Ci viene da Roma un'ottima notizia! Mons. Nicolas Brouwet, finora vescovo ausiliare di Nanterre, è stato nominato oggi da Papa Benedetto XVI vescovo della diocesi di Tarbes et Lourdes. Questo vescovo, nato nel 1962, ha partecipato a numerose edizioni sia come sacerdote che come vescovo al pellegrinaggio di Pentecoste di Notre-Dame de Chrétienté, da Parigi a Chartres. Lo scorso Natale ha celebrato ancora la Messa nell’usus antiquior.
La sua nomina a Lourdes, diocesi di portata internazionale, di grande visibilità, rappresenta una virata significativa per la Chiesa di Francia. Essa rafforza i vescovi che vogliono operare nel senso impresso sa Papa Benedetto XVI fin dall'inizio del suo pontificato.
Vescovo giovane, egli appartiene alla generazione di coloro che come Mons. Schneider, il quali lo scorso 15 gennaio ha pronunciato una vigorosa allocuzione a Reunicatho (che sta per essere pubblicata su l'Homme nouveau), non hanno esitato a celebrare al messa nell’usus antiquior. E' molto che chiedevamo la nomina di un vescovo « Summorum Pontificum », denominazione simbolica che va ben oltre la sola questione liturgica. Finalmente lo abbiamo ! Possano venire altri vescovi in questo senso. La Chiesa in Francia ne ha molto bisogno.
Fatto salvo tutto quanto ha trasformato un’ondata di freddo nella solita sceneggiatura da B-movie all’italiana, viene da chiedersi che razza di mondo sia quello in cui, contemporaneamente a una catastrofe o a un’emergenza, scatti subito la polemica sul ritardo dei soccorsi e sull’inefficienza dei soccorritori.
Terremoto, gelo, alluvione o affondamento della Concordia che sia, si può star certi che la seconda notizia di tutti i telegiornali della sera, dopo l’elenco dei danni, sarà: “Ed è polemica sui soccorsi”. E sui quotidiani, la mattina dopo, la “Polemica sui soccorsi” sarà l’apertura. Ma, una volta tanto, non serve sparare sul giornalista perché il volto mediatico è lo specchio dell’anima di una società desacralizzata e svirilizzata. Un mondo che sbatte la nevicata d’inverno in prima pagina è una landa desolata popolata da anime liofilizzate che, a forza di mettere tra parentesi il confronto con il destino che Dio ha preparato per ogni singola creatura, tremano davanti al minimo stormire di foglia. Povere anime imbarazzate dal corpo a cui sono state consegnate in sorte e premurose solo metterlo a riparo da qualsiasi rischio. Piccoli spiritelli convinti che, venendo al mondo, gli uomini abbiano contestualmente stipulato una polizza assicurativa contro i rischi della vita. E, per questo, cedono quote della propria libertà a uno stato che in cambio dovrebbe proteggere i corpi da ogni babau: delle anime, invece, poco o nulla importa, tanto che la Provvidenza viene sostituita con la con la previdenza.
Fino a qualche decennio fa, quando anima e corpo era un connubio virile, gli uomini sapevano di aver fatto tutto il necessario per mettersi al riparo affidandosi al Creatore: “A folgore et tempestate… A peste, fame et bello… Libera nos Domine”. Se poi Dio provvedeva diversamente, questo faceva parte del bel rischio di essere uomini. E non si strillava in prima pagina l’eccezionale notizia che d’inverno nevica: che, tra l’altro, in tempi civili, avrebbe portato alla bocciatura nell’esame di giornalismo.
Alcune annotazioni: 1.Nel documento si fa riferimento ad una "Chiesa clandestina RKK1". Non è nota nessuna Chiesa clandestina cinese così denominata. D'altra parte sarebbe da sprovveduti pubblicare un documento nel quale viene citato il nome di una Chiesa clandestina esponendola così al pericolo. 2. Nel testo si parla in un'occasione di "Cardinal Bertone Segretario di Stato della Chiesa Cattolica Romana". Non ha senso l'aggiunta di "Chiesa Cattolica Romana" in un documento riservato per il Papa. Sarebbe infatti un dato scontato. 3. Se escludiamo l'inquietante questione della morte del Papa, in complesso il documento non aggiunge molto a ciò che già sappiamo. Sappiamo infatti dello strapotere di Bertone, sappiamo che Scola è stato nominato Arcivescovo di Milano perché questo era un desiderio del Papa. Sappiamo che Romeo è avverso al rinnovamento liturgico benedettiano. Sappiamo insomma già molte cose. 4. Sulla storia della morte del Papa in 12 mesi è evidente che se il documento fosse vero sarebbe una espressione clamorosa di bieco cinismo. Ma se fosse falso sarebbe solo servita a convogliare altri messaggi. In particolare uno: rimuovere al più presto Bertone dal suo ruolo di Segretario di Stato e bruciare contemporaneamente Scola in vista di un futuro - speriamo il più tardi possibile - conclave. 5. La dinamica sull'elezione di un nuovo Papa come se fosse un automatismo lascia esterrefatti e fa propendere per un falso. D'altra parte che Bertone voglia un italiano Papa non dev'essere difficile da immaginare. E' infatti questa una fonte di preoccupazione per numerosi ecclesiastici. 6. Sappiamo d'altra parte che il Papa ha ricevuto in udienza privata il Cardinal Castrillon il 13 gennaio 2012!
