«I mali ci sono e con il tempo sono penetrati anche nel clero perchè sono i mali della cultura del momento, della società in cui vive la Chiesa. Lo spirito del mondo in qualche modo è penetrato nella Chiesa, mentre è la Chiesa che deve far penetrare nel mondo lo spirito del Vangelo» (card. Odilio Pedro Scherer, Arcivescovo di San Paolo)
sabato 17 aprile 2010
venerdì 16 aprile 2010
Oremus pro Pontifice nostro Benedicto
Signore, noi siamo milioni di credenti, che ci prostriamo ai tuoi piedi e ti preghiamo che Tu salvi, protegga e conservi lungamente il Sommo Pontefice, padre della grande società delle anime e pure padre nostro. In questo giorno, come in tutti gli altri, anche per noi egli prega, offrendo a te con fervore santo l'Ostia d'amore e di pace.
Ebbene, volgiti, o Signore, con occhio pietoso anche a noi, che quasi dimentichi di noi stessi preghiamo ora soprattutto per lui. Unisci le nostre orazioni con le sue e ricevile nel seno della tua infinita misericordia, come profumo soavissimo della carità viva ed efficace, onde i figliuoli sono nella Chiesa uniti al padre. Tutto ciò ch'egli ti chiede oggi, anche noi te lo chiediamo con lui.
Se egli piange o si rallegra o spera o si offre vittima di carità per il suo popolo, noi vogliamo essere con lui; desideriamo anzi che la voce delle anime nostre si confonda con la sua. Deh! per pietà fa' Tu, o Signore, che neppure un solo di noi sia lontano dalla sua mente e dal suo cuore nell'ora in cui egli prega e offre a te il Sacrificio del tuo benedetto Figliuolo.
E nel momento in cui il nostro veneratissimo Pontefice, tenendo tra le sue mani il Corpo stesso di Gesù Cristo, dirà al popolo sul Calice di benedizioni queste parole: «La pace del Signore sia sempre con voi», Tu fa', o Signore, che la pace tua dolcissima discenda con una efficacia nuova e visibile nel cuore nostro ed in tutte le nazioni.
Amen.
Come cresce la fede?
«Come cresce la fede nel nostro cuore? La luce della fede, dunque, ti fa sin da oggi entrare nella vita eterna e soltanto essa può farlo. Tutto il resto rimane al di qua di ciò che Dio ci offre dal giorno in cui Gesù è risorto. Tutte le altre luci dell’intelligenza, tutte le altre esperienze spirituali sulle quali ci piacerebbe talvolta appoggiarci, so-no rispettabili, degne di stima, ma, in fin dei conti, sono sorgente di vita soltanto nella misura in cui sono portatrici di fede. La fede ci è stata data da Dio sin dal Battesimo, ma è un dono che egli moltiplica in noi nella misura del nostro desiderio di riceverlo, nella misura della nostra volontà di farlo fruttificare. Se lasciamo la nostra fede inattiva per ignoranza o per negligenza, essa si arrugginisce, si sclerotizza mentre noi sperperiamo le nostre forze in esercizi spirituali che ci piacciono di più, ma senza portarci frutto. Se vuoi vivere la fede, è necessario che tu sviluppi quella che lo Spirito Santo ha già posto in te: Dio s’aspetta che tu gli chieda, con insistenza e con perseveranza, un aumento della tua fede. E’ una preghiera di cui puoi essere certo che Dio vuol sempre esaudire più di ogni altra preghiera, perché desidera infinitamente più di te vederti progredire sulle strade della vita eterna. Questo non impedisce che, soprattutto agli inizi, tu abbia l’impressione che il Signore non si affretti a far progredire la tua fede. Questo prova che la tua era ancora ben debole e che bisogna, anzitutto, darle delle radici nascoste prima che lo stelo incominci a svilupparsi. Non ti scoraggiare, dunque, se le tue preghiere sembrano vane; certamente non lo sono. Metti in opera la fede di cui sei già portatore credendo fermamente che il Padre tuo dei cieli ti ha già esaudito. Allora potrai incominciare a vivere man mano sempre più nella fede. Nella liturgia, durante i tempi di orazione, nel lavoro, il tuo cuore si metterà più facilmente a contatto col Signore se tu ricevi da lui l’amore oscuro, spesso poco gratificante, ma quanto divino, l’amore che egli ti dona se gli offri la tua fede e non delle belle idee o i giochi della tua sensibilità.
Non ho trucchi da insegnarti. Bisogna chiedere a Dio, nella fede viva, che sia lui stesso a insegnarti a pregare. E’ lui che occuperà il tuo cuore, la tua attenzione, anche se tu non hai una immagine precisa sulla quale fissarti. E’ vivo il Signore alla presenza del quale tu stai» (tratto da Amore e silenzio, Introduzione alla vita interiore, Meditazioni di Dom Jean Baptiste Porion, certosino)
Viva il Papa!!!
Nell'ottantatreesimo compleanno di Sua Santità il Papa Benedetto XVI
dal nostro cuore con affetto sale un solo grido:
Viva il Papa!!!
Ut domnum apostólicum et omnes ecclesiásticos órdines in sancta religióne conserváre dignéris,
te rogámus, audi nos.
Ut inimícos sanctæ Ecclésiæ humiliáre dignéris,
te rogámus, audi nos.
penitenza, penitenza, penitenza!
Benedetto XVI ha tenuto un’omelia nella Cappella Paolina per i membri della Commissione biblica e parlando a braccio ha aggiunto: “Devo dire che noi cristiani, anche negli ultimi tempi, abbiamo spesso evitato la parola penitenza, che ci appariva troppo dura. Adesso sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter far penitenza è grazia e vediamo come sia necessario fare penitenza, riconoscere cioè ciò che è sbagliato nella nostra vita. Aprirsi al perdono, prepararsi al perdono, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, cioè della purificazione e della trasformazione, questo dolore è grazia, perché è rinnovamento, è opera della Misericordia divina”.
