sabato 8 maggio 2010

Mons. Fellay: noi confidiamo molto più in Dio che negli uomini

Lettera agli amici e benefattori

Cari amici e benefattori,

La situazione della Chiesa somiglia sempre più ad un mare agitato in ogni senso. Vi si possono vedere delle onde, che sempre più sembrano voler rovesciare la barca di Pietro, per trascinarla in abissi senza fine. Dal Vaticano II in poi, un’onda sembra voler portare tutto verso il fondo, lasciando solo un ammasso di rovine, un deserto spirituale che i Papi stessi hanno chiamato un’apostasia. Noi non vogliamo descrivere di nuovo questa dura realtà, l’abbiamo già fatto spesso e voi tutti potete constatarla. Ci sembra tuttavia utile commentare un po’ gli avvenimenti di questi ultimi mesi: voglio parlare di questi attacchi, sorprendenti per la loro violenza e particolarmente ben orchestrati, che sono portati contro la Chiesa e il Sommo Pontefice. Perché tale violenza?

Per riprendere la nostra immagine, si direbbe che da qualche tempo, più o meno dopo l’ascesa al Pontificato di Benedetto XVI, sia apparsa una nuova onda, più modesta della prima, ma sufficientemente costante perché si possa comunque notarla. Contro ogni attesa, essa sembra dirigersi nel senso opposto della prima. Gli indizi sono sufficientemente vari e numerosi per affermare che questo nuovo movimento di riforma o restaurazione è reale. Lo si constata specialmente nelle giovani generazioni, manifestamente frustrate dalla poca efficacia spirituale delle riforme del Vaticano II. Se si considerano gli amari e duri rimproveri che i progressisti rivolgono a Benedetto XVI, è chiaro che questi percepiscono nella persona dell’attuale Papa una delle cause più vigorose di questo inizio di rinnovamento. E di fatto, anche se noi troviamo le iniziative del Papa piuttosto timide, queste contrariano profondamente il mondo rivoluzionario e sinistrorso, sia all’interno sia all’esterno della Chiesa, e a vari livelli.

Questo fastidio del mondo e dei progressisti si fa anzitutto sentire nelle questioni che toccano la morale. In particolare, la sinistra e i liberali sono stati infastiditi dalle dichiarazioni (peraltro molto ponderate) del Papa in Africa sull’uso dei preservativi nella questione dell’AIDS in Africa. Riguardo alla vita della Chiesa, la riabilitazione della Messa di sempre nei suoi diritti nel 2007, e l’annullamento due anni dopo della pena infamante che voleva squalificarci, hanno provocato il furore dei liberali e dei progressisti di ogni specie. In più, la felice iniziativa di un anno sacerdotale che rimette in onore il prete, ricordando la sua importanza capitale e così necessaria per la salvezza delle anime, e proponendo come modello il Santo Curato d’Ars, non è solamente un invito fatto al popolo cristiano a pregare per i sacerdoti, ma anche un appello a ricorrere al sacramento della Penitenza, completamente caduto nell’oblio in larghe fasce della Chiesa, come anche a prendersi cura del culto eucaristico, considerando soprattutto l’importanza dell’adorazione di Nostro Signore nell’Ostia Santa, chiara indicazione della presenza reale e sostanziale di Nostro Signore Gesù Cristo.

Ugualmente, la nomina di Vescovi decisamente più conservatori, tra i quali un certo numero che già celebrava la Messa tridentina in precedenza. Si potrebbe anche citare come esempio di questa piccola onda contraria la Lettera ai cattolici d’Irlanda che invita alla penitenza, alla confessione, agli esercizi spirituali, chiedendo anche l’adorazione di Gesù Eucaristia. Anche se con ragione si valuterà, nei nostri ambienti, che questi sforzi sono ancora insufficienti per arrestare la decadenza e la crisi della Chiesa, soprattutto vedendo un certo numero di atti che si collocano nella triste linea del suo Predecessore, come le visite alla sinagoga e al tempio protestante, tuttavia negli ambienti modernisti l’ora della chiamata alle armi è suonata! L’onda grande se la prende con la piccola con sorprendente violenza. Non c’è da stupirsi se lo scontro di queste due onde, molto disuguali, causa molti sommovimenti e tumulti, e provoca una situazione assai confusa per cui è molto difficile distinguere e predire quale delle due avrà il sopravvento. Ad ogni modo questo è nuovo e merita di essere riconosciuto. Non si tratta di cadere in un entusiasmo sconsiderato che voglia farci credere che la crisi è terminata. Anzi, le forze che invecchiano e che vedono rimessi in questione di punti che credevano definitivamente acquisiti, stanno certamente per dare battaglia in modo vigoroso per cercare di salvare questo sogno di modernità che comincia a sprofondare. Resta molto importante conservare uno sguardo del tutto realista su ciò che avviene. Se ci rallegriamo di tutto ciò che si fa di buono nella Chiesa e nel mondo, restiamo tuttavia senza illusioni sulla gravità della situazione attuale.