Si aggiungono tuttavia nuovi dettagli al "complotto". In particolare - cito -: "Il Cardinal Romeo ha aspramente criticato Papa Benedetto XVI, perché si occuperebbe prevalentemente della liturgia, trascurando gli “affari quotidiani”, affidati da Papa Benedetto XVI al Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato della Chiesa Cattolica Romana. Il rapporto fra Papa Benedetto XVI e il suo Segretario di Stato Cardinale Tarcisio Bertone sarebbe molto conflittuale. In un’atmosfera di confidenzialità il Cardinale Romeo ha riferito che Papa Benedetto XVI odierebbe letteralmente Tarcisio Bertone e lo sostituirebbe molto volentieri con un altro Cardinale."
di Francesco Colafemmina
Durante la trasmissione "Servizio Pubblico" di Michele Santoro il direttore de Il Fatto Quotidiano Antonio Padellaro ha anticipato un documento che sarà pubblicato domani sul quotidiano da lui diretto. Si tratta di una rivelazione drammaticamente inquietante. A quanto pare si tratterebbe di un documento in tedesco che parla di un complotto per uccidere (???) nei prossimi 12 mesi Papa Benedetto XVI. Questo documento sarebbe stato consegnato al Papa dal Cardinal Castrillon. Non si sa con precisione il ruolo del Cardinale Castrillon come quello del Cardinal Romeo, arcivescovo di Palermo, nell'avvertire il Pontefice del potenziale rischio cui è sottoposta la sua vita. A quanto pare però il Cardinal Romeo avrebbe detto a qualcuno durante un suo viaggio in Cina (ma siamo certi che Romeo ci sia stato a novembre?) che il Papa morirà nei prossimi 12 mesi e sarà probabilmente sostituito da Angelo Scola. Questa confidenza è stata poi riferita al Cardinal Castrillon che avrebbe preparato un memorandum in tedesco riservato per il Santo Padre, avanzando anche l'ipotesi di un potenziale complotto ai danni del Pontefice.
Romeo, certo non un ratzingeriano, ed è un personaggio ben inserito negli ambienti romani che contano... Ricorderete peraltro che Romeo chiamò la Digos per far togliere gli striscioni di giovani tradizionalisti che volevano ringraziare il Papa durante la sua visita a Palermo per il dono del Motu Proprio... Sappiamo bene d'altra parte che il Cardinal Castrillon è un uomo che stima ed ama il nostro caro Papa.
Pur essendo troppo presto per commentare, voglio tentare tuttavia una ricostruzione azzardata: parlando con qualcuno in Cina (o chissà dove) il Cardinal Romeo si sarà lasciato sfuggire, magari rispondendo a chi gli chiedeva lumi sulla salute del Papa, che a suo parere il Papa non "dura" un anno e che quindi ci sarà presto un conclave. Che poi da questo conclave potrebbe uscire Papa il Cardinal Scola nonostante l'opposizione di Bertone... Qualche anima pia, poco adusa al cinismo clerical-vaticano, avrà riferito in preda allo shock le parole di Romeo al Cardinal Castrillon. Questi essendo un fedele amico del Papa avrà pensato al peggio e tentato di avvertire il Papa. Questa è la mia fantasiosa - ma non tanto - ricostruzione stando ai dati finora in nostro possesso. Spero di dover essere smentito. Intanto padre Lombardi fa sapere che a suo dire si tratterebbe solo di "farneticazioni". C'è da augurarselo.
Ma intanto... oremus pro Pontifice Nostro Benedicto!
P.S. Marco Lillo, il giornalista autore dello scoop dev'essere in qualche modo il beneficiario dell'Assange della Segreteria di Stato o meglio dell'entourage più ristretto del Papa. Nelle ultime settimane ha infatti pubblicato due documenti provenienti dalla terza loggia del Palazzo Apostolico. Non riesce difficile immaginare che la manina che gli ha passato questo terzo documento sia la stessa che gli ha passato i precedenti...
Il mondo è in ansia per la Grecia. Non per la sua popolazione, sia chiaro. Alla periferia di Atene ben 18 istituti scolastici hanno iniziato a distribuire pasti gratis ai bambini, le cui famiglie sono talmente povere da non potersi permettere nemmeno un panino con un po’ di formaggio; ma nessuno ne parla, a parte pochi siti internet; mentre viene diffusa ansia planetaria sul possibile default della Grecia e si moltiplicano le pressioni sul Parlamento ellenico affinchè accetti la nuova stangata. Strana civiltà la nostra: un popolo alla fame non suscita compassione, mentre ci si agita per scongiurare il rischio che le banche tedesche e francesi, i cui forzieri sono pieni di bond ellenici, subiscano la legge del mercato ovvero incassino le perdite di un investimento sbagliato.
Sono perfettamente d’accordo con un economista del calibro di Giovanni Barone-Adesi, che più volte è intervenuto su questo blog e che l’altro giorno ha scritto sul Corriere del Ticino questo articolo di cui raccomando la lettura.
La realtà è chiara. La Grecia non è in grado di ripagare i propri debiti. Le ricette proposte da Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e dalla Merkel non porteranno alla rinascita dell’economia ellenica ma al suo definitivo dissanguamento. E se il popolo ellenico vuole abbandonare l’euro nessuno deve impedirglielo.
Insomma ripristiniamo le regole della democrazia e anche quelle del libero mercato, che prevede grandi guadagni, ma anche le giuste perdite per chi sbaglia. E’ così scandaloso?
Un lettore greco, Ioannis, ha inviato un commento al mio post. Lo riporto integralmente anche qui. Da leggere e meditare.
