sabato 18 febbraio 2012

catholics! (3)

da Erode a Pilato....

La notizia non è nuova, tra i primi a sollevare il caso due anni fa fummo noi( vedi qui, qui e qui); da allora tutto è rimasto invariato: ora di questo clamoroso boicottaggio interno (di cui ora si conosce il responsabile vale a dire la Segreteria di Stato) di una delle iniziative più importanti di Papa Benedetto XVI potrebbe accorgersi anche la grande stampa e fare un altro bel can can. Suggeriamo di correre ai ripari per tempo......

In Vaticano, chi ha paura

del "Summorum Pontificum"?

Padre Zuhlsdorf
Padre Zuhlsdorf
Nel suo Blog, Padre Fr. John Zuhlsdorf, sacerdote americano, ha notato che le versioni ufficiali del Motu Proprio Summorum Pontificum dal Santo Padre del 7 luglio 2007 esistono solo in latino e in... ungherese. Da cinque anni, nessun'altra versione ufficiale è stata pubblicata sul sito della Santa Sede.
Dopo avere chiesto il perché alla Commissione Ecclesia Dei, gli è stato risposto che questa materia riguarda la... Segreteria di Stato (Lettera del 1 febbraio 2012).
Sito Web della Santa Sede: "Motu Proprio"
Fonte: Fr. Z's Blog

Il Cardinale Arcivescovo di Bologna condanna la messinscena di Castellucci: "uno spettacolo indegno, offensivo, e obiettivamente blasfemo e sacrilego"

Cafarra

Il Card. Cafarra condanna lo spettacolo di Castellucci

 
Riproduciamo il comunicato stampa del Card. Cafarra in cui con vigore condanna lo spettacolo blasfemo "Sul concetto di volto nel figlio di Dio" e chiede ai parroci preghiere di riparazione. E' consolante, in mezzo a tanti silenzi assordanti, ascoltare un Principe della Chiesa scendere in campo in difesa dell'onore di Nostro Signore.
COMUNICATO STAMPA
In relazione allo spettacolo “Sul concetto di volto nel figlio di Dio” offensivo della Persona del Cristo e del sentimento religioso dei fedeli cattolici, di prossima programmazione a Casalecchio di Reno, il Cardinale Arcivescovo comunica:
Dall’insulto alla sua Madre, rivoltole nella nostra città alcuni anni or sono, si passerà ora ad una rappresentazione teatrale obiettivamente blasfema nei confronti di Gesù e del suo Volto Santo. Siamo sdegnati e addolorati, come cittadini e come credenti. Come cittadini nel vedere che l’esercizio della libertà espressiva non conosce più neppure i limiti del rispetto dell’altro. Come credenti nel vedere inserito il Volto Santo – il quale gli angeli desiderano guardare – in uno spettacolo indegno, offensivo, e obiettivamente blasfemo e sacrilego.
Sacrilegio è anche trattare indegnamente i simboli sacri, così come la bestemmia si estende anche alle sante immagini. Vengono a mente le parole della Scrittura: «poiché hanno odiato la sapienza e non hanno amato il timore del Signore […] mangeranno il frutto della loro condotta e si sazieranno dei risultati delle loro decisioni» [Pr 1,29.31]. Dio continui ad usarci misericordia, anche quando giungiamo perfino al disprezzo del dono più grande che ci ha fatto: il suo Figlio unigenito. 2 «Uomo dei dolori, davanti a cui ci si copre la faccia» [Is 53,3].
Cristo è sceso nelle più amare pieghe dell’umana angoscia; Dio ha voluto sperimentare il nostro duro mestiere di vivere. Ma per donarci speranza, per riportarci alla nostra primigenia verità e splendore. Vederlo disprezzato in questa sua sofferta bellezza, è spegnere ogni speranza. “Volto santo di Cristo, luce che rischiara le tenebre del dubbio e della tristezza, vita che ha sconfitto per sempre il potere del male e della morte … rendici pellegrini di Dio in questo mondo, assetati di infinito” [Benedetto XVI]. Sono sicuro che i buoni fedeli di Casalecchio in unione coi loro pastori sapranno reagire in modo fermo e composto. Chiedo ai parroci di Casalecchio di fare, dopo la celebrazione delle sante Messe feriali di venerdì e sabato, una preghiera di riparazione, nella forma e modo che riterranno più opportuno. Non escludano eventualmente la celebrazione della S. Messa «per la remissione dei peccati». E che Dio abbia pietà di noi!
Bologna, 16 febbraio 2012

+ Carlo Card. Caffarra
Arcivescovo

venerdì 17 febbraio 2012

prìncipi non princìpi

Non praevalebunt
di Riccardo Cascioli


«Della Chiesa di Roma si parla in tutto il mondo, speriamo che si parli anche della nostra fede… cioè che si parli non di tante cose ma della fede della Chiesa di Roma». A guardare i giornali di questo periodo, sembrerebbe che questo auspicio del Papa, rivolto ai seminaristi di Roma il 15 febbraio, sia ben lontano dal tramutarsi in realtà.

Dopo che per mesi si è battuto sullo scandalo pedofilia, si è passati alla questione economica, sia con gli attacchi su esenzione Ici e Otto per mille, sia con la divulgazione sui giornali di lettere private in cui si mettono in evidenza corruzione e clientelismo nella gestione economica del Governatorato della Santa Sede. Sulla scia di queste ultime lettere poi, si moltiplicano le voci di faide interne al Vaticano per la scalata a posti di potere, che hanno raggiunto il culmine con la notizia di un complotto per sostituire Benedetto XVI.

L’Espresso oggi in edicola, ad esempio, pubblica un’inchiesta che proprio alla vigilia del Concistoro del 18 febbraio fa un po’ la sintesi (non si sa quanto attendibile) di queste manovre di potere. A dare altro carburante ci ha pensato poi il presidente del Consiglio Mario Monti che, intervenendo questa settimana al Parlamento Europeo ha annunciato la modifica alle esenzioni dall’Ici degli enti no profit: non tanto per la decisione in sé, pure discutibile, ma per il fatto che davanti a una lettura da parte dei media che ha ristretto ai beni della Chiesa l’intervento del governo, da Palazzo Chigi non è venuta alcuna precisazione, avallando così una interpretazione volutamente ideologica.

Sembrerebbe insomma che della Chiesa di Roma in realtà si parli di tutto meno che di fede e certamente, come ha riconosciuto il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, ci sono responsabilità anche all’interno delle Mura vaticane, visto che i documenti riservati non arrivano nelle redazioni dei giornali camminando sulle proprie gambe.

