giovedì 7 novembre 2013

Gesù è l’unico vero sacerdote in senso assoluto (altro che laico)


CRISTO SACERDOTE

 

I. - Importanza della trattazione

La fa rilevare lo stesso Concilio Vaticano II, il quale afferma che tutta l'economia divina salvifica è sacerdotale, poiché Gesù « ha reso partecipe tutto il suo Corpo Mistico di quella unzione dello Spirito con la quale stato unto » (Presbyterorum ordinis, 2).

L'economia divina, considerata nella sua realizzazione, consiste in Gesù Cristo Mediatore e nei seguaci di Gesù Cristo che costituiscono il suo Corpo Mistico, ossia nel Capo e nei Membri del Corpo Mistico. Orbene, l'Incarnazione del Verbo segna pure la consacrazione sacerdotale di Gesù, mediante la grazia dell'unione ipostatica, che unisce personalmente al Verbo la natura umana assunta.

L’opera salvifica di Gesù culmina con la morte in Croce, che e il sacrificio cruento della Nuova Legge, da cui sgorga la redenzione eterna di tutti i santificati.

La mediazione celeste di Gesù è pure sacerdotale, poiché egli è sacerdote in eterno, sempre vivo presso il Padre per intercedere per noi (cfr. Eb 7, 25), sacerdote principale e insieme vittima in tutte le SS. Messe, che sono l'attuazione l’incruenta del  Sacrificio della Croce.  Gesù Cristo è quindi essenzialmente sacerdote (1).

Tutti i Cristiani partecipano pure al sacerdozio di Gesù o  per mezzo del sacerdozio mistico dei fedeli,  che deriva dal Sacramento del Battesimo e li abilita ad offrire a Dio l'omaggio della propria vita pura (cfr. Rom 12, 1) e la stessa Vittima eucaristica (2), impegnandoli nell'apostolato proprio dei fedeli, in collaborazione con l'apostolato gerarchico; oppure per mezzo altresì del Sacramento dell'Ordine, che ci da il sacerdozio visibile e gerarchico, col potere di immolate la Vittima eucaristica nel sacrificio della Messa e di esercitare gli atti propri dell'apostolato gerarchico (3). Anche la SS. Vergine ha una sua speciale ed esclusiva partecipazione al sacerdozio ed al sacrificio di Gesù (4).

Appare quindi l'importanza che la dottrina sul sacerdozio e sul sacrificio di Cristo ha nel patrimonio della fede cattolica, che deve essere annunziata e vissuta da tutti i fedeli. Noi ci limitiamo ora a trattare del sacerdozio di Cristo, poiché esso gli compete fin dal primo istante dell'Incarnazione.  Del suo sacrificio cruento tratteremo parlando del mistero salvifico della morte di Cristo.

II. - Rapporto tra Mediatore e Sacerdote

Abbiamo già visto che fin dal primo istante dell'Incarnazione Gesù mediatore perfetto e unico (in forza della sua efficacia universale) tra Dio e gli uomini, sul piano ontologico e morale.

Di per se il mediatore non implica il sacerdozio; ci può essere mediazione che non sia sacerdotale: cosi Mosè il mediatore, non e sacerdote, come Aronne. Invece il sacerdozio implica la mediazione, essendo una forma qualificata di mediazione.

Gesù non è solo mediatore, ma anche sacerdote fin dal primo istante della sua Incarnazione, perché è   sacerdote come uomo, consacrato sostanzialmente dall'unione personale col Verbo.

III. - Gesù Cristo unico vero Sacerdote

Il sacerdozio di Cristo è vero sacerdozio, non nel senso che ogni altra forma di sacerdozio sia falsa, ma nel senso che ogni altra forma di sacerdozio partecipa del suo sacerdozio: cosi avviene, come abbiamo già indicato, per il Nuovo Testamento; oppure dice relazione al sacerdozio di Cristo: cosi il sacerdozio levitico dell'A.T. e sacerdozio pagano (sublimato in Melchisedech) sono tipologia e preparazione e prefigurazione del sacerdozio di Cristo nelle intenzioni divine, rivelate nel N.T.