signori, buonasera. Mando questo mail da Atene, dove l’inferno della poverta e della disperazione e comminciato 2 anni fa, quando il traditore premies Papandreou ha falsificato i conti aumentando il deficit di 2009 per farci entrare nel FMI. Dalle nostre parti ormai nen c’e democrazia, non c’e parlamento [ieri i rapperesentanti europei dei creditori hanno cancellato una legge che permetteva la rateizzazione dei debiti per tasse dovute], abbiamo un banchiere-ex impiegato di Goldman Sachs come premier, non possiamo andare alle urne per esprimere la nostra volonta, e non abbiamo il diritto di morire a nostra scelta [cioe dentro o fuori l'euro]. Credo che l’unica salvezza per il io paese sarebbe l’uscita dalla zona euro, per svalutare la nostra nuova moneta nazionale, aumentare le esportazioni, e ricostruendo la base produttiva della nostra economia, che e stata distrutta da una moneta [euro] non competitiva per i nostri prodotti. Amo l’Italia e vi dico tutto: state attenti e fate resistenza contro i tedeschi e i banchieri della BCE e del FMI, non li fate entare in Italia, altrimenti avrete la nostra fine.Ioannis
P.S. NON SONO COMUNISTA, sono membro del partito della centrodestra, ma prima di tutto sono Greco e voglio resistere contro l’occupazione finanziaria del mio paese, che distrugge tutto, democrazia inclusa
Ecco l'articolo del Corriere del Ticino:
Il pasticcio greco
e il Gauleiter
di GIOVANNI BARONE-ADESI
La Grecia ha mancato i suoi obbiettivi di bilancio, come era largamente prevedibile. Molte misure decretate non hanno avuto seguito, l’evasione fiscale è rampante, la recessione, conseguente all’austerità imposta, molto più grave del previsto. I creditori sono vicini ad un accordo tra di loro per rilasciare la seconda rata di finanziamenti alla Grecia, ma non ha molto senso rilasciare nuovi prestiti ad un debitore che non riesce a far fronte ai suoi impegni. La logica economica vorrebbe che si staccasse la spina.
I francesi e i tedeschi non considerano il fallimento un’opzione nel caso della Grecia, perché le loro banche perderebbero i loro crediti. Pertanto giunge da Berlino la brillante idea di nominare un funzionario europeo, che esautori il Parlamento greco dalla fatica di gestire il bilancio. Secondo i geni dell’eurogruppo, la nomina di un Gauleiter assicurerebbe che la Grecia funzioni come la Prussia. La sovranità del popolo greco non è stata presa in considerazione. D’altra parte Papandreou si è dovuto dimettere da primo ministro, su pressione europea, il giorno dopo aver proposto un referendum sulle misure di austerità da adottare.
Gli eurocrati evidentemente ignorano la storia. Ogni autunno i greci celebrano la loro festa nazionale, il Giorno del no, che commemora il rifiuto di Metaxas di cedere basi militari a Mussolini, del quale era pur un grande ammiratore. Nonostante questo, preferì affrontare una guerra disperata piuttosto che svendere la sovranità ellenica. Settant’anni fa molti greci morirono di fame quando i governanti europei dell’epoca ridussero le razioni alimentari a trenta grammi di pane al giorno, ma gli altri sopravvissero fino alla liberazione.
Questa volta si spera che la storia sia meno drammatica. Il maggior artefice della politica europea verso la Grecia, Sarkozy, andrà a casa il mese prossimo, a meno che la polizia francese non trovi un pretesto per arrestare il nuovo candidato socialista all’Eliseo. La signora Merkel continuerà a governare con la sua traballante maggioranza ancora un po’, ma senza il suo buon amico francese sarà molto indebolita.
È sperabile che l’idea di nominare un governatore europeo per la Grecia venga presto smentita e dimenticata. Se la Grecia non è in grado di rispettare i patti, ha il diritto a rinegoziarli o andare per la sua strada. Le banche europee sarebbero più povere, forse anche la Grecia. Ma la sua sovranità e la sua integrità territoriale non sono negoziabili.
e per buona misura leggete anche questo:
Grecia a Germania:lezione di civiltà
Traduzione dallo spagnolo all’italiano di un interessantissimo articolo apparso oggi nel quotidiano nicaraguense El Nuevo Diario:
Insolito scambio di lettere nel settimanale tedesco “Stern”. Le realtà della zona euro.
Qualche mese fa è stata pubblicata una Lettera Aperta indirizzata a “Cari greci” da un cittadino tedesco di nome Walter Wuellenweber il cui titolo era:
Dopo che la Germania ha dovuto salvare le banche, ora deve anche salvare la Grecia.
I Greci che prima hanno fatto alchimie con l’euro, adesso invece di risparmiare, fanno scioperi.
Cari greci: dal 1981 apparteniamo alla stessa famiglia.
Noi tedeschi abbiamo contribuito come nessun altro al Fondo comune, circa di 200 miliardi di euro, mentre la Grecia ha ricevuto circa 100 mila milioni di tale importo, ossia la più alta quantità pro capite di qualsiasi altro popolo della Unione Europea.
Mai fino ad ora nessun popolo ha aiutato volontariamente fino a questo livello ad un altro e così a lungo.
Voi siete, sinceramente, gli amici più costosi che abbiamo.
Il fatto è che non solo Voi ingannate voi stessi, ma ingannate anche noi. In sostanza, non avete mai dimostrato di meritare i nostri Euro. Fin dalla sua inclusione come moneta della Grecia, non siete mai riusciti a soddisfare i criteri di stabilità. All’interno dell’UE siete il popolo che spende le maggiori somme in beni di consumo. Voi avete scoperto Democrazia, e allora dovreste sapere che si governa attraverso della volontà del popolo, che ha in ultima analisi la responsabilità. Non dite poi, che i politici sono i soli responsabili del disastro.
Nessuno vi ha costretti a evadere le tasse per anni, a opporvi ad ogni politica coerente per ridurre la spesa pubblica e nessuno vi ha costretti a scegliere i governanti che avete avuto e ancora avete.
I greci sono quelli che ci hanno mostrato la via della Democrazia, della Filosofia e delle prime conoscenze di Economia Nazionale. Pero’ adesso ci mostrano una strada sbagliata. E dove voi siete arrivati, non è possibile andare oltre!!
La settimana seguente, STERN ha pubblicato una Lettera Aperta di un greco, indirizzata a Wuellenweber:
Caro Walter, mi chiamo Georgios Psomás. Io sono un funzionario pubblico e non un “impiegato pubblico” come sprezzantemente si riferiscono a noi i miei connazionali e i tuoi connazionali . Il mio stipendio è di 1.000 euro. Per mese, eh? Non andare a pensare che è al giorno, come ti vogliono far credere nel tuo paese. Guarda che guadagno una cifra che non è neanche inferiore a 1.000 euro della tua, che è di varie migliaia. Dal 1981, hai ragione, apparteniamo alla stessa famiglia.
