venerdì 29 ottobre 2010

Susan Boyle: The Woman I Was Born To Be

Susan Boyle: Non dovevo nascere.
Per i medici ero nulla.
di Lorenzo Fazzini


Se sua mamma non avesse giudicato «impensabile» il mettere fine alla sua nona gravidanza, oggi non avremmo il piacere di ascoltare una delle voci più splendide del panorama musicale internazionale. I Dreamed I Dream, il brano tratto dal musical Les Misérables ispirato al romanzo di Victor Hugo, non l’avrebbe resa celebre, nell’aprile 2009, se l’opinione dei dottori che avevano in carico sua madre avesse surclassato il desiderio materno di mettere al mondo un’altra figlia. Susan Boyle, la 49enne inglese, nuova star della musica pop internazionale, ha rivelato in una recente biografia che il personale medico aveva suggerito a sua madre di non farla nascere e di ricorrere all’aborto. Motivo: la gravidanza era a rischio.

Ma Bridget Boyle, immigrata irlandese a Blackburn, paesino nel West Lothi, a quel tempo già mamma di 8 figli, rifiutò categoricamente tale possibilità «perché era una cattolica devota». E così diede alla luce Susan la quale, al momento del parto, soffrì di asfissia perinatale, malanno che causò alla bambina un leggero danno celebrale. Ma ciononostante, dopo una vita passata a subire scherni e derisioni (non ultima, quella dello show della presentatrice Usa Oprah Winfrey), la bimba che non doveva nascere è diventata una delle più grandi cantanti di oggi: perfino l’attrice Demi Moore è una sua fan sfegatata ed è entrata nel Guinnes dei primati per la sua rapidissima celebrità. SuBo, come l’hanno ribattezza i media inglesi, ha rivelato tutto questo nella sua autobiografia The Woman I Was Born To Be, appena pubblicata in Inghilterra (Bantam, 328 pp, £ 18.99),  pochi giorni dopo la performance dell’artista davanti a Benedetto XVI a Londra.

Nel libro la cantante rivela che, al momento della sua nascita, i medici non salutarono la nuova arrivata con il tradizionale «Congratulazioni, una bellissima bambina!» rivolto alla madre, bensì in tutt’altra maniera: «I dottori mi guardarono in modo sprezzante, dal momento che sospettavano avessi avuto danni celebrali a causa di una mancata ossigenazione del cervello. Così dissero a mia madre: “Doveva darci ascolto. Adesso dovrà acccettare il fatto che Susan non diventerà mai niente di buono”».

Mai profezia fu meno azzeccata visto che Susan è una star da 9 milioni di dischi venduti in sole 6 settimane. Ma lei non porta rancore. «Sono sicura che i dottori avessero le loro migliori intenzioni ma penso che non dovessero dire quelle cose dal momento che nessuno può prevedere il futuro. Quello che i medici non sapevano è che io sono una sorta di combattente e che durante tutta la mia vita ho cercato di dimostrare loro che avevano torto».

E alla Bbc, qualche mese fa, Susan Boyle, di cui è conosciuta la profonda fede cattolica, spiegava: «La mia storia dimostra che non si deve guardare all’apparenza, ma bisogna considerare la persona nella sua interezza emotiva, fisica, mentale e spirituale. Spero che dicendo questo io riesca a dimostrare che i sogni non sono impossibili». Proprio nei mesi scorsi un altro cantante molto noto, Andrea Bocelli, aveva raccontato che a sua madre i medici avevano suggerito di abortire perché il bambino che portava in grembo avrebbe subito delle menomazioni a causa di un attacco di appendicite da lei subito. Sebbene completamente cieco, Bocelli è diventata una star della canzone pop e della lirica.

 

catholics

Nel1973 la televisione britannica sceneggiò un romanzo di Brian More e ne fece un film oggi praticamente introvabile. Narra la storia di un lontano Monastero irlandese su un’isola deserta dove un giorno arrivarono i richiami della Roma conciliare che non tollerava si continuasse, in quei luoghi, a officiare impunemente la messa tradizionale. In un incalzare di dialoghi e ragionamenti viene a galla tutta la ribellione dei monaci e il tormento interiore dell’Abate, diviso tra il dovere dell’obbedienza e la sincera fedeltà alla Messa cattolica che aveva sempre celebrato. (tratto da http://www.rinascimentosacro.org/)

