sabato 9 aprile 2016

neo-farisei e neo-sadducei

 

Farisei e Sadducei del nostro tempo

 
 
(di Roberto de Mattei)

La critica ai “farisei” è ricorrente nelle parole di Papa Francesco. In numerosi discorsi, tra il 2013 e il 2015, egli ha parlato della «malattia dei farisei» (7 settembre 2013), «che rimproverano a Gesù di non rispettare il sabato» (1 aprile 2014), della «tentazione della sufficienza e del clericalismo, quel codificare la fede in regole e istruzioni, come facevano gli scribi, i farisei e i dottori della legge del tempo di Gesù» (19 settembre 2014).
Nell’Angelus del 30 agosto ha detto che, come per i farisei, «esiste anche per noi il pericolo di considerarci a posto o, peggio, migliori degli altri per il solo fatto di osservare delle regole, delle usanze, anche se non amiamo il prossimo, siamo duri di cuore, siamo superbi, orgogliosi».
L’8 novembre 2015 ha contrapposto l’atteggiamento degli Scribi, dei Farisei fondato sull’«esclusione» e quello di Gesù fondato sull’«inclusione». Il riferimento ai Farisei è evidente, infine, nel discorso con cui il Papa, lo scorso 24 ottobre, ha concluso il XIV Sinodo ordinario sulla famiglia. Chi altro sono infatti «i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite» se non «i farisei, che facevano della religione un insieme infinito di comandamenti» (26 giugno 2014)? Fariseo sembra essere chiunque difenda, con cocciuto orgoglio, l’esistenza di comandamenti, leggi, regole della Chiesa assolute e inderogabili.
Ma chi erano veramente i Farisei? Quando Gesù iniziò la sua predicazione il mondo giudaico era diviso in varie correnti, di cui ci parlano i Vangeli e, tra gli storici, Flavio Giuseppe (37-100 d.C.) nelle sue opere Le Antichità giudaiche e La guerra giudaica. Le principali sette erano quelle dei Farisei e dei Sadducei. I Farisei osservavano fin nei dettagli le prescrizioni religiose, ma avevano perso lo spirito di verità. Essi erano uomini superbi, che falsavano le profezie relative al Messia e interpretavano la legge divina secondo le loro opinioni. I Sadducei insegnavano errori ancora più gravi, mettendo in dubbio l’immortalità dell’anima e rifiutando la maggior parte dei Libri sacri. Entrambi si disputavano il potere nel Sinedrio che, quando Gesù fu condannato, era guidato dai Sadducei.
I Sadducei sono citati una sola volta da Marco e tre da Matteo, mentre i Farisei compaiono ripetutamente nei Vangeli di Marco e Matteo. Il cap. 23 di san Matteo, in particolare, è una aperta accusa contro di loro: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle».
Commentando questo brano di Matteo, san Tommaso spiega che i Farisei non sono ripresi dal Signore perché pagavano le decime, «ma solo per il fatto che essi disprezzavano precetti più importanti cioè quelli di ordine spirituale. Però della pratica in sé egli sembra lodarli col dire “Queste cose andavano fatte” (Haec oportuit facere), sotto la legge, aggiunge il Crisostomo» (Summa Theologica, II-IIae, q. 87 ad 3). Sant’Agostino, riferendosi al Fariseo di cui parla san Luca (18, 10-14), dice che egli è condannato non per le sue opere, ma per essersi vantato della sua presunta santità (Lettera 121, 1, 3).
Lo stesso sant’Agostino, nella Lettera a Casulano, spiega che il Fariseo non fu condannato perché digiunava (Lc 18, 11 sgg.), ma «perché si esaltava, tronfio di orgoglio, sul pubblicano» (Lettera 36, 4, 7). Infatti, «il digiunare due volte la settimana è privo di meriti per una persona come il fariseo, mentre è un atto religioso per una persona umilmente fedele o fedelmente umile, sebbene il Vangelo non parla di condanna per il Fariseo, ma piuttosto di giustificazione per il pubblicano» (Lettera 36, 4, 7).
La definizione più sintetica dei Farisei ce la dà san Bonaventura: «Pharisaeus significat illos qui propter opera exteriora se reputant bonos; et ideo non habent lacrymas compunctionis» (De S. Maria Magdalena Sermo I, in Opera omnia, Ad Claras Aquas, Firenze 2001 vol. IX, col. 556b). «Farisei sono detti quelli che reputano buoni sé stessi per le loro opere esteriori e perciò non hanno lacrime di compunzione».