Gesù è l’unico vero sacerdote in senso assoluto (non relativo ad altro), perché egli solo è consacrato dalla stessa divinità ed ha potuto offrire con la sua passione, coronata dalla risurrezione, il vero Sacrificio, che riconcilia l'uomo con Dio, penetrando con la sua umanità immolata e glorificata, nel vero Santuario dove risiede Dio (cfr. Epistola agli Ebrei).

IV. - Le tappe del sacerdozio di Gesù

Il sacerdozio di Cristo comincia dall'Incarnazione e si sviluppa ed  esplica in tutto il corso della sua vita; non nel senso di nuove ordinazioni sacre, come per il ministro sacro, ma nel senso che ogni mistero della vita di Gesù è come una tappa nello sviluppo esterno, quanto alla successione di gesti salvifici, ed anche nello sviluppo intimo, quanto all'esercizio della carità sacerdotale interiore, della missione sacerdotale di Gesù. Con la risurrezione e l'ascensione al cielo il sacerdozio di Gesù è perfetto (teleióthéis) con l'ingresso unico e definitivo nel Santuario celeste, dove continua il suo sacerdozio per l'applicazione della salvezza a tutti i redenti. Perciò Gesù non ha successori, ma solo ministri visibili.

V. - I requisiti del sacerdozio di Gesù

II sacerdote è il ministro che viene deputato a consacrato dalla legittima autorità, affinché sia mediatore fra Dio e gli uomini.

1. I requisiti del sacerdote sono:

a)        La natura umana. Infatti, il sacerdozio dice sottomissione a Dio, quindi il sacerdote non può essere una persona divina, ma una creatura inferiore a Dio. II sacerdote inoltre e mandatario della società umana, perciò deve essere preso tra coloro che giuridicamente rappresenta. Quindi l'Autore dell'epistola agli Ebrei afferma: « Ogni pontefice e preso tra gli uomini » (Ebr 5, 1). L'angelo può essere sacerdote; ma di fatto non lo è in questa economia salvifica, perchè gli Angell non sono più redimibili, ma già o salvi o dannati.

b)        La vocazione divina. Infatti, il sacerdote viene addetto alle cose che si riferiscono a Dio, e quindi dev'essere chiamato e abilitato da Dio, a tale ufficio. « E non v'e alcuno, che assuma da sé la dignità (sacerdotale), ma vi e chiamato da Dio, com'è il caso di Aronne » (Ebr 5, 4). C)           

c) La consacrazione. Il sacerdozio è uno stato e dono permanente, col quale uno viene perennemente abilitato all'esercizio dei poteri s acri. L'epistola agli Ebrei afferma che il sacerdote è costituito (cathistatai) nelle cose che riguardano Dio, il che suppone una consacrazione che lo stabilizzi e renda permanentemente idoneo a tale ufficio con poteri sacri permanenti ed inammissibili (cfr. Ebr 5, 1).

La consacrazione può essere: 1) esterna, o rituale, che si conferisce per mezzo dei riti liturgici e sacramentali; 2) interna, che costituisce nello stato sacerdotale, con intrinseca efficacia.

La consacrazione interna a sua volta, può essere sostanziale, che compete a Cristo per la grazia sostanziale dell'unione ipostatica, per cui si ha il sacerdozio sostanziale, proprio di Cristo; oppure accidentale, costituita dal carattere sacerdotale, indelebile, del quale sono insigniti i sacerdoti della Nuova Legge con la  consacrazione esterna sacramentale.

Gesù Cristo, autore dei Sacramenti, non ebbe bisogno della consacrazione esterna sacramentale; ebbe soltanto la consacrazione interna, operata data stessa Persona divina del Verbo nella natura umana assunta, per mezzo dell'unione ipostatica.

c)        La mediazione. II compito del sacerdote è la mediazione tra Dio e gli uomini, la quale consiste nell'offrire a Dio i doni degli uomini (mediazione ascendente) e nell'offrire agli uomini i doni di Dio (mediazione discendente) Cfr. Ebr 5, 1.