Un film per i baby-boomers cattolici
di Joseph Haschka

Un giovane Martin Sheen interpreta un sacerdote inviato da Roma presso un Monastero irlandese situato su di una solitaria isola dal vento. La sua missione è di esigere che i monaci smettano di celebrare la Messa in latino. La Gerarchia vaticana sta cercando di modernizzare la Messa in tutto il mondo – vale a dire la si celebra oramai in lingua volgare – oltre a promuovere una nuova teologia dell’eucarestia non molto chiara. Il problema è che i sacerdoti del Monastero sono stati visti celebrare la Messa sulla terraferma alla maniera tradizionale. Per di più, la cerimonia è stata ripresa dalla televisione, e sta rievocando una struggente nostalgia della vecchia Messa tra i fedeli. A Roma i prelati non sono affatto contenti di questo.

Il meraviglioso attore Trevor Howard interpreta il saggio e spiritualmente tormentato abate del Monastero, il quale deve trovare un modo per rispettare il dettame di Roma, evitando una ribellione tra i monaci, che ritengono il messaggio dell’emissario vaticano un abominio, e considerano il prete stesso sconcertantemente alla moda. Tutte le interpretazioni degli attori sono meravigliose, soprattutto quella di Howard. I personaggi che ritraggono il gregge dell’abate sono stati scelti con puro genio. Il paesaggio costiero è quello forte e selvatico dell’Irlanda di San Patrizio ,ovviamente.

Come ho detto avreste dovuto nascere prima del 1960, come me, per capire che cosa è stato tutto quel polverone. Ricordo bene l’orrore con cui mia madre considerava la Messa volgare. Oggi lei cercherebbe la messa in latino in quei rari luoghi – una sorta di sottobosco dottrinale – dove viene ancora celebrata. Mamma, questa recensione è dedicata a te.

 Buona visione.
Prima parte

Seconda parte


Terza parte

giovedì 28 ottobre 2010

sinite parvulos venire ad me


EDUCARE I BAMBINI AL SENSO RELIGIOSO

*Ogni mamma cristiana, già molto prima della nascita, si preoccupa dell’anima del suo bambino. In quel periodo in cui è una cosa sola con il piccolo essere che porta in sé, la madre può esercitare un’azione invisibile sull’anima del suo tesoro, mediante lo spirito di preghiera e d’offerta, accumulando su di lui le benedizioni divine.

* Ogni mamma cristiana, già molto prima della nascita, si preoccupa dell’anima del suo bambino. In quel periodo in cui è una cosa sola con il piccolo essere che porta in sé, la madre può esercitare un’azione invisibile sull’anima del suo tesoro, mediante lo spirito di preghiera e d’offerta, accumulando su di lui le benedizioni divine.

* Le mamme e i papà cristiani consacrano subito il neonato al Signore che lo ha dato, o meglio, affidato loro. Cosa sarà in seguito questo fanciullo? Non è destinato forse a diventare un eletto? E la missione più importante dei suoi genitori non è quella di aiutarlo a realizzare la sua vocazione soprannaturale di figlio o di figlia di Dio?

*Si battezzi il fanciullo più presto possibile. Le preoccupazioni per le feste familiari non minimizzino nel vostro pensiero la grandezza del primo sacramento che dovrà ricevere il neonato. Pensate che nel momento in cui l’acqua bagna la sua fronte e vengono pronunciate le parole sacramentali, il vostro bimbo diventa tabernacolo vivente della SS.ma Trinità. Inoltre forze soprannaturali — il germe delle virtù teologali — vengono misteriosamente deposte nella sua anima.

* Appartiene ai genitori l’onore e la gioia della prima educazione religiosa dei loro figli. Bisogna però tutto prevedere: padrino e madrina hanno dalla Chiesa la missione di supplemento e complemento ed occorre tenere ben presente questo principio nella loro scelta.

* II fanciullo, che capisce più presto di quanto non si pensi, può subire fin dai primi mesi la felice influenza della mamma, in preghiera accanto alla sua culla. Imiterà spontaneamente i gesti, imparerà a poco a poco a giungere le mani e ad inviare un bacio all’immagine di Gesù e di Maria. Insieme a quelli di papa e di mamma, questi saranno i primi nomi che imparerà a balbettare.

* Da quando il piccolo incomincia a parlare, la mamma gli può fare ripetere nel suo linguaggio balbettante qualche breve invocazione. D’altra parte per poco che mamma lo aiuti, imparerà molto presto a parlare spontaneamente con Dio.

