martedì 31 dicembre 2019

La Storia non è la loro Rivoluzione


Pubblichiamo l'Editoriale di Gennaio 2020

LA STORIA NON E' 
LA LORO RIVOLUZIONE


LA STORIA NON E' LA LORO RIVOLUZIONE
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno XIII n° 1 - Gennaio 2020

 Non a caso “Il Capitale” di Karl Marx fu dedicato a Charles Darwin: ogni rivoluzione si presenta come tappa ineludibile di un processo, come inevitabile passaggio, più o meno violento,  verso uno sviluppo storico nell'avvenire, verso, e qui sta il grande inganno, verso un mitico progresso da cui nessuno potrebbe tornare indietro.

 Tutto questo è falso, come è falso Darwin e il darwinismo.
 È l'ideologia della rivoluzione, il più grande inganno della storia: ti fanno credere che i tempi richiedano determinati cambiamenti un po' su tutto, che essere contrari ai cambiamenti equivale ad essere fuori della storia, ad essere contro il progresso. Fanno coincidere la Storia con le loro rivoluzioni.

 Non a caso a Fatima la Madonna parla degli errori che la Russia, se non convertita, diffonderà nel mondo.

 L'errore per eccellenza è quest'illusione diabolica del progresso rivoluzionario che il Comunismo ha cavalcato, ma che è stato poi condiviso da tutti, destra e sinistra.
 È così radicata questa falsità che nessuno osa contrastarla, anche se non la condivide per niente.
 Questa ideologia è entrata a grandi passi dentro il Tempio di Dio, dentro la Chiesa; è entrata e ha distrutto, semplicemente distrutto, non ha costruito nulla. È cosi forte però questa illusione, che nemmeno i dati spaventosi della crisi in casa cattolica fanno ravvedere qualcuno. La Rivoluzione si presenta come intoccabile.

 All'opinione pubblica mondiale si è presentato il Concilio Vaticano II come la rivoluzione rinnovatrice della Chiesa, che finalmente approdava dentro la modernità, dopo averla osteggiata per più di due secoli.

 Anche chi è stato perplesso di una simile presentazione del Concilio, quasi fosse un nuovo inizio della Chiesa, non ha combattuto con coraggio l'inganno rivoluzionario. Si è medicato tutto timidamente, troppo timidamente, cercando disperatamente di sottolineare che il Vaticano II doveva essere letto in continuità con i precedenti concili e con tutto il magistero perenne della Chiesa.

 Nemmeno di fronte al non apparire dei frutti del Concilio, questi benedetti frutti che non si vedono mai!, si ha il coraggio di dire che bisogna tornare indietro. Si prende per inevitabile la Rivoluzione! Si prende per inevitabile questo terribile falso progresso. Si accetta tutta questa spaventosa decadenza come inesorabile: è l'ideologia della Rivoluzione progressiva che vince in tutti gli animi, anche in quelli anti-rivoluzionari.

 È proprio quello che vogliono i fautori di ogni rivoluzione: far coincidere la Storia con la Rivoluzione.

 Questa supina accettazione dello schema rivoluzionario fa cercare, a quelli che sono contro, a quelli che vogliono restare cattolici non rassegnandosi al disastro della Chiesa Romana, fa cercare un “facile” rifugio nel millenarismo: “Sono gli ultimi tempi”, si dice da più parti, “è la grande apostasia”, “non resta più molto...”.
 Così dicendo non si fa più nulla per la Chiesa, non si giudica fino in fondo con intelligenza cattolica la situazione e non si agisce: che tristezza!

 Sembra di rivedere la situazione descritta da San Paolo:
"Chi non vuol lavorare neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione. A questi tali ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace." (2 Ts 3,10-12).

 Applichiamo con coraggio non soltanto alla vita personale, ma anche alla nostra responsabilità nella Chiesa queste parole dell'Apostolo e ravvediamoci per agire secondo il bene.

 La Rivoluzione, anche dentro la Chiesa, non è inesorabile. Le cose possono cambiare, il Cristianesimo può rinascere nelle nostre terre, perché la storia la fa Dio e non la Rivoluzione. Ma occorre uscire da questo mondo di fantasmi che si chiama modernità!

 No, la Rivoluzione non è inesorabile: si può tornare indietro e riprendere la strada giusta, per edificare la Chiesa come Dio comanda.

 No, il Millenarismo non è la soluzione, ma la solita fuga: nessuno sa quando il Signore verrà, nel mentre abbiamo il compito di fare il cristianesimo, di fare la Chiesa, ripartendo dalla Messa giusta, la Messa di sempre, e dalla stabilità della nostra vita attorno all'altare, pieni di obbediente fervore: così il cristianesimo produrrà opere di bene.

 Gli “agitati, gli inquieti “disordinati” della Tradizione sono troppo simili agli inquieti della rivoluzione, distruggono e non costruiscono.

 Lavoriamo dunque in pace per la nostra santificazione, allora molte anime troveranno casa con noi, e la Rivoluzione scomparirà come neve al sole; forse sta già scomparendo.

  Buon anno a tutti.

mercoledì 25 dicembre 2019

Buon Natale!

"Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio;  ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio" (1Gv 4, 2-3)

sabato 30 novembre 2019

"Non riconosceranno Cristo venuto nella carne"


Pubblichiamo l'Editoriale di Dicembre 2019

"NON RICONOSCERANNO
CRISTO VENUTO NELLA CARNE"


"NON RICONOSCERANNO CRISTO VENUTO NELLA CARNE"
 Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno XII n° 12 - Dicembre 2019

 Cosa resta dell'Incarnazione? C'è proprio da domandarselo in questo tornante tristissimo della storia della Chiesa nel mondo.

 Cosa resta dell'Incarnazione, di Dio che viene nella carne per la salvezza degli uomini?

 Festeggeremo il Natale come tutti gli anni; saremo sommersi dalle stupidità volgari con cui il mondo ateo è riuscito ad avvolgere la festa un tempo cristiana. Il cattivo gusto prevarrà anche quest'anno sempre di più... più sono atei e più illuminano... il mondo post-cristiano sembra un misero e triste luna park. Ma in tutto questo dov'è Gesù Cristo?

 Mischieranno come al solito pseudo-presepi di pupazzi con il peccato mortale, non solo vissuto, ma anche difeso e ostentato come un diritto dell'umano.

 Siamo di fronte al grande sacrilegio... usare Dio per se stessi.

 Che fare allora in questa attanagliante tristezza? Rifugiarti in una chiesa?

 Ahimè! Dov'è finita l'Incarnazione nella Chiesa?
 Il modernismo, che ormai ha un posto vincente, ha stravolto tutto, ha perso Gesù Cristo e lo fa perdere a chi vi si accosta.

 Gesù è diventato un discorso da interpretare. I vangeli sono il luogo degli sragionamenti pieni di dubbi e di riletture mitologiche. Li si legge senza la certezza ragionevole che siano un racconto storico.
 I modernisti parlano-parlano, scrivono-scrivono e perdono Gesù, Dio venuto nella carne.

 I Pastori della Chiesa non sono più in grado di riaffermare la semplicità della vita di Gesù Cristo, in tutta la sua pacificante certezza... non sono più in grado o non ne hanno coraggio, perché ormai, per dato anagrafico, sono figli del modernismo eretico: ci sono nati dentro e ci sono cresciuti e per far carriera lo hanno in qualche modo accettato.

 Certo, ci sarebbe la possibilità di una grazia, riandando all'inizio della loro vocazione, quando sicuramente Gesù era tutto per loro; quando si accostavano a lui con la semplicità dei bambini.
 Ci sarebbe la grazia di ricordare il volto dei loro “vecchi” che semplicemente pregavano in ginocchio con la corona in mano, domandando misericordia a un Gesù reale, fatto uomo, non interpretabile, in carne e ossa e divinità. Oh se ricordassero il volto della loro madre, del loro vecchio parroco, della catechista che ancora li affascinava parlando loro di Betlemme! Oh se ricordassero senza vergognarsi, forse la fede cattolica rinascerebbe nel loro cuore e darebbe forma alla loro intelligenza.

