ANCHE I BERGOGLIANI
SONO ORMAI SCONCERTATI DA BERGOGLIO
(LA
MIA RISPOSTA ALLA CANONISTA SULL’INVALIDITA’ DEL CONCLAVE 2013)
di Antonio Socci
Ci sono due
insistenti messaggi che mi arrivano da Oltretevere. Il primo è questo: “Al
Conclave è successo di tutto”. Questa voce c’entra – lo vedremo dopo – col
secondo messaggio che filtra: “Ormai abbiamo le mani nei capelli”. Una
battuta pronunciata da chi era, all’inizio, “bergogliano” e che riguarda il
recente viaggio in Asia, ma non solo.
VIAGGIO RIVELATORE
In questi
giorni ci sono stati scivoloni papali che hanno fatto clamore e scandalo:
quello sul “pugno” a chi dice una brutta parola “alla mia mamma” (incredibile
commento alla strage di Parigi per le vignette).
E quello sui
cattolici che fanno figli “come conigli” (che non è solo una battuta infelice
perché tutto il contesto era discutibile).
Ha suscitato
smarrimento fra i cattolici anche il rimprovero alla donna con otto figli e i
parti cesarei: se avesse detto che usava la pillola o aveva divorziato,
Bergoglio le avrebbe detto “chi sono io per giudicare?”.
E ogni volta
le toppe sono state peggiori del buco: il papa è arrivato a definire il Vangelo
“una teoria”, che è altra cosa dalla vita umana.
Ma è
accaduto pure di peggio. Anche sul piano dottrinale. A Manila, per esempio,
accantonando il discorso scritto, a un certo punto Francesco ha detto che la
sofferenza innocente è “l’unica domanda che non ha risposta”.
La Chiesa ha
sempre insegnato che la risposta concretissima, è il Crocifisso che si carica
di tutto il dolore umano e lo redime, vincendo il male e la morte, spalancando
la felicità eterna agli uomini.
Ma Bergoglio
dice che non c’è risposta e – anzi – sembra pensare che il Verbo di Dio ne
sappia meno di noi: “Solo quando Cristo è stato capace di piangere ha capito il
nostro dramma” (tesi cristologica molto spericolata).
Poche ore
prima, parlando della sua visita al tempio buddista, papa Bergoglio ha fatto
l’elogio della “interreligiosità”, ovvero della commistione fra religioni
diverse che ha definito “una grazia”.
Non era mai
accaduto, ma anche la preghiera e l’adorazione in moschea, rivolto alla Mecca e
l’atteggiamento reticente verso l’Islam e verso il terrorismo musulmano sono
inediti.
L’inadeguatezza
dell’uomo Bergoglio all’alto ministero suscita in tanti di noi comprensione,
l’impreparazione provoca pure tenerezza, ma la sua convinzione che essere papa
significhi affermare le proprie personali idee provoca dolore e spaccature.
Perché la Chiesa è di Cristo. E poi Simone non deve mai prevalere su Pietro.
I media
hanno enfatizzato la folla delle Filippine come il trionfo di papa Bergoglio.
Ma quella gente non era lì per Cristo?
E’ la stessa
folla venuta per ogni altro papa. Inoltre alla messa di domenica scorsa a
Manila si è verificato – immortalato dalle telecamere –quel passamano
eucaristico per il quale, secondo diverse testimonianze, sono state ritrovate
delle ostie anche nel fango.
Così mentre
si celebrava l’apoteosi dell’uomo Bergoglio, finiva nel fango Cristo
eucaristico. Una profanazione drammatica.
I media non
considerano queste cose, ma per la Chiesa sono quelle più importanti perché
Cristo è il suo unico tesoro.
I media
hanno perfino acclamato come esemplare l’episodio del tentativo di corruzione
raccontato da Bergoglio ai giornalisti. Ma, a ben vedere, l’allora vescovo di
Buenos Aires si comportò in modo alquanto strano, perché non rimproverò i
disonesti (come era dovere di un vescovo), né li diffidò, né li minacciò di
denuncia. Imbarazzante.
IDOLO DEI MEDIA
Papa
Bergoglio sembra l’idolo dei media, ma è ormai alle rotte con la Chiesa
tradizionale e un po’ con i “progressisti”. Ama comandare da solo.
Poco prima
del viaggio c’era stata l’infornata di nuovi cardinali fatta più a proprio
capriccio che seguendo necessità ecclesiali.
Sono rimasti
fuori diocesi importanti e, per esempio, i vescovi dei cristiani perseguitati.
Ma anche famosi nomi progressisti.
