mercoledì 28 maggio 2014

Rosario



Leggo sull’inserto «Salute» del «Corriere della Sera» del 23.1.2005 che nel 2002 la rivista British Medical Journal «pubblicò uno studio secondo il quale il rosario (quello canonico, in latino) recitato ogni giorno regolarizza il battito cardiaco e la pressione nelle persone che soffrono di scompenso cardiaco cronico».

Nello stesso articolo si ricorda che «alcun ricerche, condotte con rigore, hanno dimostrato che, fra i pazienti ricoverati in unità coronarica per un infarto, quelli che pregavano ed erano sostenuti da una fede forte approdavano più velocemente alla convalescenza». Suggestione, placebo? Beh, teniamo presente che «suggestione» e «placebo» tengono oggi il posto che nell’Ottocento era dell’«isteria», che serviva a «spiegare» quel che i medici non sapevano spiegare. Padre Pio, a chi gli faceva presente che forse le sue stimmate erano dovute al suo star sempre concentrato sulle Piaghe di Cristo, rispondeva: «Provate voi, a mettervi in un prato davanti a un toro, e concentratevi per vedere quando vi spuntano le corna». Già: la medicina moderna è nata dal dogma illuministico del «corpo» come «macchina», di cui basta riparare o sostituire il pezzo guasto. Ma l’uomo è fatto di anima e corpo, e le due cose non possono separarsi se non, momentaneamente, con la morte. D’altra parte, quelli che sorridono all’idea del rosario (in latino) che regolarizza polso e pressione sono gli stessi che, magari, recitano incomprensibili mantra facendo yoga per, appunto, rilassarsi e indurre benessere fisico-mentale. In latino? Sì: se le religioni monoteistiche hanno una «lingua sacra» (ebraico antico per gli ebrei, arabo antico per i musulmani), non si vede perché i cristiani non debbano avere la loro. I maghi, per esempio, sanno bene che certe loro operazioni non riescono se non vengono pronunciate le parole giuste, da abracadabra a simsalabim. In ogni caso, basta provare.

 

Rino Camilleri