Leggo sull’inserto «Salute» del «Corriere della Sera» del 23.1.2005 che nel
2002 la rivista British Medical Journal «pubblicò uno studio secondo il
quale il rosario (quello canonico, in latino) recitato ogni giorno regolarizza
il battito cardiaco e la pressione nelle persone che soffrono di scompenso
cardiaco cronico».
Nello stesso articolo si
ricorda che «alcun ricerche, condotte con rigore, hanno dimostrato che, fra i
pazienti ricoverati in unità coronarica per un infarto, quelli che pregavano ed
erano sostenuti da una fede forte approdavano più velocemente alla
convalescenza». Suggestione, placebo? Beh, teniamo presente che «suggestione» e
«placebo» tengono oggi il posto che nell’Ottocento era dell’«isteria», che
serviva a «spiegare» quel che i medici non sapevano spiegare. Padre Pio, a chi
gli faceva presente che forse le sue stimmate erano dovute al suo star sempre
concentrato sulle Piaghe di Cristo, rispondeva: «Provate voi, a mettervi in un
prato davanti a un toro, e concentratevi per vedere quando vi spuntano le
corna». Già: la medicina moderna è nata dal dogma illuministico del «corpo»
come «macchina», di cui basta riparare o sostituire il pezzo guasto. Ma l’uomo
è fatto di anima e corpo, e le due cose non possono separarsi se non, momentaneamente,
con la morte. D’altra parte, quelli che sorridono all’idea del rosario (in
latino) che regolarizza polso e pressione sono gli stessi che, magari, recitano
incomprensibili mantra facendo yoga per, appunto, rilassarsi e indurre
benessere fisico-mentale. In latino? Sì: se le religioni monoteistiche hanno
una «lingua sacra» (ebraico antico per gli ebrei, arabo antico per i
musulmani), non si vede perché i cristiani non debbano avere la loro. I maghi,
per esempio, sanno bene che certe loro operazioni non riescono se non vengono
pronunciate le parole giuste, da abracadabra a simsalabim. In ogni caso, basta
provare.
Rino Camilleri