Proprio questo è forse l’aspetto più preoccupante, e cioè l’attacco dall’interno. Che i nemici della Chiesa scatenino la loro violenza in fondo è quasi scontato, che siano anche i princìpi della Chiesa a farlo lascia sconcertati. Così come è fonte di disorientamento il fatto che ci siano in diverse parti d’Europa larghe porzioni di sacerdoti e vescovi che si ribellano apertamente al Papa.

Eppure anche questa non è una novità. Come ricorda padre Livio Fanzaga nel libro Il ritorno di Cristo (Piemme 2012) è già San Giovanni a descrivere questa situazione: “Figlioli, questa è l’ultima ora. Come avete udito che deve venire l’anticristo, di fatto ora molti anticristi sono apparsi. Da questo conosciamo che è l’ultima ora. Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma doveva rendersi manifesto che non tutti sono dei nostri” (1 Gv 2, 18-19). Ma, dice padre Livio citando anche Sant’Agostino, “per quanto il Demonio possa scompaginare la Chiesa e attaccarla anche all’interno, non riuscirà mai a indurla all’errore, perché ci sarà sempre un piccolo gregge che conserverà intatta la fede, all’insegna del non praevalebunt promesso da Gesù. (…) La Chiesa resiste dunque salda e passerà attraverso il tempo della prova, guidata dalla fede indefettibile del Pontefice, senza soluzione di continuità nella successione apostolica, protetta dalla Madonna (…) e ispirata dallo Spirito Santo”.

In questi tempi di attacchi esterni e di grave confusione all’interno della Chiesa, dunque, è la certezza della vittoria di Cristo che deve animarci, che non è una speranza astratta ma fondata sulla realtà e dimostrata dalla storia. Come scrisse G.K. Chesterton nel 1935, riferendosi al cristianesimo: “Nei tempi in cui Huxley, Herbert, Spencer e gli agnostici vittoriani strombazzavano sulla famosa idea di Darwin quasi fosse una verità definitiva, sembrò a migliaia di persone semplici, praticamente impossibile che la religione potesse sopravvivere. Ironia della sorte fu che è sopravvissuta non solo a tutti costoro, ma che è la dimostrazione ideale (forse l’unica dimostrazione concreta) di ciò che chiamavano la sopravvivenza del più forte”. Che i giornali lo dicano o no. Che vescovi e preti ci credano o meno.

Il Rito latino usus antiquior è in "libertà vigilata".


La Messa “antica”, quella che amiamo chiamare la “Messa di sempre”, è stata ormai da quattro anni liberalizzata. Con un atto senza precedenti, il Santo Padre ha dichiarato che “non fu mai abolita”. Da quella dichiarazione è nata tutta la nostra storia. Resta un problema: questa libertà è “vigilata”, e questo non ha senso.

Sappiamo bene che una libertà vigilata non riconosce il pieno valore di ciò che libera. Nelle Diocesi rimane una mentalità negativa o sospettosa al riguardo del rito tradizionale. Si pensa che questo ritorno al rito antico sia una concessione, un indulto, un atto di bontà del Santo Padre a favore di quei cattolici, Sacerdoti e fedeli, che non si sono ancora adattati alla modernità. Se le cose stessero così, sarebbe un falso indicare che la Messa tradizionale non fu mai abolita!

Una libertà vigilata viene vista sempre come un male minore, come qualcosa di sopportato per evitare rischi più grandi. Ma uno sguardo così non ha niente a che vedere con ciò che il Papa ha riconosciuto con il Motu proprio Summorum Pontificum.

Ogni sacerdote può, senza chiedere a nessuno, celebrare secondo il Messale tradizionale.
Questa affermazione sembra rimasta chiusa nelle stanze delle curie, per paura che “un
simile male si diffonda”. Il rito tradizionale deve invece, in modo salutare, influenzare positivamente la Chiesa tutta, caduta in una delle sue crisi più spaventose, forse a causa di una terribile crisi liturgica, come anni fa' affermò lo stesso Cardinal Ratzinger. Ma come fa ad influenzare positivamente la Chiesa se resta in libertà vigilata, ristretta, agli “arresti domiciliari”? Di cosa si ha ancora paura?

In quali seminari si insegna la Tradizione liturgica della Chiesa ai chierici?

Perché si continua a non insegnare la Messa tradizionale ai seminaristi?

Perché di fatto si vieta loro di assistere alla Messa tradizionale?

Ha del tragicamente ridicolo il far assistere ai riti della Chiesa orientale, invitare i preti ortodossi, e vietare la presenza di quei preti che hanno abbracciato la Tradizione. Se è un valore la Tradizione liturgica della Chiesa latina, diamola ai seminaristi perché un domani la dispensino ai fedeli.
Si danno le chiese alle comunità ortodosse, separate da Roma non solo per insignificanti motivi disciplinari ma per questioni dogmatiche, e non si concedono Parrocchie personali di rito tradizionale, sperando che i fedeli e i sacerdoti si stanchino di domandarle. Tutto questo gioco che non esce allo scoperto non è cattolico, non viene da uno spirito di fede. Si è ecumenici con tutti, tranne con il proprio passato che esiste nel presente.

Tutta questa triste situazione crea un penosissimo blocco che impedisce un vero lavoro apostolico.

Dalla Messa tradizionale deve venire tutta un'opera di edificazione delle anime, tutta una educazione cristiana, tutta un'opera di santificazione, di cui il mondo ha estremamente bisogno. La Messa tradizionale esiste per lo scopo stesso per cui esiste la Chiesa: salvare le anime. Non ha senso concederla per “intrattenere” i fedeli, per dare loro un brivido estetico!

No: la Messa tradizionale c'è per santificare gli uomini, per edificare la Chiesa, per far rinascere le parrocchie, per ricostruire le scuole, per curare gli ammalati, per ridare speranza agli afflitti... in una parola per fare il Cristianesimo. Non può restare agli “arresti domiciliari”.

Una libertà piena sarà inoltre la migliore garanzia perché chi si accosta alla Tradizione non lo faccia per una vuota nostalgia, ma per un impeto di fede operosa.

 

giovedì 16 febbraio 2012

La domanda sorge spontanea: "Oggi, quando va bene, la Chiesa balbetta là dove dovrebbe urlare. Perché?"