Cosa dobbiamo prevedere per gli anni a venire? La pace della Chiesa, o la guerra? Il trionfo del bene e il suo tanto sperato ritorno, o una nuova tormenta? La piccola onda riuscirà a crescere abbastanza per riuscire un giorno ad imporsi? La certezza del compiersi della promessa della Madonna a Fatima – “alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà” – non risolve necessariamente e direttamente la nostra questione, perché non è affatto escluso che sia necessario prima passare attraverso una tribolazione anche più grande, per arrivare al trionfo tanto atteso…

Questa formidabile posta in gioco si ritrova anche nella nostra Crociata del Rosario: non vorremmo per nulla togliere qualcosa alla gioia dell’annuncio del risultato straordinario della nostra Crociata. Vi chiedevamo con audacia, un anno fa, dodici milioni di corone per circondare di un magnifico serto di lodi come di altrettante stelle la nostra buona Madre del Cielo, la Madre di Dio, questa Madre che si presenta davanti ai nemici di Dio “terribile come un esercito schierato in battaglia” (Cant. 6, 3). Avete risposto con tale generosità che possiamo ora presentare a Roma un bouquet di più di 19 milioni di corone del Rosario, senza contare tutti quelli che si sono uniti a noi senza essere direttamente nostri fedeli.

Non è certo un caso se Pio XII, proclamando il dogma dell’Assunzione, ha voluto cambiare l’Introito della festa del 15 agosto con il passaggio dell’Apocalisse che saluta il grande segno apparso nel cielo. Questo versetto dell’Apocalisse apre la descrizione di una delle guerre più terribili che siano raccontate nel Libro Santo: il grande drago, che con la sua coda trascina un terzo delle stelle, viene a dar battaglia alla grande Signora (cf. Apoc. 12). Tutto questo passaggio è destinato ai nostri tempi? Si può facilmente crederlo, pur evitando di fare applicazioni troppo letterali o univoche di queste misteriose e profetiche descrizioni. Non abbiamo nessun dubbio che tutte le nostre preghiere abbiano la loro importanza, anzi una grandissima importanza, nel momento storico in cui ci troviamo. Tuttavia noi pensiamo anche di dovervi avvertire e incoraggiare in queste circostanze della storia della Chiesa.

La vostra generosità dimostra, senza il minimo dubbio possibile, il vostro attaccamento e il vostro amore concreto alla nostra Madre la Chiesa cattolica romana, al Successore di San Pietro, alla gerarchia, anche se abbiamo molto a soffrire da questa. Dio è più forte del male e il bene vincerà, ma forse non con tutta la pompa che vorremmo.

Occorre ora convincere le autorità a compiere la famosa consacrazione della Russia che dicono di avere già fatta; occorre ricordare l’attualità di quanto la Madonna diceva a Fatima, mentre nell’anno 2000 hanno voluto girare una pagina per non tornarci più. Le difficoltà e gli ostacoli sembrano moltiplicarsi perché ciò che chiediamo assolutamente non si realizzi. Poco importa, noi (e non non come è riportato nel sito  ufficiale DICI per una evidente svista e come del resto non risulta nel testo in francese n.d.r) confidiamo molto più in Dio che negli uomini, così come noi ci aspettiamo da atti tanto semplici quanto la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria dei risultati sorprendenti per la Chiesa e per il mondo, dei risultati che sorpassano tutto quanto possiamo immaginare. Follia agli occhi degli uomini, ma riflesso di quanto san Paolo già predicava ai suoi tempi: ciò che è saggio agli occhi degli uomini è follia per Dio, mentre la sapienza di Dio è considerata dai saggi di questo mondo come una follia insensata (1Co. 1, 20).

Mentre noi porteremo a conoscenza del Santo Padre i vostri notevoli sforzi insieme alla ragione di queste preghiere nella speranza di contribuire così, a nostro modo, al bene della Chiesa, vi chiediamo di continuare questi medesimi sforzi. Seguendo l’invito di Nostro Signore nella sua toccante esortazione alla preghiera “Chiedete e riceverete”, insistendo e anche molto (Mt. 7, 7-11). La grandezza di ciò che chiediamo, senza dubitare di essere esauditi, reclama un’insistenza e una perseveranza proporzionate.

Ricordiamo che l’essenziale del messaggio di Fatima non si trova solamente nella consacrazione della Russia, ma piuttosto nella devozione al Cuore Immacolato di Maria. Che tutte queste preghiere e sacrifici facciano crescere e approfondire in noi tutti questa devozione al Cuore della Madre di Dio. Da lì Dio vuole essere toccato.

