sabato 27 dicembre 2014

Devictus Vincit




Non c’è il Natale idilliaco e – dopo un po’ di tempo – il crudo e sanguinario dramma della Passione e della crocifissione.

Già all’inizio Gesù è “rifiutato” dal mondo (nasce in una grotta, fra escrementi di animali, al freddo) ed è subito braccato dai carnefici di Erode che – per ammazzare lui, il grande Perseguitato della storia – compiono una strage.

Ieri come oggi, duemila anni dopo. La liturgia della Chiesa da secoli commemora santo Stefano, primo martire, proprio il giorno dopo il Natale perché i cristiani sempre sono chiamati a questa testimonianza.

E il potere di questo mondo è sempre contro Gesù.

Ogni volta in modo nuovo, con nuove ideologie, nuova ferocia, nuovi sistemi di annientamento o di corruzione. Ad ogni epoca storica i cristiani devono saper individuare le diverse forme dell’odio e dell’anticristianesimo.

Anche lo strano Natale 2014 va decifrato.

IL MOMENTO CHE VIVIAMO

 E’ in corso una guerra sanguinaria contro i cristiani in due terzi del pianeta: essi sono inermi vittime dell’islamismo, in Medio Oriente e in Africa, del comunismo in Asia e del nazionalismo indù in India.

Migliaia di poveretti indifesi e abbandonati da tutti. Dall’Onu, dall’Europa, dagli Stati Uniti di Obama. E perfino trattati con reticenza dagli attuali vertici vaticani.

Poi c’è una persecuzione più sottile, ideologica, fatta di condizionamenti, di emarginazione e svuotamento dall’interno, che si è scatenata in Occidente, soprattutto dopo il crollo del Muro di Berlino.

La modalità di tale persecuzione fu intuita e spiegata da don Luigi Giussani una ventina di anni fa, agli inizi di questa era.

In un’intervista del 1992 parlò proprio di “persecuzione”. E spiegò profeticamente: “l’ira del mondo oggi non si alza dinanzi alla parola Chiesa, sta quieta anche dinanzi all’idea che uno si definisca cattolico, o dinanzi alla figura del Papa dipinto come autorità morale. Anzi c’è un ossequio formale, addirittura sincero. L’odio si scatena – a mala pena contenuto, ma presto tracimerà – dinanzi a cattolici che si pongono per tali, cattolici che si muovono nella semplicità della Tradizione”.

Il potere mondano non ha obiezioni, anzi applaude un cristianesimo “politically correct”, evirato delle sue abrasive verità, come nella comica parodia che ne fa Roberto Benigni che è perfino uno spettacolo divertente.

C’è una parte del mondo ecclesiastico che si vuole benignizzare per farsi accettare e applaudire dal mondo. Infatti hanno avuto parole di ammirazione (oh se anche noi vescovi sapessimo proporci così), pare che ci sia stata addirittura una telefonata dal Vaticano…

Basta svendere tutte le verità scomode, accantonandole come vecchi precetti da superare, per essere accettati e osannati nelle varie corti mondane (come folkloristici soprammobili).

GESU’ E PIETRO


Se Gesù avesse svuotato così la sua missione, riducendosi a inutile ornamento della mentalità dominante, sarebbe stato applaudito da tutti, avrebbe avuto per sé le copertine entusiaste dei magazine e gli editoriali dei giornali laici, sarebbe diventato un “fenomeno da baraccone” alla corte di Erode Antipa (Lc 23,8-9), con una lunga e comoda vita di successi davanti a sé.

Ma Gesù fece l’opposto. Infatti fu massacrato da giovane, dopo pochi mesi di predicazione.

Perché annunciò la verità tutta intera, non cercò mai l’applauso del mondo, ma sempre e solo la volontà del Padre, venne “per rendere testimonianza alla verità” (lo proclama durante il processo, davanti a Pilato, il simbolo del potere).

Annunciò la verità senza ridurla di uno iota, nemmeno dove più era scomoda, dove più feriva.

E sapeva benissimo, fin dall’inizio, che per questo sarebbe finito sul patibolo. Ma non indietreggiò di un passo, anzi offrì liberamente se stesso agli aguzzini e al boia per testimoniare la verità e l’amore.

All’inizio anche gli apostoli furono tentati di fare i furbi come gli ecclesiastici progressisti di oggi. Lo dimostra l’episodio del Vangelo in cui Gesù avverte i suoi apostoli che sarebbe stato ucciso: “Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: ‘Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai’. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: ‘Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!’ ” (Mt 16, 21-23).

Questo episodio avviene pochi secondi dopo che Pietro aveva  confessato “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” e Gesù gli aveva risposto conferendogli il primato (Mt 16, 16-19).

Eppure, un minuto dopo questa solenne investitura (come primo papa), Gesù definisce “Satana!” quello stesso Pietro, perché non pensava secondo la logica di Dio (per piacere a Dio), ma secondo la logica degli uomini (per evitare l’ostilità del mondo).

Col tempo Pietro e gli altri apostoli capiranno, si convertiranno e infatti moriranno pressoché tutti come martiri. Ma per i successori degli apostoli, nei secoli, c’è sempre la tentazione di ragionare secondo la logica del mondo anziché secondo Dio.

