lunedì 30 dicembre 2013

"Nemmeno la terribile mancanza di preti, cui assisteremo in questi anni, nemmeno questa potrà liberare la Tradizione dal suo confino." - Editoriale di "Radicati nella fede" gennaio 2014.

prendiamo e pubblichiamo 
l'Editoriale di Gennaio 2014



Tutto, praticamente tutto viene permesso, tutto eccetto la Tradizione.

 Dopo il coraggioso e, nello stesso tempo, timido gesto di Benedetto XVI, costituito dal motu proprio del 2007, si è assistito ad una costante opera di “confino” della Tradizione della Chiesa.

 Il Santo Padre disse che la Messa antica non fu mai abolita. In qualche modo confermò che non si può abolire, perché l'Autorità nella Chiesa serve a custodire la Tradizione come fonte della Rivelazione, così come serve a custodire la Sacra Scrittura, e non può mai far da padrona su di esse; se facesse da padrona, l'Autorità non sarebbe quella voluta da Nostro Signore e si configurerebbe come autoritarismo.
 Ebbene, dopo il motu proprio Summorum Pontificum, le varie curie diocesane si impegnarono in una instancabile opera per fermare, arginare, confinare qualsiasi tentativo di ritorno alla gloriosa Tradizione della Chiesa, in campo sia liturgico che dottrinale.
 È stato il boicottaggio totale della volontà del Papa, volontà che poi era un semplice atto di giustizia: non si può abolire la Messa che la Chiesa ha celebrato per quindici secoli e che ha fatto i Santi.

 Nemmeno la terribile mancanza di preti, cui assisteremo in questi anni, nemmeno questa potrà liberare la Tradizione dal suo confino. Piuttosto staranno senza preti, piuttosto chiuderanno le chiese, ma non permetteranno a un sacerdote tradizionale di celebrare la messa di sempre.

 Quanti preti erano pronti a passare alla Tradizione, quanti erano seriamente interessati a riappropriarsi di ciò che è il più profondo patrimonio della Chiesa, quanti chiesero di imparare la Messa antica. Poi, come mannaia implacabile, la scure scese su coloro che con gioiosa semplicità iniziarono a celebrarla: processi canonici, rimozione dalle parrocchie, sottili accuse di scisma!... ecc... la storia la conoscete. Così il gelo cadde sui sacerdoti, molti dei quali giovani, che sognavano già di poter dire salendo all'altare “Introibo ad altare Dei...”. E che dire dei chierici? "Se ami la Tradizione sei pericoloso e non puoi essere ordinato per questa Chiesa”, questo è il refrain dei superiori dei seminari obbedienti ai loro vescovi.

 Un gelo tremendo è così calato su una primavera possibile per le anime, dei sacerdoti prima e dei fedeli poi. Il Papa aveva sperato in un cambio di clima nella Chiesa, ma la vecchia guardia, fatta di ex- sessantottini oggi nelle curie diocesane, non ha permesso alcunché.


 I preti amanti della Tradizione si sono rinchiusi in un mutismo prudenziale, i seminaristi in una “apnea” di coscienza per poter giungere alla sospirata ordinazione, illusoriamente convinti che le cose cambieranno quando saranno preti.


 Ma è normale tutto questo? No di certo, non è normale nella Chiesa!


 Tutti questi signori che osteggiano la Tradizione e la impediscono con strani bizantinismi, sono ancora preoccupati per la salvezza delle anime? Vogliono ancora fare il Cristianesimo? O aspirano a qualcosa di diverso? E se è così perché occupano la Chiesa di Dio?


 Hanno promosso una nuova religione con dei timidi riferimenti al Cristianesimo di un tempo. Hanno lavorato, spendendo notevoli soldi!, per una trasformazione del Cattolicesimo in una religione presentabile nei salotti della cultura; si perdono dietro un dipinto da restaurare o dietro un testo da commentare, ma sono assenti sul campo... non vanno in confessionale e non salgono tutti i giorni all'altare, perché impegnati in qualche progetto culturale.


 Sono ancora preoccupati che le anime si accostino ai sacramenti? Reputano ancora i sacramenti necessari alla salvezza, o sono solo preoccupati di fare “comunità”, sostituendo la struttura all'essenziale, cioè a Dio?


 Ci auguriamo di tutto cuore che il nuovo anno porti due cose:


1. Un sussulto di coraggio in tutti quei preti e seminaristi che stanno soffrendo per una chiesa sempre più nemica del suo passato. Vorremmo dire loro “Cosa aspettate a ribellarvi? Sì, a ribellarvi per obbedire a Dio! Considerate l'esito di questa Chiesa malamente ammodernata, considerate la grande tristezza che ha prodotto e obbedite gioiosamente a Dio. Solo così servirete  con amore la Chiesa, perché la Chiesa è Tradizione.

2. Un ravvedimento in coloro che hanno così osteggiato la Messa tradizionale e l'hanno confinata. Sappiamo che non tutti sono in cattiva coscienza. A loro vorremmo dire “lasciateci fare l'esperienza della Tradizione”, dateci le Chiese, permetteteci la cura delle anime e poi venite con tutta semplicità a considerare i frutti. Avete dato le chiese anche agli ortodossi scismatici, pubblicate anche gli orari di culto degli eretici protestanti, quando farete uscire dal limbo la Messa di sempre? Cosa direbbero i vostri vecchi parroci, i vostri nonni e i santi di duemila anni di cristianesimo?

 Perdonateci se vi abbiamo parlato in tutta schiettezza, non vogliamo offendere nessuno ma suscitare un sussulto di coscienza: nelle situazioni drammatiche non c'è tempo per i convenevoli.


 Che l'anno 2014 possa smuovere, per grazia di Dio e per la preghiera di molti, dal torpore tante anime sincere.


domenica 29 dicembre 2013

Teresa, l'asino e il leone....