Che in questo inizio del mese di maggio, il mese di Maria, possiamo ritrovarci tutti ancor più sotto la sua materna protezione, è il nostro augurio più caro. Ringraziandovi della vostra grandissima generosità, chiediamo alla Madonna di benedirvi con il Bambino Gesù.

+Bernard Fellay

1° maggio 2010, festa di san Giuseppe Artigiano

amicus certus in re incerta cernitur

Il Papato e il mondo

Riflessione del Superiore dei distretto di Francia della FSSPX sull'odio del mondo verso la Chiesa e il Papa, di questo mondo che odia Dio (fonte: http://www.laportelatine.org/)


Perché il mondo odia Benedetto XVI

«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me» Giovanni XV, 18. Questo avvertimento che Nostro Signore rivolse ai suoi discepoli fu indubbiamente uno dei più gravi.

Egli li preveniva solennemente che non avrebbero dovuto aspettarsi niente dal secolo, che la loro speranza riposava solo in Lui. Infatti, non appena Dio ebbe inviato il suo Spirito Santo, il giorno di Pentecoste, coloro che ebbero lo zelo di annunciare Gesù Cristo furono oggetto della riprovazione del mondo. Furono cacciati fuori dalle sinagoghe, allontanati dalle piazze, poi condannati, decapitati o crocifissi. L’imperatore li calunniò, accusandoli dei peggiori misfatti, in particolare di aver bruciato Roma. Via via che la fede si diffondeva, «i figli della luce» venivano messi a morte, dati in pasto ai leoni o gettati tra le fiamme, mentre i «figli delle tenebre» urlavano, li beffeggiavano, schiamazzavano. Così si compiva la celebra massima di Tertulliano: «il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani». Sul sacrificio di coloro che preferivano morire piuttosto che rinnegare la verità rivelata si edificava la Chiesa. Sulle tombe dei primi Apostoli si ergeva la Cristianità.

Certo, quando i principi riconobbero il primato di Dio sulle società, quando i re seppero anch’essi inginocchiarsi davanti al loro Creatore, le persecuzioni cessarono e s’impose la tregua dei santi. Ma appena la rivolta umana si sollevava orgogliosamente di fronte al Signore, ecco che l’avvertimento divino veniva riconfermato: il mondo odierà insieme Dio e i suoi discepoli. Il nostro paese fu indubbiamente il laboratorio di questa funesta ribellione, e la Francia divenne la trista nazione che osò perseguitare il clero e imprigionare il Vicario di Cristo. Nel 1799, papa Pio VI morì a Valence, sul nostro territorio, allora amministrato dai rivoluzionari del Direttorio.
Questo mondo edifica sull’odio per Dio

Da allora, il mondo che ci circonda non ha cessato di rinnegare Dio. Ha preteso di rompere totalmente con la Chiesa; in tante occasioni ha fatto perire i preti, che morirono a migliaia sulle chiatte della Loira, nei bagni penali della Guyana o nei campi di lavoro ad Est; ha imposto una legislazione che ha fatto sparire sempre più la morale cristiana, tentando di ridurre la religione nella sfera del privato, fin nel più profondo delle coscienze. In tal modo, da duecento anni, le leggi anticristiane si sono moltiplicate, per spogliare la Chiesa, per oltraggiare la santa istituzione del matrimonio, per uccidere i bambini nascituri, per pervertire gli spiriti dei più innocenti. Di fronte all’inquietante avvenire che si delineava, Papa Pio IX ebbe la preveggenza di armare le anime, di prevenirle sul pericolo che si preparava: nel 1864, nel Sillabo, un indice di ottanta errori che si andavano diffondendo, egli condannò molto fermamente l’idea secondo la quale: «Il Romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a composizione col progresso, col liberalismo e con la moderna civiltà.» Solo i liberi pensatori o liberali si lamentarono di una tale proscrizione, per continuare a voler adattare la Chiesa al mondo che la odia, a voler gemellare le due Gerusalemme, a fare coabitare Saul il persecutore con l’Apostolo Paolo.

Così, come non rimanere inorriditi quando gli stessi uomini di Chiesa, grazie al concilio Vaticano II, si avventurarono a voler adattare la Chiesa al mondo, e proprio a questo mondo, al punto di farne il loro primo obiettivo, abbandonando quello che era stato il proprio per duemila anni, e cioè la salvezza delle anime? Noi non possiamo che sottoscrivere la tragica constatazione espressa nel 1976 da Mons. Lefebvre, che in questa strana unione tra l’istituzione fondata da Cristo e quella in cui agisce il suo nemico, vedeva un «matrimonio adultero». Com’era infatti possibile mettere la Chiesa all’unisono con un mondo che si augurava di veder diminuire l’influenza cattolica, relativizzarsi la Fede e corrompere la morale, se non accordando certi suoi ministri con questi spaventosi disegni?