* II concetto che i figli avranno della preghiera, nella vita futura, dipende in massima parte dal come i genitori insegnano loro a pregare. Se la preghiera è fatta senza gusto ne slancio, in un clima di noia, i bimbi, divenuti adulti, assoceranno ad ogni atto religioso l’idea di un peso insopportabile.

* L’ideale è che la preghiera diventi per il fanciullo come un bisogno e insieme una gioia. In alcuni momenti potrà richiedergli uno sforzo: per esempio, quando la sera ha piacere di dormire; dovrà però essere uno sforzo accettato sempre con generosità.

* II fanciullo, appena ha compreso e gustato la preghiera personale, diventa capace di una vera unione con Dio sì da conversare con Lui.

* Sviluppare lo spirito di fede nel fanciullo significa abituarlo a vedere Dio e a tenerne conto in tutte le manifestazioni della vita. La mamma deve impregnarne le giornate con la presenza divina. Bisogna assolutamente evitare di relegare i contatti con Dio all’inizio e al termine del giorno; bensì approfittare di ogni circostanza e disposizione dei vostri bambini per innalzarne a Dio l’anima, perché Lui, il Creatore, che li vede continuamente e teneramente li ama, senta l’amore del loro cuoricino.

* Da una parte bisogna guardarsi dal trattare Dio come un piccolo compagno, cosa che prestissimo porterebbe alla mancanza di rispetto e all’abolizione del senso del divino; non bisogna d’altra parte mai presentare Dio come un Essere assai lontano, inaccessibile, con gli occhi puntati sulla debolezza umana, sempre pronto a spiarne le mancanze piccole e grandi. Sarebbe una caricatura, un vero tradimento. Quanto male si può causare con quelle frasi che assomigliano Dio a un orco o a un castigamatti: " Hai disubbidito, sei caduto, ti sei fatto male. Bene, Dio ti ha punito! ".

* Né tanto meno presentare il Signore come un ricco mercante col quale si negozia un affare importante. E necessario qui ribattere a lungo la criminale asserzione di certi genitori incoscienti, che vogliono aspettare che i figli raggiungano i 18 anni per lasciar loro scegliere liberamente la religione: quasi che si attendessero i 18 anni per dargli una patria e un nome! Come se — cosa questa assai importante — a diciotto anni un uomo non sia moralmente già orientato. Perché privare questo fanciullo di tutte le ricchezze che gli arrecherebbe una fede chiara nella vita? Perché privare Dio dell’amore di questo fanciullo? Ciò che interessa non è forse aiutare il fanciullo a formarsi delle convinzioni e acquistare una pietà personale conforme a quello che è il piano divino?

* Alcuni basandosi sulla " libertà di coscienza " vorrebbero che i genitori stessero muti dinanzi ai tentennamenti dell’istinto religioso. " Quando sarà più grande sceglierà da sé ", a parte il fatto che il fanciullo non attenderà quell’età per scegliere, e sceglierà arbitrariamente, secondo il suo latente egoismo e il mimetismo volontario, un simile ragionamento non regge: perché, difatti, anche nell’età adulta, si può parlare veramente di una scelta? Si sceglie forse di nutrirsi di pesci o di elementi sani? La natura ha già scelto. Bisogna invece parlare di " impegno ragionato ": in questo senso, libertà di coscienza o libertà religiosa per l’adulto significa: possibilità lasciata alla ragione, padrona di se stessa, di esaminare la sorgente della sua fede senza tuttavia dubitarne. Infatti, la fede del fanciullo con l’età si disincaglierà dalla fede dei genitori in cui aveva poggiato la sua esistenza, per trovare le ragioni che lo convincano a credere, nella riflessione personale, nell’esperienza e nello studio: come il frutto che, liberandosi progressivamente dell’involucro, mostra la sua polpa gustosa. L’umanità sarebbe ben indietro se dovesse riesaminare tutto a ogni generazione. Allora bisognerebbe negare l’unità, la continuità e l’universalità della coscienza umana.

* Spiegare al fanciullo appena può comprenderle, le principali preghiere della Chiesa: il " Padre Nostro " e l’" Ave Maria ", chiarendogliene il senso. Si stia attenti a che vengano recitate correttamente, senza borbottii. Vigiliamo ancora sul senso del sacro e facciamo pregare anche " bene ": bei segni di croce, genuflessioni ben fatte, preghiera ben detta, con tutto il cuore.

* Non considerare mai la preghiera come esercizio di recita. Grave errore, per esempio, approfittare della visita di una persona amica per far ripetere al bimbo le preghiere come una fiaba: " Fa’ vedere alla signora come sai pregare ". Queste forme hanno valore soltanto se sono l’espressione di un sentimento intimo, e per aiutare questa espressione nulla è indifferente o secondario.