La terza parte del segreto rivelato il 13 luglio 1917 nella Cova di Iria-Fatima: "Dopo le due parti che già ho esposto, abbiamo visto al lato sinistro di Nostra Signora un poco più in alto un Angelo con una spada di fuoco nella mano sinistra; scintillando emetteva fiamme che sembrava dovessero incendiare il mondo; ma si spegnevano al contatto dello splendore che Nostra Signora emanava dalla sua mano destra verso di lui: l'Angelo indicando la terra con la mano destra, con voce forte disse: Penitenza, Penitenza, Penitenza!"
Qualcosa bolle in pentola.
mercoledì 14 aprile 2010
Mons. Lefebvre e la retta nozione di Tradizione
Nell’ultimo numero della rivista "Divinitas" (1-2-3/2010) Mons. Brunero Gherardini pubblica una monografia sulla Tradizione ecco un passo che ci sembra di fondamentale importanza. Il noto teologo in merito al concetto di Tradizione che oppone in modo irriducibile la Fraternità Sacerdotale San Pio X e il nuovo corso ecclesiale, presenta una formidabile sintesi da noi pienamente condivisa:
«Tentando ora una sintesi delle posizioni difese dall'Ecc.mo Mons. Lefebvre a favore della Tradizione, e senz'alcuna pretesa d'esaurirne il discorso, a me pare che l'urto si stabilisca tra:
- una formazione sacerdotale che affonda i suoi principi nella Tradizione ecclesiastica e nei valori soprannaturali della divina Rivelazione; ed una formazione sacerdotale aperta all'ondifluo orizzonte della cultura in perenne divenire;
- una liturgia che ha certamente un punto di forza nella c. d. Messa tradizionale (passando però dalla Messa alla dottrina e da questa alla riaffermazione della Regalità sociale di N. S. Gesù Cristo); ad una liturgia antropocentrica e sociologica, dove il collettivo prevale sul valore del singolo, la preghiera ignora il momento latreutico, l'assemblea diventa l'attore principale e Dio cede il posto all'uomo;
- una libertà che fa dipendere la sua "liberazione" dal decalogo, dai precetti della Chiesa, dagli obblighi del proprio stato, e che non può sottrarsi al dovere di conoscere amare servire Dio; ed una libertà che omologa i culti, mette il silenziatore alla legge di Dio, disimpegna i singoli e la società sul piano etico e religioso, e lascia alla sola coscienza la soluzione di tutt’i problemi;
- una teologia che attinge i suoi contenuti dalle sue fonti specifiche (la Rivelazione - la Tradizione - il Magistero - la patristica - la liturgia); ed una teologia che apre i suoi battenti, un giorno sì e l'altro pure, a tutte le emergenze culturali del momento, anche a quelle in stridente antitesi con le suddette fonti, in una spasmodica autoriforma che lasci spazio al pluralismo degl'influssi filosofici, conformandosi ora a questo ora a quello;
- una soteriologia strettamente collegata con la persona e l'opera redentrice del Verbo incarnato, l'azione dello Spirito Santo applicativa dei meriti del Redentore, l'intervento sacramentale della Chiesa e la cooperazione dei singoli battezzati; ed una soteriologia che guarda all'unità del genere umano come conseguenza dell'incarnazione del Verbo, nel quale (cf. GS 22) ogni uomo trova la sua stessa identificazione;
- un’ecclesiologia che identifica la Chiesa nel Corpo mistico di Cristo e riconosce nella presenza sacramentale di Lui il segreto vitale dell'essere e dell'agire ecclesiale, del suo ringiovanirsi nel trascorrere del tempo, del suo irrobustirsi anche a fronte delle più cruente persecuzioni, del suo unificarsi nonostante gli scismi e le defezioni, della sua santità santificante nonostante il peccato dei suoi figli; ed un’ecclesiologia che considera la Chiesa cattolica come una componente della Chiesa di Cristo, unitamente ad altre componenti, che in questa fantomatica Chiesa di Cristo addormenta lo spirito missionario, dialoga ma non evangelizza, e soprattutto rinunzia al proselitismo come se fosse un peccato mortale;
- una Messa-sacrificio espiatorio, che celebra il mistero della passione morte e risurrezione di Cristo ri-presentandone sacramentalmente la redenzione satisfattoria; ed una Messa dove il prete è solo presidente ed ognuno è parte “attiva” del sacramento, grazie al fatto che la fede non si fonda su Dio che si rivela, ma è una risposta esistenziale a Dio che ci interpella;
- un Magistero consapevole d'aver in custodia il sacro deposito della Rivelazione divina con il compito d'interpretarla e di trasmetterla alle generazioni venture mediante il Concilio Ecumenico, il successore di Pietro, vertice e sintesi d'ogni istanza ecclesiale, nonché i successori degli apostoli, purché legittimi ed in comunione col Romano Pontefice; ed un Magistero papale che, lungi dal sentirsi voce della Chiesa docente, sottopone la Chiesa stessa al collegio dei vescovi, dotato degli stessi diritti e doveri del Romano Pontefice;
- una religiosità che attua la vocazione comune al servizio di Dio e, per amore di Lui, dei fratelli in umanità; ed una religiosità che sovverte quest’ordinamento naturale, fa dell'uomo il suo "focus" e, almeno nella pratica se non nella teoria, lo sostituisce a Dio.
Da quanto precede si desume facilmente come la Fraternità San Pio X intenda la Tradizione. Tradizione, infatti, è tutto il contrario di ciò che la Fraternità nega e di ciò cui s'oppone».
E di fronte all’accusa rivolta ufficialmente alla Fraternità di avere una "nozione incompleta e contraddittoria di tradizione" Mons. Gherardini è lapidario:
«"Salvaguardare la fede e combattere l'errore" dovrebb’essere l'ideale e l'impegno sia della Chiesa, sia d’ogni suo figlio. Alla luce di ciò, mi resta difficile capire se il già citato rimprovero di "Tradizione incompleta e contraddittoria" abbia un reale fondamento. Una cosa mi par di capire: non si fonda sullo "spirito di Assisi"».
martedì 13 aprile 2010
Se la liturgia si ammala, si ammala tutta la Chiesa
Una conversazione con Martin Mosebach.
di Alessandro Goerlach
Mosebach: Benedetto XVI si ha scelto la missione più difficile. Vuole guarire le nefaste conseguenze della rivoluzione del '68 nella Chiesa in un modo non-rivoluzionario. Questo papa non è precisamente un papa dittatore. Egli invoca la forza dell'argomento migliore e auspica che la natura della Chiesa sappia superare ciò che è inadeguato per lei se le è fornita una minima forma di assistenza. Questo piano è così sottile che non può essere presentato in dichiarazioni ufficiali, né inteso da una stampa grossolana in modo quasi incredibile. È un piano che mostrerà i suoi effetti solo in futuro - probabilmente solo con chiarezza dopo la morte del papa. Ma già ora siamo in grado di riconoscere il coraggio con cui il papa definisce la riconciliazione oltre i limiti angusti del diritto canonico (attraverso l'integrazione della Chiesa patriottica in Cina, in relazione all’Orrtodossia russa e greca) o dalla rifusione di teologia tradizionale e biblicamente fondata che ci conduce fuori dal vicolo cieco della critica razionalista della Bibbia.