Per chi cantano le sirene del mondo?

Ora, nella misura in cui i papi moderni si impegnavano in queste nuove strade, rompendo con la Tradizione – dalle celebrazioni ecumeniche ai compromessi interreligiosi – questo mondo metteva un freno al suo odio e applaudiva. Ai media, suoi sinistri ambasciatori, non bastavano più le parole per celebrare dei papi che trovavano solidali, aperti al mondo, in sintonia col loro tempo, secondo i loro criteri inquietanti. E non esaurivano gli elogi per celebrare, con la riunione interreligiosa di Assisi, l’istituzione di una religione universale in cui la verità era stata rimpiazzata dalla solidarietà. Davano una pubblicità senza eguali alle Giornate Mondiali della Gioventù, per sostenere un’atmosfera da «bravi ragazzi», mentre la liturgia si degradava secondo le voglie delle derive locali. E al momento della morte di Giovanni Paolo II i media non si sbagliarono: salutando in lui il Papa di Assisi, il Papa del muro del pianto, il Papa dell’ONU; e condannarono invece il Papa della morale cattolica che aveva respinto in blocco pornografi ed abortisti.

Il papa Benedetto XVI, dunque, successe ad un papa immensamente popolare e di cui era stato il principale collaboratore. Egli non si è liberato dell’eredità del Vaticano II e dei suoi predecessori. Lo ha detto testualmente: vuole esserne il continuatore. E quando si è raccolto in preghiera nella moschea di Istanbul, quando ha pregato nella grande sinagoga di Roma o quando, recentemente, lo scorso 14 marzo, ha partecipato attivamente al culto luterano nel tempio di via Sicilia, non abbiamo potuto non indignarci constatando ancora la rottura totale di tali pratiche confusionarie con la prudente attitudine cattolica osservata dai papi fino al Concilio. Ora, questi sono giustamente i segni che permettono ai media di avere qualche considerazione per Joseph Ratzinger. Per questi gesti egli è stato, fino a poco tempo fa, lodato, giudicato intelligente e pacifico, mentre invece oggi si è chiaramente organizzata una caccia contro di lui.

Il mondo a viso aperto

Noi non assistiamo impassibili a questa caccia. Che cricca infame! Ma chi sono questi personaggi della casta mediatica per ergersi di fronte al Papa come campioni di virtù? Chi sono per accusare la Chiesa cattolica di tutti i vizi e di tutti i crimini? Sorgono spontanee sulle nostre labbra le espressioni usate da Nostro Signore per indicare la classe politico-religiosa pervertita da cui fu giudicato e condannato. Sono gli stessi sepolcri imbiancati, gli stessi farisei, quelli che odiano Cristo e chi si rifà a Lui. Quelli che consegnano le società alla dissolutezza e poi vengono a fare la morale ad un vegliardo la cui vita privata non offre alcun appiglio alla loro sete di scandalo.

Purtroppo, sappiamo bene che ci sono state delle cadute di certi preti, e della cadute fin troppo numerose. E indubbiamente ce ne sono sempre state, ma riteniamo che il loro numero sia aumentato per la tormenta che si è abbattuta sulla Chiesa e che ha disorientato i preti, i quali hanno dovuto portare il peso del loro celibato senza ricevere in compenso le grazie che permettessero loro di attingere le forze dal rinnovamento del Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo. Proviamo una compassione senza limiti per i ragazzi che sono stati le loro vittime innocenti e dobbiamo fare di tutto per espiare questi scandali, che si rivelano infinitamente più gravi allorché sono commessi da persone consacrate a Dio.

Ma respingiamo questa menzogna blasfema che vorrebbe far credere che i preti, anche in ragione del loro essere consacrati, sarebbero una popolazione «a rischio». Poco importano le nostre persone e l’aggressività che queste campagne mediatiche sviluppano contro l’abito ecclesiastico. Non è del nostro onore che si tratta, ma di quello di Nostro Signore Gesù Cristo. Costoro vorrebbero che tutti finissero con l’abbandonare questa religione i cui obblighi angelici, ritenuti stupidi e insostenibili, farebbero, secondo loro, arretrare i seguaci al di sotto delle bestie. Non ci facciamo impressionare da questa infernale disinformazione! Espiamo per i peccati che sono stati commessi, ma di fronte al richiamo di queste mancanze sentiamo solo il desiderio di pregare per la santificazione dei preti o quello di diventare dei santi preti e dei preti santi.

La via crucis di Papa Benedetto XVI

Dopo aver cercato, non troviamo altro paragone per questo braccheggio e questo “dagli addosso” rivolti contro una persona anziana, che quello della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo. Il mondo intero sembra coalizzarsi contro di lui e insultarlo, sottoscrivere la sua morte mediatica e scatenargli contro i peggiori furori che nessuno sa esattamente dove potrebbero portare. Ci piacerebbe trovare un riferimento diverso da quello della Passione di Cristo, che non è del tutto appropriato visto il gioire del mondo mediatico di fronte ai gesti interreligiosi o ai discorsi papali che giustificano la morte dello Stato cattolico, che non hanno niente a che vedere con la persona di Nostro Signore. Ma purtroppo, che altro scegliere?

