alcuna opposizione.
Il vero problema oggi è questo. Non esiste solo la persecuzione dei cristiani nelle terre di Islam, esiste anche la cristianofobia in Occidente. Ma soprattutto esiste l’arrendismo e la complicità dell’Occidente di fronte a questa cristianofobia. L’autolesionismo degli ambienti ecclesiastici fa parte purtroppo di questo sistema di complicità.
Il Beato Marco d’Aviano sulle colline del Kahlenberg, che dominano Vienna, brandiva il Crocifisso come strumento di lotta e di vittoria, per incitare i combattenti cristiani a liberare la città occupata dai musulmani. Oggi il Crocifisso è ridotto a strumento di sordido piacere da una società edonista che si autodistrugge consegnandosi all’Islam.
 
tratto da: http://www.corrispondenzaromana.it/loltraggio-di-venezia-e-il-crocifisso-di-vienna/