The European: Non è che dobbiamo a prepararci per casi di abusi in istituti cattolici in altri paesi? A suo avviso come dovrebbe reagire a ciò Papa Benedetto?
Mosebach: La Chiesa, naturalmente, deve sempre essere preparata al fatto che singoli educatori possano abusare sessualmente di studenti nelle sue scuole e nei collegi. Questa è la natura delle cose. Ovunque siano istruiti dei bambini, personaggi con inclinazioni pedofile si sono sempre trovati. Dobbiamo chiederci, però, perché proprio negli anni immediatamente seguenti il Concilio Vaticano II si sono verificati tante volte crimini sessuali commessi da sacerdoti. Non c'è modo di evitare l’amara conclusione: l'esperimento di "aggiornamento", l'assimilazione della Chiesa al mondo secolarizzato, è fallito in un modo terribile. Dopo il Concilio Vaticano II, la maggior parte preti hanno abbandonato il loro abito talare, hanno smesso di celebrare la messa quotidiana e di recitare il breviario quotidiano. La teologia post-conciliare fatto tutto quanto in suo potere per far dimenticare l'immagine tradizionale del prete. Tutte le istituzioni sono state chiamate a rispondere su quale aiuto avessero dato al sacerdote nella sua vita solitaria e difficile. Dovremmo essere stupiti se molti sacerdoti in questi anni hanno potuto non considerarsi più sacerdoti in modo tradizionale? La disciplina del clero che è stata deliberatamente eliminata in gran parte era stata formulata dal Concilio di Trento. A quel tempo l’urgenza era anche di resistere alla corruzione del clero e di risvegliare la coscienza della santità del sacerdozio. È bello che i capi della Chiesa chiedano perdono alle vittime di un abuso, ma sarà ancora più importante se stringeranno le redini della disciplina, nel senso del Concilio di Trento e di un ritorno al sacerdozio della Tradizione cattolica.
The European: Come sarà la Chiesa cattolica che Benedetto un giorno lascerà dietro di sé?
Mosebach: Ci auguriamo che questo Papa possa percepire da se stesso le prime manifestazioni di una guarigione della Chiesa. Ma questo Papa è così modesto e privo di vanità, che difficilmente vedrà tali barlumi come il risultato delle proprie azioni. Io credo che lui vuole risparmiare il suo successore ingrate ma ancora necessarie fatiche, assumendole egli stesso. Speriamo che questo successore utilizzerà la grande opportunità che Benedetto ha creato per lui.
The European: La "riforma della liturgia" ha modificato radicalmente la Chiesa cattolica - in che modo?
Mosebach: Gli interventi di Paolo VI su una liturgia più di 1500 anni sono chiamati solo "riforma della liturgia." In realtà si trattava di una rivoluzione che non è stata autorizzata dalla direttiva del Concilio Vaticano II di rivedere "dolcemente" i libri liturgici. La "riforma liturgica" ha incentrato sull'uomo una celebrazione che era stata orientata negli ultimi duemila anni all’adorazione di Dio. È stato così minato il sacerdozio e si è oscurato in gran parte la dottrina della Chiesa sui sacramenti.
The European: Alla fine degli anni Sessanta ci furono numerose scosse: la rivoluzione culturale in Cina, la Primavera di Praga in Cecoslovacchia, le rivolte degli studenti qui a casa, la guerra del Vietnam - e il Concilio Vaticano II. Possiamo considerare tutti questi sconvolgimenti in uno stesso contesto?
Mosebach: Il 1968 è, a mio parere, un fenomeno che non è stato ancora sufficientemente compreso. Qui in Germania ci piace dilettatarci, in questo contesto, con i ricordi felici di comuni e di battaglie circa la giusta interpretazione di Marx. In realtà, il 1968 è un "anno assiale" della storia, con i movimenti anti-tradizionalisti in tutto il mondo che sono solo in apparenza completamente separati l'uno dall'altro. Sono convinto che, quando si potranno vedere con una sufficiente distanza, la rivoluzione culturale cinese e la riforma liturgica romana saranno intese come strettamente correlate.
The European: Papa Benedetto XVI ha partecipato a questo sconvolgimento come teologo del Concilio. Come intende il suo odierno impegno per rilanciare i singoli elementi liturgici della Chiesa pre-conciliare?
Mosebach: Benedetto XVI vede come uno dei suoi compiti principali rendere l'essenza della Chiesa più chiaramente visibile - per i cattolici, e quindi anche per i non cattolici. Il Papa sa che la Chiesa è indissolubilmente legata alla sua tradizione. Chiesa e rivoluzione sono contraddizioni inconciliabili. Egli cerca di intervenire dove l’immagine della Chiesa è stata distorta attraverso una rottura radicale con il passato. Ora la Chiesa, come il suo Fondatore, ha esattamente due nature: storico e eterna. Non può dimenticare da dove è venuta e non può dimenticare dove sta andando. Specialmente la Chiesa in Occidente ha problemi con questo. Non ha più alcuna percezione per la sua evoluzione storica organica né per la sua vita nell'eternità.
The European: La reintroduzione del vecchio rito ha permesso di nuovo la preghiera per la conversione degli ebrei, come era in uso prima del Concilio. È stato un passo giusto?