 Ma si vergognano dell'Incarnazione, del Dio che si fa bambino, e preferiscono restare nei salotti dell'ermeneutica, dove si uccide l'anima interpretando e diminuendo i fatti. Preferiscono i discorsi agli avvenimenti, ai fatti che hanno cambiato la storia del mondo.

 Allora, per te che fuggi da un Natale falsificato dagli atei immorali del mondo, non c'è posto nemmeno nella Chiesa, come non ci fu posto nell'albergo di Betlemme.

 “Non c'era posto per loro”... e non c'è posto nemmeno per te.

 Devi cercare una chiesa dove non ci si vergogni, ma ci si glori di Dio venuto nella carne. Dove la fede sia vissuta salvando tutto il vangelo, senza interpretarlo.
 Dove ci sia la intelligente certezza dell'esistenza storica di Gesù Cristo.
 Dove ci sia la certezza che lui è Dio.
 Dove ci sia la fede nella sua grazia potente.
 Dove ci sia la logica conseguenza dell'Incarnazione: Dio resta presente e operante nei sette sacramenti.
 Dove non si giochi con i comandamenti di Dio, ma li si riconosca tutti e dieci, con tutta umiltà.
 Dove si ripetano i gesti della preghiera, come il popolo cristiano ha sempre fatto.

 Il modernismo ha interpretato il vangelo, ha negato la storicità ad un sacco di cose, ne ha salvato uno scheletro che va bene per qualsiasi cosa e persona. Ne è rimasta una vaga religiosità sostanzialmente atea, o pagana, o immorale... e ha formato ahimè una sua chiesa, simile ad un tempio massonico.

 A fianco c'è ancora un piccolo resto che vuole Gesù, che prega e chiede perdono, che sa che sarà Natale se saremo in grazia di Dio, con una buona confessione e comunione; là in quella chiesa c'è ancora un prete che tra le candele accese dell'altare ripete i gesti e le parole della Messa cattolica, la Messa di sempre... di un prete che prima è sceso in confessionale, perché Dio è disceso dal cielo per questo. Là sarà Natale, soltanto là.
 

giovedì 31 ottobre 2019

Se non fanno sbocciare i fiori d'inverno...


Pubblichiamo l'Editoriale di Novembre 2019

SE NON FANNO SBOCCIARE I FIORI D'INVERNO...


SE NON FANNO SBOCCIARE I FIORI D'INVERNO...
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno XII n° 11 -Novembre 2019

 “Cercate ogni giorno il volto dei santi”, così insegna la Didachè e così dobbiamo fare.

 Occorre aver a che fare con i santi, ogni giorno e veramente, per non cadere nell'inganno del naturalismo.

 Occorre, sui santi, tornare alla coscienza di un tempo. I santi erano onnipresenti nella vita dei cristiani, le parrocchie sono ancora  a loro dedicate, si imponevano i loro nomi al battesimo, il culto dei corpi santi era nel passato cristiano fervorosissimo. Pellegrinaggi, novene e tridui costellavano in continuazione l'anno pubblico e privato delle anime cristiane. Le nostre chiese erano avvolte dalle immagini dei santi e gli altari sormontati dalle loro statue, la pietra sacra degli altari ne custodiva le reliquie. I sacerdoti consigliavano la lettura delle loro vite per ricalcarne le imprese. Il lavoro dei contadini e dei pastori era segnato dalle loro date. Le corporazioni artigiane si mettevano sotto la loro protezione. I soldati affidati a San Michele o ai santi cavalieri.

 Occorre proprio tornare alla coscienza di un tempo, perché la verità del cristianesimo sono i santi, perché l'attualità di Cristo sono i santi, perché la prova dell'efficacia della grazia sono i santi.

 Tutto questo non è un optional destinato ai semplici che non sanno andare direttamente a Dio: la presenza dei santi ti dice che la salvezza operata da Cristo non è qualcosa di retorico, ma reale, e vedi l'azione della grazia di Cristo in quegli uomini e donne trasformate realissimamente in Gesù Cristo: e questi sono proprio i santi.

 Il Protestantesimo ha negato i santi e ne aborre il culto, questo lo sanno tutti. Per i protestanti i santi sono insopportabili perché, secondo loro, la grazia non trasforma realmente la persona, ma la copre solo di Cristo. Per lo stesso motivo non credono al Purgatorio, non vedendo la necessità di un tempo di purificazione, visto che la salvezza non è per loro una vera trasformazione in Gesù Cristo; e se non è necessario essere trasformati realmente, perché Dio dovrebbe dare ancora del tempo, per fare che?

 Invece l'azione della grazia di Dio è in noi una vera operazione, produce nell'uomo che la asseconda un reale cambiamento, che trasforma in Cristo. E l'azione della grazia, dal santo si riverbera sugli altri: sono i “magnalia Dei”, i prodigi, i miracoli fisici e spirituali che manifestano la presenza di Dio. Guardando i Santi e le loro opere sei strappato dal naturalismo e torni a credere alla vita soprannaturale. E la vita soprannaturale è “normale” per il cristiano vero.

 Ma c'è un problema in sé più grave del protestantesimo puro: si tratta della protestantizzazione del cattolicesimo, cioè di quel cattolicesimo che pretendendo di restare cattolico, trae dal protestantesimo tutti i criteri di fondo. Un cattolicesimo così, apparentemente conserva tutti i dogmi, o meglio non li nega pur non sottolineandoli tutti, ma li reinterpreta secondo quei criteri che nei protestanti portarono alla negazione delle verità di fede rivelate. Un cattolicesimo così trasformato è modernismo.

 Il modernismo è il più maturo frutto della protestantizzazione: gli scrittori modernisti trattando di storia cristiana, hanno parlato dei santi, ma, come per i vangeli, hanno tolto dalla loro vita ogni valore storico a miracoli, visioni e fatti straordinari: in una parola hanno di fatto negato il soprannaturale; siamo nel più puro naturalismo. Tutto diventa morale e culturale, della grazia che compie miracoli nei santi nemmeno più traccia.

 Eppure si parla ancora dei santi in casa cattolica, anzi mai si sono sfornati tanti santi come in questi tempi... alcuni di essi si potrebbe dire proclamati ancora “a corpo caldo”!
 E cosa sono diventati i nuovi santi? I leader delle svolte della Chiesa, quasi a dimostrare che le scelte fatte in questi anni non sono sbagliate. Sono delle canonizzazioni tutto sommato ideologiche.

 Un tempo i santi corrispondevano sempre ad uno stesso schema: folgorati dalla grazia, erano dei convertiti che si davano ad una vita di preghiera e di penitenza, rinnegando il mondo e abbracciando la sequela di Cristo. Così vivendo operavano miracoli, come il Signore aveva già detto: “Farete cose più grandi di me”. Per questo il popolo si accorgeva di loro e si formava un seguito, il più delle volte costituito da un nuovo ordine religioso o congregazione, o dalla severa riforma di uno già esistente.

 Cambiavano i secoli della cristianità, ma la "fuga mundi", la preghiera e la penitenza non mancavano mai, semplicemente perché il cristianesimo di Cristo non cambia mai.

 Oggi no, il modernismo ha voluto un cristianesimo che si evolve seguendo il desiderio espresso dalla coscienza collettiva dei fedeli, da quello che i tempi richiedono. Non si crede più alla Rivelazione consegnata da Dio in Cristo agli uomini, Rivelazione conclusa con San Giovanni. Per i modernisti la rivelazione nasce dal profondo delle persone, dal bisogno religioso.

 Così la Chiesa si è affrettata a modificare se stessa e la vita cristiana per seguire i tempi, cioè la rivelazione emergente dal bisogno religioso degli uomini. Ora per motivare cambiamenti sconvolgenti che turbano la coscienza dei semplici fedeli, fabbrica dei santi che non parlano del Cielo, che non esprimono la potenza miracolosa della grazia, ma dei santi che sono stati leader delle modifiche post-conciliari: servono a giustificare una nuova cattolicità che vuole essere a tutti costi moderna.

 Ma chi prega questi santi, chi chiede a loro le grazie, chi può imitarli nell'esercizio delle virtù cristiane? Sono santi destinati ad essere dimenticati, perché non servono alle anime, bensì alle curie per chiedere le nuove obbedienze.

 Tutto ciò è triste, ma poco male se fosse solo questo. Il grave di questa operazione è che rende scettici tutti sulla santità, rende tutti più tristemente naturalisti.