* Non limitare la preghiera alle formule comuni. Via via che il fanciullo cresce, incoraggiare anche la preghiera silenziosa, nel segreto dell’anima con Dio.

* Conviene dirigere il bimbo ad una grande confidenza nella Vergine Santa, che ci ha dato Gesù e che ci conduce a Lui.

* Instillare nel fanciullo anche una devozione pratica all’Angelo Custode, la cui protezione è tanto più efficace quanto più spesso è invocato ( e Dio sa se i nostri bambini ne hanno bisogno!).

* Al fanciullo piacciono le storie. Non conviene quindi che, il più presto possibile, la mamma gli racconti le migliori? La vita di Gesù non è forse la più commovente? Se si vuole però trarne massimo frutto per l’educazione, insensibilmente bisogna aiutare il fanciullo a esprimere la sua emozione in una preghiera, in una regola di condotta, in un proposito.

* Coi fanciulli non si è mai sufficientemente cauti. Giacché v’è chi non sa esporre loro tutta la vita di Gesù, compresa la risurrezione, vi sono di quelli che si fermano all’adolescenza o alla croce. Per i primi Gesù è un bimbo come loro che mai è diventato grande; per i secondi è un Dio morto.

* II mistero della morte è un punto molto utile per formare lo spirito religioso del fanciullo: vi sono fin troppe occasioni per spiegarglielo. Invece di presentare la morte come fatale baratro nero in cui la vita umana cadrà, non è meglio, seguendo l’esempio della Chiesa, presentarla non come fine, ma come principio: la nascita a vita nuova, meravigliosamente bella, buona, gioiosa ed eterna? L’arcano della tomba non deve affatto atterrire, che non è che un involucro materiale che l’anima, sempre viva, respinge, come la farfalla si libera dalla crisalide da cui nacque per slanciarsi nell’azzurro primaverile del cielo; e poi solo i cattivi devono temere l’al di là, i buoni non possono che desiderarlo.

* La bella rivista L’Anneau d’Or propose ai lettori questa domanda: " Come aiutare i fanciulli a capire la morte? ". Attraverso le risposte ricaviamo due esperienze. A proposito del fanciullo di fronte alla morte ecco l’esperienza della mia infanzia riguardo al fatto della vita dei morti. Si ritarda indefinitamente col pretesto di non impressionare il fanciullo e questo, secondo me, è un errore: il colpo sarà assai più forte allorché il primo morto sarà un essere a lui caro. Eravamo ancora bambini di 6 o 7 anni, e la mamma ci conduceva a visitare qualche suo conoscente defunto, che noi del resto avevamo appena sentito nominare. Ci preparava con molta naturalezza: " II signor X è morto. La sua anima è col buon Dio o forse in purgatorio. Andiamo a suffragarlo e a pregare anche per la sua famiglia che soffre ". Si guardava dall’aggiungere: " Non avrai paura, no? " o altri suggerimenti inopportuni. Così noi siamo stati abituati molto presto a guardare senza il minimo sforzo dei morti sconosciuti. Al ritorno la mamma aveva tempo d’intrattenerci con molta semplicità sulla vita e la morte di qualcuno. Parlandoci poi di colui che avevamo visto poco prima, raccontava come era vissuto e come si era preparato a morire.

* Una volta o l’altra bisognerà ben parlare del demonio che è una triste realtà. Ma attenti: non drammatizziamo. Diffidiamo delle immagini medioevali o delle rappresentazioni spaventose dei diavoli con le corna, i piedi caprini, la coda ardente. Certamente: l’inferno eterno è una verità; nostro Signore l’ha affermato decisamente nel Vangelo. Evitiamo però i particolari che non hanno fondamento e servono soltanto a impressionare l’immaginazione, così da creare in alcuni vere fobie che si cambieranno in scrupoli all’età della pubertà. Soprattutto, evitiamo di minacciare l’inferno ai nostri fanciulli per peccati leggeri. Presentiamo la religione nella sua vera luce: una calda vita d’unione con Dio che ci ama e chiama ad una meravigliosa opera d’amore, avendo ciascuno il suo insostituibile compito per quel servizio che Egli solo può stabilire nel grande insieme, di cui si vedrà tutta l’armonia nell’eternità.