Mosebach: Quando la liturgia organica è stato consentito di nuovo (era stata soppressa, molto spesso violentemente, sotto Paolo VI), così è stato anche per la preghiera per la conversione degli ebrei, ancora una volta ammessa nel libro liturgico ufficiale della Chiesa. Risale al primo cristianesimo e fa parte delle petizioni Venerdì Santo. Questa petizione cristiana, basata sul testo dell’apostolo Paolo, contiene la richiesta che Dio possa liberare gli ebrei dalla "loro cecità" e "sollevare il velo dai loro cuori." Queste espressioni sono apparse al Papa tale da consentire l’equivoco del disprezzo per gli ebrei a causa della storia recente. Perciò egli è intervenuto quando il rito tradizionale è stato autorizzato di nuovo e ha ordinato una nuova formulazione del vecchio rito. Essa chiede inoltre a Dio di portare gli ebrei a Gesù Cristo, ma esclude l'interpretazione di disprezzo per loro. Il Papa è stato condannato perché ha permesso di pregare per la conversione degli ebrei a Gesù Cristo a tutti. Ma può la Chiesa degli ebrei Pietro e Paolo rinunciare a prevedere tale intenzione?
The European: Come valuta il rapporto del Papa con ebrei e Israele?
Mosebach: Benedetto XVI è forse il primo papa dopo Pietro a intendere il cristianesimo così strettamente da fuori del giudaismo. Il suo libro su Gesù rivela in molti passaggi il tentativo di leggere il Nuovo Testamento con gli occhi del Vecchio Testamento. Il rapporto del Papa a ebrei, non è superficiale, politico o frutto di una semplice simpatia derivante da un filosemitismo alla moda, ma è teologico e radicato nella fede. Si ha a volte l'impressione che se Benedetto non fosse un cristiano sarebbe un ebreo. Accusare questo Papa di antisemitismo tradisce ignoranza e incompetenza che dovrebbero escludere uno dal discorso pubblico.
The European: La polemica intorno alla Fraternità Sacerdotale San Pio X non ha prodotto alcun risultato visibile per il Vaticano fino ad ora. A suo avviso che cosa questo gruppo può portare alla Chiesa Cattolica di diverso dal suo amore per la vecchia liturgia?
Mosebach: Oltre la vecchia liturgia? Cosa c'è di più importante per la Chiesa che la liturgia? La liturgia è il corpo della Chiesa. È la fede resa visibile. Se la liturgia si ammala, si ammala tutta la Chiesa. Questo non è un una mera ipotesi, ma una descrizione della situazione attuale. Non si può presentarlo abbastanza drasticamente: la crisi della Chiesa ha reso possibile che il suo più grande tesoro, il suo arcano, sia stato spazzato fuori dal centro fino alla periferia. Alla FSSPX e in particolare al suo fondatore, Mons. Lefebvre, è dovuta la gloria storica di aver conservato per decenni e tenuto in vita questo che è il dono più importante. Perciò la Chiesa deve prima di tutto alla FSSPX gratitudine. Parte di questa gratitudine è quello di lavorare per condurre la FSSPX fuori di tutti i tipi di confusione e di radicalizzazione.
The European: La FSSPX non sembrano essere in direzione Roma.
Mosebach: Nelle discussioni con la FSSPX ciò che è importante è il paziente lavoro di persuasione, come si conviene nelle questioni spirituali. Le discussioni sembrano procedere in un'atmosfera molto buona. Se un giorno riuscirà ad integrare ancora una volta la FSSPX nella piena unità della Chiesa, il papato di Benedetto XVI avrà ottenuto un successo la cui importanza supera di gran lunga il numero dei membri FSSPX.
The European: Il cristianesimo è uno dei fondamenti dell'Europa. In futuro sarà ancora rilevante per il continente?
Mosebach: Il cristianesimo è il fondamento d'Europa - non vedo altro. Tutti i movimenti intellettuali dei tempi moderni, anche quando si oppongono il cristianesimo, devono le loro origini ad esso. Abbiamo anche ricevuto la filosofia antica e l’arte dalle braccia del cristianesimo. Se la società europea dovesse assolutamente allontanarsi dal cristianesimo, ciò significherebbe niente di meno di quanto sarebbe negare se stessa. Ciò che cosa non si riconosce o vuole riconoscere, tuttavia, esiste. La repressione non può essere la base per un futuro di speranza.
The European: Lei è stato in Turchia per un po'. La Turchia arricchirebbe l'Unione europea come membro a pieno titolo o è difficile integrare una terra dominata dall'Islam nella comunità occidentale di valori?
Mosebach: Capirà sicuramente che non posso darle una risposta politica o giuridica. Posso solo constatare che la Turchia - in particolare l'anti-islamica, la modernizzante Turchia - ha avuto enormi difficoltà con le sue minoranze cristiane europee. Fino al 1950 c'era ancora una Costantinopoli con un fortissimo influsso greco. Ma vivere insieme ai cristiani era intollerabile per i turchi moderni così hanno messo fine ad essa. Ora sembrano trovare auspicabile disegno avvicinarsi all'Europa a causa delle preoccupazioni economiche, senza tuttavia alcun ripensamento nella loro politica interna circa la lotta contro i cristiani. Io credo che siamo molto lontani da ciò che lei chiama "l'integrazione nella comunità occidentale di valori".
(Traduzione nostra)
dal Blog: The Society of St. Hugh of Cluny
Fonte: The European
Chi è Martin Mosebach?