Se assistiamo col cuore spezzato a questa caccia all’uomo, mai subita da alcuno dei predecessori di Benedetto XVI, ci interroghiamo pure sulle ragioni di giudizi tanto duri. E le troviamo nei processi orditi dagli stessi adulatori di questo mondo: quando si tratta di riassumere in maniera ossessiva i cinque anni di questo pontificato, i media citano subito le misure di restaurazione, dalla liberalizzazione della Messa tradizionale alla remissione delle «censure» ufficiali contro i vescovi della Fraternità San Pio X, due misure che ai loro occhi avrebbero favorito i difensori di una fede e di una morale senza compromessi. In modo più specifico, costoro rimproverano al Sommo Pontefice la condanna ormai decisa e ripetuta dell’aborto, dell’eutanasia, dell’unione omosessuale: pietosi vessilli divenuti appannaggio di tutti quelli che vogliono costruire una società senza Dio.

Certo, pur senza molte illusioni circa le difficoltà che l’attendevano cinque anni fa, quando fu eletto papa, probabilmente Benedetto XVI non immaginava che il suo pontificato sarebbe stato una tale via crucis. Senza godere della stessa aura del suo predecessore, egli avrebbe potuto vivere per alcuni anni sui benefici del suo prestigio. Se avesse voluto, non gli sarebbe stato difficile trovare delle ulteriori concessioni da fare alla modernità e ai grandi di questo mondo, così da non correre il rischio di diventarne la vittima. Invece quest’uomo certamente non è mosso dalla voglia di compiacere i suoi simili. Anche se non ha chiesto di diventare papa, una volta eletto ha inteso fare il suo dovere, a qualunque costo.

Sfortunatamente egli ha ricevuto la formazione di tutti i preti della sua generazione, in un periodo particolarmente agitato. E in verità è davvero spiacevole che un uomo simile si sia abbeverato a delle fonti filosofiche e teologiche avvelenate – quelle di Karl Rahner o di Hans Urs von Balthasar – che alla fine sono diventate le basi del suo pensiero. Non si può quindi che rimanere sconcertati da questo papa che un giorno affronta mirabilmente le burrasche di un mondo pieno d’astio per la Chiesa, e un altro si fa applaudire dalla stessa intellighenzia per i suoi gesti lusinghieri verso i disegni di un mondo in cerca di una solidarietà senza Dio; tuttavia, prove e sventure sono talvolta i migliori amici che ci permettono di riportarci alla luce della verità, così non dobbiamo disperare per il suo avanzamento spirituale.

Il nostro dovere in questa passione

Da questa crisi nella crisi deve derivare un più grande bene. Mai, a memoria d’uomo, il Vicario di Cristo è stato così maltrattato e ridicolizzato in vita e questo perché si è limitato a difendere la morale cattolica. Bisogna risalire a Pio XII, ultimo papa prima del Concilio, per ritrovare un tale accanimento contro un Sommo Pontefice e ciò che rappresenta. Il vecchio sogno dell’aggiornamento, dell’adattamento ad un mondo che bisognerebbe ammansire mentre ci odia, crolla in maniera manifesta. Dobbiamo raddoppiare le preghiere perché le autorità della Chiesa riconoscano con perspicacia che i tripudii episodici di un mondo che ha in odio Dio, manifestati quando queste stesse autorità sembrano compiacerlo, sono una inquietante anomalia e sono contrari alla natura della Chiesa.

Lungi dal lasciarci assalire da una qualche disperazione o, al contrario, da un acquietamento cosparso di buoni sentimenti, bisogna considerare che la nostra santificazione esige che non dobbiamo ritirare niente di questa battaglia della Fraternità San Pio X, iniziata dal suo fondatore. Non dobbiamo trascurare la forza dell’esempio. Indubbiamente questa Fraternità è solo uno strumento, ma, al di là della differenza di vedute, vi è un fatto: da quarant’anni, mentre l’opera di Mons. Lefebvre denunciava l’allontanamento dei papi dalla Tradizione, per i loro atti o i loro insegnamenti, il mondo li applaudiva. Di contro, quando il Papa veniva schernito e ridicolizzato, si appurava che la Fraternità difendeva quella stessa verità che, in definitiva, non era altro che il patrimonio della Chiesa trasmesso e insegnato.