 Invece i santi ci sono ancora, ne è pieno il Cielo e spargono ancora miracoli sulla terra. E i santi, quelli veri, fanno altri santi.

 Il popolo di Dio, quello saggio di un tempo, non si faceva abbindolare: un giorno sentimmo dire da un'anziana, di fronte alle nuove  canonizzazioni: "Se non fanno spuntare i fiori d'inverno, non sono santi”.

 Se non fanno spuntare i fiori d'inverno... se nella loro vita non si manifesta il soprannaturale, non sono santi, anche se servono all'organizzazione ecclesiastica del momento.

 Ma noi vogliamo essere figli del cattolicesimo di sempre, che crede nella vita soprannaturale, che crede al miracolo e che prega i santi, quelli di sempre, i santi della cristianità.

lunedì 30 settembre 2019

Se Roma decide di non essere più Roma - Editoriale di "Radicati nella fede", Ottobre 2019


Pubblichiamo l'Editoriale di Ottobre 2019

SE ROMA DECIDE DI NON ESSERE PIU' ROMA


SE ROMA DECIDE DI NON ESSERE PIU' ROMA
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno XII n° 10 - Ottobre 2019

 Roma non può decidere di non essere più Roma e se lo facesse, Roma continuerebbe a sussistere, perché è voluta da Dio e non dagli uomini.

 Uno degli effetti più devastanti della distruzione della messa cattolica, sostituita da una nuova composizione chiamata Novus Ordo, appunto novus, cioè nuovo rito, è proprio la perdita della romanità.

 La messa cattolica della tradizione è la Messa romana, il messale è appunto il Missale Romanum, cioè la Messa di Roma. Tutto in essa richiama la romanità, a partire dalla lingua liturgica, il latino.

 Per questo l'hanno abbandonata, per questo hanno imposto violentemente come sostituzione una messa nuova, confezionata per fondare una Chiesa universale non romana, una chiesa ecumenica. L'ecumenismo protestantico, d'altronde, non sopportava e non sopporta la romanità. Non si era mai visto un simile autoritarismo nella Chiesa; nessuno avrebbe mai osato sostituire la Messa dei secoli cristiani con una nuova composizione fatta a tavolino dai cosiddetti esperti. Nessun Papa di Roma avrebbe mai osato fare questo, una cosa così non fu mai vista. Paolo VI ebbe, alla fine, solo la prudenza di non promulgare lui il nuovo messale, ma di farlo fare alla Congregazione dei riti: fu scrupolo del pontefice? Fu disposizione della Provvidenza? Lo sapremo in Paradiso.
 Sta di fatto che la nuova messa fu imposta con terrorismo curiale, facendo morire di crepacuore tanti preti e vescovi: emblematica, tra tutte, l'opposizione dei 6000 preti spagnoli o il dolore mortale dell'allora arcivescovo di Madrid.

 Lo scempio causato è sotto gli occhi di tutti, il disastro nella Chiesa registrabile da ogni uomo onesto.

 In questo disastro fu colpita a morte la romanità. La messa di oggi non è più la Messa di Roma, anche se sulla copertina del Messale c'è ancora stampato “Messale Romano”. L'odio per il latino è una delle manifestazioni più evidenti dell'anti-romanità. La scusa è quella della comprensione dei fedeli; in verità l'uso delle lingue nazionali è stato voluto per rendere la Chiesa cattolica meno romana. Ma se non è romana non è nemmeno cattolica. La Chiesa non sarà mai cattolica, cioè universale, perché internazionale. È il marxismo, il comunismo ad essere internazionale; no, la Chiesa sarà universale, cattolica, perché romana. Proprio in questo si manifesta la terribile crisi che viviamo. Esattamente come il Papa: non sarà Papa, se non perché romano, cioè vescovo di Roma. Il Papa non potrà mai essere il funzionario supremo di una ONU religiosa, sarà il pastore universale solo perché romano.

 È così nel disegno di Dio, che ha preparato la grandezza della Roma antica, affinché divenisse la culla della cattolicità, cioè del vero cristianesimo, quello compiuto.

 E' opportuno riportare qui le solenni affermazioni del grande Pontefice S. Leone Magno, eletto Papa nel 440, il quale in un solenne sermone per la festa dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, così proclamava l'alto destino di Roma: «Affinché l'ineffabile grazia della Redenzione si diffondesse per tutto il mondo, la Provvidenza divina preparò l'impero romano, che di tutti i popoli formò una sola grande famiglia ravvicinata ed unita... affinché la predicazione dell'umano riscatto rapidamente si diffondesse in mezzo ai popoli governati da una sola città». E più sotto aggiunge: «Il Beatissimo Pietro principe del Collegio Apostolico fu destinato all'arce del Romano Impero, affinché la luce rivelata per la salvezza di tutte le genti, dal centro stesso più efficacemente si diffondesse per tutto il corpo». Ed in un impeto oratorio il grande Pontefice si rivolge a Roma e le dice: «O Roma, gli Apostoli Pietro e Paolo, questi sono gli eroi che ti innalzarono alla gloria di città santa, di popolo eletto, di città sacerdotale e regale, per modo che divenuta in virtù della sacra sede del B. Pietro, veramente capo del mondo, estendi il tuo impero con la religione divina più che non l'estendesti con la dominazione umana. Sebbene infatti, resa potente dalle molte vittorie, affermassi per terra e per mare il diritto all'impero; tuttavia, quello che le tue belliche imprese ti assoggettarono, è meno di quello che ti sottomise la pace cristiana».

 Ebbene, tutto questo era espresso nella Messa latina, nella Messa di Roma; ebbene tutto questo non c'è più per la maggioranza dei cristiani, che non essendo più romani, perché orfani della messa di Roma, non possono più essere compiutamente cattolici.

 E questo, spaventoso, è avvenuto perché Roma ha deciso di non essere più Romana.

 Ma Roma sussiste, nonostante Roma, perché fa parte del disegno di Dio. Non dipende dagli uomini, anche ecclesiastici.

 Roma sussiste, e noi in attesa di un'alba nuova per la fede, custodiamo il Missale Romanum.

sabato 31 agosto 2019

Nel tempo della Chiesa occupata - Editoriale di "Radicati nella fede", Settembre 2019


Pubblichiamo l'Editoriale di Settembre 2019

NEL TEMPO DELLA CHIESA OCCUPATA


 NEL TEMPO DELLA CHIESA OCCUPATA
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno XII n° 9 - Settembre 2019

  I nove anni della novena si compiono, di quella novena che ci ha portato ai piedi della Beata Vergine Maria, Regina del Monte di Oropa. L'anno prossimo sarà l'anno della quinta incoronazione, tempo certo di numerose grazie.

  Cosa ci ha spinti ad un simile gesto, cosa ci ha provocati ad una fedeltà di nove anni?

  Certamente la consapevolezza che non ci può essere vero Cristianesimo se non ai piedi di Maria Santissima.

  Il Verbo di Dio, il Verbo eterno, si è fatto uomo, è venuto nel mondo per compiere la nostra redenzione, per mezzo di Maria Santissima; allo stesso modo la presenza di Cristo in noi non accadrà in altro modo, se non per mezzo della Beata Vergine Maria.

  Certo, i santuari mariani sono tanti, perché allora la scelta di Oropa?
  Perché è il santuario dei tempi difficili.

  Quando Sant'Eusebio vi portò la statua della Vergine Bruna, la Chiesa conosceva una delle sue crisi più terribili: l'Arianesimo, l'antica eresia, aveva invaso tutto... sembrava aver vinto. Negava la divinità di Cristo, la consustanzialità di Cristo con il Padre, ma lo faceva in modo così subdolo e devoto da ingannare la maggior parte dei cristiani.
  Tutto sembrava perduto... se la Chiesa non avesse reagito il Cristianesimo sarebbe finito in una religione naturale, pensata dall'uomo, che del Cristianesimo avrebbe solo conservato la facciata esterna.
  Tutto sembrava perduto... i difensori della vera fede accusati di eresia e cacciati in esilio: Atanasio, Eusebio e tanti altri.

  A Milano, ad esempio, le chiese erano tutte in mano agli ariani e così in gran parte del mondo cattolico.

