ESTRATTI della
Omelia di Mons. Bernard Fellay
Superiore Generale della Fraternità San Pio X pronunciata il 2 febbraio 2012Festa della Purificazione della Beata Vergine Maria
al seminario di Winona, Stati Uniti
in cui parla della risposta al Preambolo dottrinale
consegnato alla Fraternità il 14 settembre 2011
L'omelia è stata pubblicata su DICI il 3 febbraio 2012
Omelia di Mons. Bernard Fellay
Superiore Generale della Fraternità San Pio X pronunciata il 2 febbraio 2012Festa della Purificazione della Beata Vergine Maria
al seminario di Winona, Stati Uniti
in cui parla della risposta al Preambolo dottrinale
consegnato alla Fraternità il 14 settembre 2011
L'omelia è stata pubblicata su DICI il 3 febbraio 2012
La Fraternità San Pio X è stata fondata per la Chiesa e nella Chiesa e noi affermiamo che essa continua ad esistere, malgrado vi sia la pretesa a negarne l’esistenza, col dire che è stata soppressa nel 1976 (in tutta evidenza senza alcun rispetto delle leggi della Chiesa).
Ed è per questo che noi andiamo avanti.
Il nostro venerato fondatore ha insistito a più riprese sull’importanza di questa esistenza della Fraternità (nella Chiesa). Così, mentre il tempo passa, io credo che è questo che noi dobbiamo tenere in mente, è molto importante che noi si conservi questo spirito cattolico.
Noi non siamo un’entità indipendente. Anche se ci battiamo con Roma, noi siamo, per così dire, ancora con Roma. Se volete, noi siamo ad un tempo in lotta contro Roma e con Roma. Così noi proclamiamo e continuiamo a dire che siamo cattolici. Noi vogliamo restare cattolici.
Tante volte ho detto a Roma: «voi cercate di spingerci fuori, e noi ci rendiamo conto che per noi sarebbe più facile essere fuori. Avremmo molti più vantaggi. Ci trattereste molto meglio!»
Guardiamo i protestanti, come aprono loro le chiese, e a noi le chiudono. Ma noi diciamo: «non ci preoccupiamo di questo». Noi agiamo sotto lo sguardo di Dio. Noi soffriamo della Chiesa, è ovvio. Questo non ci piace, sicuro. Ma dobbiamo restare là, nella verità. E dobbiamo continuare ad affermare che apparteniamo alla Chiesa. Noi siamo cattolici. Noi vogliamo essere e vogliamo restare cattolici; è importantissimo mantenere questo.
È ugualmente importante che noi non si pensi ad una Chiesa cattolica che sia solo il frutto della nostra immaginazione, che non sia più la Chiesa reale.
È con la Chiesa reale che noi abbiamo dei problemi. Ecco cosa rende le cose ancora più difficili: il fatto che è con essa che abbiamo dei problemi.
Questo non ci autorizza, per così dire, a sbattere la porta. Al contrario, è nostro dovere andare sempre a Roma, bussare alla porta e chiedere, non di entrare (poiché siamo già dentro), ma pregarli di convertirsi, di cambiare e di ritornare a ciò che fa la Chiesa.
È un grande mistero, non è una cosa semplice.
Perché al tempo stesso dobbiamo riconoscere questa Chiesa – è ciò che affermiamo nel Credo: «credo nella Chiesa cattolica» - e quindi riconosciamo che c’è un papa, che c’è una gerarchia. Noi riconosciamo tutto questo.
Ma nella pratica, a diversi livelli, noi siamo obbligati a dire: «no». Non perché le cose non piacciano a noi, ma perché la Chiesa si è già pronunciata su queste questioni, e molte di esse le ha perfino condannate.
È per questo che nei nostri colloqui dottrinali con Roma noi eravamo, per così dire, bloccati. In questi colloqui con Roma, la questione chiave era in definita quella del Magistero, dell’insegnamento della Chiesa.
Ci dicono: «noi siamo il Papa, noi siamo la Santa Sede», cosa che accettiamo.
E loro proseguono: «noi abbiamo il potere supremo», e noi l’ammettiamo.