Oggi, siamo ancora banditi dalla Chiesa, ma il Papa stesso si trova come misteriosamente trasportato nel posto del nostro esilio. Certo, si tratta ancora solo dell’esilio ufficiale sancito dalle società civili senza Dio, ma nessuno sa cosa accadrà in avvenire. È risaputo che quando la tempesta si fa più violenta gli stessi amici diventano più rari. Come per Cristo a ridosso della Passione, il vuoto intorno ad un papa può diventare impressionante, poiché ben presto accanto a lui si potranno ricevere solo delle batoste.

Noi chiediamo per noi stessi la grazia di non abbandonare, nell’infortunio, colui il cui nome può essere già iscritto nell’elenco dei pontefici perseguitati. Per lui chiediamo che, se deve continuare a fare l’amara esperienza della prova dell’abbandono, sappia riconoscere che questi esiliati dalla Chiesa sono proprio i suoi amici e i suoi figli più fedeli.
Che la Santissima Vergine Maria ci custodisca tutti nel suo Cuore Addolorato e Immacolato!

Don Régis de Cacqueray, Superiore del Distretto di Francia
Suresnes, il 5 maggio 2010 nella festa di san Pio V

giovedì 6 maggio 2010

Benedetto XV: "Non nova, sed noviter".

«Del resto, dai nostri che si sono dedicati al comune vantaggio della causa cattolica, ben altro richiede oggidì la Chiesa che il persistere troppo a lungo in questioni da cui non si trae nessun utile: richiede invece che si sforzino a tutto potere di conservare integra la Fede ed incolume da ogni alito d'errore, seguendo specialmente le orme di colui che Cristo costituì custode ed interprete della verità. Vi sono oggi pure, e non sono scarsi, coloro i quali, come dice l'Apostolo: "Stimolati nell'orecchio, e non. sostenuti da una sana dottrina, ammucchiano le parole dei maestri secondo i propri desideri e dalle verità si sviano e si lasciano convertire dalle parole" (II Tim. IV, 3, 4). Infatti tronfi ed imbaldanziti per il grande concetto che hanno dell'umano pensiero, il quale in verità ha raggiunto, la Dio mercè, incredibili progressi nello studio della natura, alcuni, confidando nel proprio giudizio in ispregio dell'autorità della Chiesa, giunsero a tal punto di temerità che non esitarono a voler misurare colla loro intelligenza perfino le profondità dei divini misteri e tutte le verità rivelate, e a volerle adattare al gusto dei nostri tempi. Sorsero di conseguenza i mostruosi errori del Modernismo, che il Nostro Predecessore giustamente dichiarò "sintesi di tutte le eresie" condannandolo solennemente. Tale condanna, o Venerabili Fratelli, noi qui rinnoviamo in tutta la sua estensione; e poiché un così pestifero contagio non e stato ancora del tutto sradicato, ma, sebbene latente, serpeggia tuttora qua e là, Noi esortiamo che guardisi ognuno con cura dal pericolo di contagio; che ben potrebbe ripetersi di tale peste ciò che di altra cosa disse Giobbe: "È fuoco che divora. fino alla perdizione e che sradica tutti i germi" (Job. XXXI, 12). Né soltanto desideriamo che i cattolici rifuggano dagli errori dei Modernisti, ma anche dalle tendenze dei medesimi, e dal cosiddetto spirito modernistico; dal quale chi rimane infetto, subito respinge con nausea tutto ciò che sappia di antico, e si fa avido e cercatore di novità in ogni singola cosa, nel modo di parlare delle cose divine, nella celebrazione del sacro culto, nelle istituzioni cattoliche e perfino nell'esercizio privato della pietà. Vogliamo dunque che rimanga intatta la nota antica legge: "Nulla si rinnova, se non ciò che è stato, tramandato"; la quale legge, mentre da una parte deve inviolabilmente osservarsi nelle cose di Fede, deve dall'altra servire di norma anche in tutto ciò che va soggetto a mutamento; benché anche in questo valga generalmente la regola: "Non nova, sed noviter"» (Enc., Ad beatissimi Apostolorum).

mercoledì 5 maggio 2010

Adriano VI: "il mondo intero ha sete di riforma"

“Noi riconosciamo liberamente che Dio ha permesso questa persecuzione della chiesa a causa dei peccati degli uomini e particolarmente dei sacerdoti e dei prelati. La mano di Dio, infatti, non si è ritirata, egli potrebbe salvarci, ma il peccato ci separa da Lui e gli impedisce di ascoltarci. Tutta la Sacra scrittura ci insegna che gli errori del popolo hanno la loro sorgente negli errori del clero …Sappiamo che, da molti anni, anche nella Santa Sede sono stati commessi molti abomini: traffico di cose sacre, trasgressione dei Comandamenti in tale misura che tutto si è trasformato in scandalo. Non ci si può meravigliare che la malattia sia scesa dalla testa alle membra, dai papi ai prelati. Noi tutti, prelati ed ecclesiastici ci siamo sviati dalla via della giustizia. Da molto tempo nessuno fa più il bene. Per questo tutti noi dobbiamo onorare Dio e umiliarci davanti a Lui. Ciascuno di noi deve esaminarsi e vedere in che cosa è caduto molto più severamente di quanto non lo sarà da Dio nel giorno della Sua ira. Noi ci consideriamo tanto più impegnati a farlo perché il mondo intero ha sete di riforma.” (discorso di Adriano VI ai delegati della Dieta imperiale, dopo la scissione protestante nel 1523)

martedì 4 maggio 2010

Michael Davies: cambiare il rito per cambiare la fede (10)