Pubblichiamo quest’articolo magistrale di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, uscito su “Il Foglio” di oggi. In questi giorni la Chiesa “conciliare/conciliante” ha mostrato tutta la sua debolezza di fronte al mondo: in primo luogo mostrando a tutti che sull'oltraggio al Santo Volto si può benissimo abbozzare; che se il Governo minaccia di alzare le tasse e di far pagare l’Ici agli Enti ecclesiastici, invece di fare uno sfracello in difesa del principio, ci si limita ad auspicare (meglio a supplicare) di tener conto degli enti non-profit; che Celentano può ragliare alla luna senza che si vada oltre ad una reazione isterica di chi è stato colto su di un fatto di una gravità inaudita (è vero, infatti, che del Paradiso non ce ne importa più di tanto); che il Vaticano è una corte di veleni e sospetti, di carrierismi e  malversazioni. Le uniche cose su cui si tiene il punto sono la Messa di sempre, che suscita "qualche perplessità" (come insegna il conciliabolo tridentino rockettaro) e la richiesta pressante affinché la Fraternità San Pio X si impicchi con le sue mani a uno di questi alberi che non sono stati piantati da Nostro Signore vale a dire la libertà religiosa (=diritto all’errore=eclissi del dovere di conoscere la Verità), l’ecumenismo (=indifferentismo), e la collegialità, i cui contorni restano ancora sfumati nello stesso Concilio Vaticano II.
E’ stato scritto giustamente: « I Ministri di questo governo tecnico dicono spesso: "E' l'Europa che ce lo chiede", come se bastasse questo per legittimare sacrifici, tasse, imposte, licenziamenti ecc. Nessuno li ha eletti, e sono stati imposti come salvatori della Patria dalle banche, dall'alta finanza, dall'Europa. Un'Europa impersonale, lontana dai cittadini, nelle cui Commissioni decidono persone che non sono state elette da nessuno. Il deficit dell'Italia non è stato causato dagli Italiani, ma si chiede a loro di pagarlo.    
Sul versante cattolico, i Vescovi dicono spesso: "E' il Concilio che ce lo chiede", come se bastasse questo per legittimare la distruzione della Liturgia, l'annacquamento della Dottrina, il rilassamento della Morale ecc. Il Concilio: un'entità impersonale, lontana dai Cattolici, nelle cui Commissioni decidono persone che spesso non sono nemmeno insignite dell'Ordine Episcopale, e che talvolta sono chiaramente moderniste o addirittura sospette di eresia. La crisi della Chiesa non è stata causata dai fedeli, ma si chiede a loro di farsene carico». 
  Pare davvero che quasi tutti gli sforzi della Chiesa e del Clero in questi ultimi decenni, in particolare, siano di adattarsi allo spirito del mondo, di risultare simpatici, di andare nella direzione opposta  quella insegnata dal Maestro divino: "siete nel mondo, ma non siete del mondo". Un cattivo zelo per la "pastorale" ha portato il Clero a secolarizzarsi sempre di più, abbandonando preghiera e  penitenza, snobbando, anzi disprezzando il patrimonio di fede e di esperienza nella cura delle anime, acquisito dalla Chiesa nella sua vita bimillenaria, perdendo così non solo di incisività, ma anche di motivazioni, dal momento che, secondo i cattivi maestri della teologia contemporanea, tutti gli uomini sono già inconsapevolmente ed implicitamente cristiani, tutte le religioni sono vie di salvezza, ... e poi, a tutto supplisce la Divina misericordia, naturalmente anche senza il desiderio ed il minimo sforzo di conversione e di salvezza, lì dove i Sacramenti sarebbero solo un optional.  
Oggi ne paghiamo lo scotto spiritualmente, mediaticamente, economicamente…. oltre a quella del titolo un'altra domanda sorge spontanea: ma dove sono i vantaggi, perbacco?  (il capitano De Falco userebbe un’espressione più colorita). Leggiamo Gnocchi e Palmaro....

Il Vaticano e il mondo
di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro
I fatti son fin troppo noti: la previsione della morte del Papa, le manovre per decidere fin da ora il successore, gli intrighi di palazzo e i furbetti della cittadella che parlano coi giornali. In casa cattolica, c’è chi trova la vicenda “tutta da ridere”. C’è chi la stigmatizza, ma senza trarne motivo di scandalo. C’è chi nasconde la notizia in una colonnina a pagina 19, così che il povero Bordin a Radio Radicale non fa in tempo ad arrivarci prima di finire la rassegna stampa.
Ce n’è per tutti, compresi quei cattolici ordinari che aprono i giornali e non sanno se si trovano nella cronaca nera o nella pagina degli spettacoli, col bel risultato di farsi venire gli stessi pensieri di fior di anticlericali, anche se con opposto palpito di cuore. E ne hanno ben donde, poveretti. Perché, a non voler nascondere sotto il tappeto la sporcizia denunciata a suo tempo dal cardinale Ratzinger, da ridere pare proprio che non ce ne sia. Anzi, forse ce n’è abbastanza da scandalizzarsi senza timore di passar per paolotti della più bell’acqua. E certamente si dovrebbe tirare la notizia un po’ più su di pagina 19, tanto ormai la sanno tutti.
Questo desolante incrocio tra il Festival di Sanremo, dove si intriga per sapere in anticipo il nome del vincitore, e una serie tv stile “Codice da Vinci”, dove il sacro si dilegua davanti al profano, rappresenta fin troppo bene certi esiti dello scellerato patto stipulato dalla teologia moderna con il mondo. Tra le primizie pastorali di quel patto, doveva esserci una Chiesa protagonista dei mass media: eccola, sulle prime pagine dei giornali, in tv sul, web. Ma senza l’inossidabile sfavillìo festivaliero e senza l’ipnotica suspense del thriller di razza. Eccola, spogliata anche del minimo appeal, mostrare al mondo uomini occupati da tutto quanto rimane di solamente umano quando il divino è stato messo da parte.
Chi va con il mondo, avrebbe detto Totò che di spettacolo se ne intendeva, impara a mondanizzare. Però lo fa male e replica maldestramente copioni altrui illudendosi di recitare in proprio. Operazione aggravata dal fatto che mettere in scena un pessimo “Codice da Vinci” con personaggi veri è infinitamente più dannoso che subirne uno geniale a mezzo stampa.
Eppure, le avanguardie della nuova Chiesa pneumatica avevano promesso ben altro. Una volta gettata a mare la Chiesa costantiniana, il suo sfarzo liturgico, il suo trionfalismo e i suoi legami con il potere, non si sarebbero più replicate le nefandezze della Roma rinascimentale. Tempo il finir di millennio, il secondo, e la Chiesa sarebbe stata tutta nuova e spirituale. Invece, come accade sempre quando ci si occupa solo dello spirito, si finisce per sentirsi liberi da ogni vincolo e abusare del corpo: quello individuale proprio e altrui, quello sociale e quello mistico. Se si guarda con onestà da questo punto di vista, si spiegano tutte le piaghe che hanno flagellato in questi anni la Chiesa dall’interno, senza concorso di terzi. Tutto ciò con gran soddisfazione del mondo, per il quale non c’è alleato migliore di chi non se ne cura in quanto troppo occupato da pensieri spirituali.
E così, adesso, ci si trova davanti al paradosso di vasti, vastissimi, sterminati settori della Chiesa che, dopo una buona dose di mea culpa battuti sul petto altrui, ora si trovano al cospetto di ben altro, e non possono neppure incolpare il passato. Crolla lo schema ideologico secondo cui la Chiesa di oggi è sempre migliore di quella di ieri. Evapora la presunzione per cui i cristiani contemporanei sarebbero adulti e vaccinat), mentre quelli di una volta sarebbero tutti ignoranti e dunque indefessi peccatori. In tutta questa oscura faccenda dai contorni obiettivamente indefiniti, la Chiesa di sempre non fa un plisset, perché come scrive Vittorio Messori, manifesta quella fetta di umano che si porta inevitabilmente con sé. Il guaio vero si manifesta quando l’umanesimo si mangia il cristianesimo, il sentimento la dottrina, l’orizzontale il verticale. A questo punto i complotti e i maneggi non sono più una patologia, ma la più logica delle conseguenze.
Qui giunti, le persone comuni, credenti e non credenti, si pongono la stessa domanda: ma quei signori ci credono davvero? Fatta salva la fede dei singoli, su cui il giudizio tocca al Padreterno, non si può pensare che lo smantellamento sistematico della dottrina, della morale, della liturgia non abbia effetti. E questa è una constatazione amara per credenti e non credenti: i quali, forse, si pongono la domanda fatidica con diverso palpito di cuore, ma sicuramente amerebbero avere la stessa risposta.