  Sant'Atanasio, e come è commovente riudirlo, arrivò a dire ai cristiani fedeli: “Loro (gli ariani) hanno le chiese, noi abbiamo la fede”.

  Proprio nel tempo della “Chiesa occupata”, Eusebio portò sui monti di Oropa la statua della Madonna per nasconderla dall'iconoclastia degli ariani, perché chi non riconosce fino in fondo la divinità di Cristo ha in odio il culto vero a Maria Madre di Dio.

  Oropa è davvero il luogo dei tempi difficili... dei tempi in cui bisogna nascondere la Madonna sotto un masso, per attendere tempi migliori, quando Dio li darà.

  Così a noi, non sembri irriverente il paragone, è stato chiesto in questi anni di stare in disparte per custodire la vita cattolica, semplicemente cattolica, senza aggiungerle e detrarle nulla: voglia il Cielo che lo abbiamo fatto!
  In disparte per non perdere la fede e la vita che da essa scaturisce, perché chi si espone troppo rischia di essere avvelenato dal clima pestifero della Chiesa occupata.
  Ma Oropa è anche il luogo della stabilitas – della stabilità.

  Quando la grazia di Dio concesse la vittoria alla fede cattolica, riproclamata con chiarezza a Nicea, e la sconfitta alla menzogna ariana, gli uomini tentarono di portare a luogo secondo loro più degno la santa immagine della Regina del Cielo. La storia di Oropa ci tramanda che la Madonna, portata solennemente verso Biella, diventò pesantissima e il carro su cui era collocata inamovibile: gli uomini compresero che la Vergine voleva restare lassù, stabile, tra le montagne dove era stata per secoli custodita e difesa.

  Non vi è forse qui, per noi, un grande richiamo alla stabilità?
  Non vi può essere difesa della fede, della vita cattolica, se non nella stabilità. Là dove il Signore ci conduce, là dove si manifesta la possibilità di vivere un Cristianesimo autentico, là devi restare.

  C'è il tempo del migrare, del nascondersi, del cercare il luogo di messa cattolica salvata; ma dopo deve venire il tempo della stabilitas: occorre, se si vuol fare vita veramente cristiana, se si vuole la propria ed altrui santificazione, occorre stare fermi al luogo dato.
  E il luogo dato non è solo geografico, è di più, è luogo morale.

  Dove c'è la Messa di sempre salvata, c'è un prete che l'ha salvata – senza di lui non ci sarebbe questa grazia. A quel prete occorre fare riferimento, sì, obbedienza; e iniziare a costruire attorno a quell'altare un mondo cattolico, con le sue opere di educazione e carità.
  Ma per far questo occorre la stabilitas loci.

  Lo sanno bene i nemici della Tradizione, che concedono le conventicole occasionali ai nostalgici, ma mai una stabilità di lavoro.

  Ma i nemici della Tradizione sono tanto aiutati dai tradizionalisti borghesi, quelli che non vogliono legami duraturi per restare liberi. Perennemente annoiati, cercano sempre altrove un luogo più Tradizionale, e così non costruiscono niente... ma loro si accontentano di essere contro.

  Grande inganno, terribile inganno. Quando persone così giungono nelle nostre chiese, dividono e distruggono, che Dio ce ne scampi!

  Oropa: luogo della difesa della fede nei tempi della Chiesa occupata; luogo della stabilitas perché la Chiesa sia edificata.

  Per queste due ragioni, che sono in fondo una, saliamo ancora ad Oropa, perché ai piedi della Madre di Dio si compia la novena; e Dio porti a compimento il nostro voto.

martedì 27 agosto 2019

9° Pellegrinaggio della Tradizione alla Madonna di Oropa (Biella) - Sabato 12 Ottobre 2019


Riceviamo e pubblichiamo

SABATO 12 OTTOBRE 2019

NONO PELLEGRINAGGIO 
DELLA TRADIZIONE 
ALLA MADONNA DI OROPA

A conclusione della Novena in preparazione
alla V Incoronazione della Vergine Bruna del 2020





La Basilica Nuova di Oropa 
è ancora inagibile per lavori urgenti;
per questo la Santa Messa solenne sarà celebrata 
anche quest'anno
nella grande Basilica di San Sebastiano in Biella, 
antica chiesa della città.

Al termine della S. Messa 
ci muoveremo pellegrini verso Oropa dove nel pomeriggio reciteremo il Rosario nella Basilica antica 
di fronte all'Immagine miracolosa della Vergine Bruna.

ore 10.30
SANTA MESSA SOLENNE
Basilica di S. Sebastiano
BIELLA

ore 15.30
SANTO ROSARIO
di fronte all'Immagine miracolosa
Basilica Antica
OROPA

Per chi non desiderasse consumare il pranzo al sacco: Ristorante a € 18.
Per il pranzo è’necessario prenotarsi entro il 6 ottobre telefonando a:
349/2848054 oppure 348/2463990

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Per la comodità dei fedeli pubblichiamo la mappa con le indicazioni per raggiungere la Basilica di San Sebastiano a Biella e per trasferirsi da Biella a Oropa.

venerdì 23 agosto 2019

fine della chiesa? Dio non lo permetterà

Il “suicidio assistito” della Chiesa e della società

di Roberto de Mattei



Tutta l’attenzione in questi giorni, in Italia, è concentrata sulla crisi politica. Ma esiste un’altra crisi, più grave e più vasta, che costituisce il profondo retroterra della crisi politica: è la crisi religiosa e morale dell’Occidente. La crisi politica è visibile, entra attraverso i media nelle nostre case e anche un occhio o un orecchio distratto la percepisce. La crisi religiosa e morale può essere percepita solo da chi abbia una sviluppata sensibilità spirituale. Chi è immerso nel materialismo della vita contemporanea ha una affinata capacità di cogliere il piacere dei sensi, ma è spiritualmente ottenebrato, se non del tutto cieco. La crisi religiosa e morale è una crisi che avviene quando l’uomo perde di vista il suo fine ultimo e i criteri che devono guidare le sue azioni. La società si immerge nell’agnosticismo, si dissolve e muore.
In Italia, ad esempio, la crisi di governo ci fa dimenticare un importante appuntamento. Per il 24 settembre è prevista un’udienza della Corte costituzionale per giudicare la legittimità dell’articolo 580 del Codice penale che punisce il reato di istigazione o aiuto al suicidio. Il supremo organo giuridico dello Stato italiano ha invitato il Parlamento a promulgare una nuova legge entro questa data, altrimenti sarà la Corte stessa a definire la strada. Ma la Corte ha già affermato che in alcuni casi il suicidio può essere ammesso (e dunque “assistito” sul piano medico e amministrativo) perché, «il divieto assoluto di aiuto al suicidio finisce, per limitare la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarlo dalle sofferenze» (Ordinanza n. 207 del 16 novembre 2018). L’autodeterminazione dell’individuo è la regola suprema di una società che ignora l’esistenza di una legge morale iscritta nel cuore di ogni uomo, a cui gli uomini e le società devono uniformarsi se vogliono evitare l’autodistruzione.
La crisi politica in atto sembra escludere la possibilità che il Parlamento possa affrontare entro settembre il tema del suicidio ed è quindi probabile che la Corte costituzionale infligga una nuova grave ferita al diritto alla vita, sulla strada di una completa liberalizzazione dell’eutanasia. Dopo il testamento biologico, un nuovo passo avanti sarà fatto sulla strada della cultura della morte che caratterizza la società contemporanea.
Il suicidio assistito è l’aiuto medico, psicologico e burocratico fornito a chi ha deciso di darsi la morte. Esso rappresenta un delitto morale al pari dell’eutanasia. La legge naturale e divina proibisce il suicidio perché l’uomo non è padrone della sua vita, come non lo è di quella degli altri. Il suicidio è un supremo atto di ribellione a Dio perché, come insegna la filosofia tradizionale, non ci può essere atto di dominio maggiore di voler distruggere qualcosa che non ci appartiene (Victor Cathrein S. J., Philosophia moralis, Roma, Herder 1959, p. 344). Nel suicidio sembra realizzarsi il destino dell’uomo moderno, incapace di elevarsi oltre l’orizzonte mondano della propria esistenza, prigioniero della propria immanenza. L’uomo si autodistrugge quando rifiuta il peso dell’essere che ciascuno è chiamato a sopportare esistendo.
Il suicidio può essere compiuto non solo dagli uomini, ma anche dalle nazioni, dalle civiltà e perfino dalla Chiesa, considerata nell’umanità degli uomini che la compongono. La Chiesa vive, da oltre cinquant’anni, un processo suicidario che Paolo VI definì di «autodemolizione» (Discorso al Seminario Lombardo in Roma del 7 dicembre 1968). Questa autodemolizione oggi potrebbe essere definita un vero e proprio “suicidio assistito” della Chiesa. Assistito perché indotto e favorito da quei poteri forti che hanno sempre combattuto la Chiesa.
Il Documento preparatorio del Sinodo dei Vescovi sull’Amazzonia, con il culto della Natura che si sostituisce a quello della Santissima Trinità, l’abolizione del celibato ecclesiastico e la negazione del carattere sacramentale e gerarchico del Corpo Mistico di Cristo, è l’ultimo esempio di questo suicidio assistito provocato dai vertici della Chiesa e incoraggiato dai suoi nemici. L’Instrumentum laboris sull’Amazzonia, ha detto il cardinale Walter Brandmüller, «carica il sinodo dei vescovi e in definitiva il Papa di una grave violazione del “depositum fidei”, che significa come conseguenza l’autodistruzione della Chiesa». I cattolici minimalisti propongono come alternativa al suicidio assistito la sedazione profonda attraverso cui si arriva alla morte del malato in via indiretta, ma altrettanto inesorabile. Noi non apparteniamo a questa schiera. Non siamo in grado, da soli, di salvare il malato, perché c’è un solo medico che può farlo, in qualsiasi momento: Colui che ha fondato la Chiesa, la dirige ed ha promesso che Essa non perirà. Questo medico delle anime e dei corpi è Gesù Cristo (Matteo 8, 5-11). La Chiesa e la società gli appartengono e nessuna rinascita è possibile al di fuori del ritorno alla Sua legge. 