Teresa Neumann durante l'esperienza mistica della Passione
Nei sogni profetici di TERESA NEUMANN troviamo il dominio delle incarnazioni sataniche che raggiungeranno il massimo potere nell'età CAINO, tra il 1999 e il 2017. Quando Pio XII concluse il suo cammino terrestre, nel 1958 venne chiesto a Teresa Neumann, la miracolata di Konnersreuth, nell’alto Palatinato, chi sarebbe salito al trono pontificio. E lei, dopo una breve meditazione disse: ". Sul trono di Pietro siederà l’angelo proveniente dal mare. Porterà il nome di un papa che non fu papa e regnerà oltre il mio tempo". La profezia si rivelò esatta, in modo impressionante. Venne eletto difatti il cardinale Angelo Roncalli, proveniente da Venezia (l’angelo proveniente dal mare). Il nuovo pontefice assunse il nome di Giovanni XXIII. Nel 1410 fu il cardinale Cossa che, dopo essersi fatto eleggere, assunse il nome di Giovanni XXIII. Ma le elezioni non erano state una libera scelta, tanto che cinque anni dopo venne dichiarato decaduto e condannato per simonia, Papa Roncalli scelse pertanto il nome di un papa che non fu papa". E il suo pontificato andò oltre il tempo terreno di Teresa. Questa morì difatti nel 1962, mentre Giovanni XXIII concluse il pontificato nel 1963.
 Questo eccezionale personaggio carismatico, a partire dal 1926 "entrava in estasi ogni venerdì santo, vivendo la passione di Cristo". E il fenomeno era talmente "profondo" da aprire sul corpo di Teresa le ferite sanguinanti della crocifissione, soprattutto durante questi "rapimenti divini" Teresa aveva chiare visioni sul futuro dell’umanità. Nel 1959, disse testualmente: " fra dieci anni, o poco più, l’uomo guarderà la Terra dalla Luna". E nel 1969, Armstrong, il primo astronauta della storia, scese sulla luna. E, come aveva profetizzato la Veggente, "guardò il pianeta Terra, dal suo satellite". Durante una sua estasi, "vide" anche l’attentato a Giovanni Paolo II:". Ho visto il Santo Padre con le vesti macchiate di sangue, esclamò un giorno. L’ho visto su una piazza gremita di gente... Ho sentito gridare e ho sentito il rumore di un’autovettura che si stava allontanando E così avvenne in quel fatidico 1981, quando Ali Agca sparò in piazza San Pietro al pontefice.
 La parte più significativa dei vaticini di Teresa riguardano però il nostro tempo futuro, Al termine della seconda guerra mondiale, quando le persone esultavano per la fine delle dittature (una fine che Teresa aveva profetizzato quando, alla vigilia del conflitto, venne stipulato tra l’Italia e la Germania il Patto d’Acciaio) la Veggente disse,.,’ è giustificata la gioia, perché l’incubo é finito.. ma la grande piaga si aprirà nel 1999 e sanguinerà per diciotto anni: sarà questo il tempo di Caino". Non dimentichiamoci che diciotto è la sommatoria del numero della bestia 6+6+6. Il 1999 é ricordato anche da Nostradamus, dal Ragno Nero e dall’Abate Ladino come "tempo di grandi cambiamenti, di grandi tensioni; ma soprattutto tempo del serpente antico". Ed é proprio in riferimento a questo tempo che Teresa".... vede rovesciare sulla terra una cesta piena di serpenti, che strisciano sulle città e sulle campagne, distruggendo tutto". Sarà in questa età di Caino che trionferà "l’ignoranza, il disprezzo per la cultura, l’arroganza, la superbia, la violenza, il materialismo".
 "Sul trono più elevato - confidò Teresa a un’amica - ho visto sedere il serpente dei serpenti. E ho visto l’asino dettare legge al leone.,. In quel tempo, troppi leoni avranno il cuore dell’asino e si lasceranno trarre in inganno". E ancora:" Ho visto affidare il mondo a bestie orrende, con la testa d’asino e il corpo da serpente. Ho visto l’orrenda strage degli uomini di pietà e degli uomini d’intelletto..... Quando poi l’epidemia avrà contaminato ogni casolare, si renderà necessaria la purificazione ......L’acqua dovrà lavare ogni granello di sabbia". L’asino e il serpente, secondo il simbolismo cristiano, hanno connotazioni sataniche. Si potrebbe quindi parlare del grande mostro, abilmente camuffato per ingannare anche le persone più esperte. Sul "trono più elevato" sono stati posti diversi interrogativi. Alcuni hanno visto la presidenza degli Stati uniti d’America. Altri hanno visto invece il trono pontificale. Non é comunque una novità, perché altri messaggi profetici prevedono, tra gli ultimi pontefici, "un eretico, di pochi scrupoli". E la conclusione del messaggio riflette altri vaticini: ‘ ‘arriverà un momento in cui l’uomo e la terra saranno sporchi e corrotti a tal punto che non ci sarà altra soluzione al di fuori di quella di una pulizia generale, di un diluvio. Ma questa volta sarà un diluvio di fuoco". In un sogno profetico di Teresa troviamo i simbolismi di questa purificazione:
 "Ho visto scendere dal cielo - disse la Veggente - un’enorme quantità di foglie secche. E su ogni foglia c’era una scintilla di fuoco". Le foglie secche rappresentano l’aridità di una vita, sull’alta tecnologia, sul profitto esasperato, sulla competizione nevrotica, La "scintilla di fuoco" rappresenta invece la purificazione. Una purificazione che sarà fatta con il fuoco. E l’Eterno si servirà dell’uomo per tale purificazione. Alla fine, Teresa vede nelle estasi "il cimitero nel quale vengono sepolti i sogni dell' uomo". E vede anche un epitaffio dove appare una scritta significativa: "Qui giace l’uomo che si credeva un Dio".
 
Quando la purificazione sarà completata, riprenderà la vita. Ma l’uomo nuovo indosserà un abito nuovo: l’abito dell’umiltà e della fede.

tratto da: https://it-it.facebook.com/pages/The-king-is-naked/125746574272680
 

sabato 28 dicembre 2013

nasce una nuova radio Londra per tutti i cripto....





 
dal "chi siamo" di RADIO VOBISCUM (zeppo di errori che abbiamo pietosamente corretto)

"Questo progetto non dipende dalla FSSPX o da qualsiasi comunità Ecclesia Dei o Motu Proprio ma è solo il progetto personale di un appassionato di tecnica radio, di tecnica web e della tradizione cattolica.
Tutti quelli che difendono la Tradizione cattolica potrà esprimersi su Radio Vobiscum. Sarano invitati ad esprimersi su Radio Vobiscum tutti quelli e quelle che vogliono fare conoscere, iniziative, notizie e conferenze in relazione colla tradizione cattolica tridentina potendo cosi condividendole con tutti via la rete Web. Questa WEBradio desidera essere il punto di congiunzione di tutti quelli, individualmente o in comunità, che difendono la Tradizione cattolica e la fanno vivere.
Il nostro moto è: “A mani giunte” - Moto legato alla vicenda del chierichetto e del Papa Francesco a San Pietro (Vaticano) il Giorno dei Defunti del 2013. - Giungendo le mani vogliamo manifestare il nostro attaccamento alla fede dei nostri padri e alla tradizione cattolica tridentina vissuta specialmente nella liturgia della Santa Messa.
Tutti a mani giunte ! Siamo uniti a Dio Uno e Trino e di ci sosteniamo a vicenda con la preghiera.
A mani giunte !
Radio Vobiscum - [ Germania ]
[ Voci cryto-lefebvriane in liberta. - Mamma li tradizionalisti ! ]
ps: Sono le minoranze che fanno la storia !"
 

venerdì 27 dicembre 2013

serve un nuovo Sant'Atanasio

Il posto di Atanasio. Rudolf Graber
tratto dal Settimanale di Padre Pio dal Numero 38 del 29 settembre 2013
di Paolo Risso
Vescovo per trent’anni, mons. Graber vive anni difficili per la Chiesa. Si trova a dover denunciare una “teologia” sempre più lontana da Cristo, snaturata a partire dalla Liturgia, che ha distrutto ormai il senso del “Sacro”. Crisi tutt’altro che risolta, dati i nostri stessi tempi bui.
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    Lo sguardo luminoso dietro le lenti. Il volto sereno atteggiato a sorriso. Uno stile serio e lieto con la sicurezza della Verità. Così si presentava già al primo incontro mons. Rudolf Graber, vescovo di Ratisbona, il quale nella sua lunga vita si distinse per le virtù e per le opere. Una vita incentrata in Gesù Cristo e tutta “giocata” per Lui e per la sua Chiesa.

Profilo di un uomo
    Era nato il 13 settembre 1903. Intelligentissimo e lucido, presto appassionato di Gesù, il giovane si avvia rapidamente al Sacerdozio con l’intento di prolungare Gesù in primo luogo nel servizio alla Verità. A soli 23 anni, il 1° agosto 1926, è ordinato sacerdote.
    Vorrebbe dedicarsi subito all’apostolato diretto, ma i superiori lo mandano a Roma a laurearsi in Sacra Teologia all’Angelicum, l’ateneo dei Domenicani che sulla scia del Fondatore, il beato padre Giacinto Cormier (†1916) e dei suoi illustri docenti, tra i quali il padre Reginaldo Garrigou-Lagrange (†1964), allora era assai prestigiosa scuola di Filosofia e di Teologia, alla sequela di san Tommaso d’Aquino.
    Addottoratosi in modo brillante, don Rudolf, dal 1929 al 1962, lavorerà nella sua diocesi di Eichstâtt in Baviera. Dal 1941 è professore di Storia della Chiesa, di Teologia fondamentale, di Ascetica e Mistica all’Università. Intraprende la sua attività scientifica di studi e ricerche e le sue pubblicazioni, tradotte in diverse lingue, lo rendono noto in Germania e nel mondo.
    Nello studio della Teologia intorno a Gesù Cristo, don Rudolf scopre in modo singolare il posto della Madonna e di Lei si innamora a fondo, intravedendo presto una forza di irradiazione sulle anime che solo Maria Santissima può donare. Così dal 1957 al 1962 diventa capo della redazione del Bote von Fatima (Messaggero di Fatima). Sale su molti pulpiti e cattedre a parlare della Madonna: la sua identità, i suoi privilegi, il suo ruolo nell’opera della Salvezza, nella conversione delle anime e del mondo a Gesù, il Figlio suo e nostro unico Salvatore. Nel 1973 vengono pubblicati due volumi delle sue splendide omelie mariane e di altri suoi scritti sui grandi problemi della Chiesa, da lui sempre studiati e illuminati.
    Un grande avvenimento è accaduto intanto nella sua vita. Il 28 marzo 1962, da papa Giovanni XXIII è elevato alla dignità di vescovo e insediato nella antica e illustre Ratisbona. Come vescovo ratisbonese partecipa al Concilio Vaticano II, impegnandosi nella difesa della Verità.