 II  sacerdote offre a Dio da parte degli uomini la preghiera e il sacrificio; offre agli uomini da parte di Dio le verità soprannaturali, i divini precetti, il perdono e la grazia   

2. Dal punto di vista storico si ha un triplice sacerdozio:

a - sotto la legge naturale vi fu un sacerdozio patriarcale senza consacrazione intrinseca;

b - sotto la legge mosaica vi fu un sacerdozio levitico, legale, ugualmente senza consacrazione intrinseca, ma solo con consacrazione rituale, esterna;

c - sotto la legge cristiana vie il sacerdozio con consacrazione intrinseca: sostanziale in Cristo, accidentale negli altri sacerdoti del Nuovo Testamento.

 3. - Circa il sacerdozio di Gesti Cristo le  posizioni sono diverse a seconda della dottrina professata  intorno a Gesù  Cristo ed alla unione ipostatica.

I Nestoriani attribuiscono a Cristo uomo, personalmente distinto dal Verbo, la dignità sacerdotale.

I Sociniani affermarono the Cristo non fu costituito sacerdote, se non nella sua glorificazione in cielo. Per cui non fu sacerdote in terra, ma solo quando si offrì al Padre in cielo.

I Protestanti liberali dicono che Cristo non fu né volle essere sacerdote.

I Cattolici comunemente ritengono che Gesù Cristo è vero e sommo sacerdote sin dall'Incarnazione.

E' vero sacerdote, perché ebbe le doti e adempì l'ufficio proprio del sacerdote.

E' sommo sacerdote: 1. perché gode di una singolare eccellenza sul sacerdozio levitico: cfr. epistola agli Ebrei; 2. perché possiede un sacerdozio eterno e sostanziale; 3. perché la consacrazione di Gesù fu fatta indipendentemente da ogni altro sacerdote, ma nella stessa Incarnazione, per l'unione della natura umana con la Persona del Verbo; 4. perché Gesù può istituire altri sacerdoti, che partecipano del suo sacerdozio.

 

(1) Cfr. S. Tommaso, Summa Theol., III, q. 22, aa. 1-6.

(2) Cfr. Pio XII, Lett. Enc. Mediator Dei, in D. BERTETTO, Il magistero eucaristico di Pio XII, Torino, Società Editrice Internazionale, 1957, pp. 186-194.

 (3)     Cfr. D. BERTETTO, Sacerdozio cattolico e sacramento dell'Ordine, Edizioni Paoline, Alba, 1956, pp. 168.

(4)      Per in partecipazione di Maria SS. al sacerdozio ed al sacrificio di Cristo, rimandiamo al nostro volume: Maria Madre universale nel mistero della salvezza, ed. III, 1970, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, pp. 309 ss.
 
Tratto da: Domenico Bertetto sdb, Gesù Cristo Autore della Salvezza, Edizione Pro Sanctitate, 1975, p. 317-321

 

 

martedì 5 novembre 2013

What the Mass is.....

O MAGNUM MYSTERIUM!



lunedì 4 novembre 2013

“Hoc ore sumitur”: contro la Comunione sulla mano


Da sempre l’Eucaristia si è presa direttamente in bocca


“Dobbiamo badare con ogni premura a non attenuare alcuna dimensione o esigenza dell’Eucaristia. Così ci dimostriamo veramente consapevoli della grandezza di questo dono. (…) Non c’è pericolo di esagerare nella cura di questo Mistero!”

(Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n.61)

 

 

Un edificante episodio …e ciò che insegna san Francesco

 

Si era nel 1871, in Francia. I Prussiani stavano per occupare il villaggio di Delors. Gli abitanti, buoni cristiani, si preoccuparono che all’arrivo dei nemici l’Eucaristia avrebbe rischiato di essere profanata. Avevano già sentito di casi simili operati dai Prussiani, ma non avevano però il sacerdote per poterla rimuovere dal tabernacolo. Allora pensarono di affidare ad un venerando anziano il compito di prendere le sacre Specie e di nasconderle. Ma l’anziano prescelto si rifiutò categoricamente: “Io non sono degno!”; poi lui stesso consigliò di servirsi di un bambino che era lì ed aveva appena quattro anni. Fu accettata la proposta. Si chiamò quel fanciullo innocente e ci si recò in chiesa. Il vecchio aprì il tabernacolo e il fanciullo prese nelle mani la Pisside con le Ostie e la portò, seguito dai fedeli, in un luogo sicuro. Un pio scrittore che riferisce questo episodio ha commentato: “Quei buoni abitanti mostrarono in qualche modo quale deve essere la purezza di chi riceve la Comunione! Poiché, se tanta deve essere l’innocenza e la purezza in colui che ha da portare semplicemente fra le sue mani Gesù Eucaristico, quanto dovrà essere maggiore l’innocenza e la purezza di chi deve riceverlo nel santuario del proprio cuore?”

San Francesco d’Assisi vedeva nella Vergine Immacolata il modello della purezza con la quale i cristiani, e in particolare i Sacerdoti, dovrebbero accostarsi al Corpo santissimo del Signore. Egli scrive in una sua lettera: “Ascoltate, fratelli miei, se è tanto onorata la Vergine Maria, come è giusto, perché portò Gesù nel Suo seno santissimo, quanto non deve essere santo e giusto e degno di Lui chi lo può toccare con le sue mani, prendere nel cuore e nella bocca, o offrirlo agli altri perché lo ricevano?”

 

Sono davvero credibili gli argomenti a favore dell’Eucaristia da ricevere in mano?

 

Veniamo adesso ad elencare alcuni argomenti che solitamente sostengono coloro che sono favorevoli a ricevere l’Eucaristia nella mano.

Il primo argomento è relativo a ciò che racconta il Vangelo, il secondo è di carattere storico.

 

Argomento evangelico

 

Si dice: Gesù nell’Ultima Cena non diede agli apostoli l’Eucaristia direttamente in bocca ma in mano.

Prima di tutto va detto che non è affatto scontata una cosa del genere. Anzi, è possibile supporre che Gesù abbia dato il pane direttamente in bocca a ciascun apostolo. In Medio Oriente, usanza del tempo di Gesù e che perdura tuttora, il padre di casa nutre i suoi ospiti con la propria mano, mettendo un pezzo simbolico di cibo nella bocca degli ospiti.

Ma, ammesso e non concesso che sia andata davvero così, cioè che Gesù abbia dato l’Eucaristia nelle mani degli apostoli, va fatta una precisazione importante: in quel momento gli apostoli già erano stati ordinati sacerdoti, addirittura sacerdoti in pienezza, quindi vescovi. 

 

Argomento storico

 

Il secondo argomento è di carattere storico ed è più complesso del primo, pertanto merita una risposta molto più lunga. Si dice: i primi cristiani non ricevevano la Comunione direttamente in bocca ma tra le mani.  Vediamo se realmente fu così.

Prima di tutto va fatta una premessa. Non è detto che ciò che vi era nell’antichità è sempre migliore di ciò che si è approfondito e si è istituzionalizzato in seguito. Liturgicamente, come è sbagliato il progressismo, per cui ciò che viene dopo sarebbe sempre migliore di ciò che è venuto prima; è altrettanto sbagliato l’archeologismo, ciò che è venuto prima sarebbe sempre migliore di ciò che viene dopo. A riguardo papa Pio XII è molto chiaro nella sua Mediator Dei (n.51):(…) non sarebbe animato da zelo retto e intelligente colui il quale volesse tornare agli antichi riti ed usi, ripudiando le nuove norme introdotte per disposizione della Divina Provvidenza e per mutate circostanze. Questo modo di pensare e di agire, difatti, fa rivivere l’eccessivo ed insano archeologismo suscitato dall’illegittimo concilio di Pistoia, e si sforza di ripristinare i molteplici errori che furono le premesse di quel conciliabolo e ne seguirono, con grande danno delle anime e che la Chiesa, vigilante custode del ‘Depositum Fidei’ affidatole dal suo divin Fondatore, a buon diritto condannò.”