"i nemici di Cristo — di ciò siamo sicuri — che vaneggiano sulla scomparsa della Chiesa, riconosceranno che troppo presto hanno giubilato e troppo presto hanno voluto seppellirla" (Pio XI)

 "Come altre epoche della Chiesa, anche questa sarà preannunciatrice di nuovi progressi e di purificazione interiore, quando la fortezza della professione della fede e la prontezza nell’affrontare i sacrifici da parte dei fedeli di Cristo saranno abbastanza grandi da contrapporre alla forza materiale degli oppressori della Chiesa l’adesione incondizionata alla fede, l’inconcussa speranza ancora nell’eterno, la forza travolgente di amore operoso. Il sacro tempo della Quaresima e di Pasqua, che predica raccoglimento e penitenza e fa rivolgere lo sguardo del cristiano più che mai alla Croce, ma insieme anche allo splendore del Risorto, sia per tutti e per ciascuno di voi un’occasione che saluterete con gioia e sfrutterete con ardore, per riempire tutto l’animo dello spirito eroico paziente e vittorioso che si irradia dalla Croce di Cristo. Allora i nemici di Cristo — di ciò siamo sicuri — che vaneggiano sulla scomparsa della Chiesa, riconosceranno che troppo presto hanno giubilato e troppo presto hanno voluto seppellirla. Allora verrà il giorno, in cui, invece dei prematuri inni di trionfo dei nemici di Cristo, si eleverà al cielo dai cuori e dalle labbra dei fedeli il «Te Deum » della liberazione: un «Te Deum » di ringraziamento all’Altissimo, un «Te Deum » di giubilo, perché il popolo tedesco, anche nei suoi membri erranti, avrà ritrovato il cammino del ritorno alla religione, con una fede purificata dal dolore, piegherà di nuovo il ginocchio dinanzi al Re del tempo e dell’eternità, Gesù Cristo, e si accingerà in lotta contro i rinnegati e i distruttori dell’occidente cristiano, in armonia con tutti gli uomini ben pensanti delle altre nazioni, a compiere la missione, che gli hanno assegnato i piani dell’Eterno" (dall'Enciclica "MIT BRENNENDER SORGE", 14 marzo 1937, del Sommo Pontefice Pio XI)

mercoledì 15 febbraio 2012

catholics! (2)

martedì 14 febbraio 2012

200.000! Grazie!

Per ringraziare i nostri lettori 
ecco una musica celestiale,
l'Agnus Dei di Samuel Barber (1910-1981)

lunedì 13 febbraio 2012

‘Esorcizzo te, immondissimo spirito…’