Solo che noi vi abbiamo concesso in esclusiva un sacco di privilegi, come essere i principali fornitori del popolo greco di tecnologia, armi, infrastrutture (2 autostrade e due grandi aeroporti internazionali), telecomunicazioni, prodotti di consumo, automobili, ecc. Se ho dimenticato qualcosa perdonami. Ti faccio notare che all’interno dell’UE siamo i maggiori importatori di prodotti di consumo che producono le fabbriche tedesche.
La verità è che non solo i nostri politici sono i responsabili del disastro della Grecia. Hanno fortemente contribuito anche alcune grandi aziende tedesche, che hanno pagato enormi “commissioni” ai nostri politici per assicurarsi i contratti, per venderci di tutto, e un certo numero di sottomarini fuori servizio, che messi in mare, sono rimasti inservibili e coricati su di un fianco. Io so che ancora non dai credito a ciò che scrivo. Abbi pazienza, aspetta, leggi tutta la lettera, e se non riesco a convincerti, ti autorizzo a buttarmi fuori dall’Eurozona, questo luogo della verità, della prosperità, della giustizia e del diritto.
Caro Walter: E’ trascorso più di mezzo secolo da quando la 2 ° Guerra Mondiale è finita, cioè più di 50 anni dal momento in cui la Germania dovrebbe aver adempiuto i suoi obblighi verso la Grecia. Questi debiti, che finora solo la Germania è riluttante a saldare alla Grecia (Bulgaria e Romania hanno già pagato le indennizzazioni stipulate), sono i seguenti:
1. Un debito di 80.000.000 di marchi tedeschi di indennizzazione, non pagata dalla Prima Guerra Mondiale
2. Debiti per le differenze di “clearing” , nel periodo tra le due guerre, per un totale di 593.873.000 dollari USA. 3. Prestiti forzosi che ha fatto il Terzo Reich, in nome della Grecia durante l’occupazione tedesca, pari a 3,5 mila milioni di dollari durante l’intero periodo di occupazione.
4. Le riparazioni che deve la Germania alla Grecia, per le confiscazioni, le persecuzioni, le uccisioni e la distruzione di interi villaggi, strade, ponti, ferrovie, porti, che ha prodotto il Terzo Reich, e che seecondo le risoluzioni dei tribunali alleati, ammonta a 7, 1 mille milioni di dollari, di cui la Grecia non ha mai visto un solo centesimo.
5. Le riparazioni incommensurabili della Germania per la morte di 1.125.960 greci (38.960 assassinati, 12.000 morti come danni collaterali, 70.000 morti in combattimento, 105.000 morti nei campi di concentramento in Germania, 600.000 morti di fame, ecc.ecc.)
6. La tremenda e immisurabile offesa morale arrecato al popolo greco e agli ideali umanistici della cultura greca.
So amico Walter, che non ti deve piacere per niente quello che ti scrivo. Mi spiace. Pero’ a me molesta di più quello che la Germania vuole fare con me e con i miei connazionali.
Amico Walter: 130 imprese tedesche operano in Grecia, includendo tutti i colossi dell’industria del tuo paese, le quali hanno un guadagno annuale di 6,5 mila milioni di euro.
Molto presto Walter, se le cose continueranno così, non potro’ acquistare più i prodotti tedeschi, perché ogni volta ho meno soldi.
Io e i miei connazionali siamo cresciuti sempre con privazioni, le sopporteremo, non ti fare problemi. Possiamo vivere senza BMW, senza Mercedes, senza Opel nè Skoda. Smetteremo di comprare prodotti di Lidl, di Praktiker, di IKEA.
Ma voi, Walter, come ce la farete a gestire i disoccupati che lascerà questa situazione che vi costringerà ad abbassare il vostro tenore di vita, le vostre auto di lusso, le vacanze all’estero, i vostri tour del sesso in Thailandia?
Voi (tedeschi, svedesi, olandesi, e altri “compatrioti” della Eurozona) pretendete che noi usciamo dall’Europa, dalla Eurozona e non so da dove altro.
Credo fermamente che dobbiamo farlo, per salvarci da una Unione che è una banda di speculatori finanziari, una squadra in cui giochiamo, se consumiamo i prodotti che voi ci offrite: prestiti, beni industriali, beni di consumo, opere faraoniche ecc.
E infine Walter, dobbiamo “regolare” un altro tema importante, essendo che anche voi siete debitori alla Grecia: Esigiamo che ci restituiate la civiltà che ci avete rubato!
Vogliamo che tornino in Grecia le opere immortali dei nostri antenati, che tenete nei musei di Berlino, di Monaco, di Parigi, di Roma e di Londra.
Ed esigo che sia adesso, subito! Perché se devo morire di fame, voglio morire accanto alle opere dei miei antenati.
Cordialmente. GeorgiosPsomás
Abbiamo la possibilità di far crollare velocemente questo sistema dell'Euro in maniera molto semplice: sfruttando la legge di Gresham e la riserva frazionaria delle banche. La soluzione è acquistare monete d'oro e d'argento e lingotti con la valuta Euro e cominciare a disfarsi della valuta Euro acquistando beni di prima necessità e beni di valore non deperibili. Se si inizia tutti a fare questo, le banche dovranno deallocare i prestiti fatti attraverso la generazione della valuta con il meccanismo della riserva frazionaria ad un ritmo molto veloce. Fare questo significa simulare un bank run (corsa agli sportelli) senza andarci veramente in banca (basta acquistare con bonifici bancari online e bancomat: no carta di credito) con il vantaggio che si acquisterebbero oro ed argento che potremmo poi usare come denaro per lo scambio tra privati oltre che ritornare al baratto. Questa azione di rifuggire dall'Euro fatta dai cittadini metterà in ginocchio le banche ed i governi senza sparare un colpo.
ricordiamolo con uno dei suoi più grandi atti magisteriali
«SYLLABUS»
SILLABO DEGLI ERRORI PRINCIPALI DEL NOSTRO TEMPO
CONTENUTI NELLE ALLOCUZIONI CONCISTORIALI,
NELLE LETTERE ENCICLICHE
E NELLE ALTRE LETTERE APOSTOLICHE
DEL SANTISSIMO SIGNOR NOSTRO PIO PP. IX
I.