La Riforma liturgica inglese, quella di Cranmer, volta a rendere protestante l'Inghilterra, fu condotta con la motivazione di rendere la Messa più comprensibile e accettabile ai fedeli, di renderla “più partecipata” (è sempre questa la scusa!), peccato che i fedeli, il popolo non ne volle sapere! Non vollero cambiare la Messa e si opposero con una forza di convinzione impressionante. Fu il popolo ad obbligare anche i sacerdoti a resistere, e non viceversa; fu l'insistenza dei fedeli a far ritornare alla vera Messa i preti che obbedienti alle direttive del governo avevano già iniziato a celebrare nel nuovo rito. Iniziamo una serie di citazioni dal libro di M.Davies che ben documenta la resistenza popolare alla riforma della Messa, che arriverà fino al martirio.



La nuova messa, o servizio della santa cena, divenne obbligatoria il 9 giugno 1549, domenica di Pentecoste. “Nella contea di Oxford, il clero rifiutò di adottare il nuovo libro di preghiera e, nel corso dei disordini che segnarono questo periodo, molti dei suoi membri furono messi a morte per ribellione” (M. Powicke, The Reformation in England, Oxford, 1953, p. 81).
Questa nuova messa in inglese aveva per obiettivo il promuovere la partecipazione attiva dei fedeli alla liturgia; ma il genere di attività che suscitò dalla parte della detta assemblea non fu esattamente quella che attendeva Cranmer; questo fu particolarmente vero nel villaggio sperduto di Sampford Courtenay, non lontano da Okehampton, sulle pendici dello Dartmoor, nel Devon. Ancora oggi, con una popolazione che non supera le cinquecento anime che contava già nel 1549, il villaggio sembra essere stato dimenticato dal tempo.
La chiesa parrocchiale, dedicata a Sant’Andrea, è molto bella; le alte campanelle della sua torre sono attaccate da un licheno arancione che dona sempre al suo colore una certa luminosità. Benché la chiesa sia situata in un vallone, la sua torre maestosa si vede pressoché da tutti i punti della parrocchia.
La domenica di Pentecoste, obbedendo all’autorità, il parroco del luogo, William Harper, di settant’anni, utilizzò il nuovo rito. I preti erano passibili di severa pena se rifiutavano di fare uso del libro.
“Il 21 gennaio 1549, il Prayer Book era stato adottato dalle due camere del Parlamento. Il 4 marzo, era approvato dal re. Ormai, ogni prete che avesse rifiutato di adottare il libro sarebbe stato condannato a pagare una multa corrispondente alla rendita del suo beneficio per un anno; la seconda volta avrebbe perso definitivamente tutte le sue rendite beneficiali e sarebbe stato condannato ad un anno di prigione; la terza infrazione sarebbe stata punita con l’ergastolo.
Quanto ai laici, chiunque avesse criticato il libro o avesse trovato un prete per celebrare un’altra forma di culto avrebbe pagato una multa fissata secondo una tariffa progressiva; alla terza infrazione, tutti i suoi beni sarebbero stati confiscati” (P. Caraman, The Western Rising – 1549,Devon 1994, pp. 24-25 ).
Sir Maurice Powicke ha riassunto molto bene in una frase quali furono le conseguenze della legge: “Mentre l’Atto dei Sei Articoli prevedeva di perseguire i novatori, sotto il regime dell’Atto del 1549 sarebbero stati perseguitati coloro che resistevano alle innovazioni e restavano ostinatamente fedeli ai libri e alle pratiche in uso da tempo immemorabile” (Powick, p. 86).

Come cattolici obbedienti, i parrocchiani di Messer Harper erano presenti alla chiesa di Sant’Andrea la prima volta che fu celebrato in questo luogo santo un altro rito eucaristico al posto della messa latina immemorabile. I fedeli ascoltarono il nuovo servizio; ne parlarono tra di loro e, nel corso della loro discussione, constatarono che non piaceva loro. Il lunedì di Pentecoste, sotto la guida del sarto del villaggio, Thomas Underhill, un certo numero di parrocchiani fecero la loro entrata nella sacrestia dove il curato era occupato a rivestirsi dei paramenti; gli domandarono in quale rito stava per celebrare: Per obbedire alla legge in vigore, devo utilizzare il nuovo servizio, rispose: Voi non farete nulla! gridò Underhill (F. Rose- Troup, The Western Rebellion, Londra 1913, p.133).