  Il satana dimenticato

(di Paolo Rodari su Il Foglio del 4/01/2012) Chi pensa più agli esorcisti? Parla Gabriele Amorth, dal 1986 in prima linea contro il Grande Nemico. “Su quel fronte purtroppo siamo rimasti in pochi” Un giorno padre Gabriele Amorth, l’anziano sacerdote paolino divenuto esorcista della diocesi di Roma nel 1986 per mandato firmato dal cardinale vicario di allora Ugo Poletti – da poco ha dato alle stampe “L’ultimo esorcista” (Edizioni Piemme, 266 pagine, 16,50 euro) –, viene ricevuto da un’eminenza importante della Santa Sede.
Buon giorno eminenza, sono padre Gabriele Amorth. Sono un sacerdote paolino. Abito a Roma. Sono anche l’esorcista ufficiale della…”. “So chi è lei. Ho sentito parlare di lei. Mi dica. Cosa vuole?”.
Avrei bisogno di incontrarla”. “Per quale motivo?”.
Be’, vede, ho messo insieme un’associazione di esorcisti. Ci riuniamo a Roma per confrontarci e aiutarci. Sa, nel mondo siamo talmente pochi”. “Senta. Adesso non ho tempo. Se vuole può venire a casa mia domani. Così mi dice quello che vuole. Saluti”.
Il cardinale chiude la telefonata piuttosto bruscamente. O almeno così pare a padre Amorth. Qualcosa gli dice che non gli sta simpatico. Il giorno dopo si fa annunciare in casa sua all’orario stabilito. Un pretino ossequioso entra in una stanza in fondo a un corridoio. Esce pochi istanti dopo senza guardare Amorth.
Entra in un’altra stanza senza dire nulla. “Avanti!”, urla una voce roca che Amorth intuisce provenire dalla stanza in fondo al corridoio. Entra. Sua eminenza è seduta su una poltrona. Davanti a sé ha un televisore acceso. In mano il telecomando. Gli fa cenno di sedersi su una poltrona. Quindi, una volta sedutosi, spegne la tv. “Lei voleva vedermi. Dunque eccomi qua. Mi dica”.
Ecco, eminenza. Ci tenevo a informarla del fatto che, in qualità di esorcista della diocesi di Roma, ho pensato di convocare un piccolo raduno di esorcisti. Siamo in pochi nel mondo e in pochissimi in Italia. Ho pensato che vederci ci avrebbe aiutato. E’ un mestiere difficile. Così sono venuto qui soltanto per informarla di questa iniziativa”. “Ma deve informare Ruini – il cardinale Camillo Ruini è, nel momento in cui avviene questo colloquio, ancora il vescovo vicario per la diocesi di Roma, il successore di Poletti, ndr –, non me. Io dirigo un ufficio vaticano che sulla carta potrebbe avere competenza in materia ma soltanto sulla carta. Chi deve essere informato è Ruini”.
Eminenza, Ruini è già informato. Gli ho scritto personalmente. Mi sembrava buona cosa avvisare anche lei…”. “Sì, sì, per carità. Ha fatto bene. Ma tanto questa storia del diavolo…”.
Come scusi?”. “Sto dicendo, lei fa l’esorcista, ma lo sappiamo entrambi che Satana non esiste, no?”.
Come sarebbe a dire ‘sappiamo che non esiste’”. “Padre Amorth. Per favore. Lei lo sa meglio di me che è tutta superstizione. Non mi vorrà mica far credere che lei ci crede davvero?”.
Eminenza, mi stupisce sentire queste parole da una personalità così importante come lei”. “La stupisce? Ma come? Non mi dica che lei davvero ci crede!”.
Io credo che Satana esiste”. “Davvero? Io no. E spero che nessuno ci creda. Diffondere certe paure non è buona cosa”.
Be’, eminenza, non deve dirlo a me. Anzi, se posso le suggerirei una cosa”. “Mi dica pure”.
Lei dovrebbe leggere un libro che forse può aiutarla”. “Ah sì? Quale libro, padre Amorth?”.
Lei dovrebbe leggere il Vangelo”. Un silenzio glaciale cala nella stanza. Il cardinale guarda Amorth serio senza rispondere.
Amorth lo incalza. “Eminenza, è il Vangelo che parla del demonio. E’ il Vangelo che racconta di Gesù che scaccia i diavoli. Non solo, è il Vangelo che dice che tra i poteri che Gesù ha dato agli apostoli c’è quello di scacciare i demoni. Cosa vuole fare, buttare a mare il Vangelo?”. “No, ma io…”.
Eminenza, voglio essere franco con lei. La chiesa commette un grave peccato a non parlare più del demonio. Le conseguenze di questo atteggiamento sono gravissime. Cristo è venuto e ha combattuto la sua battaglia. Contro chi? Contro Satana. E l’ha vinto. Ma lui è ancora libero di tentare il mondo. Oggi. Adesso. E lei cosa fa? Mi dice che sono solo superstizioni? Anche il Vangelo allora è solo superstizione? Ma come può la chiesa spiegare il male senza parlare del demonio?”. “Padre Amorth, Gesù scaccia i demoni è vero. Ma è solo un modo di dire per mettere in evidenza la potenza di Cristo! Il Vangelo è un’espressione continua di parabole. Sono tutte parabole. Gesù ha sempre insegnato per parabole”.
Ma eminenza, quando Gesù vuole usare una parabola lo dice chiaramente. Il Vangelo dice: ‘Gesù riferì loro questa parabola’. Mentre il Vangelo distingue nettamente fatti storici realmente accaduti, le guarigioni, gli insegnamenti, i rimproveri, gli esorcismi distinguendo questi ultimi dalle guarigioni. Quando Gesù scaccia i demoni non si tratta di una parabola, ma di una realtà. Non ha combattuto un fantasma, ma una realtà, altrimenti si sarebbe trattato di una farsa. Tanti santi hanno combattuto col demonio, tanti santi sono stati tentati dal demonio, pensi ad esempio alle esperienze dei padri del deserto, tanti santi hanno operato esorcismi. Allora sarebbero stati tutti falsi, tutti nevrotici? Come si fa a non credere all’esistenza di Satana?”. “Va bene, ma anche ammesso che fossero fatti reali, anche ammesso che Gesù davvero ha scacciato i demoni, resta il fatto che Gesù, con la sua risurrezione, ha vinto tutto, e quindi ha vinto anche il demonio”.
Sì, è vero, ha vinto tutto. Ma questa vittoria si deve applicare e deve essere incarnata nella vita di ognuno di noi. Cristo ha vinto ma la sua vittoria per noi deve essere riaffermata giorno dopo giorno. La nostra condizione di uomini ce lo impone. L’azione del demonio non è stata completamente annullata. Il demonio non è stato distrutto. Il Vangelo dice che il demonio esiste e che ha tentato persino Cristo. Gesù ha dato le armi, le ha date anche a noi, per vincerlo. Il demonio può ancora tentarci, tutti possiamo essere tentati, come dimostra la preghiera contro il maligno che Gesù stesso ci ha insegnato, nel Padre nostro. Fino al Vaticano II al termine della messa si diceva la preghiera a san Michele Arcangelo, il piccolo esorcismo composto da papa Leone XIII e si leggeva il Prologo del Vangelo di san Giovanni proprio in chiave liberatoria”. Sua eminenza non sa più che dire. Non parla e non reagisce. Amorth si alza, saluta e se ne va. E pensa: “Fino a qui siamo arrivati?”.
* * *
Non è facile parlare di esorcismi, possessioni malefiche, insomma di Satana. E’ un tema che anche la chiesa cattolica cerca sempre di prendere con le pinze. Non tutti credono nell’esistenza di Satana all’interno della chiesa, ma si tratta di una minoranza. La paura, legittima, è più che altro paura del sensazionalismo, di un tema delicato trattato spesso con caratteri troppo forti.
Poi, certo, c’è il timore dell’ignoto, del male che diviene presenza, spirito esistente. Anche Amorth, quando il cardinale Poletti gli ha chiesto di diventare esorcista, ha avuto paura. Dice: “Mi trovo nell’appartamento del cardinale Ugo Poletti, vescovo vicario di Roma. Come tutti sanno il vescovo di Roma è il Papa. Ma il Pontefice, dal sedicesimo secolo in poi, ne ha delegato il governo pastorale a un vicario. E’ l’11 giugno 1986.
Poletti usa ricevere i preti senza fissare un appuntamento. Anche io, quel giorno, ho seguito la prassi. Mi sono presentato senza appuntamento. E sono stato immediatamente ricevuto. Non ho qualcosa di particolare da chiedere al mio vescovo, voglio soltanto scambiare con lui quattro chiacchiere. Spesso è di questo che i preti hanno
bisogno.
Poletti lo sa e non pretende mai che si debba avere una motivazione importante
per bussare alla sua porta. Mi chiede del mio lavoro all’interno della Società San Paolo. Sono, infatti, un prete paolino, giurista, appassionato di mariologia, giornalista professionista e direttore del mensile Madre di Dio.
Non so spiegare per quale motivo, ma a un certo punto la conversazione cade su padre Candido Amantini, e cioè su colui che da trentasei anni è l’esorcista ufficiale della diocesi di Roma.
