venerdì 17 febbraio 2012

prìncipi non princìpi

Non praevalebunt
di Riccardo Cascioli


«Della Chiesa di Roma si parla in tutto il mondo, speriamo che si parli anche della nostra fede… cioè che si parli non di tante cose ma della fede della Chiesa di Roma». A guardare i giornali di questo periodo, sembrerebbe che questo auspicio del Papa, rivolto ai seminaristi di Roma il 15 febbraio, sia ben lontano dal tramutarsi in realtà.

Dopo che per mesi si è battuto sullo scandalo pedofilia, si è passati alla questione economica, sia con gli attacchi su esenzione Ici e Otto per mille, sia con la divulgazione sui giornali di lettere private in cui si mettono in evidenza corruzione e clientelismo nella gestione economica del Governatorato della Santa Sede. Sulla scia di queste ultime lettere poi, si moltiplicano le voci di faide interne al Vaticano per la scalata a posti di potere, che hanno raggiunto il culmine con la notizia di un complotto per sostituire Benedetto XVI.

L’Espresso oggi in edicola, ad esempio, pubblica un’inchiesta che proprio alla vigilia del Concistoro del 18 febbraio fa un po’ la sintesi (non si sa quanto attendibile) di queste manovre di potere. A dare altro carburante ci ha pensato poi il presidente del Consiglio Mario Monti che, intervenendo questa settimana al Parlamento Europeo ha annunciato la modifica alle esenzioni dall’Ici degli enti no profit: non tanto per la decisione in sé, pure discutibile, ma per il fatto che davanti a una lettura da parte dei media che ha ristretto ai beni della Chiesa l’intervento del governo, da Palazzo Chigi non è venuta alcuna precisazione, avallando così una interpretazione volutamente ideologica.

Sembrerebbe insomma che della Chiesa di Roma in realtà si parli di tutto meno che di fede e certamente, come ha riconosciuto il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, ci sono responsabilità anche all’interno delle Mura vaticane, visto che i documenti riservati non arrivano nelle redazioni dei giornali camminando sulle proprie gambe.

Proprio questo è forse l’aspetto più preoccupante, e cioè l’attacco dall’interno. Che i nemici della Chiesa scatenino la loro violenza in fondo è quasi scontato, che siano anche i princìpi della Chiesa a farlo lascia sconcertati. Così come è fonte di disorientamento il fatto che ci siano in diverse parti d’Europa larghe porzioni di sacerdoti e vescovi che si ribellano apertamente al Papa.

Eppure anche questa non è una novità. Come ricorda padre Livio Fanzaga nel libro Il ritorno di Cristo (Piemme 2012) è già San Giovanni a descrivere questa situazione: “Figlioli, questa è l’ultima ora. Come avete udito che deve venire l’anticristo, di fatto ora molti anticristi sono apparsi. Da questo conosciamo che è l’ultima ora. Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma doveva rendersi manifesto che non tutti sono dei nostri” (1 Gv 2, 18-19). Ma, dice padre Livio citando anche Sant’Agostino, “per quanto il Demonio possa scompaginare la Chiesa e attaccarla anche all’interno, non riuscirà mai a indurla all’errore, perché ci sarà sempre un piccolo gregge che conserverà intatta la fede, all’insegna del non praevalebunt promesso da Gesù. (…) La Chiesa resiste dunque salda e passerà attraverso il tempo della prova, guidata dalla fede indefettibile del Pontefice, senza soluzione di continuità nella successione apostolica, protetta dalla Madonna (…) e ispirata dallo Spirito Santo”.

In questi tempi di attacchi esterni e di grave confusione all’interno della Chiesa, dunque, è la certezza della vittoria di Cristo che deve animarci, che non è una speranza astratta ma fondata sulla realtà e dimostrata dalla storia. Come scrisse G.K. Chesterton nel 1935, riferendosi al cristianesimo: “Nei tempi in cui Huxley, Herbert, Spencer e gli agnostici vittoriani strombazzavano sulla famosa idea di Darwin quasi fosse una verità definitiva, sembrò a migliaia di persone semplici, praticamente impossibile che la religione potesse sopravvivere. Ironia della sorte fu che è sopravvissuta non solo a tutti costoro, ma che è la dimostrazione ideale (forse l’unica dimostrazione concreta) di ciò che chiamavano la sopravvivenza del più forte”. Che i giornali lo dicano o no. Che vescovi e preti ci credano o meno.