Gesù condanna i Farisei perché ne conosceva il cuore: essi erano peccatori, ma si consideravano santi. Il Signore volle insegnare ai suoi discepoli che non basta il compimento esteriore delle buone opere; ciò che rende buono un atto non è solo il suo oggetto, ma l’intenzione. Tuttavia, se è vero che non bastano le buone opere quando manca la buona intenzione, è altrettanto vero che non basta la buona intenzione, se mancano le buone opere.
Il partito dei Farisei, a cui appartenevano Gamaliele, Nicodemo, Giuseppe di Arimatea (Antichità giudaiche, 20.9.1) e lo stesso san Paolo (Atti 23, 6), era migliore di quello dei Sadducei, proprio perché, malgrado la loro ipocrisia, essi rispettavano le leggi, mentre i Sadducei, che annoveravano nelle loro fila i Sommi Sacerdoti Anna e Caifa (Antichità giudaiche, 18.35.95), le disprezzavano. I Farisei erano conservatori orgogliosi, i Sadducei progressisti increduli, ma entrambi erano accomunati dal rifiuto della missione divina di Gesù (Mt 3, 7-10).
Chi sono i Farisei e i Sadducei del nostro tempo? Possiamo dirlo con tranquilla certezza. Sono tutti coloro che prima, durante e dopo il Sinodo hanno cercato e cercheranno di modificare la prassi della Chiesa e, attraverso la prassi, la sua dottrina sulla famiglia e il matrimonio. Gesù proclamava l’indissolubilità del matrimonio, fondandola sulla restaurazione di quella legge naturale da cui i giudei si erano allontanati, e la rinforzava con l’elevazione del vincolo coniugale a Sacramento. Farisei e Sadducei rifiutavano questo insegnamento, negando la divina parola di Gesù, a cui sostituivano la propria opinione. Essi si richiamavano falsamente a Mosè, così come i novatori dei nostri giorni si richiamano a una pretesa tradizione dei primi secoli, falsando la storia e la dottrina della Chiesa.
Per questo un valoroso vescovo difensore della fede ortodossa, mons. Athanasius Schneider, parla di una «prassi neo-mosaica» che riaffiora: «I nuovi discepoli di Mosé ed i nuovi farisei durante le ultime due Assemblee del Sinodo (2014 e 2015) hanno nascosto il fatto d’aver negato nella prassi l’indissolubilità del matrimonio e di aver come sospeso il sesto Comandamento sulla base del “caso per caso”, sotto un apparente concetto di misericordia, usando espressioni come “via del discernimento”, “accompagnamento”, “orientamenti del Vescovo”, “dialogo col sacerdote”, “foro interno”, “un’integrazione più piena nella vita della Chiesa”, per indicare una possibile eliminazione dell’imputabilità per i casi di convivenza all’interno di unioni irregolari (cfr. Relazione Finale, nn. 84-86)».
I Sadducei sono gli innovatori che affermano apertamente il superamento della dottrina e della prassi della Chiesa, i Farisei, sono coloro che proclamano l’indissolubilità del matrimonio con le labbra, ma la negano ipocritamente nei fatti, proponendo la trasgressione “caso per caso” della legge morale. I veri seguaci di Gesù Cristo non appartengono né al partito dei neo-Farisei né a quello neo-Sadducei, entrambi modernisti, ma seguono la scuola di san Giovanni Battista, che predicava nel deserto spirituale del suo tempo.
Il Battista, quando stigmatizzava Farisei e Sadducei come «razza di vipere» (Mt 2, 7) e quando ammoniva Erode Antipa per il suo adulterio, non era duro di cuore, ma era mosso dall’amore per Dio e per le anime. Ipocriti e duri di cuore erano i consiglieri di Erode che pretendevano di conciliare la sua condizione di peccatore e impenitente con l’insegnamento della Scrittura . Erode uccise il Battista per soffocare la voce della verità, ma la voce del Precursore risuona ancora dopo venti secoli. Chi difende pubblicamente la buona dottrina, non segue l’esempio dei Farisei e dei Sadducei, ma quello di san Giovanni Battista e di Nostro Signore.