Altra premessa importante. Nei primi secoli del Cristianesimo si facevano forti penitenze per l’Eucaristia, per esempio ci si asteneva da qualsiasi cibo e bevanda dalla vigilia fino al momento della Comunione. Ora, se valesse il principio archeologista, bisognerebbe chiedere a tanti sostenitori della Comunione nella mano: ma perché non si recuperano anche le rigide penitenze dei primi secoli? Se è giusto riprendere ciò che vi era all’inizio, allora si riprendano anche le dure penitenze dell’inizio… mi sa che molti si tirerebbero indietro.

Ma veniamo ai fatti. Davvero nei primi tempi della Chiesa l’Eucaristia si riceveva nella mano? E’ falso.  

Ci sono testimonianze certe che attestano come sin dall’inizio era diffusa la consuetudine di deporre le sacre Specie sulle labbra dei comunicandi e anche della proibizione ai laici di toccare l’Eucaristia con le mani. Solo in caso di necessità e in tempo di persecuzione, assicura per esempio san Basilio, si poteva derogare da questa norma e quindi era concesso anche ai laici di comunicarsi con le proprie mani.

Papa Sisto I fu sesto successore di Pietro e settimo papa, dal 115 al 125. Questi, per impedire gli abusi che già a quei tempi si verificavano, proibì ai laici di toccare i vasi sacri, per cui è ampiamente fondato supporre che vietasse agli stessi di toccare le Sacre Specie eucaristiche: “Statutum est ut sacra vasa non aliis quam a sacratis Dominoque dicatis contrctentur hominibus”.

Sant'Eutichiano, papa dal 275 al 283, affinché non toccassero l’Eucaristia con le mani, proibì ai laici di portare le sacre Specie agli ammalati: “Nessuno osi consegnare la comunione a un laico o ad una donna per portarla ad un infermo.”

Il Concilio di Saragozza, nel 380, emanò la scomunica contro coloro che si fossero permessi di trattare la santissima Eucaristia come in tempo di persecuzione, tempo nel quale –come abbiamo già detto- anche i laici potevano trovarsi nella necessità di toccarla con le proprie mani.

Sant’Innocenzo I, dal 404, impose il rito della Comunione solo sulla lingua.

Papa Sant'Innocenzo I (401-417), nel 416, nella Lettera a Decenzio, Vescovo di Gubbio, che gli chiedeva direttive riguardo alla liturgia romana che intendeva adottare, rispose affermando per tutti l’obbligo di rispettare al riguardo la Tradizione della Chiesa di Roma, perché essa discende dallo stesso Pietro, primo Papa. Ebbene, lo stesso Sant’Innocenzo –come abbiamo detto prima- dal 404 aveva imposto il rito della Comunione solo sulla lingua. 

San Leone Magno (440-461) scrisse nel Sermo V, De jeunio, decimi mensi: “Hoc ore sumitur”, ovvero: “Questo Cibo si riceve con la bocca.”

San Gregorio Magno narra che sant’Agapito, papa dal 535 al 536, durante i pochi mesi del suo pontificato, recatosi a Costantinopoli, guarì un sordomuto all’atto in cui “gli metteva in bocca il Corpo del Signore”, dunque l’Eucaristia si dava direttamente in bocca.