Centenario di sant’Atanasio
 
Sarà un nobile Presule, ma a renderlo ancora celebre a più di 20 anni dalla sua morte avvenuta il 31 gennaio 1992 (un trentennio di Episcopato!), è il suo libro Sant’Atanasio e la Chiesa del nostro tempo (edizioni Civiltà, Brescia 1973), pubblicato nel XVI centenario della morte di sant’Atanasio (†373), vescovo di Alessandria d’Egitto, il grande difensore della Divinità di Gesù Cristo contro l’eresia di Ario, al Concilio di Nicea (325) e sino alla sua fine, subendo attacchi, condanne, esilio e sofferenze di ogni genere.

    Mons. Rudolf Graber, partendo dalla crisi ariana del IV secolo d.C. e presentando la figura e l’opera gigantesca di sant’Atanasio, passa poi a illustrare come una gravissima crisi sta dilagando ora nel secolo XX, nella Chiesa, crisi tutt’altro che risolta. Egli osserva lucidamente che il pericolo che ci sovrasta e ci minaccia nel nostro tempo è assai peggiore dell’assalto di Ario nell’epoca dell’intrepido Atanasio.
    È entrato ora nel popolo già cristiano-cattolico un veleno mortale. Noi sappiamo qual è il canale di infiltrazione: sul popolo hanno presa non tanto le idee astratte, ma ciò che tocca con mano, ciò che in pratica gli è proposto, ciò che vive. In una parola, la Liturgia. Gli incessanti cambiamenti, le inattese e, per la maggioranza, non motivate sorprendenti novità liturgiche, hanno gettato l’allarme hanno confuso gli spiriti semplici e retti, pronti a ricevere tutto, in modo indiscriminato. Attraverso una riforma liturgica, condotta spesso in modo scanzonato, è stata scossa e sofisticata la fede retta e semplice nei Sacramenti: il Battesimo e la Confessione, soprattutto l’Eucaristia.
    Si è diffusa – denuncia mons. Graber – una deplorevole confusione nelle coscienze, che è la causa principale dello smarrimento del “Sacro”. Una desacralizzazione, voluta e imposta da certo clero progressista, che fa parte del “complotto” delle forze sovversive (leggi: Massoneria) che vogliono rovinare la fede e la preghiera. Cambiata la regola della preghiera (lex orandi), si cambia in modo facilissimo la regola della fede (lex credendi), e viceversa, per cui a un certo punto, nulla più regge.
    Oggi, a 45-50 anni dall’inizio di queste cose, ne vediamo la gravità, ma chi pone mano ad esse? L’attenzione, purtroppo, continua a essere rivolta più all’uomo che a Dio.
    Mons. Graber, in questo suo capolavoro, accusa e documenta tale complotto, ripetendo il monito dello statista barone Von Hertling, uomo pio e saggio, che già nel 1905 aveva scritto: «Gli indecisi, i titubanti, gli uomini di poca fede sogliono subire l’assalto senza possibilità di opporre resistenza; così si spezzano gli ultimi legami che li tenevano uniti alla Chiesa. Credono di avere il diritto di condannare tutta la pietà cattolica».
    Queste parole dette del modernismo d’inizio secolo XX, mons. Graber le applica in modo ancora più denso al modernismo del nostro tempo che giunge alla negazione piena di Gesù Cristo stesso e del Cattolicesimo che viene da Lui: «Del Cattolicesimo così non resta più nulla» (ven. Pio XII), solo un umanitarismo come vogliono la Massoneria e gli “utili idioti” che di essa fanno il gioco, sorridendo alle “aperture”, all’“aria aperta” fatta entrare nella Chiesa!
    Il servirsi della “tavola” come faceva Cranmer (1489-1556) all’inizio dell’anglicanesimo, al posto del vero altare ormai trascurato e disprezzato, nuoce assai in questo senso. “Assemblea” e celebrante si “autocelebrano” a vicenda, incentrandosi sull’uomo e non su Dio. è sminuita la realtà del Sacrificio di Gesù e si fa risaltare invece la convivialità.
    Con lo pseudo-altare non più sacro, perde poco alla volta il carattere sacro anche Quello che si mette sopra: il Figlio di Dio, Gesù Cristo eucaristico è dimenticato e persino negato. Le molte, irriverenti e diverse maniere di dare la Comunione (“sulla mano”, ma si poteva trovare una cosa peggiore?) fanno il resto. E il continuo chiasso di vario genere, musiche e canti stolti e brutti, persino da osteria, uccidono lo spirito di preghiera, che non può esserci senza raccoglimento.
    Dal lucido libro di mons. Graber, questi sono soltanto appunti. Ciò che qui viene chiamata «crisi della Chiesa», papa Paolo VI ha chiamato «autodistruzione della Chiesa»: occorre ascendere alle sue cause, per correggere e riemergere, ma chi lo fa? Ci si illude ancora in un falso ottimismo che aggrava il male, senza rimedio.

Una teologia senza Cristo
    Mons. Graber addita il “documento” della Società segreta (si trova nell’Archivio Vaticano), che suona così: «Noi cerchiamo di distogliere il prete dall’altare e procuriamo di occuparlo in altre cose; rendiamolo politicante e gaudente; in breve diverrà ambizioso, intrallazzatore e perverso. La nostra impresa mira alla corruzione del popolo per mezzo del clero. E con questa corruzione siamo certi di vedere la Chiesa precipitare nella tomba». Nel suo libro, mons. Graber fa vedere (scrive ai primi anni ’70 del secolo scorso) che il programma della Massoneria si sta realizzando. In tutti i Paesi marciano «i pornoteologi», come li definì padre Cornelio Fabro (1911-1995), uno dei maggiori filosofi italiani del nostro tempo. Tutto va a rotoli, si difendono, si giustificano le relazioni pre-matrimoniali, gli adulteri, l’amore di gruppo, gli atti contro natura e quant’altro di perverso possa esistere.
    Si pensi ora quanto più tutto ciò si è realizzato oggi, ma la Chiesa come ai tempi di sant’Atanasio, non scenderà nella tomba, perché Essa appartiene a Gesù, l’Uomo-Dio che l’ha acquistata con il suo Sangue e con il medesimo Sangue la nutre.
    Infine, mons. Graber rammenta Karl Rahner, prima del Concilio Vaticano II: già allora non era senza macchia. Infatuato di Heidegger e di tutta la filosofia esistenzialistica, portò fin dal principio una nascosta (neppur troppo) contraddizione di se stesso, che si è aggravata negli anni del Concilio e del post-Concilio, quando tutto è stato posto in discussione. Oggi, anche rileggendo il Rahner pre-conciliare, lo si vede come un vero camaleonte che prende sempre il colore dell’ambiente, a dir poco un opportunista.
    Quindi è passato alla testa della schiera attivissima non solo in Germania, ma nel mondo intero, lanciatasi all’assalto del Cristo stesso e della sua Chiesa. Sotto un linguaggio fine e persino a volte edificante, egli elabora una “teologia” incentrata sull’uomo e sul mondo, una teologia senza Cristo. Altri “teologi”, altre “cattedre” lo hanno seguito, così che oggi una triste, tristissima gloria resta a Rahner. Egli ha minato e quasi distrutto la fede nel Battesimo – imposto e voluto da Cristo – con il suo slogan: «Ogni uomo è cristiano».
    Ci troviamo così di fronte a una nuova “strage degli innocenti”: i bimbi morti senza Battesimo, perché le nuove pratiche e la svalutazione del Battesimo hanno preso forza dalle tesi di Rahner. Ma tutta una pastorale (che è la negazione della pastorale vera), proprio a causa di Rahner professato da legioni, non si occupa più della Salvezza delle anime, della lotta al peccato, della vita in grazia di Dio, della Confessione frequente e della necessaria, indispensabile, continua conversione a Gesù Cristo. Una realtà terribile: sembra non esistere il problema più urgente, l’unico vero problema, la Salvezza delle anime. Al punto che malati e morenti sono spesso lasciati morire senza Sacramenti: certi preti e parroci non se ne interessano più!
    Conclude così il libro mons. Graber: «La terra tremi sotto i nostri piedi. Si può presagire con certezza che la Chiesa uscirà incolume da una tale rovina, ma nessuno può dire e congetturare chi e che cosa sopravvivrà. Noi, dunque, avvisando, raccomandando, alzando le mani, vorremmo impedire il male mostrandone i segni. Persino i giumenti che portano i falsi profeti, si impennano, arretrano e rinfacciano con linguaggio umano la loro ingiustizia a chi li batte e non vede la spada sguainata (da Dio), che chiude loro la strada. Operate dunque finché è giorno, perché di notte nessuno può operare. Non serve nulla l’aspettare: l’attesa non ha fatto altro che aggravare tutte le cose».
    Ecco, ciò che serve oggi: un nuovo sant’Atanasio. O meglio: molti sant’Atanasio. Ma Gesù, per mezzo di Maria Santissima Immacolata, non mancherà di mandarceli quando Lui vorrà. A noi pregare, agire, soffrire e offrire per Lui e affrettare l’ora.
  