su "Tempi" del 20/09/2007 (n. 38)
Vito Punzi ne traccia il profilo
Non è un lefebvriano, ma anche lui ha accolto come una "buona notizia" il ritorno del messale latino. E in uno dei suoi ultimi saggi pubblicati in Germania (Eresia dell'assenza di forma. La liturgia romana e il suo nemico, Carl Hanser Verlag, Monaco 2007, pp. 251, pubblicato in italiano da Cantagalli nel giugno 2009, n.d.r.), ha difeso "la bellezza" dell'antica liturgia romano-cattolica. Si chiama Martin Mosebach ed è uno degli scrittori contemporanei più importanti di lingua tedesca. Giurista di formazione, è autore di decine di romanzi, sceneggiature, libretti d'opera, saggi sull'arte. Collabora con la Frankfurter Allgemeine Zeitung e nel prossimo ottobre riceverà il massimo premio letterario tedesco, il Büchner-Preis. Di rilievo, tanto per confermare la "dittatura dello scaffale", che non esiste alcuna sua opera tradotta in Italia. Mosebach è convinto che la cattolicità deve «tornare sulla via che la conduce alla riscoperta del Gesù storico». Ed è molto severo rispetto all'epoca postconciliare. Tanto da paragonarla alla guerra iconoclasta consumatasi a Bisanzio nei primi secoli del cristianesimo («Per l'iconoclastia romana affermatasi dopo il Concilio Vaticano II, come presagio, era già stato individuato un nome nel secolo precedente da Dom Prosper Guéranger: l'eresia antiliturgica»). Per queste "scoperte" Mosebach dice di essere debitore ai benedettini dell'abbazia di Fontgombault. Dove lo scrittore ha ritrovato il cuore dell'esperienza cristiana e dove «chi decide di diventare monaco entrando nel monastero di Fontgombault ha negli occhi l'educazione di un singolo uomo: la propria persona». A sostegno della battaglia che papa Ratzinger ha ingaggiato per archiviare l'iconoclastia postconciliarista, nel suo saggio Liturgia è arte Mosebach sostiene che è venuto il tempo che la tradizione torni ad essere "avanguardia". Infatti «ciò che abbiamo colto grazie all'epoca vuota di immagini sacre, priva di spazi sacri e carente di musica sacra, è che la più grande raffigurazione artistica si dà proprio nell'antica liturgia e che, qualora dovesse darsi ancora una volta un'arte religiosa carica di significati, questa non potrà che venire dall'antica liturgia».
un papa alle prese con il messaggio di Fatima
Negli anni del post Concilio dalla penna del grande scrittore cattolico Bruce Marshall venne fuori una fantastica e profetica figura di papa, Urbano IX: l’omonimo romanzo fu pubblicato da Longanesi nel 1973. Urbano XI nella fantasia di Marshall è succeduto nel 1990 al suo rivoluzionario predecessore Marco I il cui aereo con tutto il seguito cardinalizio “è precipitato” mentre si recava a Varsavia per il Congresso Eucaristico. Il nuovo papa si trova subito al centro di grossi problemi suscitati dal pontefice defunto: l’ambasciatore sovietico lo avvicina minacciando denunce esplosive; deve concedere udienza a una bellissima donna cubana che gli fa intendere di essere stata l’amante di Marco I ; poi seguono vari attentati, un viaggio in Spagna dove rimprovera il caudillo di turno per la sua infedeltà coniugale e dove è fatto oggetto di un rapimento da parte degli anarchici spagnoli; segue poi un viaggio in America dove il papa tiene discorsi antimilitaristi che indispongono il presidente; infine il viaggio in Polonia dove la maggioranza cattolica si serve di lui per strappare concessioni al governo comunista … Tornato in Vaticano, Urbano IX è costretto a dare asilo politico ad una scrittrice russa che ha vinto il premio Nobel con un libro polemico contro l’URSS. A questo punto, Urbano IX scopre che non esiste paese sulla terra minimamente favorevole a lui, e che persino il popolo di Roma non lo può sopportare. Gli rimane l’amicizia fedele del suo gatto, Trastevere Tom. Ecco di seguito una parte del dialogo tra il cardinale arcivescovo di Chicago e il papa durante il viaggio di Urbano IX negli States.
«Il messaggio che la Madonna consegnò ai tre fanciulli fu recapitato per lettera dal vescovo di Leiria-Fatima al Papa, con istruzioni nel senso che il suo successore non dovesse aprire la lettera stessa fino al 1960.»
Quale che potesse essere stato il messaggio contenuto nella lettera, Giovanni XXIII sembrava averlo tenuto per sé, poiché nulla era filtrato fino a Urbano IX. E era tanto meglio così per Urbano IX, pensò il Pontefice, in quanto, con un Delegato Alcoolico che si dava alla vodka a Mosca e una piccola sorella che appioppava un Picangelo a Washington, il Vicario di Cristo aveva già abbastanza lividi sulla spalla, per i fedeli di tutto il mondo, da potersi esimere dal saluto alla Ferita sulla Spalla.
«Abbiamo sempre conosciuto una parte del messaggio, naturalmente, Santità. “Non c'è ordine in nessun luogo" disse la Madonna. “È Satana a governare il mondo e a decidere come devono essere condotte le cose. Forse Satana riuscirà persino a arrivare alle supreme cariche della Chiesa.”
«Questo si riferisce certamente a Noi », disse Urbano con una risata, mentre impartiva benedizioni in serie a una fila di suore appollaiate sulla sommità di un cartellone pubblicitario della Coca-Cola; ma, nel profondo del cuore, Urbano sentì che quelle parole si addicevano ancor più a Marco I, a Leone XIV e ai santi acrobati che si dondolavano sui troni di Mechlin e di Buenos Aires.
“Egli riuscirà a seminare la confusione nella mente dei grandi studiosi che inventeranno, armi con le quali la metà del genere umano potrà essere distrutta in pochi minuti. Porterà i potenti sotto il suo pollice e li costringerà a costruire armi in gran numero. I cardinali saranno contro i cardinali e i vescovi contro i vescovi.”
Dov'era finita, in realtà, la lettera consegnata a Benedetto XV? Urbano se lo domandò mentre benediceva e benediceva e benediceva. Era stata soffiata via dal vento fuori della finestra insieme al latino e alle abitudini delle suore olandesi? Oppure Leone XIV l’aveva gettata nel cestino della carta straccia insieme al proprio breviario?
“La grande, grande guerra avverrà nella seconda metà del secolo ventesimo. Allora fuoco e fumo cadranno dal cielo e le acque della terra si tramuteranno in vapore scaraventando la loro spuma verso il cielo.”
Erunt signa in sole et luna, et stellis; et in ferra pressura gentium irae confusione sonitus ,maris et fluctuum », ricordò Urbano dal Vangelo per la prima domenica dell'Avvento. «Vi saranno segni nel sole, e nella luna e nelle stelle; e sulla terra la disperazione delle nazioni, a causa della confusione dello scroscio del mare.»
Quando cominciò a vestirsi, nello spogliatoio del campo militare, per la messa, Urbano stava pensando che c'era molto da dire a favore delle complicazioni di Fatima.