Il Concilio di Rouen, verso il 650, proibì al ministro dell’Eucaristia di deporre le sacre Specie sulla mano del comunicando laico: “(Il sacerdote) badi a comunicarli (i fedeli) di propria mano, non ponga l’Eucaristia in mano a nessun laico o donna, ma la deponga solo sulle labbra con queste parole: ‘Il Corpo e il Sangue del Signore, ti giovi in remissione dei peccati e per la vita eterna. Se qualcuno trasgredirà queste norme, sia rimosso dall’altare, perché disprezza Dio Onnipotente e per quanto sta in lui lo disonora.”

Sulla medesima linea il Concilio Costantinopolitano III (680-681), sotto i pontefici Agatone e Leone II, vietò ai fedeli di comunicarsi con le proprie mani e minacciò la scomunica a chi avesse avuto la temerarietà di farlo.

Il Sinodo di Cordoba dell’anno 839 condannò la setta dei “casiani” a causa del loro rifiuto di ricevere la sacra Comunione direttamente in bocca.

In Occidente, il gesto di prostrarsi e inginocchiarsi prima di ricevere il Corpo del Signore si osservava negli ambienti monastici già a partire dal VI secolo (per esempio nei monasteri di san Colombano) Più tardi nei secoli X e XI questo gesto si diffuse ancora di più.

Quando san Tommaso d’Aquino espose i motivi che vietavano ai laici di toccare le sacre Specie, non parlò di un rito di recente invenzione, ma di consuetudine liturgica antica come la Chiesa.

Ecco perché il Concilio di Trento poté affermare che non solo nella Chiesa di Dio fu una consuetudine costante che i laici ricevessero la Comunione dai sacerdoti, mentre i sacerdoti si comunicassero da sé, ma anche che tale consuetudine è di origine apostolica: Nell’assunzione di questo Sacramento (l’Eucaristia) fu sempre costume nella Chiesa di Dio che i laici ricevessero la comunione dai Sacerdoti e i Sacerdoti celebranti invece comunicassero se stessi, costume che con ogni ragione deve ritenersi come proveniente dalla Tradizione apostolica.”


Abbiamo iniziato con papa Giovanni Paolo II, concludiamo con lui. Sempre nella Ecclesia de Eucharistia, al n.49, scrive:

“Sull’onda dell’elevato senso del mistero si comprende come la fede della Chiesa nel mistero eucaristico si sia espressa nella storia non solo attraverso l’istanza di un interiore atteggiamento di devozione, ma anche attraverso una serie di espressioni esterne.”


 

 
Corrado Gnerre
14 settembre 2013


[1] Cfr. P. Stefano Maria Manelli, La grande promessa dei S.S. Cuori, Casa Mariana, Frigento (Avellino), pp. 67-69.
[2] Francesco d’Assisi, Lettera II, cit. in Rita M.Rossi, I santi e la Madonna, vol.I, Casa Mariana, Frigento (Avellino), pp.30-31.
[3] Cfr. A. Schneider, Dominus est, “Cum amore ac timore”. Alcune osservazioni storico-liturgiche sulla Sacra Comunione, in “Il Settimanale di Padre Pio”, anno VIII, n.9, 8.3.2009, p.14.
 
[4] P.G. XXXII, col.483-486.
[5] Mansi I, 653.
[6] P.L. V, col. 163-168.
[7] Saenz de Aguire, Notitia Conciliorum Hispanae, Salamanca, 1686, p.495.
[8] Mansi X, 1205.
[9] Ivi.
[10] P.L. 54, 1385.
[11] Dialoghi III, 3.
[12] Mansi, vol.X, col.1099-1100.
[13] Cfr. J.A. Jungmann, Missarum solemnia. Eine genetische Erklarung der romischen Messe, Wein 1948, II, p.436, n.52; da: A. Schneider, cit., p.14.
[14] Cfr. Regula coenobialis, da: A. Scheneider, cit., p.14.
[15] Cfr. J.A. Jungmann, cit., pp.456-457; p.458, n.25; da: A.Scheneider, cit., p.14.
[16] Cfr. Summa Theologiae III, 9, 82, a.3.
[17] Concilio di Trento, Decreto sull’Eucaristia, sessione XIII, Denzinger 881. 


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