E loro insistono: «noi siamo l’ultima istanza nell’insegnamento e siamo necessari» - Roma ci è necessaria per avere la fede, siamo d’accordo.
E loro ordinano: «allora, obbedite», e noi diciamo: «no».
Loro ci rimproverano di essere dei protestanti, perché poniamo la nostra ragione al di sopra del Magistero odierno. E allora noi rispondiamo: «voi siete dei modernisti, voi pretendete che l’insegnamento di oggi possa essere diverso da quello di ieri».
Noi diciamo che quando aderiamo a ciò che la Chiesa ha insegnato ieri, aderiamo necessariamente a ciò che la Chiesa insegna oggi. Poiché la verità non è legata al tempo. La verità è al di sopra del tempo. Ciò che è stato proclamato una volta, obbliga sempre. Ecco cos’è un dogma. Dio è così, al di sopra del tempo. E la fede consiste nell’aderire alla verità di Dio. Essa è al di sopra del tempo. È per questo che la Chiesa di oggi è legata alla Chiesa di ieri e dev’esserle simile, ma non solo simile.
Così, quando si sente il Papa attuale che dice che nella Chiesa dev’esserci continuità, noi diciamo: «certamente!». È quello che diciamo da sempre. Quando si parla della Tradizione è proprio questo che si intende dire.
Loro affermano che dev’esserci Tradizione, che dev’esserci continuità, e quindi vi è continuità. Il Vaticano II è stato fatto dalla Chiesa, nella Chiesa dev’esserci continuità, dunque il Vaticano II appartiene anche alla Tradizione. E noi subito: «scusate, cos’è che dite?»
Ma, carissimi fedeli, la cosa va ancora più in là. Ciò che ho appena descritto accadeva durante i colloqui, alla fine dei quali abbiamo ricevuto l’invito a Roma. In questo invito si trovava la proposta di una soluzione canonica per regolarizzare la nostra posizione. E posso affermare che ciò che ci è stato presentato oggi – che è diverso di ciò che ci fu presentato il 14 settembre 2011 – si può considerare come buono.
Loro soddisfano tutte le nostre condizioni, per così dire, a livello pratico. Non vi sono molti problemi su questo piano. Ma il problema resta ad un altro livello, al livello della dottrina. Tuttavia, anche nel dominio dottrinale si avanza molto speditamente, miei carissimi fratelli.
La chiave del problema è un principio (quello della coerenza con la Tradizione). Loro ci dicono: «dovete accettare che nel caso in cui vi siano delle difficoltà nei documenti del Concilio – certi punti ambigui che suscitano dibattito – questipunti, come l’ecumenismo, la libertà religiosa, devono essere interpretati in coerenza con l’insegnamento della Chiesa di sempre». E aggiungono: «così quando vi sia una ambiguità nel Concilio, voi dovete comprenderla come la Chiesa ha sempre insegnato».
Loro vanno ancora oltre e dicono: «si deve rigettare tutto ciò che si oppone all’insegnamento tradizionale della Chiesa».
Bene, è quello che noi abbiamo sempre detto.
È sorprendente, non è vero, che Roma ci imponga questo principio? Sorprendente.
E allora voi potreste chiedere: «perché non accettate?» Ebbene, cari fedeli, perché vi è ancora un problema.
Nel testo del Preambolo dottrinale, si danno due applicazioni del come noi dobbiamo comprendere questi principi. Si fanno gli esempi dell’ecumenismo e della libertà religiosa, così come sono descritti nel nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, il quale riprende esattamente i punti che noi rimproveriamo al Concilio.
In altri termini, Roma ci dice: «noi abbiamo sempre fatto questo. Noi siamo tradizionali, il Vaticano II è la Tradizione. La libertà religiosa, l’ecumenismo, sono la Tradizione. In perfetta coerenza con la Tradizione».
Vi chiederete: «dove ci porta tutto questo?» Quali parole troveremo per dire che siamo d’accordo o che non lo siamo?
Se loro accettano i principi che abbiamo sempre sostenuto, è perché questi principi per loro significano ciò che loro pensano, e che è in esatta contraddizione con ciò che affermiamo noi. Credo che non ci si possa spingere oltre nella confusione.