mercoledì 31 luglio 2019

Vorremmo poter obbedire - Editoriale di "Radicati nella fede", Agosto 2019.


Pubblichiamo l'Editoriale di Agosto 2019

VORREMMO POTER OBBEDIRE


VORREMMO POTER OBBEDIRE
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno XII n° 8 - Agosto 2019

  Vorremmo semplicemente poter obbedire.
  Vorremmo poter consegnare le nostre persone dentro la grande obbedienza della Chiesa, così come la vuole Gesù Cristo Signore Nostro, cioè come vuole la Chiesa e l'obbedienza Gesù Cristo.

  Se c'è una cosa non cattolica è l'individualismo, il fare da sé, l'essere Papi di se stessi: oggi questo è il gran male. Non c'è verità possibile, perseveranza nel bene possibile dentro un atteggiamento individualista. Non c'è nemmeno ortodossia possibile per chi non segue, per chi non obbedisce.

  Non è Tradizione quella di chi, per gusto personale, continua a cercare da solo una via più pura e rigorosa per arrivare a Dio.

  Prima o poi devi consegnarti dentro una grande obbedienza nella quale l'amore per Cristo diventa perseverante e capace di sacrificio vero.

  Solo che in questi anni l'autorità nella Chiesa ci ha chiesto di seguirla per annullare l'autorità stessa, e noi per salvare la sua autorità non possiamo obbedirle.

  Si tratta del grande dilemma: obbedire alle legittime autorità e distruggere così l'Autorità della Chiesa, oppure disobbedire per salvare l'Autorità della Chiesa e delle autorità stesse?

  La vita della Chiesa è posta tutta sotto l'obbedienza. Obbedienza a Cristo che deve però concretarsi nel seguire chi è posto a capo per guidare la vita del popolo e del singolo fedele: Papa, Vescovo, Parroco... abate e superiori per i religiosi; il padre per la famiglia.

  Non ci può essere vera accoglienza della verità della Rivelazione per chi si ponga fuori dalla legittima obbedienza: non c'è vera dottrina senza l'obbedienza, perché la verità la ricevi.
  Non ci può essere nemmeno ricezione della grazia santificante per chi vive un'anarchia spirituale: i Sacramenti richiedono sempre un'obbedienza, che parte dal giudizio del ministro... pensiamo alla Confessione che è proprio un porsi sotto il giudizio del ministro di Dio che accoglie il pentimento del fedele; così per tutti i Sacramenti che non sono mai un diritto, ma un dono da accogliere secondo delle condizioni... tutta un'obbedienza insomma.

  Oggi però siamo difronte ad una situazione mai vista nella storia della Chiesa: ti è chiesto di obbedire ad un'autorità che ti chiede di “riprogrammare” il tuo cristianesimo. Ti dicono che la Chiesa si auto-comprende in modo diverso rispetto alla sua storia bimillenaria. È una nuova chiesa che non vuole essere più esclusiva: la religione cristiana non è l'unica religione vera, ti dicono; basta con “fuori della Chiesa non c'è salvezza”; ti raccomandano di non parlare più di assoluta necessità del Battesimo per la salvezza. Ti chiedono insomma di seguirli per fare finalmente una chiesa “diminuita”, accogliente tutte le libertà umane che diventano diritti assoluti.

  Si tratta del puro non-senso: seguire, obbedire ad una autorità che dichiara la propria esistenza inutile. Sì, perché se il Battesimo non è necessario alla salvezza, se fuori della Chiesa ci si può salvare, se i Sacramenti diventano un diritto e i ministri dei semplici distributori di benedizioni a richiesta, se tutto è trasformato così cosa serve un'autorità? Se la nuova chiesa si auto-comprende totalmente libera e laicizzata, che senso ha un Vescovo o un Papa?

  Per questo non possiamo seguire chi ci chiede di diminuire la Chiesa. Come un figlio che, col dolore del cuore, non può seguire un padre che gli chiede di distruggere la famiglia, perché il diminuirla è già distruggerla. Quel figlio avrà il dovere di amare e onorare il padre, perché e padre, ma non potrà seguirlo nell'errore; avrà il dovere di custodire la sua casa, nell'attesa che il padre capisca.
  Posizione non facile, perché occorre non usarla mai per diventare degli autodidatti nella fede. Occorre amare la Chiesa e l'autorità ancora di più. Occorre obbedire in tutto ciò che è possibile, fermo restando la difesa del cuore della vita cristiana.

  Un giorno l'autorità ringrazierà di questa fedeltà, come il padre che ravveduto, ritrova la casa perché il figlio non l'ha abbandonata.

  Occorre non obbedire alle scelte scriteriate per salvare la casa di Dio.
  Occorre non obbedire per salvare l'autorità, che nella chiesa diminuita si sta auto-distruggendo.
  Occorre non obbedire al nuovo corso, per salvare la virtù dell'obbedienza.

  Ma per far questo in modo cattolico, occorre che il nostro amore alla Tradizione sia un reale seguire in tutto: seguire tutta la Tradizione, perché ci fu consegnata dall’Autorità come Depositum fidei, seguendo chi il Signore ci dà come guida sicura per il tempo della tempesta.

  Occorre sempre l'obbedienza del seguire, che è sempre possibile, anche nei tempi bui.
  Si resiste all'errore con amore all'autorità che è posta a garanzia della verità, quella di Dio. Ma alla verità si obbedisce sempre.

  Così facendo ci sembra di amare meglio, di più, fino in fondo come Dio ha fatto le cose.

  Un giorno, quando Dio vorrà, ne siamo sicuri, l'Autorità ringrazierà.

lunedì 1 luglio 2019

Per un po' non riunitevi più - Editoriale di "Radicati nella fede", Luglio 2019.


Pubblichiamo l'Editoriale di Luglio 2019

PER UN PO' NON RIUNITEVI PIU'




PER UN PO' NON RIUNITEVI PIU'
Editoriale di "Radicati nella fede" - Anno XII n° 7 - Luglio 2019


 La crisi è lunga, lunghissima, sembra non aver fine. 

 Ogni giorno è un bollettino di guerra: chiese chiuse, diocesi accorpate, istituti religiosi commissariati o estinti, cardinali contro cardinali, monsignori che rilasciano interviste accusatorie al Papa e al Vaticano, denunce processi incarcerazioni di ecclesiastici, riduzioni allo stato laicale.