Tutto solo fantasia?
lunedì 12 aprile 2010
Michael Davies: cambiare il rito per cambiare la fede (8)
Continuiamo ad esaminare le misure preparatorie alla riforma anglicana, secondo lo studio fatto dal grande storico inglese Michael Davies.
Uno dei cambiamenti introdotti, prima del passaggio definitivo all'abbandono del Cattolicesimo per quella nuova forma di cristianesimo che è l'Anglicanesimo (cambiamenti graduali per abituare i fedeli ad abbandonare il Cattolicesimo Romano), è stato quello della distribuzione della santa comunione sulla mano. È impressionante vedere le motivazioni avanzate per questa modifica: tornare ad un uso antico perché non sussiste il pericolo di profanazione da parte dei fedeli. In verità si voleva attaccare il sacerdozio ordinato (il dare la comunione in bocca ai fedeli è, per i riformatori, un'ingiusta pretesa di superiorità del clero, perché dice di avere le mani consacrate) e la presenza reale di Gesù Cristo nelle specie eucaristiche (per i riformatori questa è una superstizione da abbattere!). Leggendo questo studio non si può non andare con la mente a molti cattolici, anche sacerdoti, che negli anni passati hanno avanzato le stesse motivazioni protestanti per obbligare (molte volte è stato così) i fedeli ad adeguarsi al nuovo ordine: comunione in piedi e sulla mano!
Con estenuanti insegnamenti sul “balletto” da farsi per riceverla con dignità! Oggi, Dio sia ringraziato, nelle messe papali il Santo Padre distribuisce la santa comunione solo ai fedeli in ginocchio e sulla bocca: è un esempio che i sacerdoti dovrebbero subito seguire. Peccato che a fianco del Papa, anche in S. Pietro, schiere di sacerdoti continuino a distribuire imperterriti la comunione in mano.
Leggendo il brano che segue forse ci chiariremo le idee sulle vere ragioni che spingono il Papa al ritorno alla forma tradizionale: la difesa del Sacerdozio cattolico e della verità della Transustanziazione, della presenza sostanziale del Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo nella SS. Eucarestia.
La comunione nella mano
Il Prayer Book del 1552 modifica questa pratica tradizionale e prescrive: “Allora il ministro riceverà per primo la comunione sotto le due specie, poi la darà anche ai vescovi, preti e diaconi (se sono presenti); dopo la darà anche in ordine nelle mani del popolo, essendo ciascuno umilmente in ginocchio”. I fatti e le influenze che accompagnarono questo cambiamento sono particolarmente degni d’interesse. Nella Apostolicae curae, per giudicare l’intenzione che animava i riformatori d’Inghilterra nella loro impresa di elaborazione dei nuovi libri liturgici, il papa Leone XIII insistette in modo del tutto speciale sul ruolo degli associati eterodossi di cui i riformatori anglicani avevano sollecitato il concorso. Di questi, il più influente fu l’ex –domenicano Martin Bucer. Bucer negava ogni presenza di Cristo in o sotto le apparenze del pane e del vino. Era in lui una vera ossessione quella di vegliare a che nessuna liturgia riformata conservasse una sola parola, un solo gesto, una sola rubrica, suscettibile di essere interpretati come dei segni di fede in una tale presenza.
Avendo ricevuto da Cranmer un invito pressante, Bucer arrivò in Inghilterra in aprile e soggiornò dal suo ospitante a Lambeth e a Croydon. I due uomini divennero dei compagni inseparabili (F. Clark, Eucharistic Sacrifice and the Reformation, Devon 1980, p. 122). Bucer fu nominato regius professor di teologia a Cambridge, dove sostenne delle controversie contro la presenza reale e la messa. Preparò un trattato sull’ordinazione, a partire dal rito di ordinazione che aveva composto a Strasburgo dieci anni prima. Fu il riferimento principale dell’ordinario di Cranmer nel 1550 (Ibid.). Cranmer invitò il suo amico a procedere all’esame del Prayer Book del 1549, pregandolo di formulare le sue critiche e di suggerire delle migliorazioni.
La risposta di Bucer fu la sua lunga Censura dove fulminò contro “questo sacrificio della messa, tutto pieno di abominazioni, che non si aborrirà mai abbastanza e questa adorazione del pane (artolatreia), che non è che un insulto fatto a Dio”. (Bucer, p. 58) I due terzi dei suoi scritti, almeno, furono accolti e applicati nella compilazione del Prayer Book del 1552, confermando così la sua influenza su Cranmer (F. Clark, Eucharistic Sacrifice and the Reformation, Devon 1980, p. 123).
Bucer censurava diversi punti del rito di comunione che, temeva, potevano condurre a interpretarlo in senso cattolico. E’ così, per esempio, che faceva delle obiezioni al mantenimento dell’uso delle ostie, anche quando assomigliassero a del pane, uso prescritto nel rito del 1549; la revisione del 1552 ordinò dunque che si utilizzasse d’ora in avanti del pane ordinario: “E per combattere ogni occasione di dibattito e di superstizione che si potrà avere toccando il pane e il vino, sarà sufficiente che il pane sia come quello che si mangia ordinariamente in tavola con gli altri cibi, previsto che sia del migliore pane di frumento che si possa comodamente trovare. E se accade che resti del pane e del vino, il ministro li porterà via per il suo uso personale” (D. Harrison, The First and Second Prayer Books of Edward VI, Londra 1968, p. 392). Bucer teneva particolarmente che il pane non fosse posato nella bocca del comunicante ma nella sua mano: “Non arrivo a comprendere come si possa trovare logica la settima sezione, che esige che il pane del Signore sia posato non nella mano, ma in bocca di colui che lo riceve. Sicuramente, la ragione che si dà in questa sezione, vale a dire la paura che coloro che ricevono il pane del Signore non lo mangino ma che lo portino segretamente con loro per farne un cattivo uso per superstizione o malvagità, non mi pare convincente; in effetti, quando il ministro depone il pane nella mano, gli è facile vedere se lo si mangi o no. “In realtà, non dubito che l’uso di non deporre le sante specie nelle mani dei fedeli sia stato introdotto a causa di una duplice superstizione: prima di tutto il falso onore che si intendeva rendere a questo sacramento in seguito, l’arroganza colpevole dei preti, che rivendicano una santità superiore a quella del popolo cristiano in ragione dell’olio della loro consacrazione. Non c’è alcun dubbio che il Signore ha rimesso i suoi segni sacri nelle mani degli apostoli e chiunque ha letto i testi degli antichi non potrà dubitare che tale fu l’uso osservato dalle Chiese fino all’avvento della tirannia dell’Anticristo romano (il Papa per i protestanti era l'anticristo, n.d. r.).