 

mercoledì 25 dicembre 2013

Buon Natale! PUER NATUS IN BETHLEEM JUDAE


Editoriale del mensile "De vita contemplativa" (Anno VII, Numero 12, Dicembre 2013)

PUER NATUS IN BETHLEEM JUDAE
 
La festa del Natale si celebrava a Roma con ogni certezza a meta del IV secolo, perché nella Depositio Martyrum filocaliana, un abbozzo del Calendario liturgico che risale all'anno 336, si legge: «VIII Kal.  Jan. natus Christus in Bethleem Judae». Ed è facile che la sua origine risalga, secondo il Liber Pontificalis, ai tempi del papa Telesforo (125-136), come sostiene il cardinal Schuster nel suo Liber Sacramentorum.

A differenza della Pasqua, il Natale può cadere in qualsiasi giorno della settimana. Fin dal IV secolo, sant'Agostino spiega questa differenza, nella famosa Epistola ad Ianuarium, sostenendo che si celebra il giorno della Nascita del Salvatore unicamente per rievocare la memoria di quella nascita operata per la nostra salvezza, prescindendo dal giorno nel quale ha avuto luogo. Al contrario, il giorno preciso della settimana nel quale e avvenuta la Risurrezione è stato scelto nei decreti eterni per esprimere un mistero di cui si deve fare espressa commemorazione sino alla fine dei secoli.

Tuttavia, il fatto stesso che il Natale non cada in giorno fisso non è privo di un misterioso significato. Gli antichi liturgisti affermano anzitutto che la festa di Natale percorre successivamente i diversi giorni della settimana per purificarli tutti e sottrarli alla maledizione che il peccato di Adamo aveva riversato su ciascuno di essi. Ma v'è un mistero più profondo, che non è legato ai giorni della settimana ma al grande astro, il sole, immagine del "Sole di giustizia", per mezzo del quale la vita continua sulla terra. Gesù Cristo nostro Salvatore, che è la luce del mondo (Gv 8,12) — nota dom Gueranger e nato al momento in cui la notte dell'idolatria e del delitto era più profonda in questo mondo. E il giorno della Natività, il 25 dicembre, è precisamente quello in cui il sole materiale, nella sua lotta con le ombre, vicino a spegnersi, si rianima d'un tratto e prepara il suo trionfo. «In questo giorno che il Signore ha fatto - afferma san Gregorio Nisseno, nella sua omelia sulla Natività — le tenebre cominciano a diminuire e, aumentando la luce, la notte è ricacciata al di la delle sue frontiere. Certo, o fratelli, ciò non accade né per caso né per volere estraneo:  è il giorno stesso in cui risplende Colui che è la vita divina nell'umanità. È la natura che, sotto questo simbolo, rivela un arcano a quelli il cui occhio è penetrante, e i quali sono capaci di comprendere la circostanza della venuta del Signore. Mi sembra di sentirlo dire: "O uomo, sappi che sotto le cose che to vedi ti vengono rivelati misteri nascosti. La notte, come hai visto, era giunta alla sua più lunga durata, e d'improvviso s'arresta. Pensa alla notte funesta del peccato che era giunta al colmo per l'unione di tutti gli artifici colpevoli: oggi stesso il suo corso è stroncato. A partire da questo giorno, essa e ridotta, e presto sarà annullata. Guarda ora i raggi del sole più vivi, l'astro stesso più alto nel cielo, e contempla insieme la vera luce del Vangelo che si leva sull'universo intero"».

«Esultiamo, o fratelli — esclama ancora sant'Agostino — perché questo giorno a sacro non già per il sole visibile, ma per la nascita dell'invisibile Creatore del sole. II Figlio di Dio ha scelto questo giorno per nascere, come si è scelta una Madre, Lui che è il Creatore del giorno e della Madre insieme. Questo giorno, infatti, nel quale la luce ricomincia ad aumentare, era adatto a significare l'opera di Cristo che, con la sua grazia, rinnova continuamente il nostro uomo interiore. Avendo l'eterno Creatore risolto di nascere nel tempo, bisognava che il giorno della sua nascita fosse in armonia con la creazione temporale». In un altro Sermone sulla medesima Festa, ii vescovo d'Ippona, riferendosi alla misteriosa espressione di san Giovanni Battista: Bisogna che Egli (Cristo) cresca e che io diminuisca (Gv 3,30), spiega: «Giovanni  è venuto in questo mondo nel tempo in cui i giorni cominciano ad accorciarsi; Cristo nato nel momento in cui i giorni cominciano ad allungarsi». II cosmo, dunque, con i suoi movimenti siderei riflette misticamente gli eventi che la Chiesa fa vivere alle anime con la sua divina Liturgia: il levarsi dell'astro del Precursore al solstizio d'estate (24 giugno) e l'apparizione del Sole divino nella stagione delle ombre (25 dicembre).

Tutto dunque, in cielo e in terra, ruota intorno al divin Sole di giustizia, quell'Astro fulgente eternamente predestinato a manifestarsi al mondo il venticinquesimo giorno del mese di dicembre, VIII Kalendas Januarii.

lunedì 23 dicembre 2013

"in virtù della Messa"


Sul significato della Giornata della Tradizione che si svolgerà a Verbania il 19 gennaio 2014 e sulla situazione attuale della Chiesa presentiamo questa intervista a Don Alberto Secci. 

Per il programma completo della quarta “Giornata della Tradizione”, CLICCATE QUI


1. È sempre più evidente, anche in virtù della celebrazione della Santa Messa (rito antico e rito moderno), che esistono due modi di vivere la religione cattolica: sacerdoti e fedeli che si rifanno agli insegnamenti che hanno subito la rivoluzione moderna ed altri che rimangono saldi agli insegnamenti e ai principi della Tradizione della Chiesa, come sarà possibile, secondo Lei, risolvere un giorno tale dicotomia?

 Occorre che chi ha avuto la grazia di capire, di cogliere questa dicotomia terribile, decida di fronte a Dio di vivere integralmente il cattolicesimo secondo la Tradizione. Questo è il punto. Non c’è nulla di astratto nel Cristianesimo. Lo ha detto lei: “in virtù della celebrazione della Messa in rito antico” dei fedeli rimangono saldi agli insegnamenti e ai principi della Tradizione della Chiesa; direi io, rimangono Cattolici semplicemente; i fedeli che hanno subito la rivoluzione, invece, hanno solo una vaga  ispirazione cristiana nel migliore dei casi. Per la verità lei ha detto “ anche in virtù della Messa”, io mi permetto di togliere quell’ “anche”, in che senso? Non nel senso che c’è solo la Messa, perché ci sono, insieme alla Messa, tutta la dottrina e tutto l’apostolato; ma nel senso che la vita Cattolica è la trasmissione della Grazia che accade principalmente nella linea sacramentale, quindi al centro la Messa, e la Messa con il rito non ambiguo. Per questo, chi ha avuto la grazia di capire la situazione drammatica, non può barattare questa coscienza con una tranquillità personale: occorre eleggere un luogo di Messa tradizionale e farlo diventare il luogo integrale di educazione alla fede nel senso pieno e non solo intellettualistico. Piccoli centri di vita semplicemente cattolica, umilissimi ma grandissimi per la grazia che portano, saranno la soluzione, quando Dio vorrà. A noi il decidere di stare in un cammino di grazia, e per questo tradizionale, amando la Chiesa nella sua passione; a Dio la risoluzione di questo mistero  di sofferenza. Ma in Dio tutto ciò è già risolto. Dobbiamo avere una preoccupazione amorevole per la Chiesa, e non una preoccupazione “politica”.

2. La «Giornata della Tradizione» di Verbania, che si svolgerà il prossimo 19 gennaio 2014, giunge alla sua quarta edizione, ci potrebbe spiegare di che cosa si tratta e come è nata questa iniziativa?