 E poi, cosa peggiore in questi bollettini di guerra, le novità bisbigliate, smentite e riconfermate: abolizione del celibato sacerdotale per l'Amazzonia, diaconato femminile, donne cardinali, laici per para-messe, comunione ai divorziati e ai concubini... e l'elenco potrebbe continuare, ma ci si stanca la mano, e il cuore soprattutto, a scriverne.

 È il bollettino di guerra, di una guerra precisa per l'eliminazione della Chiesa cattolica stessa.

 E cosa fanno quelli che hanno causato questa guerra senza fine? Si propongono come i guaritori, proprio loro che continuano ad assestare colpi mortali alla vita cattolica. L'inganno è proprio qui, tutto qui: non cambia niente. Si sono riuniti, hanno riformato la Chiesa, questa sta morendo, e loro si riuniscono ancora per incolpare, dei disastri causati, la cattiveria dei singoli uomini. È una furbizia demoniaca! Troppo facile incolpare i peccatori, ecclesiastici o laici che siano, troppo facile! Quale novità se gli uomini sbagliano, se tradiscono Cristo, se sono incostanti e vigliacchi, quale novità? Ma la Chiesa non c'è forse, voluta così da Dio, proprio per la conversione dei peccatori, per la loro guarigione?

 Invece di accusare moralisticamente i singoli peccatori, occorre domandare perdono dentro un dolore immenso per la cura sbagliata di questi anni.

 Si sono riuniti i Pastori, come fossero dei medici ad un congresso loro, e hanno propinato medicine che hanno intossicato tutto il corpo della Chiesa che ora illanguidisce. E l'errore è partito dall'aver negato la malattia. Hanno sottovalutato, se non taciuto, la potenza del male e del peccato. Di fatto si è negato il Peccato Originale e la concupiscenza che lascia nelle anime. Come hanno fatto le legislazioni civili di fronte ai mali della società: gli uomini tradiscono, allora concediamo il divorzio; la droga si diffonde, allora legalizziamola; c'è l'aborto clandestino, allora facciamo di questo crimine orrendo un diritto. Di fronte al male lo si nega per sanarlo.

 Così i Pastori riuniti han fatto con la modernità laicista, marxista-liberale o esistenzialista che fosse: per risolvere il problema hanno dichiarato che questa laicità non era contro la fede; hanno pensato che bastasse dire così per inaugurare una nuova era di rapporto con il mondo... e così il male è stato lasciato libero di invadere le anime dei fedeli.

 Sono loro ad aver sbagliato, ad aver provocato l'epidemia di infedeltà dilagante, ad aver propagato il male; e continuano a proporsi come i medici della Chiesa malata, ed obbligano la loro nefasta cura.

 E noi dovremmo accettare la cura che ci ha ammalato e poi, magari, ringraziare i medici che ci hanno sotterrato, come si fa spesso oggi nei manifesti funebri.

 È l'inganno più diabolico che si possa immaginare.

 Per favore, Pastori della Chiesa, per un po' non riunitevi più.

 Non riunitevi più fino al giorno in cui si riconoscerà che la cura era sbagliata, negando l'oggettività del male e confinandolo al solo individuo quando non si poteva negarlo.

 E chi non ce la fa a riconoscere il fallimento di questa cura, abbia il coraggio di lasciare il posto ad altri Pastori che la medicina, quella della grazia di Cristo nella sana dottrina, la conoscono.

 Chi non ce la fa a riconoscere il fallimento di questa cura abbia il coraggio di ritirarsi, di andare a pregare per sè e per quelli che sono stati intossicati; vada a far penitenza per i morti nella fede di questi anni, che non si possono più disintossicare, e così sarà ancora Pastore.

 E per favore, non mandi a suo sostituto un timido conservatore, che pensa di risolvere tutto con un po' di maquillage ecclesiastico: un po' di incenso in più, qualche Kyrie cantato, qualche genuflessione e qualche talare in più. Troppo poco! Troppo niente!

 Occorre avere medici, Pastori, coscienti che l'avvelenamento si è propagato mutando la Messa di sempre, cambiamento che ha portato con sé l'amnistia per tutte le colpe moderne. Sì, la Messa di sempre con la dottrina di sempre, e smettiamola di dire che questa frase è semplicistica: la Messa immutata dai tempi apostolici è stata stravolta e il nuovo rito ha liberato tutti i germi dell'eresia e dell'immoralità. La nuova messa, i nuovi riti dei sacramenti, la nuova maniera di pregare ha privato il corpo della Chiesa e i corpi dei fedeli degli anticorpi di difesa, così il male, sempre latente nell'organismo, è dilagato libero ed è diventato metastasi.

 Vi supplichiamo, per un po' non riunitevi più e lasciate fare l'esperienza della tradizione integrale. Ridate alle parrocchie la Messa cattolica, quella vera. Ordinate uomini che vogliono essere sacerdoti come lo sono stati gli Apostoli, i Padri della Chiesa e i preti di duemila anni. E tra questi scegliete  Vescovi che rifiutano ogni novità, perché la Chiesa di Cristo possa salvare ancora.

giovedì 13 giugno 2019

“La Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Tim 3, 15)


Dichiarazione sulle verità riguardanti alcuni degli errori più comuni  nella vita della Chiesa nel nostro tempo

“La Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Tim 3, 15)


I fondamenti della fede
1. Il senso corretto delle espressioni “tradizione vivente”, “Magistero vivente”, “ermeneutica della continuità” e “sviluppo della dottrina” include la verità che qualunque nuova comprensione del deposito della fede non può essere contraria a quanto la Chiesa ha sempre proposto nello stesso dogma, nello stesso senso e nello stesso significato (cfr. Concilio Vaticano I, Dei Filius, 3, cap. 4, "in eodem dogmate, eodem sensu, eademque sententia").
2. Il significato delle formule dogmatiche nella Chiesa “rimane sempre vero e coerente, anche quando è maggiormente chiarito e meglio compreso”. Quindi è sbagliato sostenere: primo, “che le formule dogmatiche (o qualche categoria di esse) non possono manifestare la verità determinatamente, ma solo delle sue approssimazioni cangianti, che sono, in certa maniera, deformazioni e alterazioni della medesima”; secondo, “che le stesse formule, inoltre, manifestano soltanto in modo indefinito la verità, la quale deve essere continuamente cercata attraverso quelle approssimazioni”. Quindi, “chi la pensasse così, non sfuggirebbe al relativismo dogmatico e falsificherebbe il concetto d’infallibilità della Chiesa, relativo alla verità da insegnare e ritenere in modo determinato” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Mysterium Ecclesiae circa la dottrina cattolica sulla Chiesa per difenderla da alcuni errori d’oggi, 5).

Il Credo

3. “Il Regno di Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, non è di questo mondo, la cui figura passa; e la sua vera crescita non può esser confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all’amore di Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli uomini. (…) L’intensa sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli con la luce di Cristo e adunarli tutti in Lui, unico loro Salvatore. Tale sollecitudine non può mai significare che la Chiesa conformi sé stessa alle cose di questo mondo, o che diminuisca l’ardore dell’attesa del suo Signore e del Regno eterno” (Paolo VI, Lettera apostolica Solemni hac liturgia -Credo del Popolo di Dio-, 27). È quindi erronea l’opinione di chi afferma che Dio è glorificato principalmente dal progresso delle condizioni temporali e terrene dell’umanità.

4. Dopo l’istituzione della Nuova ed Eterna Alleanza in Gesù Cristo, nessuno può essere salvato soltanto mediante l’obbedienza alla legge di Mosè, senza avere fede in Cristo come vero Dio e unico Salvatore dell’umanità (cfr. Rm 3,28; Gal 2,16).

5. I musulmani e tutti quelli che non hanno fede in Gesù Cristo, Dio e uomo, anche se monoteisti, non possono rendere a Dio la stessa adorazione dei cristiani, cioè il culto soprannaturale in Spirito e Verità (cfr. Gv 4,24; Ef 2,8) di quanti hanno ricevuto lo Spirito di adozione filiale (cfr. Rom 8,15).