* Non bisogna esitare a dare al fanciullo, ormai cresciuto, il senso della comunità cristiana di cui fa parte. Narrargli la storia degli apostoli, dei martiri e dei santi; anche le belle storie delle missioni . Parlargli del Sommo Pontefice, del Vescovo, ispirandogli con l’esempio e con la parola un grande rispetto ai sacerdoti e al loro sacro ministero.

* Mostriamo con fatti ed esempi come la fede cristiana sia un perfezionamento per l’essere umano: grandi uomini, sapienti, eroi, erano cristiani. Ispirare al fanciullo la bellezza del suo titolo di battezzato, senza disprezzo per quelli che non lo sono ancora. Insegnargli invece che, attraverso la preghiera, il sacrificio e l’offerta delle piccole azioni, può esercitare una grande influenza sul mondo intero: " Signore, che tutto il mondo ti ami! "

* Spiegare al fanciullo come non bisogna stupirsi se si scoprono ombre, contraddizioni e ore difficili nella storia della Chiesa: sovente la barca di Pietro è assalita dalla tempesta nel mare. D’altra parte persecuzioni e abbandoni sono stati predetti. Ma Cristo è l’eterno vincitore. Egli dirà l’ultima parola.

* Dare inoltre al fanciullo una fede personale più ardente e salda che sia possibile, un buon bagaglio di risposte apologetiche a portata di mano che gli permetteranno di non essere mai messo nel sacco; perché un fanciullo che non sa rispondere ad una obiezione rischia di cadere in un complesso d’inferiorità che, secondo i temperamenti, può avere ripercussioni sul sentimento del valore della religione. Suggerirgli che faccia metter per iscritto l’obiezione quando non può rispondere, onde possa chiedere spiegazioni a qualcuno più competente.

* Preferire i racconti come quello riferentesi a S. Teresina di G.B. che ottenne la conversione del condannato Pranzini in punto di morte. Imparerà a conoscere la grande efficacia della preghiera.

* Ecco ad esempio la risposta di un giovane apprendista a un vecchio che lo importunava:
- Come, tu vai ancora dal Parroco?
- Sicuro e per tre ragioni: prima perché mi garba; seconda perché riguarda me; terza perché non vi interessa! La risposta non è forse molto " scientifica " ma è servita almeno a chiudere la bocca all’interlocutore.

* Forse i vostri fanciulli non sono ancora in condizione di sottomettersi alle prescrizioni dei " doveri cristiani "; per l’età non sono tenuti all’astinenza, alla messa domenicale, alla comunione pasquale; darete loro però le basi fondamentali d’una religione inferiore, senza di cui l’esteriore non conta: la loro anima, in fondo, viene così conquistata dal Cristo; in seguito, secondo il loro progresso, dovranno soltanto sviluppare la religione con l’esercizio esterno, senza quella dolorosa piega — conservata da molti cristiani — che separa la vita personale da un cristianesimo fatto solo di ricordi.

* A quale età bisogna cominciare a condurre i fanciulli a Messa? Ciò dipende da ciascun fanciullo e da circostanze esterne. Bisogna evitare che il fanciullo si annoi così da disgustarsene. Non dimentichiamolo: una presenza prolungata immobile e silenziosa è contro la sua natura. Ma se i genitori gli hanno spiegato in modo conveniente il senso della Messa, i gesti del sacerdote, le varie parti del Santo Sacrificio; se guidano la sua preghiera, gli atteggiamenti, le intenzioni, anche il fanciullo di sette anni, o anche meno, può assistervi con frutto.

*Un momento delicato è quello della predica. Confessiamo che le prediche comprensibili dai fanciulli sono rare. Un fanciullo prima della pubertà non è in grado di seguire, in modo anche generico, il concatenamento delle idee di un discorso. Che fare quindi in questo tempo? La cosa più semplice, se non può uscire e prendere parte a una riunione speciale per fanciulli, come si fa in molte parrocchie, è di dargli una raccolta di immagini religiose che possano occupare spirito e cuore.

* La prima confessione è un avvenimento importante nella vita di un fanciullo. Ci si guardi dal presentarla come uno spauracchio. Nulla di più nocivo che il ripetergli frasi simili: " Vedrai cosa ti farà il signor Parroco quando ti confesserai! ". Bisogna incoraggiare i fanciulli insistendo sulla gioia di ricevere il perdono di Dio.

* La mamma, in questa circostanza, deve agire con somma discrezione: aiuti il bambino a preparare il suo primo esame di coscienza, non sveli però al confessore i peccati e i difetti del suo bambino prima della confessione " onde assicurarsi che dica tutto ". Si lasci compiere al confessore la sua missione. Egli ha le grazie di stato a questo scopo.