Semplicemente si tratta di una Domenica pomeriggio vissuta nella riflessione su un tema dottrinale scottante; giornata che termina con la celebrazione della Santa Messa cantata. Vede, da anni don Stefano ed io , con i fedeli delle nostre chiese, portiamo avanti un lavoro serio di dottrina cristiana. All’inizio erano incontri settimanali, oggi sono quindicinali. Insistiamo molto su questo. E’ così grande la confusione che regna in mezzo ai cattolici, che non possiamo immaginare di starne fuori semplicemente perché amiamo la Tradizione. Occorre conoscere il Cristianesimo, la storia della Chiesa, i grandi maestri spirituali. È così bello il cristianesimo, è così grande l’opera di Dio: come facciamo a non desiderare di conoscerla sempre di più? Temo molto quei fedeli che continuano a girare da una chiesa all’altra, cercando qualcosa di sempre più tradizionale, ma non desiderano essere guidati dottrinalmente e spiritualmente …presto o tardi assumeranno di nuovo la mentalità mondana, così non cattolica: mi è capitato di incontrare alcune persone attaccate alle forme antiche dei riti, ma liberali nei giudizi e nei criteri di azione. La Verità della fede deve diventare subito criterio di giudizio e di azione. Per partecipare a più persone questo lavoro, che per noi continua tutto l’anno, abbiamo pensato alla giornata della tradizione: è semplicemente una Giornata di Dottrina Cattolica, dove si incontrano tanti volti di amici e qualche volto nuovo.

3. La vita di montagna, come la vita di campagna, rispetto a quella di città, aiutano a comprendere meglio la Tradizione? In che termini?

No. Oggi il disastro è globale. Non è la montagna in sé che aiuta, ma il saper guardare il mondo con uno sguardo mistico, cioè veramente cattolico. Allora montagna o pianura, piccolo paese o metropoli sono la stessa cosa. Anzi, qualora ci fosse un prete deciso nel dare la vita obbedendo alla grazia ricevuta, ebbene, la città è sicuramente migliore. Detto questo, devo confessare che la solitudine della montagna, che ha per tutti bellezza e dolore insieme, l’ho sempre amata e ho imparato ad amarla sempre di più. Comunque, per me, il luogo dove vivere è obbedienza a Dio, attraverso le circostanze, prima l’appello dei fedeli; non sono io che scelgo, non l’ho mai fatto.

4. Perché, all’interno dei dibattiti e dei confronti di carattere religioso, gli unici ad essere tenuti distanti sono proprio coloro che vogliono vivere seriamente il Credo di Santa Romana Chiesa?

In ogni dittatura bisogna censurare il passato. Nessuno deve sapere come era una volta, prima della dittatura che pretende di dare vita nuova al mondo. E le dittature dei “liberali” sono le peggiori. Quando lo schema dittatoriale entra nella Chiesa, la censura del passato viene addirittura dogmatizzata: “oggi la Chiesa ha una nuova coscienza, non potete tornare alle cose di una volta, anche se erano sante oggi non lo sono più, perché la coscienza della Chiesa fa la verità nell’oggi”, così mi sembra ragionino quasi tutti oggi. E questo è terribile. E’ la via più veloce per distruggere la Chiesa, come vediamo. Questi hanno accesso pressoché a tutti i mezzi di comunicazione, perché sono utili a “intrattenere”, fanno salotto, non si scontrano con il neo-paganesimo, parlano e parlano e nulla più.

Ma basta che un bambino gridi che il re è nudo, che l’incantesimo della censura sul passato, in un istante, crolli. Allora, da parte nostra, meno “lagne” e più lavoro per fare il cristianesimo, secondo la responsabilità che oggettivamente Dio ha dato a ciascuno. Non c’è tempo da perdere: fai tutto quello che dipende da te perché la Chiesa sia più Cattolica e il mondo più Cristiano.

5. Che cosa reputa, oggi, maggiormente in crisi nella Chiesa?

Il Sacerdozio. Con il Cristianesimo “ammodernato” non può stare in piedi, perché nella nuova religione il sacerdozio non ha più senso. È la terribile consumazione del Protestantesimo a casa nostra, cioè dentro il Cattolicesimo.

6. Che cosa può insegnare la Tradizione alla Chiesa del nostro tempo?

Semplicemente il Cristianesimo, non deve fare altro. Il Cristianesimo non ridotto a qualcosa di quaggiù, come fa il Naturalismo imperante, il Cristianesimo fatto dalla Grazia di Dio. Il Cristianesimo che non si vergogna della Croce e quindi punta sulla Grazia. Il Cristianesimo che sa che la grazia è efficace e che quando incontra l’adesione dell’uomo produce una civiltà che non ha pari nella storia. La Tradizione insegna alla Chiesa che il Cristianesimo, per salvare molte anime, produce la Cristianità, cioè la società cristiana: ecco, la Chiesa di oggi, se vuol bene alle anime, deve smetterla di vergognarsi della Cristianità.

7. Che cosa può insegnare la Tradizione al patologico mondo contemporaneo, fatto di famiglie malate, di politiche malate, di culture-ideologie contrarie al diritto naturale e che non possiedono più riferimenti certi?

La Tradizione ricorda a tutti che non si può far finta che non ci sia il Peccato Originale, quando si parla dell’uomo e della società. L’uomo non può salvarsi da solo, ha bisogno assoluto di Cristo, ha bisogno della Grazia. Non esiste un uomo sano senza la grazia che viene da Dio.

E ricorda che la grazia di Dio, la grazia che Cristo ci comunica dalla Croce e che passa ordinariamente attraverso i sacramenti, può tutto. Allora non c’è nulla che possa impedire la santità, se l’uomo non la rifiuta. La Tradizione è il luogo più accogliente che esista, perché vive del primato della vita soprannaturale e dove c’è Dio tutto si ricompone nell’ordine.

8. Perché una persona “tradizionale” dovrebbe vivere meglio di una persona “moderna”?

Perché non poggia la vita su di sé, ma su Dio. Occorre vivere sempre cercando la grazia di Dio, gioiosi di compiere tutto per la sua Gloria. La Tradizione è un cammino di semplicità: Dio è tutto, e allora vivo per Lui. Vivere come i monaci più veri, come San Benedetto, perché il monaco è semplicemente il Cristiano.

9. Di fronte a tanti individui che annaspano nelle fatiche quotidiane e consumano i loro giorni negli affanni di un’esistenza senza senso, con domande che non trovano riposte, potrebbe indicare qual è la bellezza della vita e qual è la bellezza della morte?

La vita e la morte diventano belle se riconosci e vivi l’appartenenza che ti costituisce: tu sei di Dio e tutta la vita si risolve nel vivere dentro questo legame. E in Dio, in Nostro Signore Gesù Cristo, ti accorgi con stupore che tutto si tiene: scopri la profonda unità di tutto. La vita assume una coscienza profondissima e semplicissima, diventa sapienza. Ma questo non si dà senza la Chiesa; ma la Chiesa non è un’appartenenza sociale orizzontale, la Chiesa è legame con Cristo, cioè Tradizione. E’ Tradizione perché quel legame con il Signore Gesù, attraverso gli apostoli, è ininterrotto e passa attraverso la certezza del sacramento. C’è qualcosa di più sconvolgentemente bello di questo? Tutto, in questo legame di grazia con Cristo, legame che è anche storico, trova il suo posto. Nulla è inutile. Se uno vuol vivere fuori da questo che è il disegno di Dio troverà solo pena e in ultimo morte. Ma Dio ci vuole dentro questa bellezza che è Lui.

 

Fonte:

l'acerbissima persecuzione dei frati dell'Immacolata

Presentato a Firenze il libro che narra la persecuzione dei Francescani dell’Immacolata
 
Venerdì 20 dicembre a Firenze, nella prestigiosa cornice dell’Auditorium del Consiglio Regionale, è stato presentato il libro “Un caso che fa discutere. I Francescani dell’Immacolata”. Curato da Carlo Manetti, per l’editrice Fede & Cultura, il libro raccoglie i numerosi articoli, pubblicati su Internet e su quotidiani nazionali, in cui si parla dello sconcertante caso dei Francescani dell’Immacolata, sottoposti a commissariamento di stile stalinista, mentre il loro Ordine era a tutti ben noto per la grande testimonianza di Fede, per l’osservanza totale della regola francescana, vissuta nella sostanza e nella quotidianità, senza esibizionismi. Un Ordine che, caso unico nella Chiesa, aveva visto in pochi anni aumentare le vocazioni ed era stato per tutti di edificante esempio.
 