6. Le spiritualità e religioni che promuovono qualsiasi tipo di idolatria o panteismo non possono essere considerate né come “semi” né come “frutti” del Verbo Divino, poiché si tratta di inganni che precludono l’evangelizzazione e la salvezza eterna dei loro aderenti, come insegna la Sacra Scrittura: “in loro, increduli, il dio di questo mondo ha accecato la mente, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio” (2 Cor 4,4).

7. Secondo il vero ecumenismo i non cattolici devono entrare in quella unità che la Chiesa Cattolica già possiede in modo indistruttibile in virtù della preghiera di Cristo, sempre ascoltata dal Padre, “affinché siano una cosa sola” (Gv 17,11), e che si professa nel Simbolo della Fede: “Io credo in una Chiesa”. L’ecumenismo, quindi, non potrebbe legittimamente avere come scopo l’istituzione di una Chiesa unificata che non esiste ancora.

8. L’inferno esiste e coloro che vi sono condannati per qualsiasi peccato mortale senza pentimento sono eternamente puniti dalla giustizia divina (cfr. Mt 25,46). Secondo l’insegnamento della Sacra Scrittura, non solo gli angeli caduti, ma anche le anime umane sono dannate eternamente (cfr. 2 Ts 1,9; 2 Pt 3,7). Inoltre, gli esseri umani eternamente dannati non saranno annientati, dal momento che le loro anime sono immortali secondo l’insegnamento infallibile della Chiesa (cfr. V Concilio Lateranense, sess. 8).

9. La religione nata dalla fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato e l’unico Salvatore dell’umanità, è l’unica religione, voluta positivamente da Dio. È opinione sbagliata affermare che, così come Dio vuole positivamente la diversità dei sessi maschile e femminile e la diversità delle nazioni, vuole anche la diversità delle religioni.

10. “La nostra religione [cristiana] instaura effettivamente con Dio un rapporto autentico e vivente, che le altre religioni non riescono a stabilire, sebbene esse tengano, per così dire, le loro braccia tese verso il cielo” (Paolo VI, Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, 53).
11. Il dono del libero arbitrio con cui Dio Creatore ha dotato la persona umana conferisce all’uomo il diritto naturale di scegliere solo il bene e la verità. Nessuna persona umana ha quindi il diritto naturale di offendere Dio scegliendo il male morale del peccato o dell’errore religioso dell’idolatria, della blasfemia o di un’altra falsa religione.

La legge di Dio

12. Una persona giustificata ha la forza necessaria, con la grazia di Dio, di adempiere alle esigenze oggettive della legge divina, poiché tutti i comandamenti di Dio si rendono adempibili ai giustificati. Poiché la grazia di Dio, quando giustifica il peccatore, per la sua propria natura produce la conversione da ogni peccato grave (cfr. Concilio di Trento, sess. 6, decreto sulla giustificazione, cap. 11; 13).

13. “I fedeli sono tenuti a riconoscere e a rispettare i precetti morali specifici, dichiarati e insegnati dalla Chiesa in nome di Dio, Creatore e Signore. (…) L’amore di Dio e l’amore del prossimo sono inseparabili dall’osservanza dei comandamenti dell’Alleanza, rinnovata nel sangue di Gesù Cristo e nel dono dello Spirito” (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis Splendor, 76). Secondo l’insegnamento della stessa enciclica, sbagliano quelli che “credono di poter giustificare, come moralmente buone, scelte deliberate di comportamenti contrari ai comandamenti della legge divina e naturale. Quindi, “queste teorie non possono richiamarsi alla tradizione morale cattolica” (ibid.).

14. Tutti i comandamenti di Dio sono ugualmente giusti e misericordiosi. È quindi errato dire che una persona, obbedendo ad una proibizione divina – come per esempio al sesto comandamento, ovvero di non commettere adulterio – possa peccare contro Dio per tale atto di obbedienza o danneggiare sé stesso moralmente, o peccare contro il prossimo.

15. “Nessuna circostanza, nessuna finalità, nessuna legge al mondo potrà mai rendere lecito un atto che è intrinsecamente illecito, perché contrario alla Legge di Dio, scritta nel cuore di ogni uomo, riconoscibile dalla ragione stessa, e proclamata dalla Chiesa” (Giovanni Paolo II, Enciclica Evangelium vitae, 62). Vi sono principi e verità morali contenute nella rivelazione divina e nella legge naturale che comportano proibizioni negative, le quali vietano assolutamente un certo tipo di azioni in quanto sempre gravemente illegali a causa del loro oggetto. Quindi, è sbagliato affermare che una buona intenzione o una buona conseguenza è, o può essere, sufficiente per giustificare il compimento di questo tipo di azioni (cfr. Concilio de Trento, sess. 6, de iustificatione, c. 15; Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica, Reconciliatio et Paenitentia, 17; Enciclica Veritatis splendor, 80).

16. La legge naturale e divina impedisce a una donna che ha concepito un bambino nel suo grembo di uccidere questa vita umana in lei presente, sia nel caso in cui sia ella stessa a farlo, sia che lo facciano altri, direttamente o indirettamente (cfr. Giovanni Paolo II, Enciclica Evangelium vitae, 62).

17. Le procedure che provocano il concepimento al di fuori dell’utero “sono moralmente inaccettabili, dal momento che dissociano la procreazione dal contesto integralmente umano dell’atto coniugale” (Giovanni Paolo II, Enciclica Evangelium vitae, 14).

18. Nessun uomo può mai essere moralmente giustificato o moralmente autorizzato a voler uccidersi o farsi uccidere dagli altri al fine di fuggire dalla sofferenza temporale. “L’eutanasia è una grave violazione della Legge di Dio, in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale” (Giovanni Paolo II, Enciclica Evangelium vitae, 65).

19. Il matrimonio è, per volere divino e per legge naturale, l’unione indissolubile di un uomo e di una donna (cfr. Gen 2,24; Mc 10, 7-9; Ef 5, 31-32). “Per la sua stessa natura l’istituto del matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento” (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 48).

20. Secondo la legge naturale e divina, nessun essere umano può volontariamente e senza peccare esercitare le sue potenzialità sessuali al di fuori di un matrimonio valido. Pertanto è contrario alla Sacra Scrittura e alla Tradizione affermare che la coscienza può giudicare gli atti sessuali tra persone unite da un matrimonio civile come moralmente giustificati o addirittura richiesti o persino comandati da Dio, nonostante una o entrambe le persone siano già sacramentalmente sposate con un altro (cfr. 1Cor 7,11; Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Familiaris consortio, 84).

21. La legge naturale e Divina proibisce “ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione” (Paolo VI, Enciclica Humanae vitae, 14).

22. Chi ha ottenuto un divorzio civile dal coniuge a cui è validamente sposato (o sposata) e ha contratto un matrimonio civile con un’altra persona durante la vita del coniuge, e vive more uxorio con il suo partner civile, e sceglie di rimanere in questo stato con piena conoscenza della natura del suo atto e con pieno consentimento della volontà verso quell’atto, si trova in uno stato di peccato mortale e, pertanto, non può ricevere la grazia santificante e crescere nella carità. Dunque, questi cristiani, a meno che non vivano come “fratello e sorella”, non possono ricevere la Santa Comunione (cfr. Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, 84).

23. Due persone dello stesso sesso peccano gravemente quando cercano un piacere venereo reciproco (cfr. Lev 18,22, Lev 20,13, Rom 1, 24-28, 1 Cor 6, 9-10, 1 Tim 1,10; Gd 7). Gli atti omosessuali “in nessun caso possono essere approvati” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2357). Quindi, è contrario alla legge naturale e alla Rivelazione Divina sostenere che Dio, il Creatore, così come ha dato ad alcuni umani una disposizione naturale per provare attrazione sessuale verso persone del sesso opposto, ad altri ha dato una disposizione naturale per provare desiderio sessuale verso persone dello stesso sesso e che in quest’ultimo caso Dio vuole si metta in pratica tale condotta in alcune circostanze.

24. La legge umana, o qualsivoglia altro potere umano, non possono dare a due persone dello stesso sesso il diritto di sposarsi insieme, né di dichiarare che siano sposate, poiché ciò è contrario alla legge naturale e divina. “Nel disegno del Creatore complementarità dei sessi e fecondità appartengono quindi alla natura stessa dell’istituzione del matrimonio” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 3 giugno 2003, 3).

