sabato 27 luglio 2013

misericordia io voglio...

Misericordia

"In cosa consiste la misericordia umana? Soprattutto nel prestare attenzione alle miserie dei poveri. E in cosa consiste la misericordia divina? Senza alcun dubbio nel concedere il perdono dei peccati...
E' Dio in questo mondo che soffre di freddo e di fame nei poveri, come dice lui stesso (Mt 25,40)... Che tipo di persone siamo, noi che vogliamo ricevere quando Dio dà e, quando chiede, non vogliamo dare? Quando il povero ha fame, è Cristo che è nel bisogno, come dice lui stesso: “Avevo fame e non mi avete dato da magiare” (V. 42). Non disprezzare dunque la miseria dei poveri, se vuoi sperare con fiducia il perdono dei peccati... Ciò che lui riceve in terra, lo rende in cielo.
Vi domando, fratelli, cosa volete, cosa cercate quando venite in chiesa? Cosa, se non la misericordia? Date quella della terra e riceverete quella del cielo. Il povero ti chiede e tu chiedi a Dio: lui chiede un pezzo di pane e tu la vita eterna... Ecco perché, quando venite in chiesa, fate l'elemosina ai poveri secondo le vostre possibilità".

                                         San Cesario di Arles, monaco e vescovo, Discorso 25; SC 243

giovedì 25 luglio 2013

1000 anni fa nasceva l'autore della Salve Regina


 

Storia di un santo deforme 

con un’anima splendida


Il 18 luglio 1013 nasceva Ermanno di Reichenau, il monaco “contratto” che non poteva stare comodo neanche sdraiato. Le cure dei confratelli e la grande fede ne fecero un uomo «veramente vivo»

«Salve, Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A Te ricorriamo, noi esuli figli di Eva; a Te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime..». È la preghiera che ancora si canta nelle chiese, alla fine, quando restano i vecchi a trascinare le vocali come a trattenere chi già corre a riaccendere il telefonino. Chi l’ha scritta, quasi mille anni fa, sapeva che cos’è una valle di lacrime. La Salve Regina fu infatti, quasi sicuramente, composta da Ermanno di Reichenau, meglio conosciuto come Ermanno lo storpio. Lo chiamavano anche “il contratto”. I documenti che ne danno notizia parlano di un uomo deforme, con gli arti come attorcigliati a impedirgli non solo di camminare normalmente ma anche di trovare pace disteso o seduto nella sedia costruita apposta per lui. Ermanno, che nella vita non è mai stato comodo se non, probabilmente, quando è sopraggiunta la morte, fu monaco e fine studioso. La preghiera alla Madonna entrata nella storia liturgica della Chiesa è solo uno degli aspetti del suo studio e della sua fede poderosamente intrecciati. Poi ci sono le cronache della storia del mondo, lo studio delle costellazioni, la costruzione di astrolabi. Ancora oggi chi cerca notizie su di lui nelle biblioteche trova i trattati scritti nelle notti insonni nell’abbazia di Reichenau, in un’isoletta nel lago di Costanza. A essere in grado di scrivere ci arrivò probabilmente dopo un lungo allenamento per addomesticare le mani a rispondere alla mente. Nacque il 18 luglio del 1013, esattamente mille anni fa, ed era uno dei 15 figli di Eltrude e Goffredo conte di Althausen di Svevia.

Fu il gesuita inglese Cyril Martindale ad appassionarsi alla sua storia dopo il ritrovamento nella biblioteca di Oxford di un volume in latino che ne riferiva la vita. Quelle pagine, racconta Martindale in un volume molto amato da don Luigi Giussani (Santi, Jaca Book) non parlavano di un handicappato abbandonato, ma di un piccolo affidato alle amorevoli cure dei monaci e diventato presto un compagno prezioso per i religiosi. Misteriosamente in Ermanno la malattia non genera cinismo bensì un’umanità ricca, rigogliosa, coinvolgente. Così la biografia parla di un uomo «piacevole, amichevole, conversevole; sempre ridente; tollerante; gaio; sforzandosi in ogni occasione di essere galantuomo con tutti». Quello che doveva essere un peso diventa presto l’orgoglio del monastero e la sua fama arriva fino all’imperatore Enrico III e a papa Leone IX, che visitarono Reichenau rispettivamente nel 1048 e nel 1049.

Vincere il dolore e la pigrizia non è semplice. Ermanno stesso lo fa capire nell’introduzione a uno dei suoi volumi più complicati, quello in cui spiega come si costruiscono gli astrolabi, marchingegni antenati degli orologi, utilizzati per localizzare o calcolare la posizione del Sole, della Luna, dei pianeti e delle stelle, ma anche per determinare l’ora conoscendo la longitudine. «Ermanno – scrive –, l’infimo dei poveretti di Cristo e dei filosofi dilettanti, il seguace più lento di un ciuco, anzi, di una lumaca è stato indotto dalle preghiere di molti amici a scrivere questo trattato scientifico». Tra gli amici c’è Bertoldo, incaricato di aiutarlo nelle incombenze quotidiane e testimone dei momenti cruciali della sua vita. È a lui che Ermanno affida i suoi pensieri nei giorni della pleurite che lo condurrà alla morte. E l’amico si commuove e si tura le orecchie quando il piccolo monaco, già assaporando la pace della liberazione dal corpo, si dice stanco di vivere.

«La Vita, come la scrisse Bertoldo – osserva Martindale –, è così piena di vita pulsante, Ermanno ne esce veramente vivo! Non perché sapesse scrivere sulla teoria della musica e della matematica, né perché seppe compilare minuziose cronache storiche e leggere tante lingue diverse, ma per il suo coraggio, la bellezza dell’anima sua, la sua serenità nel dolore, la sua prontezza a scherzare e a fare a botta e risposta, la dolcezza dei suoi modi che lo resero “amato da tutti”. (…) Ermanno ci dà la prova che il dolore non significa infelicità, né il piacere la felicità».

Laura Borselli, Luglio 15, 2013
Fonte: Tempi.it


martedì 23 luglio 2013

dove dobbiamo andare per ascoltare di nuovo queste cose?


Grazie Padre Seraphim!



"Noi ortodossi facciamo così: tornate anche voi cattolici a fare così
e saremo di nuovo un grande famiglia"