‘Lei conosce padre Candido?’, mi chiede Poletti sorpreso. ‘’, rispondo. ‘Mi sono avvicinato al luogo dove fa esorcismi, il Santuario della Scala Santa che si trova a pochi passi da qui, per curiosità. L’ho conosciuto
e ogni tanto vado a trovarlo’.
Poletti è un cardinale capace di governare. E di decidere. Quando prende una decisione la mette subito per iscritto, con tanto di firma leggibile e timbro in calce al foglio. Rimango sorpreso quando, senza dare spiegazioni, apre un cassetto della scrivania, tira fuori un foglio con la carta intestata della diocesi e si mette a scrivere a mano. Scrive per un minuto. Poche righe vergate con inchiostro nero. Quindi tira fuori un timbro, un solo colpo secco in basso a destra.
Non oso chiedere nulla. Un presentimento si affaccia alla mia mente ma subito lo scaccio in attesa che sia lui a parlare. ‘Benissimo’, dice il cardinale chiudendo il foglio in una busta che lascia aperta prima di porgermela. ‘Questa busta è per lei. Complimenti. So che farà bene’. Per qualche istante non so che dire. Mentre ricevo la busta mi viene in mente quello che sempre mi diceva il mio padre spirituale ai tempi del seminario.
‘Come si fa a sapere se si sta facendo la volontà di Dio? Solo se si obbedisce al proprio vescovo si è sicuri di essere sulla giusta strada’. Decido di aprire la busta davanti al cardinale. Ne leggo il contenuto e vi trovo esattamente quanto avevo immaginato. Poche parole piuttosto eloquenti.
Roma, 11 giugno 1986 Io, il cardinale Ugo Poletti, arcivescovo vicario della città di Roma, con la presente nomino esorcista della diocesi padre Gabriele Amorth, religioso della Società San Paolo. Egli si affiancherà a padre Candido Amantini fino a quando sarà necessario.
In fede, card. Ugo Poletti, arcivescovo vicario di Roma’.
Eminenza, io…’. ‘Caro padre Gabriele, non occorre che dica nulla. Così ho deciso e così deve essere. La chiesa ha un disperato bisogno di esorcisti. Roma soprattutto. Ci sono troppe persone che soffrono perché possedute e nessuno è incaricato di liberarle. Padre
Candido da tempo mi ha chiesto un aiuto. Io ho sempre tergiversato. Non sapevo chi mandargli. Quando lei mi ha detto che lo conosceva ho capito che non potevo indugiare
oltre.
Lei farà bene. Non abbia paura. Padre Candido è un maestro speciale. Saprà
come aiutarla’. Rimango senza parole. Il Vangelo lo conosco bene. So che il potere di scacciare i demoni Cristo l’ha dato agli apostoli e ai loro successori, i vescovi, i quali, a loro volta, possono delegarlo a dei semplici preti. So che la chiesa non può stare senza esorcisti,
tante sono le persone possedute nel mondo.
Ma, mi domando, sarò capace? E poi, perché io? Esco dall’ufficio del cardinale Poletti con il foglio di nomina in mano e tante domande e qualche paura nella mente.
Dopo pochi passi capisco che c’è una sola cosa sensata da fare. E la faccio subito. La basilica di San Giovanni in Laterano è la più antica e nobile di Roma. Una delle sue cappelle laterali ha sempre presente il Santissimo, il corpo di Cristo. Entro. M’inginocchio su una delle tante panche di legno. E qui faccio la mia richiesta al cielo, o meglio alla Madonna. ‘Madre di Dio, accetto questo incarico, ma tu proteggimi col tuo manto’.
E’ una supplica semplice. Un giorno, parecchio tempo dopo aver fatto quella supplica, mi trovo a esorcizzare un posseduto. Attraverso la sua voce è Satana che mi parla. Mi sputa addosso insulti, bestemmie, accuse e minacce.
Ma a un certo punto mi dice: ‘Prete, vattene. Lasciami stare’. ‘Vattene tu’, gli rispondo. ‘Ti prego, prete, vattene. Contro di te non posso fare nulla’. ‘Dimmi, nel nome di Cristo, perché non puoi fare nulla?’. ‘Perché tu sei troppo protetto dalla tua Signora. La tua Signora col suo manto ti circonda e io non posso raggiungerti’”.
* * *
Beninteso, a volte Satana ha raggiunto Amorth, almeno a parole. Così fu in occasione
del suo primo esorcismo. Lo racconta lo stesso Amorth: “L’Antonianum è un grande complesso situato a Roma in via Merulana, poco distante da piazza San Giovanni in Laterano. Lì, in una stanza poco accessibile ai più, faccio il mio primo grosso esorcismo.
E’ il 21 febbraio 1987. Un frate francescano di origine croata, padre Massimiliano, ha chiesto aiuto a padre Candido per il caso di un contadino dell’agro romano che, secondo il suo parere, ha bisogno di essere esorcizzato. Padre Candido gli dice: ‘Non ho tempo. Ti mando padre Amorth’.
Entro nella stanza dell’Antonianum da solo. Sono arrivato con qualche minuto d’anticipo. Non so cosa aspettarmi. Il primo a entrare nella stanza è padre Massimiliano. Dietro di lui, un’esile figura. Un uomo di venticinque anni, magro. Si notano le sue umili origini. Si vede che tutti i giorni ha a che fare con un lavoro bellissimo ma anche molto duro. Le mani sono ossute e grinzose. Mani che lavorano la terra.
Prima ancora che inizi a parlargli, entra una terza persona, inaspettata. ‘Lei chi è? chiedo. ‘Sono il traduttore’, dice. ‘Il traduttore?’. Guardo padre Massimiliano e chiedo spiegazioni. So che ammettere nella stanza dove si svolge un esorcismo una persona non preparata può essere fatale. Satana durante un esorcismo attacca i presenti se impreparati.
Padre Massimiliano mi rassicura: ‘Non gliel’hanno detto? Quando va in trance parla solo in inglese. Serve un traduttore. Altrimenti non sappiamo cosa vuole dirci. E’ una persona preparata. Non commetterà ingenuità’.
Indosso la stola, prendo in mano il breviario e il crocifisso. A portata di mano tengo l’acqua benedetta. Inizio a recitare l’esorcismo in latino. Il posseduto è una statua di sale. Non parla. Non reagisce. Rimane immobile seduto sulla sedia di legno dove l’ho fatto accomodare. Recito il salmo 53. È a questo punto che, di colpo, il contadino alza la testa e mi fissa.
E nello stesso istante esplode in un urlo rabbioso e spaventoso. Diventa rosso e inizia a urlare invettive in inglese. Rimane seduto. Non si avvicina a me. Sembra temermi. Ma insieme vuole spaventarmi.
‘Prete finiscila! Zitto, zitto, zitto!’. E giù bestemmie, parolacce, minacce. Accelero col rituale. Il posseduto continua a urlare: ‘Zitto, zitto, stai zitto’. E sputa per terra e addosso me. E’ furioso. Sembra un leone pronto al grande balzo. E’ evidente che la sua preda sono io. Capisco che devo andare avanti. E arrivo fino al Praecipio tibi – Comando a te.
Ricordo bene quanto mi aveva detto padre Candido le volte che mi aveva istruito sui trucchi da usare: ‘Ricordati sempre che il Praecipio tibi è spesso la preghiera risolutiva. Ricordati che è la preghiera più temuta dai demoni.
Credo davvero sia la più efficace. Quando il gioco si fa duro, quando il demonio è furioso e sembra forte e inattaccabile, arriva in fretta lì. Ne trarrai giovamento nella battaglia. Vedrai quanto è efficace quella preghiera. Recitala a voce alta, con autorità. Buttala addosso al posseduto. Ne vedrai gli effetti’.
Il posseduto continua a urlare. Adesso il suo lamento è un ululato che sembra venire dalle viscere della terra. Insisto: ‘Esorcizzo te, immondissimo spirito…’. L’urlo diviene ululato. E diviene sempre più forte. Sembra infinito. Gli occhi gli vanno all’indietro. La testa penzola dietro lo schienale della sedia. L’urlo continua altissimo e spaventoso.
Padre Massimiliano cerca di tenerlo fermo mentre il traduttore arretra spaventato di qualche passo. Gli faccio segno di indietreggiare ulteriormente. Satana si sta scatenando. Continuo con le preghiere: ‘Perché stai lì e resisti, mentre sai che Cristo Signore ha distrutto i tuoi disegni…’.
Il demonio sembra non cedere. Ma il suo grido ora si attenua. Adesso mi guarda. Un po’ di bava gli esce dalla bocca. Lo incalzo. So che devo costringerlo a svelarsi, a dirmi il suo nome. Se mi dice il suo nome è segno che è quasi sconfitto. Svelandosi, infatti, lo costringo a giocare a carte scoperte. ‘E ora dimmi, spirito immondo, chi sei? Dimmi il tuo nome!
Dimmi, nel nome di Gesù Cristo, il tuo nome!’. E’ la prima volta che faccio un grosso esorcismo e, dunque, è la prima volta che chiedo a un demonio di rivelarmi il suo nome. La sua risposta mi raggela. ‘I’m Lucifer’, dice con voce bassa e cadenzando lentamente tutte le sillabe ‘Io sono Lucifero’”.