E gli uomini di Sampford Courtenay per impedire a Messer Harper di utilizzare una seconda volta il nuovo ufficio, gli fecero sapere che erano risoluti nel conservare la fede dei loro padri. Su questo, arrivarono altri paesani, che insistettero tutti perché il prete si servisse dell’antico messale, “e dica la messa a cui erano stati abituati per tutta la loro vita” (J. Cornwall, Revolt of Peasantry-1549, Londra 1977, p.65). Messer Harper “si inchinò davanti alla loro volontà; ed ecco che si riveste subito dei suoi vecchi fronzoli papisti e dice la messa e tutti gli uffici come era abituato a fare prima” (Rose-Troup, p.134).

L’insurrezione dell’Ovest fu ciò che si chiamerebbe oggi una “reazione della base” contro la nuova messa in inglese. Quando si scopre con quale sollecitudine Messer Harper, come la più gran parte del clero, adottò il nuovo rito, la reazione del Consiglio del re non può che suscitare l’ironia: essa incolpa ai preti la responsabilità dell’insurrezione delle regioni dell’Ovest, e parla dello “spirito e delle intenzioni demoniache” con le quali incitavano il popolo, “in confessione e con altri mezzi , a disobbedire con ostinazione alle decisioni del re in materia di religione” (P. Caraman, p.19) . La notizia del ritorno dell’antica messa si diffuse come un fulmine nelle parrocchie vicine, dove gli uomini cominciarono a unirsi a Sampford Courtenay. Pieno di buone intenzioni, un gentiluomo del luogo, Sir Hugh Pollard, di King’s Nympton, se ne venne a cavallo fino al villaggio nella speranza di persuadere i parrocchiani nell’accettare il nuovo servizio prima che la loro protesta arrivasse ad un punto tale da rendere inevitabile l’intervento dei difensori della legge. Ma i paesani non erano dell’umore di accettare un compromesso: “Indovinarono senza problemi ciò che Pollard aveva in testa: richiamarli a restare calmi e ad evitare ogni azione inconsiderata, a dare fiducia ai “signori”, ai gentlemen, e al governo che, nella sua saggezza, aveva prescritto una forma del culto più adatta allo spirito dei tempi che l’antico rito in latino; essendo uomini di buon senso, avrebbero finito per accettare, se solamente avessero voluto veramente farne prova leale; voleva ricordare loro infine il loro vassallaggio al re e le terribili conseguenze che avrebbe portato la ribellione. Ma i paesani avevano già preso il loro partito ed erano decisi a non lasciarsi incantare da belle parole” (J. Cornwall, p. 66).

I giudici di pace del luogo vennero a fare delle rimostranze ai paesani; senza successo.
Sapendo del loro arrivo, i capi dei paesani si consultarono; erano “così impegnati e completamente ancorati nella loro folle posizione che decisero senza esitare di perseverare nella loro impresa colpevole” (Rose-Troup, p. 134). Un gentiluomo di nome William Hellyons mancò talmente di tatto che nel momento in cui lasciò la canonica, mentre era ancora sulle scale, un fattore di nome Lithibridge lo colpì al collo con la sua roncola; “ed ecco che subito, senza ascoltare le sue suppliche e i suoi lamenti, diversi altri si precipitano su di lui, lo uccidono e lo fanno a pezzi”. Fu il primo sangue versato nel Devon.
Messer Harper fece seppellire le spoglie mortali di Hellyons, ma diede ordine di inumarle non alla maniera tradizionale, est-ovest, ma nella posizione nord-sud, per significare bene che era eretico e dunque bandito dalla Chiesa (1Rose-Troup, pp.135-136). La gente dell’Ovest non era affatto dell’umore per discutere; a dire il vero, non avevano affatto la competenza necessaria per farlo. Nel più profondo di loro stessi, sapevano che ciò che difendevano era buono e che quello toccava le loro radici più profonde e il loro destino eterno. Le persone istruite potevano sminuirle e loro non se ne privavano.
Cranmer poteva schernirli; non vi mancò affatto. Ma non sono sempre coloro che possono avanzare gli argomenti più eloquenti per difendere la loro causa che hanno ragione.
La notizia si diffuse “come nuvola spinta da un vento violento e come un colpo di tuono che si sarebbe sparso in tutto il paese; e il popolo ne fu così contento e lasciò così libero corso alla sua gioia, che lo si applaudì e che, con un’anima sola, si decise di agire allo stesso modo in ognuna delle diverse parrocchie” (Rose-Troup, p.136). Essi “agirono allo stesso modo”, in effetti e la messa tradizionale fu ristabilita nelle parrocchie del vicinato.
continua...