L'Episcopio di Mosul in fiamme |
Pescavan ne'
libri, e pur troppo ne trovavano in quantità, esempi di peste, come dicevano,
manufatta: citavano Livio, Tacito, Dione, che dico? Omero e Ovidio, i molti
altri antichi che hanno raccontati o accennati fatti somiglianti: di moderni ne
avevano ancor più in abbondanza. Citavano cent'altri autori che hanno trattato
dottrinalmente, o parlato incidentemente di veleni, di malìe, d'unti, di
polveri: il Cesalpino, il Cardano, il Grevino, il Salio, il Pareo, lo
Schenchio, lo Zachia e, per finirla, quel funesto Delrio, il quale, se la
rinomanza degli autori fosse in ragione del bene e del male prodotto dalle loro
opere, dovrebb'essere uno de' più famosi; quel Delrio, le cui veglie costaron
la vita a più uomini che l'imprese di qualche conquistatore: quel Delrio, le
cui Disquisizioni Magiche (il ristretto di tutto ciò che gli uomini
avevano, fino a' suoi tempi, sognato in quella materia), divenute il testo più
autorevole, più irrefragabile, furono, per più d'un secolo, norma e impulso
potente di legali, orribili, non interrotte carnificine.
Da' trovati del volgo, la gente istruita prendeva ciò che si poteva accomodar
con le sue idee; da' trovati della gente istruita, il volgo prendeva ciò che ne
poteva intendere, e come lo poteva; e di tutto si formava una massa enorme e
confusa di pubblica follia.
I Promessi Sposi, cap. XXXII