In altri termini, questo significa che loro danno un altro significato alla parola «Tradizione», e forse alla parola «coerenza». Ecco perché siamo stati obbligati a dire «no». Noi non andremo a firmare. Siamo d’accordo sul principio, ma ci rendiamo conto che la conclusione è contraria. Grande mistero!
Allora, che succederà adesso?
Noi abbiamo inviato la nostra risposta a Roma. Loro continuano a dire che ci rifletteranno, e questo significa che probabilmente sono imbarazzati. Al tempo stesso, io credo che adesso potremo vedere ciò che vogliono veramente.
Ci vogliono davvero nella Chiesa o no?
Noi abbiamo parlato loro molto chiaramente: «se ci accettate è senza cambiamenti. Senza l’obbligo di accettare queste cose; allora siamo pronti. Ma se volete farcele accettare, allora è no».
E non abbiamo fatto altro che citare Mons. Lefebvre, che l’aveva già detto nel 1987 – diverse volte prima, ma l’ultima volta che lo disse fu nel 1987.
In altri termini, carissimi fratelli, umanamente parlando è difficile dire ciò che ci riserva l’avvenire, ma noi sappiamo che quando trattiamo con la Chiesa, è con Dio che abbiamo a che fare, con la Divina Provvidenza, e noi sappiamo che questa Chiesa è la Sua Chiesa. Gli uomini possono disturbare, distruggere. Possono causare dell’agitazione, ma Dio è al di sopra di ciò, e Dio sa come dirigere la Sua Chiesa sulle linee diritte, malgrado tutti questi incidenti umani, tutte queste linee storte.
Questa prova finirà, non so quando. Talvolta questa fine sembra approssimarsi, tal’altra sembra allontanarsi. Dio conosce i tempi, ma, umanamente parlando, bisognerà attendere un bel po’ prima di cominciare a vedere che le cose migliorano – cinque, dieci anni.
Io sono convinto che fra dieci anni le cose saranno diverse, perché la generazione uscita dal Concilio sarà sparita e la generazione che la segue non intrattiene un legame simile col Concilio. E già adesso, carissimi fratelli, sentiamo diversi vescovi che ci dicono: «voi date troppo peso a questo Concilio; lasciatelo da parte. Sarebbe il modo migliore per la Chiesa per andare avanti. Lasciatelo da parte, dimenticatelo. Ritorniamo alla realtà, alla Tradizione».
Non è interessante sentire dei vescovi che dicono questo? È un linguaggio nuovo! Questo significa che vi è una nuova generazione che sa che nella Chiesa vi sono delle cose più serie del Vaticano II, e che noi dobbiamo ritornare a ciò che vi è di più serio, se mi permettete di parlare così.
Il Vaticano II è serio a causa dei guasti che ha prodotto, è veramente serio. Ma in quanto Concilio ha voluto essere pastorale, ed è già superato.
Noi sappiamo che qualcuno che lavora in Vaticano ha redatto una tesi universitaria sul magistero del Vaticano II. Lui stesso ci ha detto che nessuno nelle università romane voleva accettare il suo lavoro. Alla fine un professore l’ha fatto. Ora, la tesi è la seguente: l’autorità del magistero del Vaticano II è quella di un’omelia degli anni 60.
E questo candidato è stato ricevuto!
Si vedrà, miei carissimi fratelli.
Per noi è chiarissimo. Noi dobbiamo sempre sostenere la verità, professare la fede. Noi non facciamo marcia indietro, qualunque cosa accada.
Da parte di Roma, vi è adesso qualche minaccia, certo.
Si vedrà.
Noi lasciamo tutto questo nelle mani del Buon Dio e della Santissima Vergine. Oh!
Si, noi dobbiamo continuare la nostra crociata del Rosario. Noi contiamo su di essa, noi contiamo su Dio. E ciò che deve accadere, accadrà.
Io non posso promettervi una bella primavera. Non so cosa accadrà in primavera. So solo che la battaglia per la fede continuerà, qualunque cosa accada. Sia che saremo riconosciuti, sia che non lo saremo.
Potete stare certi che i progressisti non saranno contenti. Essi continueranno, e noi continueremo a combatterli.