i vecchi tromboni son serviti


 
 
La messa in rito tridentino celebrata ieri a Trento da mons. Marco Agostini, cerimoniere pontificio, con l’ausilio di Don Rinaldo Bombardelli, che celebra ogni domenica, alle 18, preso la chiesa del Suffragio, e don Marco Cuneo, è stata un grande successo. Pubblicizzata con molta semplicità, qualche locandina e il passa parola, ha visto la partecipazione di circa 300 persone, tra cui moltissimi giovani. “Tanta gente così, riferivano alcuni presenti, non ce la saremmo aspettata”.
In effetti sin dall’inizio la Chiesa era colma, con i posti a sedere tutti occupati e tanta aspettativa.
Certo, il rito latino è apparso ad alcuni “difficile”; richiede un po’ di impegno e di gradualità, almeno inizialmente, perché non ci siamo più abituati, ma la sensazione avuta ieri è questa: che esso comunica sempre, a tutti, una grande sacralità, infonde una forte devozione e rispetto nei riguardi dell’Eucaristia, invita al silenzio e alla preghiera, sia comunitaria che personale.

catholics!

domenica 12 febbraio 2012

noi l'avevamo detto!

Noi l'avevamo detto! In Vaticano ci sono degli incapaci e degli indegni. Ricorderete la vicenda - significativa perchè riguardante uno degli atti più importanti dell'attuale Pontificato - della traduzione del motu proprio Summorum Pontificum, bellamente oscurata sul sito del Vaticano (vedi qui, qui e qui). Proponevamo provocatoriamente una decimazione, ma forse non basterebbe più. C'è solo un aggettivo per quello che sta avvenendo in questi giorni: scandaloso! Oggi più che mai vale quanto già scriveva il Papa in risposta alla "valanga di proteste" contro la sua decisione di revocare il decreto di scomunica ai vescovi lefebvriani: "Se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi gli uni gli altri"! E noi che pensavamo che i lupi sarebbero arrivati da lontano...........

Nessuno ucciderà il Papa, ma in Vaticano c’è

chi gli rovina la vita. L’ultimo “complotto”

svelato dal Fatto, già depositario di altri leak di

una Segreteria di stato ridotta a groviera

di Paolo Rodari
Il cardinale colombiano Darío Castrillón Hoyos “non parla coi giornalisti” dice il suo segretario personale. A parlare, infatti, è l’appunto “confidenziale” che l’ex prefetto del Clero ha inviato il 30 dicembre scorso al Papa e che ieri il Fatto quotidiano ha pubblicato per intero. L’appunto “autentico”, nel senso che effettivamente è arrivato sui tavoli della segreteria di stato vaticana, riguarda la possibilità di un complotto delittuoso per eliminare Benedetto XVI. Un complotto sul quale il cardinale arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo – ex nunzio in Italia – si sarebbe soffermato con dovizia di particolari in un suo recente viaggio a Pechino nel novembre 2011. Qui Romeo avrebbe parlato con alcuni interlocutori cinesi – si dice soprattutto con il cardinale salesiano Joseph Zen Ze-kiun, vescovo emerito di Hong Kong, anche se Romeo ha ieri dichiarato: “Non ho detto quelle cose” – della possibilità che Papa Ratzinger muoia entro un anno e della possibilità che il suo successore sia il cardinale italiano Angelo Scola, già patriarca di Venezia e da pochi mesi nuovo arcivescovo di Milano. In realtà, secondo fonti interne, il convincimento di Castrillón secondo cui il Papa rischia la vita nasce da una vicenda ben nota in Vaticano e mai uscita in precedenza: nel 2005 un cittadino austriaco, poi identificato, si avvicinò al Papa nella basilica vaticana con in mano un coltello. Arrivò fino a venti metri da lui. Venne fermato, ma da quel giorno le guardie svizzere e la gendarmeria vaticana fecero salire la soglia di allerta perché, si disse di lì in avanti dentro la curia romana, “il Papa potrebbe morire”. “Potrebbe morire”, esattamente le stesse parole che Romeo avrebbe pronunciato in Cina.
Anche se Castrillón non è nuovo a uscite del genere – nel 2009 spinse perché Papa Ratzinger concedesse la revoca della scomunica al vescovo lefebvriano negazionista sulla Shoah Richard Williamson, convincendo il segretario di stato vaticano Tarcisio Bertone con queste parole: “E’ malato, sta morendo, facciamogli un regalo” –, e anche se Paolo Romeo è noto nei Sacri Palazzi per una certa attitudine a vedere complotti – nel 2006 provò a ordirne lui uno contro il Papa.
Convinto che non spettasse al Pontefice l’elezione del successore del cardinale Camillo Ruini alla guida della Cei, indisse una consultazione epistolare tra tutti i vescovi italiani perché indicassero il successore, col risultato che il Papa riconfermò Ruini per un ulteriore anno –, resta il fatto che di questi giorni la Santa Sede ad altro non assomiglia se non a un groviera dai cui buchi esce, non senza qualcuno che ve lo spinga, di tutto.
L’impressione è che dentro la Santa Sede stia avvenendo un regolamento di conti la cui prima vittima è il Papa. Un regolamento di conti tra chi? Non è un mistero per nessuno che la nuova leva a cui è affidata la governance del Vaticano, Bertone e i suoi uomini, dia fastidio alla vecchia guardia, a coloro che con Giovanni Paolo II avevano in mano la segreteria di stato. Romeo, non a caso, è amico fidato del decano del collegio cardinalizio Angelo Sodano (scrisse Sandro Magister: “Con il cardinale Angelo Sodano segretario di stato Romeo aveva un legame strettissimo. Non erano buoni, invece, i suoi rapporti con il presidente della Cei, il cardinale Camillo Ruini”), fidato tanto quanto il cardinale Agostino Cacciavillan, ex nunzio a Washington, il quale mesi fa si è speso personalmente sconsigliando al Papa l’allontanamento dell’attuale nunzio negli States monsignor Carlo Maria Viganò. E’ quest’ultimo, nei giorni scorsi, a essere assurto all’onore delle cronache per aver accusato Bertone di non aver voluto fare piazza pulita della “corruzione” esistente dentro il Vaticano.
Sodano, Cacciavillan, Viganò, Romeo, sono queste le eminenze ed eccellenze che lavorano nell’ombra contro Bertone lasciando che lettere anonime escano dalle mura leonine verso alcune redazioni di tv e quotidiani? Troppo ardito sintetizzare in questo modo. Filippo Di Giacomo, canonista ed editorialista, esce dalle logiche della battaglia interna e la fa più spiccia: “Il documento Castrillón, come le recenti lettere di Viganò al Papa e a Bertone, scoperchiano un problema che parte da lontano. E’ dal 1985, da quando la parabola del cardinale Agostino Casaroli è iniziata a scemare (Casaroli lasciò l’incarico di segretario di stato nel 1990) che in Vaticano sono state prese a lavorare, soprattutto nelle seconde e terze linee, persone letteralmente raccattate per strada. Nel 1985 divenne presidente della Pontificia accademia ecclesiastica monsignor Justin Francio Rigali, con lui le leve della diplomazia d’oltretevere sono state assunte per cooptazione: più che una scuola, è diventata un ‘clubbino’.
L’internazionalizzazione, poi, ha portato in curia il peggio del Vecchio e Nuovo Mondo, preti che nelle chiese delle loro patrie servivano a poco o niente. Il deficit di management è evidente. Oggi i nodi vengono al pettine. Se certe lettere escono dal Vaticano e finiscono sui giornali è perché dentro vi lavorano preti che, per formazione sacerdotale e preparazione professionale, sono tra i meno qualificati dell’intera chiesa cattolica”.
Secondo il documento Castrillón, tuttavia, c’è di più del semplice deficit di management. Dice Castrillón che “il rapporto tra il Papa e il segretario di stato Bertone sarebbe molto conflittuale” e che “in segreto il Santo Padre si starebbe occupando della sua successione e avrebbe già scelto il cardinale Scola come idoneo candidato, perché più vicino alla sua personalità”. Anche se è difficile sostenere la veridicità di un simile assunto, resta il fatto che è normale per un Pontefice pensare al suo successore e organizzare un collegio cardinalizio che in qualche modo possa seguire le sue aspettative. Come è del tutto logico affermare che la pubblicazione di un documento del genere bruci, più che avvalorare, le possibilità di Scola di salire al soglio di Pietro. Fermo restando il fatto che ogni Conclave è storia a sé.
Tutto, dunque, può accadere. Lucio Brunelli e Alver Metalli in un Vatican thriller uscito di recente e intitolato “Il giorno del giudizio” parlano addirittura di un Conclave al quale, dopo un attentato terroristico che distrugge il Vaticano, partecipano solo tre cardinali: un cinese, un filippino e un colombiano. Il documento pubblicato dal Fatto, in fondo, più che a una vera trama di complotto assomiglia molto a una spy story alla Dan Brown: Romeo, ex nunzio nelle Filippine, rivela l’uccisione del Papa a un cardinale cinese. Ogni cosa viene riferita in Vaticano da un porporato colombiano.

Pubblicato sul Foglio sabato 11 febbraio 2012


Comunque c'è chi è sempre
pronto a dare la vita per il Papa