PANTEISMO, NATURALISMO E RAZIONALISMO ASSOLUTO.
1. Nessun supremo, sapientissimo e provvidentissimo Nume divino esiste distinto da questa universalità di cose, e Dio altro non è che la natura stessa delle cose e perciò soggetto a mutazioni, e diventa Dio realmente nell'uomo e nel mondo, e tutte le cose sono Dio, ed hanno la stessissima sostanza di Dio; ed un'identica cosa è Dio con il mondo, e per conseguenza lo spirito con la materia, la necessità con la libertà, il vero col falso, il bene col male, e il giusto con l'ingiusto.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
2. Devesi negare ogni azione di Dio sugli uomini e sul mondo.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
3. L'umana ragione, senza tener verun conto di Dio, è l'unica arbitra del vero e del falso, del bene e del male, e legge a se stessa, e con le naturali sue forze basta a procacciare il bene degli uomini e dei popoli.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
4. Tutte le verità della religione derivano dalla forza ingenita dell'umana ragione, quindi la ragione è norma precipua, per cui l'uomo possa e debba conseguire la cognizione di tutte le verità di qualsiasi genere.
Epist. Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.
Epist. Encicl. Singulari quidem, 17 marzo 1856.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
5. La divina rivelazione è imperfetta e perciò soggetta a un continuo e indefinito progresso, che corrisponde al progresso dell'umana ragione.
Epist. Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
6. La fede di Cristo urta la ragione; e la rivelazione divina non solo non giova a nulla, ma nuoce altresì al perfezionamento dell'uomo.
Epist. Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862,
7. Le profezie ed i miracoli esposti e narrati nelle Sacre Scritture sono invenzioni poetiche, e i misteri della fede cristiana sono la somma delle investigazioni filosofiche; nei libri dei due Testamenti si contengono invenzioni mitiche, e lo stesso Gesù Cristo non e che una mitica finzione.
Epist. Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
II.
RAZIONALISMO MODERATO.
8. Equiparandosi la ragione umana alla stessa religione, perciò le discipline teologiche si hanno da trattare come le filosofiche.
Alloc. Singulari quadam perfusi, 9 dicembre 1854.
9. Tutti i dogmi indistintamente della religione cristiana sono oggetto della scienza naturale, ossia della filosofia; e l'umana ragione, storicamente soltanto coltivata, può in virtù delle proprie forze e principi naturali giungere alla vera scienza di tutti i dogmi anche i più reconditi, purché questi dogmi siano stati proposti come oggetto alla stessa ragione.
Epist. ad Archiep. Frising. Gravissimas, 11 dicembre 1862.
Epist. ad eundem Tuas libenter, 21 dicembre 1863.
10. Altro essendo il filosofo ed altra la filosofia quegli ha diritto e dovere di sottomettersi a quell'autorità che egli medesimo abbia provata vera; ma la filosofia non può né deve sottomettersi a veruna autorità.
Epist. ad Archiep. Frising. Gravissimas, 11 dicembre 1862.
Epist. ad eundem Tuas libenter, 21 dicembre 1863.
11. La Chiesa non solamente non deve metter bocca giammai in filosofia, ma deve anzi tollerare gli errori della filosofia medesima e lasciare che da se stessa si corregga.
Epist. ad Archiep. Frising. Gravissimas, 11 dicembre 1882.
12. I decreti della Sede Apostolica e delle Romane Congregazioni impediscono il libero progresso della scienza.
Epist. ad Archiep. Frising. Tuas libenter, 21 dicembre 1863.
13. Il metodo e i principi coi quali gli antichi Dottori scolastici coltivarono la Teologia non corrispondono alle esigenze dei tempi nostri e al progresso delle scienze.
Epist. ad Archiep. Frising. Tuas libenter, 21 dicembre 1863.
14. La filosofia vuolsi trattare senza avere nessun riguardo alla rivelazione soprannaturale.
Epist. ad Archiep. Frising. Tuas libenter, 21 dicembre 1863.
N.B. Col sistema del razionalismo combinano in gran parte gli errori di Antonio Gunther condannati nella lettera al Card. Arcivescovo di Colonia: Eximiam tuam, del 15 giugno 1847, e nella lettera al Vescovo di Breslavia: Dolore haud mediocri 30 aprile 1860.
III.
INDIFFERENTISMO E LATITUDINARISMO.
15. Ogni uomo è libero di abbracciare e professare quella religione, che, col lume della ragione, reputi vera.
Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1831.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
16. Gli uomini nel culto di qualsiasi religione possono trovare la via dell'eterna salute e l'eterna salute conseguire.
Epist. Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846
Alloc. Ubi primum, 17 dicembre 1847.
Epist. Encicl. Singulari quidem, 17 marzo 1856.
17. Almeno si deve sperare bene dell'eterna salute di tutti quelli, che affatto non si trovano nella vera Chiesa di Cristo.
Alloc. Singulari quadam perfusi, 9 dicembre 1854.
Lett. Apost. Quanto conficiamur, 17 agosto 1863.
18. Il protestantesimo non è altro che una forma diversa della medesima vera religione cristiana, nella qual forma, del pari che nella Chiesa cattolica, è dato di piacere a Dio.
Epist. Encicl. Noscitis et Nobiscum, 8 dicembre 1849
IV.
SOCIALISMO, COMUNISMO, SOCIETÀ CLANDESTINE,
SOCIETÀ BIBLICHE, SOCIETÀ CLERICO-LIBERALI.