conf1Nel mese di luglio il commissario, Padre Fidenzio Volpi, prende possesso (è il caso di usare questo termine) dell’Ordine e inizia un lavoro di demolizione, che si realizza anche disperdendo in vari Paesi esteri i Frati che maggiormente avevano sin qui operato in ambito culturale, portando non solo prestigio all’Ordine e alla Chiesa, ma anche fornendo ai fedeli parole chiare e indicazioni preziose in questa epoca segnata dalla confusione e dall’empietà sempre più aggressiva. Viene chiuso il seminario, vengono sospese le pubblicazioni culturali e apologetiche, viene inibita la celebrazione della Santa Messa in Vetus Ordo.
Quali sono le colpe dei Francescani dell’Immacolata? Nessuno le sa spiegare, perché non ci sono. Tutto è partito dal mugugno di cinque, dicasi cinque, frati, insofferenti della regola che essi stessi avevano liberamente scelto.
Il libro curato da Carlo Manetti documenta come con questo pretesto è partita una persecuzione tanto goffa quanto crudele, creando una situazione di vero scandalo. È un libro da leggere, perché il caso dei Francescani dell’Immacolata è lo specchio della situazione di terribile crisi che la Chiesa sta vivendo e che ogni fedele ha il dovere di conoscere, per potere, con la preghiera e con le opere, impegnarsi nella ricostruzione della Casa del Signore.
Tre relatori hanno presentato il libro: Carlo Manetti (curatore dell’opera), Paolo Deotto (direttore di Riscossa Cristiana) e Roberto de Mattei (docente di Storia del Cristianesimo e Preside della Facoltà di Storia all’Università Europea di Roma, Presidente della Fondazione Lepanto). I loro interventi sono stati preceduti dal saluto di Giovanni Donzelli, Presidente del Gruppo Consiliare Fratelli d’Italia e dall’introduzione di Pucci Cipriani, direttore di “Controrivoluzione” e di Ascanio Ruschi, presidente della Comunione Tradizionale.
Un pubblico attento e numeroso (oltre centotrenta persone) ha partecipato al Convegno, intrattenendosi poi lungamente con i relatori.
Il cammino per far cessare lo scandalo del commissariamento continua. Questo libro è uno strumento prezioso da utilizzare in questo cammino, la cui meta è render giustizia a un Ordine al quale, si direbbe, viene rimproverato lo zelo religioso, l’esempio edificante, la condotta ineccepibile. Battiamoci perché termini questo folle mondo alla rovescia, battiamoci per il bene della Santa Chiesa.
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da sinistra: Giovanni Donzelli, Carlo Manetti, Roberto de Mattei, Paolo Deotto, Ascanio Ruschi.
il pubblico all’Auditorium del Consiglio Regionale
http://www.riscossacristiana.it/presentato-firenze-il-libro-che-narra-la-persecuzione-dei-francescani-dellimmacolata/
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sabato 21 dicembre 2013

l'uomo del secolo


2014: centenario della morte di San Pio X



Il 28 giugno del 1914, a Sarajevo, l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono imperiale, e sua moglie Sofia, furono uccisi in un attentato architettato dalla società segreta della “Mano nera”; il 28 luglio l’Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia e, per un gioco di alleanze, in breve tempo entrarono in guerra tutte le nazioni europee. Due guerre mondiali, milioni e milioni di morti, il tracollo di quattro grandi Imperi (Austria, Germania, Russia e Turchia), l’avvento del Comunismo e del Sionismo, la fine dell’Europa con la supremazia statunitense: i colpi di pistola di Sarajevo aprirono come un nuovo, infernale, vaso di Pandora, che ancor oggi, a cento anni di distanza, non è stato richiuso. Ma un altro avvenimento, di poco susseguente, ha lasciato una eredità ancora più tragica, al confronto della quale le due guerre mondiali sono poca cosa: la morte del Papa San Pio X, avvenuta il successivo 20 agosto. Certo, quel giorno, o meglio: quella notte, le porte del Cielo e della gloria si spalancarono per il grande Pontefice. Certo, la Chiesa ebbe ancora sul trono di Pietro tre successori per i quali, tutti, valgono le parole di Cristo: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa; conferma i tuoi fratelli; pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle. Ciò malgrado, è indubbio che la scomparsa del grande Pontefice fu per la Chiesa, umanamente parlando, una sventura più grave della Guerra che per anni avrebbe flagellato l’umanità.

San Pio X era ben conscio del pericolo gravissimo che correvano le anime. Egli aveva combattuto a viso aperto per difendere la Fede, minacciata dalla più terribile delle eresie: il Modernismo. Ed egli sapeva che i modernisti (giacché non c’è errore senza uomini che lo concepiscono e lo diffondono) erano non solo nemici della Chiesa, ma i più dannosi tra i nemici della Chiesa, perché “i loro consigli di distruzione non li agitano costoro al di fuori della Chiesa ma dentro di essa; ond’è che il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei, con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro” (enc. Pascendi, 1907).
Questi nemici appartenevano non solo al laicato, ma anche – denunciava San Pio X – al ceto sacerdotale. Sette anni dopo, mentre gli illusi, gli adulatori, i falsi amici, gridavano a gran voce che il modernismo era sconfitto e dissolto, che non esisteva più, che ormai apparteneva al passato (leggi: che era inutile continuare a combatterlo), San Pio X, nel suo ultimo Concistoro, l’anno della sua morte, lanciava al contrario un angosciato grido d’allarme: non più solo tra il semplice clero, ma tra i vescovi stessi, ormai, si celavano i modernisti!

Dopo la condanna solenne nell’enciclica Pascendi, i modernisti si erano solamente – tranne i pochi scoperti e colpiti nominalmente, come Loisy – meglio nascosti, “appiattiti”, appunto, aiutati da tanti complici, da tanti cooperatori, da tanti simpatizzanti. Il modernismo fu spezzato ufficialmente nelle sue forze più virulente – negatrici della divinità di Cristo – ma sopravviveva invece e prosperava il modernismo sociale, malgrado la condanna del Sillon e della prima Democrazia cristiana di Romolo Murri. Abbandonato provvisoriamente il campo minato del dogma, il modernista si faceva piuttosto riformatore, e preparava il terreno per il futuro. Là dove il contingente lascia maggior spazio allo spirito riformatore, là lavorava il modernista mimetizzato: nel movimento liturgico ed ecumenico, nell’apologetica e nella filosofia (Blondel), nella spiritualità e nella pastorale (come già gli americanisti condannati da Leone XIII), nell’ambito politico e sociale.

Le grandi questioni della fine del pontificato di Papa Sarto furono eminentemente pratiche: la (a)confessionalità dei sindacati, della stampa e dei partiti cattolici, i rapporti tra Stato e Chiesa. Il nuovo pontificato di Benedetto XV non proseguì – con il cardinal Pietro Gasparri alla Segreteria di Stato – la politica ecclesiastica di San Pio X, e questo non solo perché la grande guerra aveva distolto l’attenzione dai problemi interni della Chiesa.
Antonio Gramsci – lucido nemico della Chiesa e attento osservatore dell’aspetto umano della medesima, l’unico che egli fosse in grado di percepire – studiò nelle sue Note sul Machiavelli i tre “partiti” che si confrontavano allora tra i cattolici: quello modernista, messo all’angolo da San Pio X, quello “integrale” che aveva goduto del pieno appoggio di Papa Sarto che era stato ora abbandonato sotto il nuovo pontificato, e quello da lui denominato “gesuita” che risultava, concretamente, vincitore. Era un “partito” che non era modernista, anzi ne era ufficialmente distante, ma che era tuttavia fermamente deciso a mettere la parola “fine” alla lotta antimodernista di San Pio X, e a ridurre al silenzio quel “cattolicesimo integrale” sostenuto dalla Santa Sede fino al 1914.
La Civiltà Cattolica in Italia, Etudes in Francia, Stimmen aus Maria-Laach in Germania, con la scuola di Colonia, furono tra le prestigiose riviste che sostennero una nuova linea, che si rivelò vincente. Lo scioglimento delSodalitium pianum – l’opera antimodernista di Mons. Umberto Benigni sempre sostenuta da San Pio X – fu ottenuta nel 1922 con una manovra tutt’altro che limpida che prese le mosse, nel 1915, negli ambienti democratici cristiani di Colonia, che fu ripresa in mano dai gesuiti francesi nel 1921 e che trovò nel cardinal Gasparri la sponda indispensabile a Roma; proprio quel cardinal Gasparri che nel 1928 testimoniò contro San Pio X durante il processo di beatificazione del Pontefice che pure lo aveva creato cardinale. Erano i tempi in cui fervevano le trattative tra la Segreteria di Stato ed il governo francese per chiudere con un compromesso diplomatico la frattura inaugurata dalle leggi laiche del 1905 condannate dall’enciclica Vehementer nos di San Pio X (11 febbraio 1906), e che si conclusero con l’enciclica Maximam gravissimamquedel 18 gennaio 1924.
Il governo francese, con un alto tasso di massoni tra i suoi ranghi, non mancò di appoggiare le manovre anti-integriste, e di creare anzi – grazie all’alto funzionario governativo Louis Canet, esecutore testamentario di Loisy – una vera e propria “leggenda nera” contro l’orribile “integrismo” cattolico.
Quando dieci anni dopo, il 27 febbraio 1934, Mons. Benigni morì a Roma, ottanta anni fa, era già da tempo come morto negli ambienti ecclesiastici che contano. Come stupirsene, se nel luglio 1931 il cardinale Arcivescovo di Parigi, Mons. Verdier, poteva dichiarare impunemente che “il Sillon è all’origine del grande movimento sociale contemporaneo… è di fatto il Sillon che ha dato il via a tutte le iniziative giovanili nate in seguito”. Il cardinale parlava dello stesso Sillon di cui San Pio X scriveva: “Il Sillon scorta il Socialismo con l’occhio fisso su di una chimera. (…) d’ora innanzi forma solo un misero affluente del grande movimento di apostasia, organizzato in tutti i paesi, per l’instaurazione di una Chiesa universale che non avrà né dogmi né gerarchia…”.
Come stupirsi se le magnifiche encicliche di Benedetto XV e Pio XI restavano poi lettera morta? Come stupirsi pertanto – umanamente parlando – degli esiti del Vaticano II, aperto da quel Giovanni XXIII che, giovane sacerdote, ebbe a deplorare e subire il pontificato di San Pio X, mentre si entusiasmava nella lettura degli americanisti e del fondatore del Sillon, Marc Sangnier?

La beatificazione di Pio X nel 1951, la sua canonizzazione nel 1954, fortemente volute da Pio XII, che vedeva rinascere nella Nouvelle Théologie il mai spento modernismo, sono stati come l’ultimo suggello della Divina Provvidenza per confortare i cattolici fedeli prima della traversata del deserto spirituale che sembra non avere fine. L’infallibile parola del Vicario di Cristo ci assicura che seguendo le orme di Papa Pio X i cattolici sono sicuri di restare saldi nella Fede, e di poter vincerne tutti i nemici, spirituali e temporali, interni ed esterni, che cercano, invano, di spegnerla, e di metterne per sempre a tacere la voce.

San Pio X, prega per noi, e soccorri la Chiesa che ti fu affidata da Cristo!

venerdì 20 dicembre 2013

a peste, fame et bello (et ab Unione Europea) libera nos, Domine! (Ma quando finirà questa follia?)

Non potremo farci più nemmeno l'Orto(?)...UE = sempre più "Dittatura Centralista degli Eurocrati"



Il titolo suona un po' come quelli dell'informazione complottista
in stile "è tutta colpa del Bilderberg e della Trilateral...ed io c'ho i nomi ed i cognomi di tutti i colpevoli..." ;-)
Però stavolta ci sta bene...
visto che si parla di nientepopodimeno che di VIETARE GLI ORTI (o qualcosa di molto simile).

E' sempre più evidente come l'Unione Europea
stia diventando una Dittatura Centralizzata e gestita da una manica di Eurocrati
piuttosto che una Federazione che faccia interagire al meglio tra di loro una serie di Stati Autonomi, valorizzandone le notevoli differenze.
Insomma, in questa UE...2+2, invece di fare 6,
sta facendo 2...od anche zero (se non persino sottozero...).

Si procede sempre più ................
.
verso un'omogeneizzazione forzata e spesso miope, che non può non farti venire dei considerevoli sospetti ...
Certe Leggi UE sembrano proprio fatte ad hoc per favorire certe multinazionali...che forse intrattengono "rapporti un po' tropo stretti" con molti commissari&parlamentari europei...

Il risultato finale è che la LIBERTA' DELL'UOMO viene sempre più REPRESSA in questa UE-RSS.
E poi ci scandalizziamo per i Forconi...#9dicembre...;-)
Pensate un po' a cosa potrebbe succedere se veramente tenteranno di impedirci l'Auto-produzione di Cibo...
I Forconi diventeranno un po' pochetto e si passerà direttamente ai Bazooka...;-)

Non a caso gli Eurocrati, che provengono da Democrazie in teoria basate sulla Sovranità Popolare, si trovano a stra-parlare un giorno sì e l'altro pure di POPULISMO
proprio tutte le volte che il "Popolo" tenta di esercitare la sua Sovranità ...ormai negata a più livelli, da quelli micro a quelli macro...

Ecco il Rumors che sta girando in merito agli Orti...: vedremo se la voce verrà confermata.
Ue: fuorilegge i piccoli orti. Vietato autoprodursi il cibo 
Una nuova legge proposta dalla Commissione europea renderebbe fuorilegge i piccoli ortaggi i cui semi non sono stati "analizzati, approvati e accettati" da un nuova agenzia europea.
Le persone che coltivano zucchine o altri prodotti sul balcone o in cortile sarebbero considerati fuorilegge. 

Coltivate ortaggi nel giardino o sul balcone?
Tra poco potreste essere considerati fuorilegge.

La Commissione europea ha infatti proposta una legge per rendere illegale “coltivare, riprodurre o commerciare” semi di ortaggi che non siano stati “analizzati, approvati e accettati” dalla nuova Agenzia delle Varietà Vegetali europee.
La proposta di legge si chiama Plant reproductive Material law e la sola possibilità che entri in vigore ha fatto gridare allo scandalo.
Sì, perché secondo molti questa sarebbe un grande regalo fatto ai grandi produttori di sementi, come la Monsanto.
A riportare la notizia è l'associazione Libre, che la riprende da Mike Adams, Health Ranger Editor di NaturalNews.com. (Maggio 2013)
"Se un contadino della domenica - scrive Libe - coltiverà nel suo giardino piante con semi non regolamentari, in base a questa legge, potrebbe essere condannato come criminale.

REGALO A MONSANTO E DUPONT
Questa legge, protesta Ben Gabel del “Real Seed Catalogue”, intende stroncare i produttori di varietà regionali, i coltivatori biologici e gli agricoltori che operano su piccola scala".
"Come qualcuno potrà sospettare – afferma Mike Adams su Natural News – questa mossa è la “soluzione finale” della Monsanto, della DuPont e delle altre multinazionali dei semi, che da tempo hanno tra i loro obiettivi il dominio completo di tutti i semi e di tutte le coltivazioni sul pianeta».
Di fatto, spiega lo stesso Adams, ai sensi della nuova normativa comunitaria, la maggior parte delle sementi tradizionali saranno fuorilegge.
"Questo significa che l’abitudine di conservare i semi di un raccolto per la successiva semina – pietra miliare per una vita sostenibile – diventerà un atto criminale".
Inoltre, spiega Gabel, questa legge "uccide completamente qualsiasi sviluppo degli orti nel giardino di casa in tutta la comunità europea" avvantaggiando così i grandi monopoli sementieri.

TASSA PER LA BUROCRAZIA
"Questo è un esempio di burocrazia fuori controllo - protesta Ben Gabel -.
Tutto quello che produce questa legge è la creazione di una nuova serie di funzionari dell’Ue, pagati per spostare montagne di carte ogni giorno, mentre la stessa legge sta uccidendo la coltura da sementi prodotti da agricoltori nei loro piccoli appezzamenti e interferisce con il loro diritto di contadini a coltivare ciò che vogliono.

Inoltre - aggiunge Gabel -, è molto preoccupante che si siano dati poteri di regolamentare licenze per tutte le specie di piante di qualsiasi tipo e per sempre, non solo di piante dell’orto, ma anche di erbe, muschi, fiori, qualsiasi cosa, senza la necessità di sottoporre queste rigide restrizioni al voto del Consiglio.
"Tutti i governi sono ovviamente entusiasti dell’idea di registrare tutto e tutti - rincara la dose Adams -. Tanto più che i piccoli coltivatori dovranno anche pagare una tassa per la burocrazia europea per registrare i semi". 
tratto da:  http://www.ilgrandebluff.info/2013/12/non-potremo-farci-piu-nemmeno-lortoue.html

mercoledì 18 dicembre 2013

cartoline dal futuro

               Prove di MinCulPop Omosex?

di Marco Tosatti

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fonte: La Stampa
 
Rilanciamo il contenuto di un interessante articolo de “La Bussola Quotidiana” su un documento che il Ministero per le Pari Opportunità sta elaborando. E per spiegare a chi non sapesse di che cosa si tratta il termine usato nel titolo, “Minculpop”, diciamo che si tratta di un’abbreviazione del Ministero della Cultura Popolare, ben noto e fiorente durante il regime fascista. Ecco la descrizione che ne da’ Wikipedia: “Il ministero aveva l’incarico di controllare ogni pubblicazione, sequestrando tutti quei documenti ritenuti pericolosi o contrari al regime e diffondendo i cosiddetti ordini di stampa (o veline) con i quali s’impartivano precise disposizioni circa il contenuto degli articoli, l’importanza dei titoli e la loro grandezza. Più in generale, il ministero si occupava della propaganda, quindi non solo del controllo della stampa. Altro compito importante fu quello della promozione del Cinema di propaganda fascista”.
Ma ecco l’articolo de “La Bussola Quotidiana”. In calce il link al documento.
 