25. Le unioni che hanno il nome di matrimonio senza possederne la realtà, non possono ricevere la benedizione della Chiesa, poiché ciò è contrario alla legge naturale e divina.

26. Il potere statale non può stabilire unioni civili o giuridiche tra due persone dello stesso sesso che imitino chiaramente l’unione del matrimonio, anche qualora non ricevano il nome di matrimonio, poiché dette unioni indurrebbero le persone che le contraggono a un grave peccato, e sarebbero causa di grave scandalo per il prossimo (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 3 giugno 2003, 11).

27. Il sesso maschile e quello femminile, “essere uomo”, “essere donna”, sono realtà biologiche, create dalla sapiente volontà di Dio (cfr. Gen 1, 27; Catechismo della Chiesa Cattolica, 369). È quindi una ribellione contro la legge naturale e divina e un peccato grave che un uomo possa diventare una donna mutilandosi o anche semplicemente dichiarandosi tale, o che una donna possa similmente diventare uomo, o affermare che l’autorità civile abbia il dovere o il diritto di agire come se tali atti fossero o potrebbero essere possibili e legittimi (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 2297).

28. Conformemente alla Sacra Scrittura e alla tradizione costante del Magistero ordinario e universale, la Chiesa non ha errato nell’insegnare che il potere civile possa legittimamente esercitare la pena capitale sui malfattori laddove ciò è veramente necessario per preservare l’esistenza o il giusto ordine della società (cfr. Gen 9,6; Gv 19,11; Rom 13, 1-7; Innocenzo III, Professio fidei Waldensibus praescripta; Catechismo Romano del Concilio di Trento, p. III, 5, n. 4; Pio XII, Discorso ai partecipanti al Convegno nazionale di studio dell’Unione dei giuristi cattolici italiani, 5 dicembre, 1954).

29. Ogni autorità, sulla terra così come in cielo, appartiene a Gesù Cristo, quindi le società civili e tutte le altre associazioni di uomini sono soggette alla sua regalità poiché “il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda l’uomo individualmente e socialmente” (Catechismo della Chiesa cattolica, 2105; cfr. Pio XI, Enciclica Quas primas, 18-19; 32).

I sacramenti
30. Nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia avviene un meraviglioso cambiamento, di tutta la sostanza del pane nel corpo di Cristo, e di tutta la sostanza del vino nel Suo sangue, un cambiamento che la Chiesa cattolica chiama molto adeguatamente transustanziazione (cfr. Concilio Lateranense IV, cap. 1, Concilio di Trento, sess. 13, c. 4). “Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino” (Paolo VI, Lettera apostolica Solemni hac liturgia -Credo del Popolo di Dio-, 25).
31. Le formulazioni con cui il Concilio di Trento ha espresso la fede della Chiesa nella Santa Eucaristia sono adatte agli uomini di ogni tempo e luogo, poiché sono un “insegnamento perennemente valido della Chiesa” (Giovanni Paolo II, Enciclica Ecclesia de Eucharistia, 15).

32. Nella Santa Messa viene offerto un vero e proprio sacrificio alla Santissima Trinità, e questo sacrificio è propiziatorio sia per gli uomini che vivono sulla terra sia per le anime del purgatorio. È erroneo, quindi, affermare che il sacrificio della Messa consiste semplicemente nel sacrificio spirituale di preghiere e lodi fatto dal popolo, così come sostenere che la Messa può o deve essere definita solamente come Cristo che si dà ai fedeli come cibo spirituale (cfr. Concilio di Trento, sess. 22, c.2).

33.“La Messa, celebrata dal Sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell’Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri del suo Corpo mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell’ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel Cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale” (Paolo VI, Lettera apostolica, Solemni hac liturgia -Credo del Popolo di Dio-, 24).

34.“L’immolazione incruenta per mezzo della quale, dopo che sono state pronunziate le parole della consacrazione, Cristo è presente sull’altare nello stato di vittima, è compiuta dal solo sacerdote in quanto rappresenta la persona di Cristo e non in quanto rappresenta la persona dei fedeli. (… ) e che i fedeli offrano il Sacrificio per mezzo del sacerdote è chiaro dal fatto che il ministro dell’altare agisce in persona di Cristo in quanto Capo. (…) Quando, poi, si dice che il popolo offre insieme col sacerdote, non si afferma che le membra della Chiesa, non altrimenti che il sacerdote stesso, compiono il rito liturgico visibile - il che appartiene al solo ministro da Dio a ciò deputato - ma che unisce i suoi voti di lode, di impetrazione, di espiazione e il suo ringraziamento alla intenzione del sacerdote, anzi dello stesso Sommo Sacerdote, acciocché vengano presentate a Dio Padre nella stessa oblazione della vittima, anche col rito esterno del sacerdote” (Pio XII, Enciclica Mediator Dei, 92).

35. Il sacramento della Penitenza è l’unico mezzo ordinario attraverso il quale i peccati gravi commessi dopo il Battesimo possono essere rimessi, e per legge divina tutti questi peccati devono essere confessati per numero e per specie (cfr. Concilio di Trento, sess. 14, can. 7).

36. Per legge divina il confessore non può violare il sigillo del sacramento della Penitenza per qualsivoglia ragione; nessuna autorità ecclesiastica ha il potere di dispensarlo dal sigillo del sacramento e il potere civile è del tutto incompetente per costringerlo a farlo (cfr. CIC 1983, can. 1388 § 1; Catechismo della Chiesa Cattolica 1467).

37. In virtù della volontà di Cristo e della tradizione immutabile della Chiesa, il sacramento della Santa Eucaristia non può essere dato a coloro che sono in uno stato pubblico di peccato oggettivamente grave e l’assoluzione sacramentale non può essere data a quelli che esprimono la loro riluttanza a conformarsi alla legge divina, anche se detta riluttanza riguarda solo una singola materia grave (cfr. Concilio de Trento, sess. 14, c. 4; Giovanni Paolo II, Messaggio al Cardinale William W. Baum, 22 marzo 1996).

38. Secondo la tradizione costante della Chiesa, il sacramento della Santa Eucaristia non può essere dato a coloro che negano qualunque verità della fede cattolica, in quanto professano formalmente la propria adesione ad una comunità cristiana eretica o ufficialmente scismatica (cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 915; 1364).

39. La legge con la quale i sacerdoti sono tenuti ad osservare la perfetta continenza nel celibato scaturisce dall’esempio di Gesù Cristo e appartiene alla tradizione immemorabile e apostolica, secondo la costante testimonianza dei Padri della Chiesa e dei Romani Pontefici. Per questa ragione detta legge non dovrebbe essere abolita nella Chiesa Romana attraverso l’innovazione di un celibato sacerdotale opzionale, sia a livello regionale sia universale. La perenne e valida testimonianza della Chiesa afferma che la legge della continenza sacerdotale “non comanda nuovi precetti. Questi precetti vengano osservati, perché sono stati trascurati da parte di alcuni per ignoranza e indolenza. Questi precetti, tuttavia, risalgono agli Apostoli e furono stabiliti dai Padri, come è scritto: ‘Fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese tanto dalla nostra parola quanto dalla nostra lettera’. (2 Ts 2,15). Ci sono infatti molti che, ignorando gli statuti dei nostri antenati, hanno violato la castità della Chiesa con la loro presunzione e hanno seguito la volontà del popolo, non temendo il giudizio di Dio” (Papa Siricio, Decretale Cum in unum dall’anno 386).

40. Per volontà di Cristo e per la costituzione divina della Chiesa, solo i battezzati maschi (viri) possono ricevere il sacramento dell’Ordine, sia nell’episcopato che nel sacerdozio e il diaconato (cfr. Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis, 4). Inoltre, è errato affermare che solo un Concilio Ecumenico può definire questa materia, perché l’autorità d’insegnamento di un Concilio Ecumenico non è più ampia di quella del Romano Pontefice (cfr. Concilio Lateranense V, sess. 11; Concilio Vaticano I, sess. 4, c. 3).

31 maggio 2019


Cardinale Raymond Leo Burke, Patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta
Cardinal Janis Pujats, Arcivescovo emerito di Riga
Tomash Peta, Arcivescovo dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana
Jan Pawel Lenga, Arcivescovo-Vescovo emerito di Karaganda
Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana