IL
TRADIMENTO DEI PADRI
di Aurelio Porfiri
“Si parla di carità verso il prossimo, ma quale carità abbiamo
avuto verso i nostri padri? Era tutto sbagliato, tutto era da rifare. Ci siamo
sentiti impegnati a distruggere tutto, a riformare ogni cosa: la teologia, la
liturgia, la morale, la pietà, il governo della Chiesa. Nulla è rimasto in
piedi. Il rinnovamento è soltanto la desolazione di una fine. Ma questo sarebbe
ancora poco se non volessero parlare ancora in nome del Cristianesimo e del
Cristo. Perché non liberarsi della menzogna per dire finalmente che Dio ha
mentito al Cristo o Cristo ha mentito agli uomini? Per la via che abbiamo
intrapreso non si giungerà che a distruggere la fede” (L’Attesa,
pag. 116).
Ci sono
vari motivi per cui mi può piacere Divo Barsotti. Come detto, spesso la sua
scrittura è aspra, qualche volta turbinosa, non di rado ripetitiva. Ma ecco che
da questo magma sorgono dolorose stalagmiti di verità, appuntite e pungenti
come poche possono esserlo. La citazione qui sopra è senz’altro una di queste.
Sarebbe una citazione non solo da commentare lungamente, ma da leggere ogni
mattino al risveglio, perché ci da una chiave di interpretazione efficace come
poche della devastazione che stiamo vivendo, devastazione che per alcuni è un
progresso. Parliamo molto di carità ai nostri giorni, di misericordia a tutti i
costi e senza limiti e domande, ma cosa dire della carità verso i nostri padri?
Cosa dire di quella carità verso la nostra tradizione, i nostri usi, le nostre
radici? Dobbiamo tradire tutto in nome di cosa? Il rinnovamento, così come è
venuto a compiersi, “è soltanto la desolazione di una fine”. Non ci si accorge
che con la scusa di rinnovare si è distrutto tutto, si è buttato giù tutto
quanto in nome di che cosa…del vuoto di senso che si è venuto a creare.
Barsotti cita i vari campi in cui questo rinnovamento folle ha prodotto effetti
nefasti, tra questi ovviamente la liturgia.
Mi fa impressione vedere come coloro che
oggi difendono il Concilio per quello che è veramente, sembrano quasi
lefevbriani, quasi incalliti tradizionalisti. Le cose sono andate oramai così
oltre che tornare indietro è, per me, quasi impossibile. E come dice Barsotti,
questo sarebbe poco se chi ha perpetrato tutto ciò non pretendesse di parlare a
nome di Cristo. La via intrapresa è quella della distruzione della fede, ma
questo lo vediamo davanti ai nostri occhi: “come cantare i canti del
Signore in terra straniera?” (137, 4). Quanto drammatico è quando la
terra straniera è divenuta quella che un giorno era la casa comune. Come è
difficile vivere in essa malgrado la sofferenza che questo ci procura, spesso
la sensazione di rigetto. Si vive come in esilio in casa propria e questa è una
sensazione strana.