 
“Credevate che l’UNAR, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali del Ministero delle Pari Opportunità ce l’avesse solo con gli insegnanti, imponendo loro d’insegnare obbligatoriamente l’ideologia di genere? Sbagliavate. Ora se la prende con i giornalisti, pubblicando il 13 dicembre un documento tecnicamente incredibile, intitolato «Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT» (in fondo all’articolo si può scaricare il documento). Il modesto titolo «Linee guida» non inganni. Si precisa subito infatti che i giornalisti che non si piegheranno ai diktat dell’UNAR violeranno le norme deontologiche, per cui la denuncia all’Ordine dei Giornalisti è dietro l’angolo. Inoltre il testo – tutto bastone e poca carota – spiega anche che è solo questione di tempo: «l’Italia si sta adeguando» ai Paesi più civili, presto il Parlamento introdurrà una «legislazione specifica» contro l’omofobia e il giornalista che sbaglia rischierà non solo il deferimento all’Ordine ma la galera.
E che cosa si deve fare per adeguarsi? Occorre rispettare dieci comandamenti, redatti dagli esperti – quasi tutti di organizzazioni LGBT – che hanno preparato le linee guida. Primo: non confonderai il sesso con il genere. Il sesso è una caratteristica anatomica, ma ognuno sceglie se essere uomo o donna «indipendentemente dal sesso anatomico di nascita». È davvero il primo comandamento dell’ideologia di genere, ma ora diventa obbligatorio.
Secondo: benedirai il «coming out». Vietato parlare di «gay esibizionisti»: il giornalista porrà invece attenzione a sottolineare gli aspetti positivi della «visibilità» degli omosessuali e il coraggio di chi si rende visibile.
Terzo: riabiliterai la parola «lesbica». «Dare della lesbica» non è un insulto: è un complimento. Ma attenzione a non esagerare, promuovendo il «voyeurismo» dei maschietti. Quarto comandamento: attenzione agli articoli. Se un transessuale si sente donna il giornalista deve scrivere «la trans» e non «il trans». Per Vladimir Luxuria, per esempio – è esplicitamente citato (o citata?) nelle linee guida – vanno sempre usati articoli e aggettivi al femminile. Non importa – al solito – l’anatomia: se qualcuno «sente di essere una donna va trattata come tale». Quinto: non associare transessuali e prostituzione. E comunque mai parlare di prostitute o prostituti. Il giornalista userà invece l’espressione «lavoratrice del sesso trans».
Come è giusto per materie di questo genere, molto si gioca sul sesto comandamento: il giornalista dovrà educare i suoi lettori a considerare cosa buona e giusta il «matrimonio» omosessuale, «o almeno il riconoscimento dei diritti attraverso un istituto ad hoc» . Farà notare che «il matrimonio non esiste in natura, mentre in natura esiste l’omosessualità». Fuggirà come la peste «i tre concetti: tradizione, natura, procreazione», sicuro indizio di omofobia. Ricorderà ai suoi lettori che il «diritto delle persone omosessuali ad avere una famiglia è sancito a livello europeo».
Il sesto comandamento dell’UNAR basta a mettere nei pasticci qualunque giornalista che per avventura fosse d’accordo con il Magistero cattolico. Se qualcuno sfuggisse al sesto, incalza però il settimo comandamento: vietato parlare di «matrimonio tradizionale» e, per converso, di «matrimonio gay», che il giornalista dovrà invece qualificare come «matrimonio fra persone dello stesso sesso» per non rischiare, anche involontariamente, di diffondere la pericolosa idea secondo cui si tratterebbe di «un istituto a parte, diverso da quello tradizionale».
Difficilissimo poi per il giornalista cattolico – o, che so, per il collaboratore di questa testata – evitare di violare l’ottavo comandamento, il quale in tema di adozioni vieta di sostenere che il bambino «ha bisogno di una figura maschile e di una femminile come condizione fondamentale per la completezza dell’equilibrio psicologico». Il giornalista che sostenesse questa tesi si renderebbe responsabile della propagazione di un «luogo comune», smentito dalla «letteratura scientifica». Vietatissimo, poi, parlare di «utero in affitto», espressione «dispregiativa» da sostituire subito con «gestazione di sostegno».
Il nono comandamento sembra scritto apposta per il caso di Giancarlo Cerrelli, il noto vicepresidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani colpevole di rappresentare troppo efficacemente le ragioni di chi ė contrario alla legge sull’omofobia in televisione e quindi dichiarato persona non gradita nei programmi RAI. «Quando si parla di tematiche LGBT – si legge in un passaggio delle linee guida che sarebbe esilarante se non ci fosse la minaccia di gravi sanzioni per chi sgarra – è frequente che giornali e televisioni istituiscano un contraddittorio: se c’è chi difende i diritti delle persone LGBT si dovrà dare voce anche a chi è contrario». Sembrerebbe il minimo sindacale del pluralismo e della democrazia, specie se parliamo della RAI e di servizio pubblico.
Ma le linee guida ci dicono che questo «non è affatto ovvio». Il caso Cerrelli insegna. «Cosa deve accadere affinché il contraddittorio fra favorevoli e contrari ai diritti delle persone gay e lesbiche non sia più necessario?». La risposta corretta sarebbe che deve accadere l’instaurazione di una dittatura, per dirla con Papa Francesco, simile a quella del romanzo «Il padrone del mondo» di Benson. La risposta delle linee guida invece è che basta una «scelta puramente politica» – che l’UNAR si arroga l’autorità di fare – per dire basta a questi dibattiti fastidiosi e pericolosi. Il buon conduttore televisivo avrà cura che sia espressa solo un’opinione, quella corretta. «Non esiste una soglia di consenso prefissata, oggettiva, oltre la quale diventa imprescindibile il contraddittorio». Quindi su questi temi se ne deve prescindere. Tornatene a casa, avvocato Cerrelli – in attesa magari di sentire anche per televisione il ritornello scandito da certi simpatici attivisti: «e se saltelli muore anche Cerrelli».
Non si salvano, infine, neanche i fotografi. Il decimo comandamento li invita a fare attenzione a che cosa fotografano nei gay pride, evitando immagini di persone «luccicanti e svestite». L’obiezione secondo cui se chi partecipa ai gay pride non si svestisse non correrebbe il rischio di essere fotografato nudo non sembra essere venuta in mente agli esimi redattori del testo.
Che però hanno pensato a una possibile difesa del malcapitato giornalista, il quale potrebbe sostenere che lui la pensa diversamente, ma per dovere di cronaca ha ritenuto di riportare anche le strane idee di chi si oppone al «matrimonio» omosessuale, e che magari ha radunato in una sala centinaia di persone. Difesa debole, sentenzia il documento. Il giornalista che riporta dichiarazioni, anche «di politici e rappresentanti delle istituzioni», contrarie alle linee guida può farlo per «dovere di cronaca» ma deve «attenersi ad alcune regole»: «virgolettare i discorsi», spiegare che sono sbagliati, contrapporre dichiarazioni di rappresentanti delle organizzazioni LGBT, che andranno tempestivamente intervistati, usare «particolare attenzione nella titolazione». Non sono forniti esempi, ma il bravo giornalista capisce al volo. Se per esempio un vescovo si dichiara contrario al «matrimonio» omosessuale, il titolo dovrà essere «Fedeli scandalizzati dal discorso omofobo del vescovo» e non «Il vescovo ricorda: la Chiesa non accetta il matrimonio omosessuale».
Giornalista avvisato, mezzo salvato. Ma anche italiani e parlamentari avvisati, mezzi salvati. Perché le linee guida per i giornalisti rendono involontariamente un enorme servizio. Spiegano esattamente, nero su bianco, che cosa sarà davvero vietato dalla legge contro l’omofobia. Altro che proteggere le persone omosessuali – com’è giusto che sia, e come già affermano le leggi in vigore – da insulti, minacce e violenze. Qui si tratta della dittatura del relativismo, senza sottigliezze e senza misericordia. Fermiamo questa macchina impazzita prima di ritrovarci tutti in un Gulag gestito da militanti LGBT”.
Ed ecco QUI il documento.