Si parla
infine dell’esito che egli intende dare al prossimo Sinodo sulla famiglia che
scontenterà sia i fedeli al magistero di Ratzinger e Wojtyla, sia i
progressisti di Kasper.
Tanto che i
vescovi tedeschi hanno già fatto sapere che loro intendono andare avanti sulla
linea di Kasper.
La Chiesa
fedele al magistero guarda con forte apprensione alla “soluzione Bergoglio”
perché somiglierà alla famosa battuta del cardinale De Lubac: gli ortodossi
dicono che due più due fa quattro, i modernisti dicono che fa sei, papa
Bergoglio – dicendo che ha trovato la mediazione – dirà che fa cinque.
La smania di
novità è tale che un sito americano ha perfino riportato la voce della
possibile convocazione da parte di Bergoglio di un Concilio Vaticano III.
Nella Chiesa
la preoccupazione per questo pontificato dilaga anche fra i cardinali che lo
hanno votato in Conclave.
E proprio
sul Conclave del 2013 tornano a riproporsi i dubbi. A volte in “curialese”,
cioè mentre sembra che si dica l’opposto.
CONCLAVE INVALIDO
Significativo
per esempio ciò che Sandro Magister ha pubblicato sul suo sito il 5 gennaio
scorso.
Il titolo
“E’ lui il papa. Eletto in piena regola” annunciava un articolo della canonista
Geraldina Boni che prometteva di confutare quanto io ho scritto nel mio libro
“Non è Francesco”.
Ho letto con
interesse sperando di trovare così la risposta ai miei dubbi. Ma nel testo
della Boni non c’è ombra di risposta.
Ripropone
infatti la vecchia interpretazione che è stata data in Conclave all’incidente
delle due schede (si è applicato l’articolo 68), interpretazione che ho
confutato nel mio libro perché così quell’articolo sarebbe contraddetto dal
successivo e perché conferirebbe un oggettivo potere di veto a qualsiasi
cardinale volesse far saltare una candidatura.
Inoltre la
Boni ritiene che la quinta votazione (quella decisiva) sia stata legittima,
nonostante l’obbligo di farne solo quattro ogni giorno, perché la quarta era
stata annullata e quindi – a suo avviso – non andava conteggiata, “tamquam non
esset”.
Solo che
nella Costituzione apostolica che regola il Conclave non sta scritto “tanquam
non esset”, cioè non si prescrivono “quattro votazioni valide”, ma “quattro
votazioni” tout court, si calcolano dunque tutte, valide e invalide. E non è
ammessa la quinta.
La Boni
inoltre parla di votazioni “pervenute fino allo spoglio”, ma la Costituzione
apostolica non dice questo, infatti definisce “suffragia” le quattro votazioni,
mentre, quando parla delle votazioni che arrivano fino allo spoglio, usa il
termine “scrutinia”.
Infine la
Boni – per contestare l’invalidità – cita la simonia, ma fa autogol: proprio il
fatto che venga esplicitamente menzionato questo caso, come esentato
dall’invalidità, significa che invece rientrano in tale invalidità tutti gli
altri casi non menzionati relativi alle procedure di elezione.
Insomma il
giallo del Conclave continua. D’altronde lo stesso Magister, mentre lancia
l’articolo della Boni come fosse davvero una confutazione, lo incornicia con
questi titoli e commenti: “Restano le incognite sulle manovre che hanno
preceduto la fumata bianca”, “Il conclave che lo ha eletto papa continua ad
essere sfiorato da ombre”.
In effetti
dopo l’uscita del mio libro altre ombre si sono aggiunte con il libro di Austen
Ivereigh, “The Great Reformer”. E c’è ancora la domanda irrisolta sull’abnorme
attesa fra la fumata bianca e l’apparizione sulla loggia di San Pietro (con il
misterioso aneddoto riferito da Bergoglio a Scalfari).
IL MISTERO DI BENEDETTO
Infine si
sono riaffacciati pure i dubbi sulla “rinuncia” di Benedetto XVI, visto che
addirittura sul giornale dei vescovi italiani, “Avvenire”, il 7 gennaio scorso,
si è letto che ci sono state forze oscure che “hanno tradito e congiurato per
eliminare papa Ratzinger e l’hanno spinto alla rinuncia”.
Quando io ho
segnalato su queste colonne l’enormità di queste parole (che comporterebbero
l’invalidità della rinuncia) il direttore di “Avvenire” ha risposto,
curiosamente, senza smentire, anzi facendo capire che in sostanza lo sanno
tutti…
Ma allora
perché non parlare chiaro? Lo stesso Bergoglio chiede “parresia”. Quando
emergerà ciò che cova sotto la cenere?
Antonio Socci
Da “Libero”,
25 GENNAIO 2015
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