“Dunque, come dobbiamo avere in odio tutte le superstizioni dell’Anticristo romano e ritornare alla semplicità di Cristo, degli apostoli e delle Chiese antiche, amerei che si prescrivesse ai pastori e a coloro che hanno missione di insegnare al popolo che ognuno insegni loro fedelmente che è una superstizione e un errore pensare che le mani di coloro che credono sinceramente a Cristo siano meno pure delle loro bocche; o che le mani dei ministri siano più sante che le mani dei laici; tanto e così bene che sarebbe colpevole, o meno corretto, come il popolo ha falsamente creduto, che si posino le sante specie nelle mani dei laici. Che si facciano dunque scomparire i segni di questa falsa credenza, come, per esempio, l’idea che i ministri possano toccare le sante specie, ma non possono permettere ai laici di farlo e che le posino al contrario nella bocca, cosa che non è solo estranea all’istituzione del Signore, ma offensiva per la ragione umana.
“Così, sarà facile condurre tutti i fedeli a ricevere i segni sacri nella mano; tutti li riceveranno allo stesso modo e si vigilerà per evitare ogni profanazione segreta delle sante specie. Che, ammettendo che si possa fare per un certo tempo delle concessioni a coloro la cui fede è fragile donando loro, quando lo desiderino, la comunione in bocca, se si prende cura di istruirli, non tarderanno a comportarsi come gli altri membri della Chiesa e si comunicheranno nella mano”.
L’obiezione di Bucer contro il modo tradizionale di dare la santa comunione è dunque doppia: questa maniera di fare racchiude la credenza secondo la quale esiste una differenza essenziale fra prete e laico e tra il pane distribuito alla comunione e il pane ordinario . La soluzione di Bucer fu di imporre la comunione nella mano, dapprima come opzione, ma accompagnando questa maniera di procedere con una campagna di propaganda destinata a provocare rapidamente l’uniformità. Nella sua opera Missarum sollemnia, il padre Joseph Jungmann spiega che è il rispetto crescente verso il santo sacramento, ben più che il timore delle profanazioni, che fu la principale ragione della sostituzione della comunione sulla mano con la comunione sulla lingua (J. Jungmann, The Mass of the Roman Rite, Londra 1959, p. 510). E’ qui uno sviluppo logico, quasi ineluttabile, pienamente conforme della lex orandi, lex credendi. Sotto la guida dello Spirito Santo, una intelligenza sempre più crescente della natura dell’eucaristia ricevette un’espressione dottrinale più precisa; questa, a sua volta, si espresse nella liturgia con un rispetto ed una venerazione accrescente verso il santo Sacramento. Così, tornando ad una pratica in uso anteriormente, con l’intenzione esplicita di manifestare un rifiuto dell’insegnamento cattolico sull’eucaristia, i riformatori diedero a questo uso della comunione sulla mano un senso anticattolico. Ormai, comunicarsi nella bocca voleva dire che si riceveva nella fede il sacerdozio ministeriale e la presenza reale, e comunicarsi sulla mano significava che li si rifiutava.
domenica 11 aprile 2010
ripristinare il Sillabo? fuori tempo massimo
Su www.pontifex.roma.it si può trovare la serie di interviste curate da Bruno Volpe ad alcuni Vescovi emeriti: le Loro Eccellenze sembrano uscite da un lungo letargo durato cinquant'anni e se ne escono con interviste che lasciano di stucco per la loro franchezza. Ora che sono in pensione parlano chiaro e si esprimono in modo cattolico: ma è troppo tardi, queste cose bisognava dirle prima. Questa sembra essere un'ulteriore prova che le conferenze episcopali livellano verso il basso i propri membri. Bisognerebbe lasciare facoltativa la partecipazione di un vescovo alle varie conferenze episcopali regionali e nazionali: se ne vedrebbero delle belle. Intanto per favi un'idea eccovi l'intervista a Monsignor Odo Fusi Pecci, Vescovo Emerito di Senigallia.
Attaccano il Papa per la chiarezza del suo messaggio, hanno paura della verità. Anche Pio IX fu calunniato e si scoprì un grande Papa. Utile ripristinare il Sillabo. Rivalutare il Concilio di Trento
Sugli attacchi al Papa e alla Chiesa, ormai virulenti e mirati, interviene il Vescovo Emerito di Senigallia, Monsignor Odo Fusi Pecci che ha questa idea: " credo che in fin dei conti tali reazioni, significano il nervosismo dei nemici della Chiesa, stanno perdendo la battaglia e allora a corto di argomenti seri, ricorrono alla menzogna. La Chiesa non può mai accontentare tutti, quando ti elogiano in coro, vuol dire che sei sulla via errata". Ma la pedofilia?: " le mele marce esistono dappertutto, ed anche tra di noi. Ma il Papa é stato esemplare nel fare e pretendere pulizia, che cosa vogliono da lui. Semmai qualche Vescovo ha taciuto, ma che responsabilità ha il Papa, se pastori inerti non hanno segnalato". Poi precisa: " crea problemi la enorme chiarezza dottrinale di questo papa, la sua costante ricerca della verità, che ricorda un altro grande papa del passato, Pio IX, al quale la storia ha reso giustizia". Perché Pio IX?: ...