Tali pestilenze sono condannate più volte e con gravissime espressioni nella Lettera Enciclica Qui pluribus, 9 novembre 1846; nell'allocuzione Quibus quantisque, 20 aprile 1849; nella Lettera Enciclica Noscitis et Nobiscum, 8 dicembre 1849; nell'Allocuzione Singulari quadam, 9 dicembre 1854; nella Lettera Apostolica Quanto conficiamur, 17 agosto 1863.
V.
ERRORI SULLA CHIESA E I SUOI DIRITTI.
19. La Chiesa non è una vera e perfetta società completamente libera, né ha diritti suoi propri e permanenti a lei conferiti dal suo divino Fondatore; ma spetta alla civile potestà definire quali siano i diritti della Chiesa e i limiti dentro i quali possa esercitare i medesimi diritti.
Alloc. Singulari quadam perfusi, 9 dicembre 1834.
Alloc. Multis gravibusque, 17 dicembre 1860.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
20. L'ecclesiastica potestà non deve esercitare la propria autorità senza il permesso ed il consenso del civile governo.
Alloc. Meminit unusquisque, 30 settembre 1861.
21. La Chiesa non ha potestà di definire dogmaticamente che la religione della Chiesa cattolica è la sola ed unica vera religione.
Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.
22. L'obbligazione da cui sono assolutamente legati i maestri e gli scrittori cattolici, si restringe a quelle cose soltanto, che dall'infallibile giudizio della Chiesa vengono proposte a credersi da tutti come dogmi di fede.
Epist. ad Archiep. Frising. Tuas libenter, 21 dicembre 1863.
23. I Romani Pontefici e i Concili ecumenici oltrepassarono i limiti della loro potestà, usurparono i diritti dei principi, e sul definire eziandio le cose di fede ed i costumi errarono.
Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.
24. La Chiesa non ha potestà di usare la forza, ne alcuna potestà temporale diretta o indiretta.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
25. Oltre la potestà inerente all'episcopato, vi è altra temporale potestà, data dal civile governo o espressamente o tacitamente concessa, e quindi revocabile a talento del medesimo.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
26. La Chiesa non ha un ingenito e legittimo diritto di acquistare e di possedere.
Alloc. Numquam fore, 15 dicembre 1856.
Epist. Encicl. Incredibili, 17 settembre 1863.
27. I sacri ministri della Chiesa e lo stesso Romano Pontefice si debbono al tutto rimuovere da ogni cura e dominio delle cose temporali.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
28. Non è lecito ai Vescovi senza il permesso del governo promulgare neppure le stesse Lettere Apostoliche.
Alloc. Numquam fore, 15 dicembre 1856.
29. Le grazie concesse dal Romano Pontefice si debbono ritenere per nulle, se non furono implorate per organo del governo.
Alloc. Numquam fore, 15 dicembre 1856.
30. La immunità della Chiesa e delle persone ecclesiastiche trasse origine dal diritto civile.
Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.
31. I1 foro ecclesiastico per le cause temporali dei chierici, siano civili, siano criminali, si deve assolutamente sopprimere, anche non consultata e reclamante la Sede Apostolica.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852
Alloc. Numquam fore, 15 dicembre 1856.
32. Senza veruna violazione del diritto naturale e dell'equità si può abrogare l'immunità personale, con cui i chierici sono esonerati dal peso di subire e di esercitare la milizia. Simile abrogazione poi è domandata dal civile progresso massimamente in una società costituita a forma di più libero regime.
Epist. ad Episc. Montisregal. Singularis Nobisque, 29 settembre 1864.
33. All'ecclesiastica potestà di giurisdizione non appartiene esclusivamente per proprio ingenito diritto, dirigere l'insegnamento delle materie teologiche.
Epist. ad Archiep. Frising. Tuas libenter, 21 dicembre 1863.
34. La dottrina d coloro, che pareggiano il Romano Pontefice ad un Principe libero e operante nella Chiesa universale, è dottrina che prevalse nel medio evo.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
35. Nulla vieta, sia per sentenza di qualche Concilio generale, sia per fatto di tutti i popoli, che il Supremo Pontificato, dal Vescovo di Roma e da Roma stessa, si trasferisca ad altro Vescovo e ad altra città.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
36. La definizione del Concilio nazionale non ammette verun'altra disputa, e la civile amministrazione può esigere la cosa a questi termini.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
37. Possono istituirsi Chiese nazionali sottratte e al tutto divise dall'autorità del Romano Pontefice.
Alloc. Multis gravibusque, 17 dicembre 1860.
Alloc. Jamdudum cernimus, 1S marzo 1861.
38. I soverchi arbitrî dei Romani Pontefici produssero la divisione della Chiesa in orientale ed occidentale.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
VI.
ERRORI INTORNO ALLA SOCIETÀ CIVILE
CONSIDERATA IN SE STESSA
E NEI SUOI RAPPORTI CON LA CHIESA.
39. Lo Stato, come origine e fonte di tutti i diritti, gode di un diritto tale che non ammette confini.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
40. La dottrina della Chiesa cattolica è avversa al bene e ai vantaggi dell'umana società.
Epist. Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.
Alloc. Quibus quantisque, 20 aprile 1849.
41. Alla civile potestà, sebbene esercitata da un sovrano infedele, compete un potere indiretto negativo riguardo alle cose sacre; quindi le spetta non solo il diritto noto col nome di exequatur, ma altresì il diritto d'appellazione, che chiamano ab abusu.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
42. Nel conflitto fra le leggi delle due potestà prevale il diritto civile.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
43. Il potere laicale ha autorità di rescindere, interpretare e annullare le solenni convenzioni, ossia concordati, intorno all'uso dei diritti spettanti all'ecclesiastica immunità stipulata con la Sede Apostolica, e non solo senza il consenso di questa, ma non ostante eziandio le sue proteste.
Alloc. In Concistoriali, 1 novembre 1850.
Alloc. Multis gravibusque, 17 dicembre 1860.