Per opportunismo, per viltà, per subalternità culturale o inconsistenza spirituale o per furbizia, perché s’illudono di essere più saggi del Signore, talora anche credendo – come Pietro – di rendere così uno zelante servizio a Dio, evitandogli l’odio e l’assedio dei Nemici.

Ma Dio non vince nel mondo attraverso la furbizia di Pietro. Vince attraverso l’obbedienza di Cristo, verità crocifissa e agnello sacrificale: “Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1, 25).

Lo dimostra nel Novecento l’immane tragedia del comunismo.


LA RINASCITA

E’ stato il più colossale esperimento sociale di tutti i tempi, quello che ha promesso il paradiso in terra e ha prodotto il più vasto inferno.

L’ateismo non è un aspetto marginale del marxismo, ma il suo centro. La grande sfida prometeica stava tutta qui: sradicare Dio dall’anima umana e dalla terra, e sostituirsi a Lui.

Per questo il comunismo a tutte le latitudini ha fatto un oceano di vittime e in primis i cristiani. Si è tentato di cancellare Cristo dalla faccia della terra sterminando i cristiani. Il sistema comunista ha imposto il dominio totalitario del terrore a metà del pianeta. Avevano tutto il potere. Armati fino ai denti e spietati. Ma alla fine chi ha vinto?

Il grande vescovo József Mindszenty, nella prigione comunista in cui fu rinchiuso, teneva un’immagine di Cristo crocifisso con una piccola scritta: “Devictus Vincit” (sconfitto vince).

In effetti la bandiera rossa dal Cremlino è stata ammainata il 25 dicembre del 1991: il giorno di Natale segna la fine dell’Unione Sovietica. Grazie al grande polacco, Papa Wojtyla, il crollo di questo impero del terrore è avvenuto senza lo spargimento di una goccia di sangue (un grandioso miracolo cristiano).

E coloro – anche dentro la Chiesa – i quali sprezzanti obiettavano a Giovanni Paolo II che all’Est aveva vinto piuttosto l’edonismo occidentale che il Cuore Immacolato di Maria devono assistere oggi all’inspiegabile rinascita cristiana dell’Est europeo.

I dati sono stupefacenti. I russi che si dicono cristiani sono quadruplicati passando dal 17 per cento del 1990 al 68 per cento di oggi. E così in quasi tutti i paesi dell’Est.

Un segno di questa commovente rinascita sono state le recenti immagini dell’arrivo della nostra Samantha Cristoforetti nella stazione spaziale internazionale. Dietro i tre astronauti russi che l’hanno accolta erano visibili alcune icone della Madonna e un crocifisso.

Intanto è stato il patriarca russo Kirill a fare appello al governo pakistano per salvare Asia Bibi ed è stato il governo russo a offrire quest’anno alla chiesa di Parigi, che non aveva i soldi, il grande albero di Natale da innalzare davanti alla cattedrale di Notre Dame. Luce dall’Est.

 
Antonio Socci

 

Da “Libero” 2014  –  Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale”

venerdì 26 dicembre 2014

Benedetto XVI alla Frankfurter Allgemeine


Radiogiornale della  Radio Vaticana  8 dicembre 2014 ore 14:

 
Se avesse avuto le energie che in quel momento non si sentiva avrebbe imposto una sola cosa: essere chiamato “Vater Benedikt”, “Padre Benedetto”. È questo che aveva desiderato per sé il Papa emerito al momento della sua rinuncia e la rivelazione è uno dei passaggi più significativi e di forte risonanza mediatica dell’intervista rilasciata all’edizione domenicale del quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine.
Ero “troppo debole e stanco” in quel frangente, confida Benedetto XVI al giornalista Joerg Bremer, al quale concede di raccontare questo retroscena perché “magari – osserva – può essere d'aiuto”.
Tra i temi toccati dal Papa emerito nella mezz’ora di colloquio c’è anche la rielaborazione, in vista della pubblicazione del quarto volume delle sua Opera omnia, delle conclusioni di un suo saggio del 1972 a proposito della indissolubilità del matrimonio e della possibilità di concedere l’Eucaristia ai risposati. Al giornalista che gli domanda se in questo modo abbia voluto prendere posizione sui temi del recente Sinodo, Benedetto XVI replica: “È una totale assurdità” poiché, nota, la revisione del volume era stata compiuta ben prima del Sinodo.
Benedetto XVI ribadisce poi di mantenere “ottimi contatti” con Francesco: “Cerco di essere il più silenzioso possibile” ma intanto per il credente, osserva, è “chiaro chi è il vero Papa”. Un ultimo pensiero è per il Natale e la Terra Santa, luogo di nascita di Gesù Dio e Uomo: “Questa dimensione terrena – riafferma – è importante per la fede degli uomini”. (A cura di Alessandro De Carolis)

giovedì 25 dicembre 2014

Buon Natale!

UNA LUCE SI E' LEVATA PER I GIUSTI


 
È davvero un grande Mistero quello che contempliamo questa notte, ma un mistero che ci è necessario come ci è necessaria la luce che è brillata a Betlemme con la nascita nel tempo del Figlio di Dio, perché nel grande buio che ci circonda da soli possiamo veder ben poco e “perché se potuto aveste veder tutto, mestier non era parturir Maria” (Purg. Canto III).