sabato 11 marzo 2017

quale carità abbiamo avuto verso i nostri padri?


IL TRADIMENTO DEI PADRI

di Aurelio Porfiri
 
 

 Si parla di carità verso il prossimo, ma quale carità abbiamo avuto verso i nostri padri? Era tutto sbagliato, tutto era da rifare. Ci siamo sentiti impegnati a distruggere tutto, a riformare ogni cosa: la teologia, la liturgia, la morale, la pietà, il governo della Chiesa. Nulla è rimasto in piedi. Il rinnovamento è soltanto la desolazione di una fine. Ma questo sarebbe ancora poco se non volessero parlare ancora in nome del Cristianesimo e del Cristo. Perché non liberarsi della menzogna per dire finalmente che Dio ha mentito al Cristo o Cristo ha mentito agli uomini? Per la via che abbiamo intrapreso non si giungerà che a distruggere la fede” (L’Attesa, pag. 116).

Ci sono vari motivi per cui mi può piacere Divo Barsotti. Come detto, spesso la sua scrittura è aspra, qualche volta turbinosa, non di rado ripetitiva. Ma ecco che da questo magma sorgono dolorose stalagmiti di verità, appuntite e pungenti come poche possono esserlo. La citazione qui sopra è senz’altro una di queste. Sarebbe una citazione non solo da commentare lungamente, ma da leggere ogni mattino al risveglio, perché ci da una chiave di interpretazione efficace come poche della devastazione che stiamo vivendo, devastazione che per alcuni è un progresso. Parliamo molto di carità ai nostri giorni, di misericordia a tutti i costi e senza limiti e domande, ma cosa dire della carità verso i nostri padri? Cosa dire di quella carità verso la nostra tradizione, i nostri usi, le nostre radici? Dobbiamo tradire tutto in nome di cosa? Il rinnovamento, così come è venuto a compiersi, “è soltanto la desolazione di una fine”. Non ci si accorge che con la scusa di rinnovare si è distrutto tutto, si è buttato giù tutto quanto in nome di che cosa…del vuoto di senso che si è venuto a creare. Barsotti cita i vari campi in cui questo rinnovamento folle ha prodotto effetti nefasti, tra questi ovviamente la liturgia.

Mi fa impressione vedere come coloro che oggi difendono il Concilio per quello che è veramente, sembrano quasi lefevbriani, quasi incalliti tradizionalisti. Le cose sono andate oramai così oltre che tornare indietro è, per me, quasi impossibile. E come dice Barsotti, questo sarebbe poco se chi ha perpetrato tutto ciò non pretendesse di parlare a nome di Cristo. La via intrapresa è quella della distruzione della fede, ma questo lo vediamo davanti ai nostri occhi: “come cantare i canti del Signore in terra straniera?” (137, 4). Quanto drammatico è quando la terra straniera è divenuta quella che un giorno era la casa comune. Come è difficile vivere in essa malgrado la sofferenza che questo ci procura, spesso la sensazione di rigetto. Si vive come in esilio in casa propria e questa è una sensazione strana.


 

martedì 7 marzo 2017

coloro "che l'anima col corpo morta fanno"




Suo cimitero da questa parte hanno
con Epicuro tutti suoi seguaci,
che l'anima col corpo morta fanno (Inf. X, 13)

Secondo tal Paolo Martinelli, vescovo ausiliare dell'Arcidiocesi di Milano, la dottrina cristiana insegnerebbe che l'anima è mortale (bit.ly/2mJElwH). 

"Ora, il seminatore di zizzania, l’antico nemico del genere umano [cf. Mt 13,25], ha osato seminare e moltiplicare nel campo del Signore alcuni errori estremamente perniciosi, che i fedeli hanno sempre respinto, soprattutto sulla natura dell’anima razionale, secondo cui essa sarebbe mortale o unica in tutti gli uomini. Poiché alcuni, che si dedicano alla filosofia con leggerezza, sostengono che questa proposizione è vera, almeno secondo la filosofia, desiderando prendere gli opportuni provvedimenti contro questo flagello, con il consenso di questo santo concilio, condanniamo e riproviamo tutti quelli che affermano che l’anima intellettiva è mortale o che è unica in tutti gli uomini, o quelli che avanzano dei dubbi a questo proposito: essa infatti, non solo è veramente, per sé ed essenzialmente, la forma del corpo umano, come si legge in un canone del nostro predecessore papa Clemente V, di felice memoria, pubblicato nel concilio generale di Vienne [DS 902], ma è anche immortale, e, data la moltitudine dei corpi nei quali è infusa individualmente, essa può essere, deve essere ed è moltiplicata.
Poiché il vero non può contraddire il vero, definiamo falsa ogni asserzione contraria alla verità della fede illuminata dall’alto [cf. DS 3017] e proibiamo rigorosamente di insegnare una diversa dottrina. Stabiliamo che tutti i seguaci di tali errori sono da evitarsi e da punirsi come seminatori di dannosissime eresie, come odiosi e abominevoli eretici e infedeli e gente che cerca di scalzare la fede cattolica." 

(Concilio Lateranense V, Sessione VIII, 19 dic. 1513: Bolla "Apostolici regiminis")