* II confessore è tenuto al segreto sia per i piccoli che per i grandi, non gli si domandi quindi: " Cosa ha detto il mio bimbo? ".

* La mamma stessa dovrà essere così rispettosa della coscienza del bimbo da non domandargli: " Che ti ha detto il Curato? Quale penitenza ti ha imposto? ". Si richiede molta riservatezza. I fanciulli, temendo un qualche accordo tra confessore e genitori, molto presto perderebbero ogni confidenza sia con questi che con quello.

* È opportuno invece un accordo col sacerdote per quanto riguarda la prima Comunione. Normalmente il fanciullo che ha sufficiente comprensione della Presenza reale dovrebbe potersi comunicare. Va bene certamente incoraggiare il bimbo a comunicarsi; la cosa principale però è che ami Gesù nell’Ostia e che vada volentieri alla Sacra Mensa. Non si proibisca mai la Comunione con la scusa che non è stato buono: la Comunione è un rimedio, non una ricompensa.

* Per curare la formazione religiosa del bimbo ci si faccia aiutare dalla Parrocchia: lo mandi volentieri al Catechismo, e lo incoraggi a far parte del gruppo dei Chierichetti o del coro, a frequentare l’Oratorio e le iniziative della propria comunità cristiana.

mercoledì 27 ottobre 2010

molti difesero strenuamente la Messa, sovente a caro prezzo

James Bird: martire in odio alla liturgia cattolica
di Cristina Siccardi

Giacomo Bird nacque nel 1574, in Inghilterra, da famiglia aristocratica, il cui padre era stato magistrato della città. Il piccolo fu educato nel Protestantesimo, che, all’età di 15 anni abbandonò per entrare nella Chiesa Cattolica. Durante la perquisizione nella casa di un certo Hathe, dove si era recato per cercare il sacerdote Norton, venne arrestato come persona sospetta e condotto davanti al giudice. Venne interrogato e gli fu chiesto da quanto tempo fosse cattolico, egli rispose che lo era da quattro anni e per tale ragione venne condannato a morte come traditore. Tuttavia gli fu data un’opportunità: se rinunciava alla Chiesa cattolica sarebbe stato graziato; ma il giovane rifiutò categoricamente, così come si rifiutò di partecipare ad una liturgia anglicana, meritando così di «pervenire alla celebrazione della liturgia celeste», come recita il martirologio romano.

Il santo Padre Benedetto XVI il 18 settembre 2010, nell’omelia tenuta in Westminster, ha spiegato l’importanza della Santa Messa come Santo Sacrificio e per la quale molti hanno scelto di morire, piuttosto che di vederla profanata e oltraggiata: «La realtà del sacrificio Eucaristico è sempre stata al cuore della fede cattolica; messa in discussione nel sedicesimo secolo, essa venne solennemente riaffermata al Concilio di Trento, nel contesto della nostra giustificazione in Cristo. Qui in Inghilterra, come sappiamo, molti difesero strenuamente la Messa, sovente a caro prezzo, dando vita a quella devozione alla Santissima Eucaristia che è stata una caratteristica del cattolicesimo in queste terre.

Il sacrificio Eucaristico del Corpo e Sangue di Cristo comprende a sua volta il mistero della passione di nostro Signore che continua nei membri del suo Corpo mistico, la Chiesa in ogni epoca. Il grande crocifisso che qui ci sovrasta, ci ricorda che Cristo, nostro eterno sommo sacerdote, unisce quotidianamente i nostri sacrifici, le nostre sofferenze, i nostri bisogni, speranze e aspirazioni agli infiniti meriti del suo sacrificio».

Suo padre insistette, ma egli rispose:
«Ti ho sempre ubbidito volentieri e ubbidirei volentieri anche adesso se potessi farlo senza offendere Dio». Si trovava sul patibolo e Giacomo volle sapere la ragione vera della sua condanna, gli fu detto: «Prometti piuttosto di frequentare la chiesa [anglicana] e allora avrai la grazia della regina». Il diciannovenne rispose: «Vi sono riconoscente: se posso salvarmi la vita entrando in una chiesa protestante, è segno che sono ucciso unicamente per la causa della religione e della fede».

Il martire venne così impiccato e squartato il 25 marzo 1593, 58 anni dopo il martirio di san Tommaso Moro, e fu beatificato da Pio XI il 15 dicembre 1929.