44. L'autorità civile può immischiarsi delle cose concernenti la religione, i costumi e il regime spirituale. Quindi può giudicare delle istruzioni che i Pastori della Chiesa pubblicano per loro uffizio a regola delle coscienze; ed anzi può decretare sopra l'amministrazione dei Santi Sacramenti, e sopra le disposizioni necessarie a riceverli.
Alloc. In Concistoriali, 1 novembre 1850.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
45. Tutto il regime delle pubbliche scuole, in cui si istruisce la gioventù di qualsiasi Stato cristiano (eccettuati solamente per certi motivi i Seminari vescovili) può e deve essere affidato alla civile autorità; e per siffatta guisa affidato, che non si riconosca verun diritto di altra qualunque autorità di immischiarsi nella disciplina delle scuole, nel regolamento degli studi, nel conferimento dei gradi, nella scelta ed approvazione dei maestri.
Alloc. In Concistoriali, 1 novembre 1850.
Alloc. Quibus virtuosissimis, 5 settembre 1851.
46. Anzi negli stessi Seminari dei chierici il metodo da seguirsi negli studi si assoggetta alla civile autorità.
Alloc. Numquam fore, 15 dicembre 1856.
47. L'ottimo andamento della società civile richiede che le scuole popolari, aperte ai fanciulli di qualunque classe del popolo, e in generale tutti i pubblici Istituti destinati all'insegnamento delle lettere e delle discipline più gravi, non che a procurare l'educazione della gioventù, siano sottratte da ogni autorità dall'influenza moderatrice o dall'ingerenza della Chiesa, e vengano assoggettate al pieno arbitrio dell'autorità civile e politica, a piacimento dei sovrani e a seconda delle comuni opinioni del tempo.
Epist. ad Archiep. Friburg. Quum non sine, 14 luglio 1864.
48. Ai cattolici può essere accetto quel sistema di educare la gioventù, il quale sia separato dalla fede cattolica e dalla podestà della Chiesa, e che riguardi soltanto la scienza delle cose naturali e i soli confini della terrena vita sociale, o almeno se li proponga per iscopo principale.
Epist. ad Archiep. Friburg. Quum non sine, 14 luglio 1864.
49. La civile autorità può impedire che i Vescovi e i popoli fedeli abbiano libera e reciproca comunicazione col Romano Pontefice.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
50. L'autorità laica ha per se stessa il diritto di presentare i Vescovi, e può da essi esigere che assumano l'amministrazione delle Diocesi prima di ricevere dalla Santa Sede l'istituzione canonica e le Lettere Apostoliche.
Alloc. Numquam fore, 15 dicembre 1856.
51. Anzi il governo laico ha diritto di deporre i Vescovi dall'esercizio del pastorale ministero, e non è tenuto ad obbedire il Romano Pontefice nelle cose concernenti l'Episcopato e l'istituzione dei Vescovi.
Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852,
52. I1 governo può di suo diritto commutare l'età stabilita dalla Chiesa per la professione religiosa degli uomini e delle donne, e può intimare a tutte le religiose famiglie di non ammettere veruno senza il di lui permesso alla solenne professione dei voti.
Alloc. Numquam fore, 15 dicembre 1856.
53. Debbonsi abrogare le leggi spettanti alla sicurezza dello stato delle famiglie religiose, non che ai loro diritti e doveri; anzi il governo civile può prestar mano a tutti quelli che volessero abbandonare l'intrapresa vita religiosa, e infrangere i voti solenni; può eziandio sopprimere le stesse religiose famiglie del pari che le Chiese collegiate e i benefizi semplici, anche di giuspatronato, e i loro beni o redditi sottoporre ed assegnare all'amministrazione e all'arbitrio della civile potestà.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
Alloc. Probe memineritis, 22 gennaio 1855.
Alloc. Cum sæpe, 26 luglio 1855.
54. I Re e i Principi non solo sono esenti dalla giurisdizione della Chiesa, ma di più, nello sciogliere le questioni di giurisdizione sono superiori alla Chiesa.
Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1551.
55. Si deve separare la Chiesa dallo Stato, e lo Stato dalla Chiesa.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
VII.
ERRORI INTORNO ALL'ETICA
NATURALE E CRISTIANA.
56. Le leggi dei costumi non abbisognano di sanzione divina, né punto è mestieri che le leggi umane si conformino al diritto di natura, e ricevano da Dio la forza obbligatoria.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
57. La scienza delle materie filosofiche, e dei costumi, del pari che le leggi civili, possono e debbono declinare dalla divina ed ecclesiastica autorità.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
58. Altre forze non debbonsi ammettere fuori di quelle, che sono riposte nella materia, ed ogni regola ed onestà dei costumi collocar si deve nell'accumulare e nell'accrescere per qualsiasi materia le ricchezze, nonché nel contentare la voluttà.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
Lett. Apost. Q&uanto conficiamur, 17 agosto 1863.
59. Il diritto consiste nel fatto materiale; tutti i doveri degli uomini sono un vuoto nome e tutti i fatti umani hanno forza di diritto.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1882.
60. L'autorità non è altro se non la somma del numero e delle forze materiali.
Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862.
61. La fortuita ingiustizia di un fatto non reca verun detrimento alla santità del diritto.
Alloc. Jamdudum cernimus, 18 marzo 1861.
62. Devesi proclamare ed osservare il principio denominato del "Non intervento".
Alloc. Novos et ante, 28 settembre 1860.
63. È lecito negare obbedienza ai legittimi Principi, anzi ribellarsi a loro.
Epist. Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846.
Alloc. Q&uisque Vestrum, 4 ottobre 1847.
Epist. Encicl. Noscitis et Nobiscum, 8 dicembre 1849.
Lett. Apost. Cum catholica, 26 marzo 1847.
64. Tanto la violazione di qualsiasi santissimo giuramento, quanto qualunque scellerata e criminosa azione ripugnante alla legge eterna, non solamente non è da condannare, ma sibbene torna lecita del tutto, e degna di essere celebrata con comune lode, quando ciò si faccia per l'amore della patria.