... " perché sapeva difendere con intransigenza i valori della fede, distinguendo senza compromessi quel che é buono da quanto é cattivo, il vero dal falso. Oggi,persino nelle librerie cattoliche, si leggono testi che di cattolico non hanno nulla e confondono. E allora tanto vale ripristinare il Sillabo che almeno una idea certa delle letture dannose la forniva". Poi precisa: " tanto disordine nella Chiesa si é creato per false ed erronee interpretazioni del Vaticano II che é stato visto come rottura ed invece era continuità nella tradizione della Chiesa. Ecco perché va rivalutato il Concilio di Trento che ha contribuito, grazie al meritorio papa e Santo Pio V, alla difesa della Chiesa cattolica in Italia e nel mondo". Ma chi orchestra questa campagna diffamatoria verso il papa?: " sicuramente la stampa anticlericale che vuole distruggere la chiesa, ma non riuscirà in questa impresa grazie alla forza e alla saggezza del papa. Poi probabilmente lobbies ebraiche e massoniche e i massoni sono da sempre una minaccia contro la Chiesa". Forse le lobbies omosessuali anche: " non lo escludo. ecco perché occorre essere meno buoni con chi pratica e si gloria della omosessualità. Si ricordi a questi signori che sono pubblici peccatori da considerare fuori della Chiesa. Loro vivono contro natura, la insultano. Persino gli animali la rispettano e loro no". E l'aborto?: " un omicidio, una cosa abominevole, grida vendetta davanti a Dio".
Bruno Volpe
il vero nemico è il liberalismo
L’assalto a Benedetto XVI e alla Chiesa cattolica che proviene dal mondo secolarizzato anglosassone va letto in chiave politica. Infatti non si capirebbe perché il nome del papa precedente, che ha regnato per 27 lunghi anni, non venga mai pronunciato in tutta questa vicenda degli abusi sessuali di alcuni esponenti del clero verso dei ragazzini.
Il motivo di questo attacco consiste nello straordinario carisma intellettuale che Benedetto XVI ha conquistato negli ultimi anni: non c’è discussione filosofica, etica, politica che possa ormai prescindere dal pensiero del grande teologo salito al soglio pontificio nel 2005. Questo è dovuto soprattutto al fatto che il pensiero laico occidentale è ormai morto, finito nel vicolo cieco imboccato con Hegel prima e con Nietzsche poi e dal quale non c’è via d’uscita.
Il sistema capitalista non ammette la concorrenza di un’entità morale capace di influenzare le decisioni legislative di tipo positivista, grazie al radicamento dei ragionamenti in valori trascendentali immutabili che definiscono “a priori” qual è il Vero-Buono-Giusto verso cui la legge deve tendere, quella Legge Eterna cui la Legge Umana deve conformarsi. Nella critica del capitalismo svolta dalla Scuola di Francoforte, soprattutto da pensatori come Adorno e Horkheimer, si dimostra come la tendenza del sistema liberale capitalista puro è per sua natura rivolta al fascismo, alla svolta totalitaria del pensiero unico, a quella “dittatura del relativismo” di cui Benedetto XVI – che è tedesco e ben conosce questi pensatori – ha più volte paventato la minaccia.
Noi cristiani dobbiamo essere consci dei tempi che ci aspettano: dalle società di origine scismatica, come sono gli USA e la Germania, ma anche la Gran Bretagna – arriveranno attacchi sempre più violenti verso la Chiesa Cattolica e le sue istituzioni, con lo scopo di distruggerla. Essa è vista come un ostacolo nel governo assoluto del mondo che il sistema capitalista puro ha nel suo DNA, per così dire. Possiamo confortarci con il monito di Gesù Cristo “Non praevalebunt”, ma abbiamo anche il dovere di riflettere, studiare, ingegnarci, stare uniti, fare comunità, cioè essere davvero Chiesa come “Corpo Mistico del Cristo Vivente”. Il peccato dentro la Chiesa va espiato, purificato attraverso la penitenza e superato con l’animo di non peccare più; ma dobbiamo anche difenderci dai lapidatori, che oggi se la prendono con l’adultera ma domani vorranno crocifiggere il Signore
da http://www.laltracampana.com/
un dono della Divina Misericordia: i Vescovi ricominciano a parlare di eresia
Di fronte alla negazione della resurrezione della carne da parte del "teologo" Mancuso, l'Arcivescovo di Trani, Monsignor Giovanni Battista Pichierri, si è espresso cosi in una intervista a Bruno Volpe pubblicata su http://www.pontifex.roma.it/: "ogni limite può essere superato e forse costui fantastica. La resurrezione é in corpo ed anima come dice il Credo. Chi nega questo é fuori della Chiesa, vive nella eresia, si é allontanato dal cattolicesimo"; e sulla stessa questione si è espresso anche il cardinal José Saraiva Martins, Prefetto Emerito per la Congregazione della cause dei Santi dichiarando sempre a Bruno Volpe: "queste affermazioni lo pongono fuori dalla comunione della Chiesa e sono parole difformi dalla ortodossia e dal Magistero". Qual é la conseguenza?: " l'uomo resuscita in carne ed anima.In anima e corpo. Lo dice il Credo ed é alla base della nostra fede. Se si proclamano cose non conformi alla dottrina della Chiesa, allora e in questo senso siamo in eresia. Sono parole eretiche in quanto difformi dalla verità di fede. Io se affermassi cose del genere ,non mi definirei più cattolico".
Ricordiamo ancora una volta il chiarissimo e inconfutabile pensiero espresso da Romano Amerio nel suo Iota unum: “Questo annuncio del principio della misericordia contrapposto a quello della severità sorvola il fatto che, nella mente della Chiesa, la condanna stessa dell'errore è opera di misericordia, poiché, trafiggendo l'errore, si corregge l'errante e si preserva altrui dall'errore. Inoltre verso l'errore non può esservi propriamente misericordia o severità, perché queste sono virtù morali aventi per oggetto il prossimo, mentre all'errore l'intelletto ripugna con un atto logico che si oppone a un giudizio falso. La misericordia essendo, secondo S. theol., II, II, q. 30, a. 1, dolore della miseria altrui accompagnato dal desiderio di soccorrere, il metodo della misericordia non si può usare verso l'errore, fatto logico in cui non vi può essere miseria, ma soltanto verso l'errante, a cui si soccorre proponendo la verità e confutando l'errore. Il Papa peraltro dimezza un tale soccorso, perché restringe tutto l'officio esercitato dalla Chiesa verso l'errante alla sola presentazione della verità: questa basterebbe per sé stessa, senza venire a confronto con l'errore, a sfatare l'errore. L'operazione logica della confutazione sarebbe omessa per dar luogo a una mera didascalia del vero, fidando nell'efficacia di esso a produrre l'assenso dell'uomo e a distruggere l'errore”.
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