Alloc. Quibus quantisque, 20 aprile 1849.
VIII.
ERRORI CIRCA IL MATRIMONIO CRISTIANO.
65. In verun modo si può sostenere che Cristo abbia sollevato il Matrimonio alla dignità di Sacramento.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
66. Il Sacramento del Matrimonio non è se non un che d'accessorio al contratto e da esso separabile, e il Sacramento medesimo è riposto nella sola benedizione nuziale.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
67. Per diritto di natura il vincolo del Matrimonio non è indissolubile, e in vari casi il divorzio, propriamente detto, può essere sancito dalla civile autorità.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
68. La Chiesa non ha potestà di stabilire impedimenti dirimenti del Matrimonio, ma tale potestà spetta all'autorità civile, per mezzo della quale si hanno da rimuovere gli impedimenti esistenti.
Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851.
69. La Chiesa cominciò a creare gli impedimenti dirimenti nei secoli di mezzo, non per diritto proprio, ma usando di quel diritto che aveva ricevuto dal potere civile.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
70. I Canoni Tridentini, fulminanti la scomunica a coloro che osano negare alla Chiesa la facoltà di stabilire gli impedimenti dirimenti, o non sono canoni dogmatici, o si debbono intendere nel senso di questa sola ricevuta potestà.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
71. La forma del Tridentino non obbliga sotto pena di annullamento, quando la legge civile prescriva un'altra forma e voglia, con l'intervento di questa nuova forma, render valido il Matrimonio.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
72. Bonifazio VIII fu il primo ad asserire che il voto di castità emesso nell'Ordinazione rende nulle le nozze.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
73. In virtù del semplice contratto civile può sussistere fra cristiani un vero Matrimonio; ed è falso che o il contratto di Matrimonio fra cristiani sia sempre Sacramento, o che nullo sia il contratto, se il Sacramento si escluda.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
Lettera di S. S. Pio Pp. IX al Re di Sardegna, 9 settembre 1852.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
Alloc. Multis gravibusque, 17 dicembre 1860.
74. Le cause matrimoniali o degli sponsali spettano di loro natura al foro civile.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1852.
N.B. Qui possono richiamarsi due altri errori intorno all'abolizione del celibato clericale, e alla preferenza dello stato di Matrimonio sopra lo stato di verginità. Il primo fu condannato nella Lettera Enciclica Qui pluribus, 9 novembre 1846, e il secondo nella Lettera Apostolica Multiplices inter, 10 giugno 1851.
IX.
ERRORI INTORNO AL PRINCIPATO CIVILE
DEL ROMANO PONTEFICE.
75. Sulla compatibilità del regno temporale con lo spirituale disputano fra di loro i figli della cristiana e cattolica Chiesa.
Lett. Apost. Ad Apostolicæ, 22 agosto 1851.
76. L'annullamento del principato civile che possiede la Sede Apostolica gioverebbe assaissimo alla libertà e felicità della Chiesa.
Alloc. Quibus quantisque, 20 aprile 1849.
N.B. Oltre questi errori espressamente notati, altri moltissimi implicitamente se ne condannano nella proposta e difesa dottrina, che tutti i Cattolici debbono fermissimamente ritenere intorno al civile principato del Romano Pontefice. Tale dottrina è splendidamente sviluppata nell'Allocuzione Quibus quantisque, 20 aprile 1849; nell'Allocuzione Si semper antea, 20 maggio 1850; nella Lettera Apostolica Cum Catholica Ecclesia, 26 marzo 1S60; nell'Allocuzione Jamdudum, 18 marzo 1861; nell'Allocuzione Maxima Quidem, 9 giugno 1862.
X.
ERRORI RIGUARDANTI
IL LIBERALISMO ODIERNO.
77. Ai tempi nostri non giova più tenere la religione cattolica per unica religione dello Stato, escluso qualunque sia altro culto.
Alloc. Nemo vestrum, 26 luglio 1855.
78. Quindi lodevolmente in parecchie regioni cattoliche fu stabilito per legge, esser lecito a tutti gli uomini ivi convenuti il pubblico esercizio del proprio qualsiasi culto.
Alloc. Acerbissimum, 27 settembre 1552.
79. Infatti è falso che la civile libertà di qualsiasi culto o la piena potestà a tutti indistintamente concessa di manifestare in pubblico e all'aperto qualunque pensiero ed opinione influisca più facilmente a corrompere i costumi e gli animi dei popoli e a propagare la peste dell'indifferentismo.
Alloc. Numquam fore, 15 dicembre 1856.
80. Il Romano Pontefice può e deve col progresso, col liberalismo e con la moderna civiltà venire a patti e conciliazione.
Alloc. Jamdudum cernimus, 18 marzo 1861.
Foto e Video della S. Messa Pontificale celebrata secondo l'usus antiquior a Miami dall'Arcivescovo Mons. Thomas Wenski la scorsa settimana in occasione della festa della Purificazione (Candelora)
“Il portiere della storia non guarda le loro ragioni, ma guarda i loro visi. Per cancellare di colpo tante immagini deprimenti bastano dieci visi di monaci perduti in fondo ad un monastero o quella contadina spagnola che intravidi un giorno nel più fitto segreto di una chiesetta di Toledo con le braccia allargate in un gesto sovrano, eretta come una regina, mentre pregava in ginocchio. Ma bisogna dunque frugare nei monasteri e nelle cappelle castigliane per raccogliere i riflessi morenti di un fuoco che deve incendiare il mondo?”. Léon Bloy
pro Ecclesia Dei sancta
Ut domnum Apostolicum, et omnes gradus Ecclesiae in sancta religione conservare digneris, te rogamus audi nos.
“Basterebbe un giorno senza nessun aborto e Dio concederebbe la pace al mondo fino al termine dei giorni" (San Pio da Pietrelcina)